mercoledì 25 agosto 2004

White_us

white_adri


white_e-do

sabato 14 agosto 2004

E' arrivata Adriana

l'armadio già non basta +

giovedì 5 agosto 2004

Epistemologia di Max Pezzali

Appunti sbobinati del 4 agosto 2004

Seminario su Max Pezzali

Introduzione del Prof: il corso mira a spiegare le fasi artistiche del Pezzali ricostruendo l’evoluzione dell'individuo.

Massimo Pezzali nasce a Pavia il 14/11/1967, alle superiori è compagno di banco di Mauro Repetto (nato a Genova il 26/12/1968), con cui fonda gli 883 (un anno di differenza: Pezzali era stato bocciato? Da verificare).

Nei primi due dischi (quelli con Repetto) Pezzali canta il presente -> il microcosmo della sua gioventù è un modello in cui si identificano tutti i giovani della provincia Italia.

Secondo il prof infatti l’Italia è sempre stata una realtà comunale, al massimo provinciale (escluse forse Milano e Roma): l’unico periodo di unificazione è stato negli anni ’60-’70, quando c’erano solo due canali televisivi, un unico fumetto -> sul retro della copertina dell’unico fumetto la pubblicità di un unico giocattolo, Big Jim / Barbie -> prodotti comuni da nord a sud -> comune sentire.
Con l’affermarsi della televisioni locali negli anni ’80, assistiamo a una nuova polverizzazione provinciale, per cui si perde la base comune di conoscenza (i miti televisivi deteriori di una regione non corrispondono a quelli di un’altra regione).
-> Max Pezzali ha successo perché attinge all’immaginario dell’epoca unificata di fine anni ’70 (Big Jim, Roy Rogers, Happy Days, Harley Davinson), per cui la provincia pavese è anche tutte le altre province.

Pezzali ha successo perché descrive il suo microcosmo, è molto intelligente e riesce a farlo in maniera di farsi capire da tutti.
Secondo Piaget ((1896-1980) il bambino intelligente è il bambino che sa risolvere i problemi senza utilizzare mezzi culturali
-> Pezzali bambino intelligente perché senza considerare Leopardi, descrive la sua realtà locale, sa diventare globale, con slanci lirici (involontari /volontari ?) leopardiani (e anche poetica dell’universale / cosmico).

IIa fase di Pezzali: Repetto è stato messo con le spalle al muro per andarsene / se ne è andato per fare lo sceneggiatore, dalla poetica di Pezzali scompare il presente, inizia l’elencazione / adunata / rimpianto del passato (cfr. Gli anni / Lo strano percorso / …). Attualmente tutta la produzione di Pezzali è rivolta al passato, i 14enni non ricopiano + i suoi testi sul diario / sul sito come ai tempi di Come Mai, Pezzali parla ai 14enni di Come Mai che ora sono cresciuti e hanno 30anni, per cui il suo pubblico è destinato ad assottigliarsi (Pezzali continuerà ad avere successo come Vasco Rossi / Lucio Dalla o diventerà un feticcio del passato alla Edoardo Vianello? Il passaggio del nome da 883 a Max Pezzali è una classica operazione di restyling deciso dal marketing per un prodotto che perde colpi)

il professor Tommaso Labranca mentre analizza il tema del matrimonio in Pezzali

Tema del matrimonio in Pezzali (cfr. La regina del Celebrità): secondo il prof e la sua assistente (la Verna), Pezzali ha sempre nascosto la sua fidanzata, non vuole sposarsi, la regina del celebrità che si è sposata ed ha figliato è diventata grassa, lui la guarda quasi soddisfatto del fatto che anni fa non gliel’avrebbe mai data, e ora anche per lei arriva la decadenza della famiglia, mentre lui c’ha i soldi e continua da single sulla 883.
Dissente la prof. Francesca Genti, secondo cui Pezzali sogna il matrimonio (cfr. videoclip Una Canzone d’amore, non a caso con Stefano Accorsi -> Pezzali ha qualche dubbio sullo sposarsi, ma vorrebbe comunque sposarsi perché sarebbe poi felice come Accorsi nell’ultimo bacio), la regina del celebrità suscita il suo affetto anche ora / a maggior ragione che è diventata mamma.
(La Genti comunque non interroga: all’esame sostenere la tesi del Pezzali contro matrimonio, soprattutto se interrogati dalla Verna).

la professoressa Francesca Genti, mentre spiega durante il seminario

mercoledì 4 agosto 2004

Il Progresso è il mio Dio

Non sono abbastanza giovane nè abbastanza vecchio per credere in Dio.
Trovo molto difficile credere in un Dio astratto e intangibile, perché nulla lo distingue da quello che effettivamente non esiste.
Credo invece in un Dio astratto ma tangibile.
Il Progresso è il Dio in cui credo, astratto ma tangibile.
Il mio Dio non è benevolo, è un Dio duro e spietato, che mette le persone, le generazioni, gli esseri viventi, gli uni contro gli altri, che non vede null’altro oltre che sè, e non ha pietà di chi è debole, si accanisce contro di lui, fino a farlo scomparire.

Gli indigeni dell’America Latina si riposavano tranquilli in riva al mare, poi arrivò la nave dei Conquistadores e diventarono schiavi.
I Conquistadores arrivavano da terre di guerre, avevano attraversato i mari solo per uccidere o essere uccisi, per conquistare o esseri conquistati, molti morirono lungo il viaggio, avevano rabbia e odio nei loro cuori, e infatti vinsero gli indigeni amichevoli, che dalla loro vita serena si trovarono all’improvviso nella sofferenza e nel dolore, desiderando di morire.
Perché mentre tu ti riposi e osservi il tramonto, da qualche parte c’è sempre qualcuno che si sta addestrando per distruggerti, per una forza sconosciuta che gli dice di farlo: il Progresso.
Quando gli Alieni arriveranno sulla Terra, ci distruggeranno o ci renderanno schiavi?
Forse tutti gli sforzi del mondo sono per essere preparati per quell’attacco, è per questo che c’è il Progresso; e anche gli Alieni, verranno ad attaccarci come i Conquistadores, per la stessa ragione, per il Progresso; l’unica legge che sembra vigere in tutto l’universo che si espande (anche lui) è una sola, il Progresso.

