martedì 30 aprile 2013

la grande bellezza, sedimentata sotto il rumore



i commenti, cosa non sono i commenti
ma uno sopra tutti: sorrentino è la mozzarella in gola a fellini

lunedì 29 aprile 2013

l'italia è una repubblica fondata sul tavor

l'italia è una repubblica fondata sul tavor

Pharmacie - di Mario Fallini

domenica 28 aprile 2013

la ragione per cui cioran era un babbo di fama internazionale

◾Cioran rifiuterà sempre tutti i premi letterari (Sainte-Beuve, Combat, Nimier, Morand, ecc.) tranne il Rivarol nel 1949, che accetterà giustificandolo come un’esigenza finanziaria (da Wikipedia francese) ◾Invitato da un’università americana e presentato come un grande filosofo dirà inquieto: “Ma io sono solo un buffone!” (da Wikipedia francese) ◾Nel 1940, in Place Saint-Michel rimase “quasi la prima vittima” dell’entrata dei tedeschi a Parigi perché gettò dei pacchetti di sigarette su un convoglio di prigionieri francesi (da Wikipedia francese) ◾Al Café Flore incontrò Albert Camus che gli disse: “E ora che lei entri nella circolazione delle idee”. Risposta di Cioran: “Vai a farti fottere” (da un articolo del Corriere della Sera) ◾Quando Beckett tradusse “Senza” dal francese all’inglese coniò, per il titolo, il neologismo “lessness” che Cioran definì “inesauribile mescolanza di privazione e d’infinito, vacuità sinonimo di apoteosi”. Al termine di una serata di conversazione Cioran si congedò da Beckett dicendogli che non avrebbe avuto pace fino a quando non avesse ideato un neologismo francese equivalente a lessness. Ma la ricerca rimase senza frutto. L’unica parola che lo soddisfò parzialmente la derivò dal latino sine: sinéité. Il giorno dopo Beckett gli confessò che era giunto alla stessa identica conclusione. E comunque il titolo francese rimanse “Sans” (dal sito http://www.samuelbeckett.it/narrativa.htm) ◾” Tu non mi crederai, ma io vado quasi tutti i giorni in biblioteca, mi riempio la borsa dei libri, e miseria delle miserie, li divoro. Possiamo scendere più in basso? Non mi lascio ingannare da questa voracità, né da questa eccitazione. Dietro esse, distinguo chiaramente pigrizia e impostura” (Cioran-Guerne Lettres 1961-1978) ◾Dai dieci a quattordici anni abitavo in una pensione familiare. Tutte le mattine, andando al ginnasio, quando passavo davanti a una libreria non mancavo di gettare un rapido sguardo ai libri, che cambiavano relativamente spesso persino in quella città di provincia in Romania. Uno solo, in un angolo della vetrina, sembrava dimenticato da mesi: Bestia umana (La Bete humaine di Zola). Di quei quattro anni, il solo ricordo che mi assilli è quel titolo” (da Confessioni e Anatemi pag.97) ◾“Posso dire che sono tre al mondo le città che mi hanno affascinato: Parigi, Dresda e Sibiu” (intervista con François Fejito) ◾Fernando Savater tradusse per primo Cioran in Spagna. Alcuni critici pensarono che “Cioran” fosse un eteronomo del filosofo, al che Savater raccontò l’episodio a Cioran: “Sa cosa? Qui in Spagna stanno dicendo che Lei non esiste!”. Cioran replicò: “La prego, non li smentisca!” (tratto da un commento di Maurizio Manco sul blog Aforisticamente) ◾Pur vivendo ai limiti della sopravvivenza, Cioran spediva alcuni regali – con molta probabilità abiti o oggetti quotidiani- ai pronipoti, che lo vedevano come lo zio d’America (Cahiers, pag. 521) ◾Vicino Rasinari c’era un fiume che scorreva vicino la casa di Cioran, dove a sei anni e a piedi scalzi fino a novembre, quindi anche con l’acqua ghiacciata. Fu qui, secondo lo stesso Cioran che ebbe i problemi di reumatismo che l’hanno “tormentato” anche in età avanzata (Cahiers, pag.752) ◾Quando, all’indomani della guerra del ’14, si introdusse l’elettricità nel mio villaggio natale, fu un mormorio generale, poi la muta desolazione [...] tutti furono persuasi che l’Anticristo era venuto e, con lui, la fine dei tempi. Questi contadini dei Carpazi avevano visto giusto, avevano visto lontano. Essi, che provenivano dalla preistoria, sapevano già, all’epoca,ciò che i civili non conoscono che da poco. (L’inconveniente di essere nati) ◾In una delle ultime lettere scritte la madre, Elvira Comaniciu, scrive: “Qualsiasi cosa l’uomo intraprenda, presto o tardi lo rimpiangerà” (da L’inconveniente di essere nati). Sarà lo stesso Cioran a definirla una “frase testamento” ◾E’ Cioran stesso a raccontare che nel 1970 era stato interrogato da un esattore inquisitorio. “Lei è ben vestito. Il suo completo è nuovo”. “Sono gli amici che mi vestono”. “E per mangiare?”. “Ho il vantaggio di avere una gastrite. Sono a dieta”.

giovedì 25 aprile 2013

how to avoid work

how to avoid work

mercoledì 24 aprile 2013

avere almeno un fan in basilicata



è il consumismo, escludi i vecchi affacciati ai palazzi
per il resto la fica è solo un invenzione, si, per vendere più cazzi

