sabato 10 dicembre 2011

gli articoli della lastima

La corriera viola della Trentino Trasporti era il suo passaporto per la libertà. Trenta chilometri per arrivare a Trento, alla scuola professionale per diventare parrucchiera, alle amiche, al panino da mangiare al bar, alle sigarette da fumare ai giardinetti e soprattutto a lui, il suo grande amore. Sara - chiamiamola così, ma certo questo non è il suo nome - a sedici anni ha scavato ogni giorno di più la distanza tra il piccolo mondo con i filari ordinati delle viti dove c'è la sua casa, la mamma impiegata, la sorella maggiore che era quasi una seconda madre, e la città dove finalmente si sentiva grande. Una donna, non una bambina. Una donna che poteva fare e decidere di testa propria. Una donna che, quando ha scoperto di aspettare un bambino, ha deciso che quel figlio lo voleva a tutti i costi. Adesso quel bambino, che è ancora solo dentro di lei e che ancora non è un bambino fatto, l'ha portata in tribunale. Perché i suoi genitori, separati, ma per una volta profondamente d'accordo, non ne vogliono sapere. Troppo giovane lei; soprattutto troppo incerta la vita di lui. "Devi abortire", le hanno detto. Ma Sara ha risposto di no. Loro hanno insistito, hanno passato serate estenuanti a discutere, hanno messo in mezzo perfino la sorella grande, l'hanno implorata di pensare al suo futuro, hanno ripetuto all'infinito quello che dicono tutti i genitori: è per il tuo bene. Hanno provato a controllare la sua vita, ad accompagnarla a scuola per restringerne la libertà. Ma non è servito a niente. E allora, disperati, come se la corsa contro il tempo non permettesse altra via d'uscita, hanno pensato che potesse essere un giudice a decidere che quel bambino non deve nascere. "Deve costringerla". Così adesso vogliono portare loro figlia in tribunale, perché di quel nipote non vogliono neppure sentir parlare. Così questa storia d'amore un poco disperata e un poco maledetta, arriva al Tribunale dei minori. Se Sara ha sedici anni, una casetta ordinata, una vita che scorre sui noiosi e tranquilli binari della ricca provincia trentina, lui ha appena compiuto i diciotto e una casa non l'ha mai avuta. Non qui, almeno. È arrivato dall'Albania che era un ragazzino, da solo, e non ha avuto mai neppure un lavoro. Si è arrangiato in qualche modo, e gli è capitato anche di sbagliare: vive in una comunità e ha una lunga lista di piccoli precedenti. È innamorato di Sara, dice; ma i genitori hanno trovato sulle braccia di lei dei lividi inequivoci. L'hanno vista piangere, perché era stata maltrattata. Hanno ascoltato la sua rabbia, quando non ne poteva più delle scenate di esasperata gelosia. Per impedire a Sara di parlare con gli amici, lui, il suo ragazzo, le aveva perfino sottratto la scheda del telefono. Quasi un anno fa, era già successo: Sara era rimasta incinta e non era stato facile neanche allora convincerla a prendere la pillola del giorno dopo. Stavolta, però, non ha voluto rischiare: non ha detto niente ai genitori e solo i suoi malori misteriosi, le mestruazioni scomparse, la nausea ogni mattina, hanno aperto gli occhi alla famiglia sulla nuova gravidanza. E stavolta anche sulla sua ferma decisione di non interromperla. È una modalità che la legge 194 non contempla: nel caso di minori, si pensa sempre che quelli da convincere siano i genitori. Perché la volontà della madre, e pazienza se è una mamma-bambina, nessuno pensa possa essere coartata. Fabio Biasi, il pubblico ministero che ha seguito il caso, ha dovuto alzare le mani: non c'è spazio per la legge, non si può ordinare un aborto per sentenza. Interrompere una gravidanza è un diritto, non può certo diventare un dovere. Non è una faccenda da aule di giustizia, questa; se ne devono occupare i servizi sociali. Sul tavolo del magistrato ci sono anche le altre due richieste avanzate dai genitori: se questo aborto non si dovesse fare, allora, almeno, ci sia un provvedimento che ordina l'allontanamento dei due innamorati: non debbono più vedersi, sostiene la famiglia di Sara. E ancora: se questo bambino, nonostante tutto, nascerà, sia almeno impedito al padre di dargli il suo nome. Un muro si è alzato in questa famiglia: da una parte un'adolescente con le fragilità e le spavalderie di questa età; dall'altra gli adulti che sono certi di vedere più lontano. Nel nome dell'amore, lei dice che cercherà un lavoro, che insieme troveranno una casa e cresceranno quel bambino. E invece loro, i "grandi", nella sfera di cristallo del futuro vedono solo il nero. Non potrà essere la legge, però, ad aiutarli. http://www.repubblica.it/cronaca/2011/12/09/news/ragazzina_aborto-26317910/?rss?ref=rephpnews

Nessun commento:

Posta un commento