Ritrovarsi a tarda sera in un albergo nella zona industriale, con vista sulla zona industriale, collegandosi con il telefono della camera per lavorare ancora, lontani da ogni cosa per cui valga la pena vivere.
Poi alzarsi verso le sei, per lavorare ancora, e andare poi nel capannone davanti all’albergo nella zona industriale, e spendere lì le ore fino a tarda sera, mentre il Sole nasce, tramonta e nasce ancora.
E tutto questo ha un senso, perché la business unit vada avanti, l’azienda vada avanti, la tua nazione vada avanti, mentre altrove lavorano di giorno e di notte, costruiscono caldaie a mani nude, senza protezioni cadono da tralicci e impalcature, e ci sono altri pronti a sostituirli, e anche il padrone che ha fatto il capannone è pronto a chiudere tutto e trasferirsi dove lavorano di giorno e di notte a mani nude senza protezione, perchè anche lui è un ingranaggio di questa macchina che è il Mondo, che teme/forse è sempre in ritardo per il suo Dio, il Progresso.

E organizzare sempre meglio il Mondo, gli africani che lavorano come noi, noi che facciamo due settimane all’anno di ferie come gli americani, ci sposiamo con le donne conosciute in azienda e insieme a loro mettiamo al mondo figli cui non riusciremo a trasmettere i nostri sogni ma di cui condivideremo le delusioni, e saranno cresciuti (e intanto noi ne mostreremo foto digitali e filmati ai colleghi nelle pause del lavoro nel capannone della zona industriale) da donne arrivate dall’America Latina a 600€ al mese, finite qui perchè la loro nazione a un certo punto non è riuscita a tirare avanti, che passano dodici ore a casa nostra per non tornare a fare le prostitute, per non tornare nella loro mansarda dove vivono in sei, tutte povere, giovani e brutte e grasse perché mangiano al Mc Donald’s, ma robuste e pronte a prendere corriera, autobus e tram per essere qui di nuovo domani, e tutto perchè anche loro sentono dentro di sè qualcosa che nemmeno loro sanno cosa, ed è il Progresso.

Passare giornate con il Cliente che ci comanda ma come noi rinuncia alla sua vita per rimanere qui a controllarci, e poi usciti essere pretenziosi con i poveri camerieri nipoti degli indigeni dell’America Latina, per sfogare la rabbia e l’odio accumulati nella traversata del giorno, perché noi paghiamo e vogliamo un servizio, e mentre aspettiamo da mangiare chiamare il call center della banca, di Vodafone, dell’assicurazione, e litigare con la centralinista romena, che per 120€ lavora otto ore al giorno tutti i giorni, per non venire qui a fare la prostituta, perchè la sua nazione a un certo punto si è accorta di aver sbagliato tutto, seguendo un'utopia che credeva essere il Progresso.

E poi scoprire che sono passate tutte le giornate che dovevano passare davanti al capannone, e bene o male possiamo davvero andare a casa, con gli occhi stanchi e le orecchie sorde, e vivere ancora una volta lontano da casa, in una sorta di albergo ad aspettare la morte, curati da giovani donne russe che ora ci guardano per 1200€ al mese e lo preferiscono a fare le prostitute perché la loro nazione a un certo punto si è accorta di aver sbagliato tutto e non ce la faceva a tirare avanti, rubando qualche parola alla cassiera dell’ipermercato quando andiamo a fare la spesa, mentre i nostri figli cresciuti da donne tornate in America Latina , sono da qualche parte, a fare qualcosa, affinchè la loro business unit, la loro azienda, la loro nazione, tirino avanti, a sacrificarsi al loro Dio, il Progresso.

V Impero

426 anni fa oggi, Dom Sebastião, Re del Portogallo, scompare nella battaglia di Alcacer-Kibir contro i Mori.
Sebastião ha 24 anni, è l'ultimo erede della casata Aviz, senza di lui il Portogallo sarebbe annesso alla Castiglia; per questo a sua madre durante la gestazione viene taciuta la morte del marito Dom João, affinché partorisca felicemente. Cresce affidato ai gesuiti, è ossessionato dalla castità e dallo studio della strategia militare: si convince di essere il prescelto per la fondazione del Quinto Impero che affermerà la Cristianità come governo del mondo, e decide di guidare una crociata contro gli infedeli, sbarcando in Marocco con 16.500 uomini.
Ad Alcacer-Kibir, il 4 agosto 1578, l'esercito portoghese è pesantemente sconfitto: tra le migliaia di morti, non sarà mai ritrovato il corpo di Sebastião.
Il Portogallo viene annesso dalla Spagna, e nel regno si diffonde la convinzione che in realtà Sebastião è ancora vivo, e tornerà per riportare la libertà.
Il film O Quinto Imperio che Manoel de Oliveira presenterà alla Mostra del Cinema di Venezia racconta appunto la storia di Dom Sebastião, il formarsi dei miti fondanti la cultura lusitana, basata sulla tensione all'armonia che si raggiunge attraverso sentimenti contrari, il sebastianismo, il vano sperare che le cose migliorino in un modo o nell'altro senza però fare nulla affinchè accada, e la saudade, la disperazione che si prova nel mondo e la terribile voglia di vivere.