dargen d'amico

il futuro


La mattina di Capodanno ci svegliammo tutti e quattro con un cerchio alla testa che era il contrario di un'aureola. Facemmo colazione al bar con i cornetti appena fatti: abbozzammo dei bilanci e ci immaginammo il futuro prossimo. Marco si lamentò ancora che il voltafaccia di Carla gli scottava sempre di più e che gli dispiaceva anche di non avermi chiesto di fare il suo testimone, anche se ormai queste scuse ovviamente non contavano più nulla. Francesco disse che lui era preoccupato: il piccolo contratto di sostituzione maternità era finito, e le feste gli avevano bruciato i pochi risparmi. Gianluca era come sempre in crisi con Maria Laura e aveva appena discusso con un anno e mezzo di ritardo la tesi di dottorato. E io, vabbè, avevo finito di scrivere il mio romanzo sulla crisi, e dovevo decidere se trasferirmi a Berlino da Greta o se convincere lei a venire a Roma.
Qualche giorno l'Epifania dopo mi arrivò una telefonata di un altro mio amico, Giampiero. Mi chiedeva se potevamo vederci per un caffè, mi voleva parlare di un progetto. L'avevo conosciuto quando faceva il centro sperimentale di cinematografia ormai più di dieci anni fa, e da allora l'avevo un po' perso di vista. Ci incontrammo in un baretto a Piazza Vittorio. Si presentava abbastanza bene, muscoli e tutto. Aveva anche un cane con sé, un setter che si teneva in braccio e che lo leccava di continuo. Mi disse: "Mi è venuta un'idea nella quale mi piacerebbe coinvolgerti", mi disse: "Dobbiamo rigirare i Comizi d'amore di Pasolini ma ambientato oggi". Mi chiese se volevo aiutarlo nella sceneggiatura. Mi disse che aveva un mezzo contatto con un produttore. Gli chiesi chi fosse. "Un ragazzo diciottenne che è diventato orfano da poco. Vuole investire i soldi del padre nel rifare uno alla volta tutti i documentari di Pasolini" . Rimanemmo d'accordo per rivederci di lì a una settimana.
A fine gennaio Gianluca mi cominciò a bombardare di mail. Mi voleva convincere che non dovevo mandare il mio manoscritto alle case editrici. Una sua mail diceva: "Mi è venuto in mente un modello di business editoriale. Pubblichiamo il tuo romanzo a puntate sul retro dei biglietti della metro. Per leggerlo uno si deve collezionare i biglietti finché non lo finisce".
"Verrà lungo almeno cinquecento biglietti", dissi.
"Andata e ritorno, non è nemmeno un anno, ho un amico che lavora a Metrebus, fidati, fammici parlare".
Anche Greta era contenta che avessi finito il romanzo: ora potevamo finalmente vivere insieme. Lei insisteva che io mi trasferissi a Berlino. "Non fa così freddo qui".
"Oggi ho visto su internet e sono meno sedici", dicevo io.
"Sì, ma in casa si sta benissimo. Mi è venuto in mente un progetto che dobbiamo fare insieme", mi diceva lei.
"Dimmi amore".
"Guerrilla gardening nelle case. Andiamo nelle case della gente che ha le piante dentro casa. Gli creiamo dei minigiardini dappertutto".
"Dappertutto dove?".
"In salotto", diceva Greta, "nella fruttiera, nella lettiera del gatto. Ovunque ci sia uno microspazio che va restituito alla natura. Che ne pensi? Ci stai?"
Mi piaceva molto Greta ma ero preoccupato dall'idea di trasferirmi a Berlino. Cercavo sicurezze.
Marco mi chiamò agli inizi di febbraio per dirmi che gli era venuto in mente un progetto che univa Berlino con Roma. Fui tutt'orecchi. Mi invitò a casa sua per un caffè. Mi chiese se fossi disposto a accettare una sfida.
"Quanto sfida?", chiesi.
"Il giornalista sotto copertura. Hai presente Gunter Wallraff?".
"No".
"Non l'hai letto?", si stupì.
"No".
"È il giornalista che si è travestito da immigrato per documentare le condizioni di lavoro in Germania. È il giornalista che ha indagato il razzismo latente nell'Europa e in tutti noi".
"Tu cosa hai in mente?", chiesi.
"Devi travestirti da donna. Fare un'inchiesta da insider sul mondo del femminicidio".
"Cosa c'entra Berlino?".
"Facciamo un progetto e ci facciamo dare i fondi europei. Tu vai avanti e indietro con il pullman Italia a Germania, io ti curo tutto il sistema gestionale".
"Come funzionerà?", chiesi.
"Io ti mappo con il gps, tu rimorchi i maniaci alle stazioni di servizio".
Facevamo spesso delle cene, nel mio appartamento a San Giovanni. Mio padre aveva convinto un suo amico a lasciarmelo senza che gli pagassi un affitto.
Discutevamo molto della situazione politica italiana, cosa sarebbe accaduto da qui a pochi mesi. Discutevamo anche di noi. Un altro mio amico, Giovanni detto Gibbo, stava messo male in arnese. I genitori non gli passavano più soldi. Il padrone di casa lo voleva buttare per strada. Disse però che aveva un progetto nel quale voleva coinvolgerci: "Ho un amico che lavora in televisione. La settimana prossima gli voglio presentare un format. Mi dovete dare una mano. Ho in mente un reality: portiamo dei bambini su un'isola tipo l'isola dei famosi, ma senza mamma e senza papà. Gli facciamo fare tutte le prove di resistenza. Loro che chiedono aiuto ai genitori via satellite. Piangono, riscoprono gli affetti, crescono. È un programma sulla famiglia", disse. Ci chiese delle opinioni, e poi ci parlò di sé, di come la vedeva nera anche di lì a breve, e ci chiese se potevamo alzargli i soldi per la metro per tornare a casa. Raccogliemmo sette euro e glieli demmo.
Anche Greta aveva dei progetti coi bambini e me li comunicava via skype. Lei è un'artista che fa performance. Una di quelle che prima venerava Marina Abramović e ora la odia perché è troppo borghese.
"Mi è venuta in mente una grande roba interattiva. Mettiamo centinaia di annunci nei giornali di annunci di tanti paesi diversi. Diciamo che vogliamo che qualcuno ci regali un bambino. Siamo una coppia che vuole un figlio. E vediamo che succede".
"Non rischiamo denunce?".
"Fa parte della performance, anche la galera. Mi aiuti a tradurre l'annuncio?"
Arrivò la primavera e la gente che conoscevo faceva sempre più progetti.
La mattina di Pasqua Gibbo mi chiese se ci potevamo prendere un caffè il giorno stesso.
"Ma non puoi dirmi per telefono?"
"Ho paura che mi rubino le idee".
Ci vedemmo, lo trovai molto dimagrito, intabarrato in un grande cappotto che mi disse che aveva preso alla Caritas. Parlammo della situazione dell'Europa. Poi mi spiegò che voleva rifare la Corrida, ma direttamente in ospedale e con i malati terminali. "Una via di mezzo tra una trasmissione di denuncia e una d'entertainment".
Giampiero mi scrisse un'altra mail in cui mi spiegava il suo progetto con i calzini: "Chiediamo a migliaia di persone di fare foto delle loro stanze piene di calzini sporchi. Ci facciamo dare i soldi dalla Provincia".
Col caldo Marco si era trasferito a Frigolandia, una comune in Umbria: mi chiamava spesso e mi invitata a raggiungerlo. Aveva un nuovo progetto: "Dobbiamo creare una religione, tipo gli hare krishna tipo damanhur, ma con i bimbominkia. Ci dobbiamo inventare un culto. Dobbiamo codificare dei riti, scrivere delle preghiere. Quei ragazzini sono gente piena di soldi. Perché non mi raggiungi qui per un mesetto e capiamo come possiamo edificare un tempio. Tuo padre non aveva degli amici geometri a cui possiamo chiedere dei permessi?".
Gibbo mi invitava spesso per un caffé. Quando ci vedevamo mi chiedeva se gli potevo offrire anche una piadina. Aveva tante bolle in faccia e sul collo, ed era come al solito instancabile. Quando non ce la facevamo a incontrarci, mi spediva degli sms: "Rifacciamo intervallo con la musica techno sotto, lo vendiamo a Sky".
Eravamo praticamente in estate, ma nessuno di noi andò in vacanza, dovevamo sviluppare dei progetti rimasti embrionali. Embrionale era una parola che ci piaceva molto.
Io andai a stare da Greta un paio di mesi. Lei era tutta presa da decine di idee artistiche che condivideva con altre sue amiche: "Ho in mente una grande tela su cui raccogliere lo sperma di centinaia di persone. Una roba alla Pollock, con i piselli usati come pennelli che sgocciolano. Ci facciamo finanziare il tutto da un'agenzia dell'Onu che si occupa di tolleranza religiosa", diceva un'amica.
"Dobbiamo costruire un grande pupazzo delle Duracell di otto metri. Funzionante, e con delle enormi pile. Ce lo facciamo finanziare direttamente dalla Duracell e lo facciamo girare per il centro di Berlino", diceva un'altra amica.
"Dobbiamo andare a recuperare i denti estratti dai dentisti, e fare una megainstallazione su una gigantesca cartina geografica. Su ogni luogo mettiamo il dente marcio della persona a cui è stato tolto. È una sorta di Auschwitz della carie mondiale", diceva ancora un'altra amica.
"Dobbiamo trovare una pistola e riprendere tutta la giornata con noi che stiamo in casa e spariamo a tutto quello che c'è intorno. Facciamo volare in aria la colazione, riempiamo di fori i divani, crivelliamo la libreria", diceva Greta.
Dall'Italia Gibbo mi mandava ogni tanto delle mail allarmate. Diceva che era messo sempre più male. Aveva una piorrea che non riusciva a curarsi. Alla messo su un sito con un paypal al quale ci chiedeva di versarci anche pochi centesimi.
Mi scriveva anche Giampiero. Mi diceva che in Italia era un momento in cui impegnarsi. Secondo lui, dovevo tornare. Aveva un progetto per fondare un partito. "Dobbiamo recuperare i contatti degli attori delle trasmissioni anni '80 e convincerli a candidarsi. Ti ricordi quello che faceva Mirko nei Beehive? Un mio amico conosce quello che stava dentro il pupazzo di Uan e dice che ci può dare una mano".
A settembre tornai a Roma. Non avevamo ancora deciso cosa fare con Greta, ci prendemmo altro tempo per decidere.
Al ritorno a casa trovai decine di messaggi sulla segreteria telefonica. La maggior parte erano di amici che mi invitavano a prendere un caffè. Alcuni erano di Gibbo che mi diceva che la vedeva ogni giorno più nera: anche al ristorante sotto casa non volevano più dargli gli scarti la sera, e con un filo di voce mi chiedeva se gli potevo dare una mano.
Presi l'agenda, per cercare di mettermi in pari con gli amici che volevano vedermi.
Qualche giorno dopo andai a una festa dell'editoria indipendente, dove incontrai Gianmarco. Mi disse che aveva un progetto, se ci vedevamo un giorno di questi per un caffè poteva spiegarmelo. Gli chiesi di accennarmelo, almeno. "È un progetto un po' folle", mi disse. "Ci vuole dell'entusiasmo. Dobbiamo realizzare un'azione situazionista di massa. I flash mob nelle chiese. Poi troviamo diecimila persone e andare a fare casino durante all'Angelus".
"E che scopo?".
"Ricattiamo il Vaticano. Gli diciamo se non ci date dei soldi, lo rifacciamo, non vi facciamo più fare una messa tranquilli".
La città era spesso sommersa dagli acquazzoni, quando non accadeva me ne andavo in giro e mi facevo delle passeggiate. Un giorno di fine ottobre incontrai Giulia, la mia fidanzata a quindici anni. Era appena uscita da un aperitivo e era semiubriaca, ma cercava comunque di parlarmi in modo lucido: "Era settimane che ti volevo chiamare per una cosa. Ti devo parlare di una cosa che devo fare. Sto cercando gente. Devo fare una torta gigantesca, metri e metri di torta, una roba da guinness, insieme a dei vecchi compagni del liceo".
"Spiegami, è un progetto tuo?".
"No, è un compito. Mi sono iscritta a un corso di scoperta del sé in un'associazione a Tor Marancia, e ognuno deve fare qualcosa che gli ha assegnato il maestro, dopo aver capito come rimuovere i rimossi. Tu hai i numeri di qualcuno del liceo, dei contatti su facebook?"
Nei giorni che ci avvicinavano a Natale sapemmo che Gibbo era stato trovato semiagonizzante su un marciapiede vicino alla stazione. Era stato ricoverato, lo diedero subito per spacciato.
Invece di perdere tempi in inutili riti del consumismo, decidemmo di passare le ultime giornate con lui.
Anche se attaccato ai tubi, continuava a mantenere la sua solita vitalità: "Appena mi rimetto", diceva "ci dobbiamo mettere a lavorare per un progetto".
Io lo consolavo: "Dai, che appena esci ci prendiamo un caffè e ne chiacchieriamo".
"Non posso più bere caffè mi hanno detto", rispondeva lui. Poi mi tirava il braccio e mi diceva: "Dobbiamo brevettare dei cateteri vibranti. Che servano a far defluire l'urina ma a dare anche del piacere sessuale. Tu non avevi un amico che si occupava di tecnologia?"
Greta non fece in tempo a salutare Gibbo. Quando arrivò a Roma, lui era già morto, lasciando un lungo testamento morale con tante delle sue idee ancora da esplorare.
Io e lei ci salutammo più calorosamente del solito. La morte ci aveva uniti. Lei mi disse che doveva dirmi una cosa e non l'aveva potuto fare per telefono né su skype.
"Dimmi adesso", le dissi.
"No", mi disse ferma, "devi venire a casa".
L'accompagnai a casa dell'amica dove si stava appoggiando. Mi misi seduto, lei andò in camera sua e dopo un po' tornò con un grande involto. Lo appoggiò sul tavolo e lo svolse. Dentro c'era un bambino. Sarà stato un neonato di neanche due mesi.
"Me l'hanno spedito", disse. "Mi è arrivato in un pacco con dei buchi".
"È bellissimo", le risposi.
"È bellissimo", disse lei. "Dobbiamo solo decidere come chiamarlo".



christian raimo

martedì 23 aprile 2013

nuclearizzare la provenza

rondolino è il tolstoj di bersani

Solo come non lo è mai stato, Bersani si presenta oggi a una Direzione che lo ha già archiviato e che guarda altrove, mentre i fedelissimi si aggirano sgomenti fra le macerie di un potere ormai dissolto. Riceverà forse l'onore delle armi, qualcuno pronuncerà parole di circostanza e un lungo applauso, liberatorio e spensierato più che commosso e riconoscente, chiuderà per sempre il sipario.

Messaggio e giuramento davanti alle Camere del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Signora Presidente, onorevoli deputati, onorevoli senatori, signori delegati delle Regioni,
lasciatemi innanzitutto esprimere - insieme con un omaggio che in me viene da molto lontano alle istituzioni che voi rappresentate - la gratitudine che vi debbo per avermi con così largo suffragio eletto Presidente della Repubblica. E' un segno di rinnovata fiducia che raccolgo comprendendone il senso, anche se sottopone a seria prova le mie forze : e apprezzo in modo particolare che mi sia venuto da tante e tanti nuovi eletti in Parlamento, che appartengono a una generazione così distante, e non solo anagraficamente, dalla mia.
So che in tutto ciò si è riflesso qualcosa che mi tocca ancora più profondamente : e cioè la fiducia e l'affetto che ho visto in questi anni crescere verso di me e verso l'istituzione che rappresentavo tra grandi masse di cittadini, di italiani - uomini e donne di ogni età e di ogni regione - a cominciare da quanti ho incontrato nelle strade, nelle piazze, nei più diversi ambiti sociali e culturali, per rivivere insieme il farsi della nostra unità nazionale.
Come voi tutti sapete, non prevedevo di tornare in quest'aula per pronunciare un nuovo giuramento e messaggio da Presidente della Repubblica.
Avevo già nello scorso dicembre pubblicamente dichiarato di condividere l'autorevole convinzione che la non rielezione, al termine del settennato, è "l'alternativa che meglio si conforma al nostro modello costituzionale di Presidente della Repubblica". Avevo egualmente messo l'accento sull'esigenza di dare un segno di normalità e continuità istituzionale con una naturale successione nell'incarico di Capo dello Stato.
A queste ragioni e a quelle più strettamente personali, legate all'ovvio dato dell'età, se ne sono infine sovrapposte altre, rappresentatemi - dopo l'esito nullo di cinque votazioni in quest'aula di Montecitorio, in un clima sempre più teso - dagli esponenti di un ampio arco di forze parlamentari e dalla quasi totalità dei Presidenti delle Regioni. Ed è vero che questi mi sono apparsi particolarmente sensibili alle incognite che possono percepirsi al livello delle istituzioni locali, maggiormente vicine ai cittadini, benché ora alle prese con pesanti ombre di corruzione e di lassismo. Istituzioni che ascolto e rispetto, Signori delegati delle Regioni, in quanto portatrici di una visione non accentratrice dello Stato, già presente nel Risorgimento e da perseguire finalmente con serietà e coerenza.
E' emerso da tali incontri, nella mattinata di sabato, un drammatico allarme per il rischio ormai incombente di un avvitarsi del Parlamento in seduta comune nell'inconcludenza, nella impotenza ad adempiere al supremo compito costituzionale dell'elezione del Capo dello Stato. Di qui l'appello che ho ritenuto di non poter declinare - per quanto potesse costarmi l'accoglierlo - mosso da un senso antico e radicato di identificazione con le sorti del paese.
La rielezione, per un secondo mandato, del Presidente uscente, non si era mai verificata nella storia della Repubblica, pur non essendo esclusa dal dettato costituzionale, che in questo senso aveva lasciato - come si è significativamente notato - "schiusa una finestra per tempi eccezionali". Ci siamo dunque ritrovati insieme in una scelta pienamente legittima, ma eccezionale. Perché senza precedenti è apparso il rischio che ho appena richiamato : senza precedenti e tanto più grave nella condizione di acuta difficoltà e perfino di emergenza che l'Italia sta vivendo in un contesto europeo e internazionale assai critico e per noi sempre più stringente.
Bisognava dunque offrire, al paese e al mondo, una testimonianza di consapevolezza e di coesione nazionale, di vitalità istituzionale, di volontà di dare risposte ai nostri problemi : passando di qui una ritrovata fiducia in noi stessi e una rinnovata apertura di fiducia internazionale verso l'Italia.
E' a questa prova che non mi sono sottratto. Ma sapendo che quanto è accaduto qui nei giorni scorsi ha rappresentato il punto di arrivo di una lunga serie di omissioni e di guasti, di chiusure e di irresponsabilità. Ne propongo una rapida sintesi, una sommaria rassegna. Negli ultimi anni, a esigenze fondate e domande pressanti di riforma delle istituzioni e di rinnovamento della politica e dei partiti - che si sono intrecciate con un'acuta crisi finanziaria, con una pesante recessione, con un crescente malessere sociale - non si sono date soluzioni soddisfacenti : hanno finito per prevalere contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi. Ecco che cosa ha condannato alla sterilità o ad esiti minimalistici i confronti tra le forze politiche e i dibattiti in Parlamento.
Quel tanto di correttivo e innovativo che si riusciva a fare nel senso della riduzione dei costi della politica, della trasparenza e della moralità nella vita pubblica è stato dunque facilmente ignorato o svalutato : e l'insoddisfazione e la protesta verso la politica, i partiti, il Parlamento, sono state con facilità (ma anche con molta leggerezza) alimentate e ingigantite da campagne di opinione demolitorie, da rappresentazioni unilaterali e indiscriminate in senso distruttivo del mondo dei politici, delle organizzazioni e delle istituzioni in cui essi si muovono. Attenzione : il vostro applauso a quest'ultimo richiamo che ho sentito di dover esprimere non induca ad alcuna autoindulgenza, non dico solo i corresponsabili del diffondersi della corruzione nelle diverse sfere della politica e dell'amministrazione, ma nemmeno i responsabili di tanti nulla di fatto nel campo delle riforme.
Imperdonabile resta la mancata riforma della legge elettorale del 2005. Ancora pochi giorni fa, il Presidente Gallo ha dovuto ricordare come sia rimasta ignorata la raccomandazione della Corte Costituzionale a rivedere in particolare la norma relativa all'attribuzione di un premio di maggioranza senza che sia raggiunta una soglia minima di voti o di seggi.
La mancata revisione di quella legge ha prodotto una gara accanita per la conquista, sul filo del rasoio, di quell'abnorme premio, il cui vincitore ha finito per non riuscire a governare una simile sovra-rappresentanza in Parlamento. Ed è un fatto, non certo imprevedibile, che quella legge ha provocato un risultato elettorale di difficile governabilità, e suscitato nuovamente frustrazione tra i cittadini per non aver potuto scegliere gli eletti.
Non meno imperdonabile resta il nulla di fatto in materia di sia pur limitate e mirate riforme della seconda parte della Costituzione, faticosamente concordate e poi affossate, e peraltro mai giunte a infrangere il tabù del bicameralismo paritario.
Molto si potrebbe aggiungere, ma mi fermo qui, perché su quei temi specifici ho speso tutti i possibili sforzi di persuasione, vanificati dalla sordità di forze politiche che pure mi hanno ora chiamato ad assumere un ulteriore carico di responsabilità per far uscire le istituzioni da uno stallo fatale. Ma ho il dovere di essere franco : se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al paese.
Non si può più, in nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana.
Parlando a Rimini a una grande assemblea di giovani nell'agosto 2011, volli rendere esplicito il filo ispiratore delle celebrazioni del 150° della nascita del nostro Stato unitario : l'impegno a trasmettere piena coscienza di "quel che l'Italia e gli italiani hanno mostrato di essere in periodi cruciali del loro passato", e delle "grandi riserve di risorse umane e morali, d'intelligenza e di lavoro di cui disponiamo". E aggiunsi di aver voluto così suscitare orgoglio e fiducia "perché le sfide e le prove che abbiamo davanti sono più che mai ardue, profonde e di esito incerto. Questo ci dice la crisi che stiamo attraversando. Crisi mondiale, crisi europea, e dentro questo quadro l'Italia, con i suoi punti di forza e con le sue debolezze, con il suo bagaglio di problemi antichi e recenti, di ordine istituzionale e politico, di ordine strutturale, sociale e civile."
Ecco, posso ripetere quelle parole di un anno e mezzo fa, sia per sollecitare tutti a parlare il linguaggio della verità - fuori di ogni banale distinzione e disputa tra pessimisti e ottimisti - sia per introdurre il discorso su un insieme di obbiettivi in materia di riforme istituzionali e di proposte per l'avvio di un nuovo sviluppo economico, più equo e sostenibile.
E' un discorso che - anche per ovvie ragioni di misura di questo mio messaggio - posso solo rinviare ai documenti dei due gruppi di lavoro da me istituiti il 30 marzo scorso. Documenti di cui non si può negare - se non per gusto di polemica intellettuale - la serietà e concretezza. Anche perché essi hanno alle spalle elaborazioni sistematiche non solo delle istituzioni in cui operano i componenti dei due gruppi, ma anche di altre istituzioni e associazioni qualificate. Se poi si ritiene che molte delle indicazioni contenute in quei testi fossero già acquisite, vuol dire che è tempo di passare, in sede politica, ai fatti; se si nota che, specie in materia istituzionale, sono state lasciate aperte diverse opzioni su varii temi, vuol dire che è tempo di fare delle scelte conclusive. E si può, naturalmente, andare anche oltre, se si vuole, con il contributo di tutti.
Vorrei solo formulare, a commento, due osservazioni. La prima riguarda la necessità che al perseguimento di obbiettivi essenziali di riforma dei canali di partecipazione democratica e dei partiti politici, e di riforma delle istituzioni rappresentative, dei rapporti tra Parlamento e governo, tra Stato e Regioni, si associ una forte attenzione per il rafforzamento e rinnovamento degli organi e dei poteri dello Stato. A questi sono stato molto vicino negli ultimi sette anni, e non occorre perciò che rinnovi oggi un formale omaggio, si tratti di forze armate o di forze dell'ordine, della magistratura o di quella Corte che è suprema garanzia di costituzionalità delle leggi. Occorre grande attenzione di fronte a esigenze di tutela della libertà e della sicurezza da nuove articolazioni criminali e da nuove pulsioni eversive, e anche di fronte a fenomeni di tensione e disordine nei rapporti tra diversi poteri dello Stato e diverse istituzioni costituzionalmente rilevanti.
Né si trascuri di reagire a disinformazioni e polemiche che colpiscono lo strumento militare, giustamente avviato a una seria riforma, ma sempre posto, nello spirito della Costituzione, a presidio della partecipazione italiana - anche col generoso sacrificio di non pochi nostri ragazzi - alle missioni di stabilizzazione e di pace della comunità internazionale.
La seconda osservazione riguarda il valore delle proposte ampiamente sviluppate nel documento da me già citato, per "affrontare la recessione e cogliere le opportunità" che ci si presentano, per "influire sulle prossime opzioni dell'Unione Europea", "per creare e sostenere il lavoro", "per potenziare l'istruzione e il capitale umano, per favorire la ricerca, l'innovazione e la crescita delle imprese".
Nel sottolineare questi ultimi punti, osservo che su di essi mi sono fortemente impegnato in ogni sede istituzionale e occasione di confronto, e continuerò a farlo. Essi sono nodi essenziali al fine di qualificare il nostro rinnovato e irrinunciabile impegno a far progredire l'Europa unita, contribuendo a definirne e rispettarne i vincoli di sostenibilità finanziaria e stabilità monetaria, e insieme a rilanciarne il dinamismo e lo spirito di solidarietà, e a coglierne al meglio gli insostituibili stimoli e benefici.
E sono anche i nodi - innanzitutto, di fronte a un angoscioso crescere della disoccupazione, quelli della creazione di lavoro e della qualità delle occasioni di lavoro - attorno a cui ruota la grande questione sociale che ormai si impone all'ordine del giorno in Italia e in Europa. E' la questione della prospettiva di futuro per un'intera generazione, è la questione di un'effettiva e piena valorizzazione delle risorse e delle energie femminili. Non possiamo restare indifferenti dinanzi a costruttori di impresa e lavoratori che giungono a gesti disperati, a giovani che si perdono, a donne che vivono come inaccettabile la loro emarginazione o subalternità.
Volere il cambiamento, ciascuno interpretando a suo modo i consensi espressi dagli elettori, dice poco e non porta lontano se non ci si misura su problemi come quelli che ho citato e che sono stati di recente puntualizzati in modo obbiettivo, in modo non partigiano. Misurarsi su quei problemi perché diventino programma di azione del governo che deve nascere e oggetti di deliberazione del Parlamento che sta avviando la sua attività. E perché diventino fulcro di nuovi comportamenti collettivi, da parte di forze - in primo luogo nel mondo del lavoro e dell'impresa - che "appaiono bloccate, impaurite, arroccate in difesa e a disagio di fronte all'innovazione che è invece il motore dello sviluppo". Occorre un'apertura nuova, un nuovo slancio nella società ; occorre un colpo di reni, nel Mezzogiorno stesso, per sollevare il Mezzogiorno da una spirale di arretramento e impoverimento.
Il Parlamento ha di recente deliberato addirittura all'unanimità il suo contributo su provvedimenti urgenti che al governo Monti ancora in carica toccava adottare, e che esso ha adottato, nel solco di uno sforzo di politica economico-finanziaria ed europea che meriterà certamente un giudizio più equanime, quanto più si allontanerà il clima dello scontro elettorale e si trarrà il bilancio del ruolo acquisito nel corso del 2012 in seno all'Unione europea.
Apprezzo la decisione con cui il movimento largamente premiato dal corpo elettorale come nuovo attore politico-parlamentare ha mostrato di volersi impegnare alla Camera e al Senato, guadagnandovi il peso e l'influenza che gli spetta : quella è la strada di una feconda, anche se aspra, dialettica democratica e non quella, avventurosa e deviante, della contrapposizione tra piazza e Parlamento. Non può, d'altronde, reggere e dare frutti neppure una contrapposizione tra Rete e forme di organizzazione politica quali storicamente sono da ben più di un secolo e ovunque i partiti.
La Rete fornisce accessi preziosi alla politica, inedite possibilità individuali di espressione e di intervento politico e anche stimoli all'aggregazione e manifestazione di consensi e di dissensi. Ma non c'è partecipazione realmente democratica, rappresentativa ed efficace alla formazione delle decisioni pubbliche senza il tramite di partiti capaci di rinnovarsi o di movimenti politici organizzati, tutti comunque da vincolare all'imperativo costituzionale del "metodo democratico".
Le forze rappresentate in Parlamento, senza alcuna eccezione, debbono comunque dare ora - nella fase cruciale che l'Italia e l'Europa attraversano - il loro apporto alle decisioni da prendere per il rinnovamento del paese. Senza temere di convergere su delle soluzioni, dal momento che di recente nelle due Camere non si è temuto di votare all'unanimità. Sentendo voi tutti - onorevoli deputati e senatori - di far parte dell'istituzione parlamentare non come esponenti di una fazione ma come depositari della volontà popolare. C'è da lavorare concretamente, con pazienza e spirito costruttivo, spendendo e acquisendo competenze, innanzitutto nelle Commissioni di Camera e Senato. Permettete che ve lo dica uno che entrò qui da deputato all'età di 28 anni e portò giorno per giorno la sua pietra allo sviluppo della vita politica democratica.
Lavorare in Parlamento sui problemi scottanti del paese non è possibile se non nel confronto con un governo come interlocutore essenziale sia della maggioranza sia dell'opposizione. A 56 giorni dalle elezioni del 24-25 febbraio - dopo che ci si è dovuti dedicare all'elezione del Capo dello Stato - si deve senza indugio procedere alla formazione dell'Esecutivo. Non corriamo dietro alle formule o alle definizioni di cui si chiacchiera. Al Presidente non tocca dare mandati, per la formazione del governo, che siano vincolati a qualsiasi prescrizione se non quella voluta dall'art. 94 della Costituzione : un governo che abbia la fiducia delle due Camere. Ad esso spetta darsi un programma, secondo le priorità e la prospettiva temporale che riterrà opportune.
E la condizione è dunque una sola : fare i conti con la realtà delle forze in campo nel Parlamento da poco eletto, sapendo quali prove aspettino il governo e quali siano le esigenze e l'interesse generale del paese. Sulla base dei risultati elettorali - di cui non si può non prendere atto, piacciano oppur no - non c'è partito o coalizione (omogenea o presunta tale) che abbia chiesto voti per governare e ne abbia avuti a sufficienza per poterlo fare con le sole sue forze. Qualunque prospettiva si sia presentata agli elettori, o qualunque patto - se si preferisce questa espressione - si sia stretto con i propri elettori, non si possono non fare i conti con i risultati complessivi delle elezioni. Essi indicano tassativamente la necessità di intese tra forze diverse per far nascere e per far vivere un governo oggi in Italia, non trascurando, su un altro piano, la esigenza di intese più ampie, e cioè anche tra maggioranza e opposizione, per dare soluzioni condivise a problemi di comune responsabilità istituzionale.
D'altronde, non c'è oggi in Europa nessun paese di consolidata tradizione democratica governato da un solo partito - nemmeno più il Regno Unito - operando dovunque governi formati o almeno sostenuti da più partiti, tra loro affini o abitualmente distanti e perfino aspramente concorrenti.
Il fatto che in Italia si sia diffusa una sorta di orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni, convergenze tra forze politiche diverse, è segno di una regressione, di un diffondersi dell'idea che si possa fare politica senza conoscere o riconoscere le complesse problematiche del governare la cosa pubblica e le implicazioni che ne discendono in termini, appunto, di mediazioni, intese, alleanze politiche. O forse tutto questo è più concretamente il riflesso di un paio di decenni di contrapposizione - fino allo smarrimento dell'idea stessa di convivenza civile - come non mai faziosa e aggressiva, di totale incomunicabilità tra schieramenti politici concorrenti.
Lo dicevo già sette anni fa in quest'aula, nella medesima occasione di oggi, auspicando che fosse finalmente vicino "il tempo della maturità per la democrazia dell'alternanza" : che significa anche il tempo della maturità per la ricerca di soluzioni di governo condivise quando se ne imponga la necessità. Altrimenti, si dovrebbe prendere atto dell'ingovernabilità, almeno nella legislatura appena iniziata.
Ma non è per prendere atto di questo che ho accolto l'invito a prestare di nuovo giuramento come Presidente della Repubblica. L'ho accolto anche perché l'Italia si desse nei prossimi giorni il governo di cui ha bisogno. E farò a tal fine ciò che mi compete : non andando oltre i limiti del mio ruolo costituzionale, fungendo tutt'al più, per usare un'espressione di scuola, "da fattore di coagulazione". Ma tutte le forze politiche si prendano con realismo le loro responsabilità : era questa la posta implicita dell'appello rivoltomi due giorni or sono.
Mi accingo al mio secondo mandato, senza illusioni e tanto meno pretese di amplificazione "salvifica" delle mie funzioni ; eserciterò piuttosto con accresciuto senso del limite, oltre che con immutata imparzialità, quelle che la Costituzione mi attribuisce. E lo farò fino a quando la situazione del paese e delle istituzioni me lo suggerirà e comunque le forze me lo consentiranno. Inizia oggi per me questo non previsto ulteriore impegno pubblico in una fase di vita già molto avanzata ; inizia per voi un lungo cammino da percorrere, con passione, con rigore, con umiltà. Non vi mancherà il mio incitamento e il mio augurio.
Viva il Parlamento, viva la Repubblica, viva l'Italia.

lunedì 22 aprile 2013

Grillo si appropria dell'ultimo baluardo del berlusconismo, il calcio

Chiamala, se vuoi, democrazia. L'Italia ha perso e, non so perché, mi viene in mente il pianto disperato di Baresi dopo la finale persa ai rigori con il Brasile nel 1994. Il MoVimento 5 Stellle è diventato l'unica opposizione

http://www.beppegrillo.it/2013/04/blue_sunday.html#commenti

per sorrentino basta guardarsi intorno




sul deboscio gli altri

domenica 21 aprile 2013

la superiorità morale del m5s

Grillo non si accontenta di prendere i candidati al pd, adesso si arroga anche la superiorità morale che era tipica della sinistra, poi magistralmente sintetizza cent'anni di politica italiana con la rimarcia su Roma.
E intanto, da buon genovese, non riesce nemmeno a organizzare un comizio, il sito non è attrezzato e va continuamente giù: far crashare il blog di Grillo is the new Piazza Fontana.
Ça va sans dire: ieri ho detto guerra civile, ma intendevo pasta di gragnano.

sabato 20 aprile 2013

I believe I can fly

Re Giorgio Napolitano II

hands up for King Giorgio II remix


venerdì 19 aprile 2013

BENE HAI VINTO TU FAI IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA IO NON VOGLIO NEMMENO VEDERE GUARDA MI DIMETTO

VA BENE HAI VINTO TU FAI IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA IO NON VOGLIO NEMMENO VEDERE GUARDA MI DIMETTO

buana prodi

finto telegramma di #prodi inviato da #dalema alla sede del #pd: bongo bongo bongo stare bene solo in congo votate #rodotà io stare bene qua

la grande bellezza di paolo sorrentino



che bravo sorrentino che si è fatto fare il teaser da malick

giovedì 18 aprile 2013

orcoboia ragassi che botta!

#bersani non ha vinto le elezioni, non ha eletto il presidente della repubblica, adesso non può non dimettersi #pd

mercoledì 17 aprile 2013

PRESIDENTE SIAMO CON TE


















Alla vigilia dell'elezione vera ecco i quirinabili di Dezgeist, 20 figure altamente rappresentative e di specchiata moralità che vorremmo come Presidente della Repubblica:

- Fabrizio Corona
- Maurizio Cattelan
- Aldo Busi
- Francesco Pacifico
- Salvatore Ligresti
- Alessandro Gori
- Melissa Panarello
- Ruggero Jucker
- Aldo Nove
- Raffaele Sollecito
- Jake La Furia
- Matteo Lenardon
- Anna Dello Russo
- Giuliano Ferrara
- Tommaso Labranca
- Carlo Freccero
- Aldo Grasso
- Carlo Rossella
- Leonardo Bongiorno
- Clapis

sara tommasi tatuata louis vuitton

sara tommasi tatuata louis vuitton ontologicamente le comunanze con le borsette sono molteplici

lunedì 15 aprile 2013

Il Gabibbo Presidente della Repubblica














Noi comunque rimaniamo della nostra idea, e cioè che il migliore candidato per il Quirinale è il Gabibbo. È lui l'unico vero garante dell'unità nazionale, nonché l'incarnazione più perfetta dell'immaginario della Seconda e della Terza Repubblica. Una figura fuori dagli schemi e dalle caste, ma allo stesso tempo rassicurante. Il Gabibbo è la Balena Bianca che si tinge di rosso, il rosso del socialismo riformista e libertario; è la vecchia borghesia democristiana e codina che smette di andare a messa la domenica mattina e comincia ad andare a puttane la domenica sera; è la nuova classe dirigente dinamica e rampante, Forlani che diventa Craxi che diventa Berlusconi che diventa Grillo che diventa Renzi, e così sia. Che poi dove sta scritto che un pupazzo non puo' diventare Presidente della Repubblica?

nino manfredi da vecchio

quando ero piccolo la sera facevano spesso i film di manfredi e soprattutto quelli di un certo periodo, credo inizio anni '80, in cui lui era già abbastanza vecchio e recitava sempre più o meno la stessa parte, e cioè quella del tipo che finge di voler essere moderno e non ci riesce (ad esserlo, e nemmno a fingerlo). ci sono almeno 4 o 5 film così: quello dove incontra la figlia della vecchia amante, quello che incontra una puttana a venezia, quello che fa l'architetto e anche secondo ponzio pilato (o "ponzio pilato II"). (si noti che è sempre la donna che gli mostra un'altra vita, e che allo stesso tempo la rende grottesca. in fondo è come se fosse un piccolo animale, che fa allegria guardarlo ma col quale non si può davvero parlare) quest'ultimo film ha avuto una piccola notorietà per via della scenetta di erode (figlio), che sono sicuro sia copiata da qualche parte, dove erode spiega che alla fin fine betlemme era un paesucolo di quattro case e quindi quanti bambini poteva starci? considerando che bisognava ammazzare solo i maschi, e solo in fasce, in tutto potevano essere tre o quattro. e ma la chiami una strage? ma ciò che mi ha segnato di questi film, e in particolare di s.p.p., è stata l'aria di manfredi, la faccia di chi si è cacato definitivamente il cazzo, senza rimedio. ai tempi quella stanchezza, quello scetticismo mi sembravano un segno di intelligenza, come anche il comico amore per una tradizione che si capisce vuota. manfredi non riusciva a credere, in lui era morta la capacità di credere (nella giovinezza, nel futuro, nella libertà, in giesucristo) e questo mi sembrava molto più nobile del nichilismo adolescenziale di tanti altri personaggi. e ad accrescerne il pregio c'era la convinzione, rivelatasi poi errata, che quella condizione fosse rara. pensavo che la maggior parte delle persone vivesse in qualche illusione, mentre mi sono accorto che è il contrario, e del resto manfredi era un attore popolare. avrei dovuto capire che incarnava un tipo comune. ora, dopo tanti anni vedo che la gente appena appena sveglia è come manfredi, mi vedo circondato da idioti e da manfredi e non so cosa sia peggio.

venerdì 12 aprile 2013

casaleggio su twitter

essere casaleggio


Ecologia. Spegnere internet di notte.

Rivedere rapporti Chiesa. Far pagare SIAE per messe cantate.

Risparmio energetico, buttare la pasta un po' prima che bolle.

Rinnovare Paese con progetto a 30 anni. Sincronizzare mutui.

Innovazione. Aggiungere tasto invio anche su pianoforte.

Patrimoniale lungimirante su ultimi che saranno primi.

Innovare elezioni. Introdurre retrocessioni.

Ribadire linea M5S a forze politiche: o contro di noi o contro di noi.

Chiarire rapporti con partiti. Occhiolini solo due per volta.

Basta incertezze. Installare GPS su liocorni.

Ascoltare popolo di Internet. Presidente della Repubblica Sasha Grey.

Trasparenza. Introdurre naso nelle faccine.

Caccia, introdurre meritocrazia. Cinghiali armati.

Minacciare indiani di smettere comprare rose.

Promuovere donazione organi. Introdurre carta fedeltà.

Facilitare accesso al credito. Al limite complicare uscita.

Sì all'eolico, anche come passatempo.

Contrastare terremoti. Vietare per legge placche tettoniche.

Ricerca scientifica. Verificare coccodrillo come fa.

Viabilità solidale. Ganasce a carrozzelle abusive.

Pene più severe per chi sbaglia numero di telefono.

Risanare debito pubblico ripassando ostinatamente dal via.

No privilegi. Polizia municipale autorizzata a staccare pellicola protettiva iPad.

Dichiarazioni d'amore solo su modelli prestampati. Verifiche dei vigili.








Combattere aumento carburanti. Accettare solo banconote dieci euro.

Ammortizzatori sociali. Tacche batteria in base a reddito

Favorire importazioni. Accettare caramelle anche da sconosciuti.

Pari opportunità. Femminicidio anche su uomini.

Far arrivare famiglie a fine mese, anche in ritardo.

Minaccia nucleare. Sganciare 10 saggi su Corea per paralizzare paese.

Rispondere a Corea del Nord. Ricucire subito colli su giacche.

Attacco nucleare Corea. Valuteremo di bomba in bomba.

Passaggio graduale all'ora legale. Un minuto a settimana.

Unità nazionale. Servizi segreti deviati per legge all'altezza di Barberino del Mugello.

Semplificazione. Accorciare alfabeto.

Lotterie di Stato solidali. Tutti versano 5 euro, chi vince riprende 5 euro.

Ecologia e partecipazione. Scrivere "Basta Riscaldamento Climatico" su vetri appannati Panda.

Sviluppo open source. Favorire dialetti anche nei linguaggi di programmazione.

Ecologia. Piantare un albero per ogni cittadino nato. In alternativa offrire da bere.

Vivibilità carceri. Criminali massimo due arresti.

Valorizzare eccellenze. Quotare in borsa la SIP.

Rinnovamento politica. No tabula rasa, almeno ciuffetto.

Favorire turismo, lanciare sonde con ricette Masterchef.

No redditometro, sì a verifiche GdF degli spicci tra cuscini divano.

basta digital divide. Se Apple mela, Windows pera.

Nuove calotte polari per oceani on the rocks.


Si a cittadinanza italiana per immigrati figli di cittadini italiani.

Salute, sviluppare app per pap test su iphone.

Piano urbanistico. Riassegnazione numeri civici in base a merito.


Arrestare desertificazione agevolando scioglimento ghiacciai.

Incentivi per settore agricolo. Favorire coltivazioni caffè già macinato.

Trasporto pubblico e meritocrazia. Posto riservato solo a donne anziane incinte.

Rinnovare PA, autocertificare gioia di vivere.

centri benessere a portata di tutti. Sostituire Spa con Srl.

No alta velocità. Autovelox nascosti in finti cassonetti dietro angoli.

Riorganizzare Pubblica Amministrazione, orologio atomico per sincronizzare pause caffè.

Conoscenze creative commons da paesi asiatici. Non più segreti sulla salsa di soia

Introdurre reato di fastidiosità.

Semplificazione: chiamare direttamente "Gesùrrezione".

Sicurezza. Catene a bordo anche sugli aerei fino a marzo.

Pari opportunità. Auto blu solo a parlamentari maschi. Rosa femminucce.

Fare chiarezza. Se Windows chiede di riavviare, farsi spiegare perché.

Stimolare iniziative imprenditoriali. Uova di Pasqua da montare.

Tramonti italiani grande risorsa. Subappaltare a Belgio.

Politica industriale aggressiva. Vendere Finmeccanica, comprare Polonia.

Referendum acqua pubblica. Coprire spesa privatizzando lo Jonio.

Lavori socialmente utili. Anziani fotovoltaici.

Equità. Tassare botte di culo.

Promuovere investimenti dall'estero. Ogni investimento due marò in regalo.

Autonomia energetica. Dinamo in ogni cyclette.

Avvicinare ora legale a cittadini. Spostare lancette da 2 a 11.30.

Ok chiedere proposte a due gruppi ristretti. Ma no Matia Bazar no Jalisse. #napolitano

giovedì 11 aprile 2013

le slovacche

Durante la mia permanenza in Germania ho conosciuto due slovacche. Entrambe erano belle ragazze e per fortuna, perché la mia idea della Slovacchia come posto così così ma che produce femmine bellissime è un punto fermo.

Una si chiamava Zuzka, come a dire Susi in italiano, ed era una bellezza particolare. Per esempio la china del naso non scendeva regolare, ma aveva un'ammaccatura a metà. Però chi se ne importa del naso, non io almeno, in genere. La prima cosa che saltava all'occhio erano le sopracciglia che le davano un'espressione un po' ammiccante e un po' interrogativa; lei poi se le pitturava con un colore a forte contrasto con i capelli ossigenati, anzi pitturava proprio la pelle sotto le sopracciglia, e ne accentuava quella forma bizzarra. Parlava molto e con una voce stridula che se lei non fosse stata così bella avrei definito fastidiosa, invece anche quella era particolare. Studiava le culture anglosassoni, era fissata con la storia degli Stati Uniti e Malcolm X nello specifico, e forse per quello ma forse no si vestiva come una ragazza del Bronx negli anni ottanta-novanta. Di corporatura esile e piuttosto piatta davanti, aveva una propensione per maglie kitsch trasparenti o dalle ampie scollature (si poteva spesso leggere una frase in latino a proposito di raccogliere le rose, dal significato simile a carpe diem, tatuata sul fianco ad altezza seno), per i leggings usati come pantaloni perché poteva permetterseli, e come bonus un giubbottino di un'università americana inesistente. Come ho già detto, parlava a raffica cambiando argomento repentinamente ma senza scendere troppo in profondità, le piaceva lo stile del ghetto e in più indulgeva alla duckface, che un osservatore distratto o una femmina gelosa avrebbe potuto pensare che era stupida. Ma invece no.
E poi aveva questo modo di fare da gattona. Per esempio io ad un certo punto, abbastanza sul tardi devo dire, ero diventato suo amico. Non avevo neanche mai pensato a lei come conquista perché mi sembrava troppo in là, ed ecco che comincia a trattarmi bene, a cercarmi, più di una volta mi saluta con dei baci sulle labbra, mi invita a casa sua e mi apre la porta indossando solo quel giacchettino, che era appena uscita dalla doccia, ma tenendolo socchiuso a mano senza curarsi di tirare su la zip. Io a quel punto arrivavo a momenti di sovraccarico in cui sentivo la fusione nucleare e la luce blu delle supergiganti dentro di me, e a quel punto la scelta era tra il diventare una supernova e prenderla con la forza di mille soli e trascendere strozzandola o mordendole la faccia a sangue nel mentre, oppure pensare a mia nonna morta. Non l'ho mai presa, con la forza di mille o di quattro soli che sia, però non l'ha presa nessuno e questo basta al mio equilibrio interiore. C'era anche un nostro giovane amico, tra l'altro un bel ragazzo, in cui intuivo la stessa luce blu della fusione nucleare, probabilmente aveva sbirciato anche lui nelle ampie scollature ed era stato salutato con dei baci sulle labbra; lui ci metteva più impegno di me, ma niente.
Una notte Zuzka fece dei sogni bagnati a proposito di un altro amico, un inglese che a me non sembrava una gran bellezza con la sua faccia da inglese, e da quel momento aveva cominciato a nutrire interesse verso di lui. Interesse che culminò forse in un bacio ed in una notte abbracciata all'inglese, il quale quando si liberò un letto verso l'alba vi migrò per dormire alle larghe. Ancora non riesco a credere che questa vamp dai modi così invitanti se ne sia tornata al suo paese senza aver ricevuto gli onori che si meritava.

L'altra slovacca si chiamava Anna, come a dire Anna in italiano, ed era all'opposto. Bella ma semplice che più non si poteva: bionda naturale tendente al rame, un viso molto regolare e truccato poco o niente, abbigliamento a volte fin troppo sobrio. Era leggermente sovrappeso, ma lo celava facilmente con quei vestiti accollati, tanto che io me ne accorsi dopo almeno tre mesi. Anzi, mi dispiace dire anche sovrappeso: diciamo che aveva più carne dell'altra attaccata alle ossa, e anche un paio di mammelle ragguardevoli di cui si vergognava. Parlava poco e a bassa voce, le sue frasi cominciavano piano e poi il volume si abbassava e finivano in niente, spesso in gesti che la gente doveva interpretare. Si animava a volte quando beveva, lei lo sapeva e beveva per animarsi. Quando era animata non si capiva un cazzo comunque di quello che voleva dire. Però anche lei non era affatto stupida.
Era estremamente sensibile: una volta per combinazione sia lei che l'altra indossavano qualcosa di leopardato; io e un altro italiano facemmo notare che in Italia era una caratteristica delle tardone: ebbene Zuzka ne rise, Anna andò in camera sua a piangere.
Per mesi si impuntò che io ero cattivo con lei, se ne lamentò con un sacco di persone che poi venivano a sgridarmi, nonostante io le dedicassi molte attenzioni. Poi non so che accadde, ne parlammo, e da dopo Natale andò meglio. A febbraio ero diventato il suo migliore amico, anche perché nel frattempo si era convinta che tutti gli altri la detestassero per qualche motivo. A me questa cosa faceva tenerezza, assieme al fatto che non le piacesse particolarmente quello che faceva nella vita, che cercasse solo di stare a galla, che ritenesse il sesso sopravvalutato e anzi che i genitali e la copula la disgustassero un poco. Per molti versi eravamo molto simili, ma non entrerò nello specifico.
Dopo che Zuzka le parlò di quel sogno si interessò anche lei all'inglese, ma al contempo provò risentimento verso di lui perché non ci aveva mai provato quando ne avrebbe avuto l'occasione. Anche quando l'inglese, evento raro o unico, manifestò interesse per lei con un sms ammiccante, lei si arrabbiò perché era già avvenuto il supposto bacio con quell'altra: non voleva essere la seconda scelta. Non ho mai capito se io le piacessi o no, perché nonostante l'imperterrito corteggiamento parallelo all'amicizia a cui la sottoposi il suo primo problema con me era che anche io avevo avuto un'altra prima scelta; il piacere o non piacere veniva dopo. Comunque penso di no.
Ad oggi Anna aspetta di essere la prima scelta di qualcuno; a differenza di Zuzka rimarrà più a lungo in Germania, e così l'inglese.

Io le amai un po' tutte e due. Anzi tutti e tre, contando l'inglese, che invero era uno dei miei migliori amici e quando non c'era domandavo sempre dove fosse fino a quando gli altri cominciarono a dire che lo amavo, e io non smentii mai.
Una volta io ed Anna uscimmo con lui a bere e poi ci fermammo a dormire a casa sua, ubriachi. Mentre Anna era in bagno lui si cambiò per la notte e io gli vidi il pene, questo mi pone davanti alle slovacche nella classifica. Seconda Zuzka che forse l'ha baciato e forse no, terza Anna ma solo per ora.

mercoledì 10 aprile 2013

il sogno degli anni '90 sopravvive a portland

ristoranti per il salone del mobile a milano

A pranzo:
Chick’n quick -Via Ascanio Sforza, 77
Yoshi – Via Parini, 7
Joia/Joia bistrot – Via Panfilo Castaldi, 18
Classici:
Emilia e Carlo – Via Giuseppe Sacchi, 8
Amaltea – Via Pepe, 38
Ratanà – Via De Castilia, 28
Moderni:
Ad Maiora – Via Altaguardia, 16
Erba brusca – Alzaia Naviglio Pavese, 286
Innocenti evasioni – Via Priv della Bindellina
Jolly:
Ristorante Macelleria Motta - Strada Padana Superiore, 90 – Bellinzago Lombardo
Un posto a Milano - Via Cuccagna 2 – angolo Via Muratori– Milano

martedì 9 aprile 2013

renato zero, saviano saviano saviano

zero saviano

lunedì 8 aprile 2013

alessandro gori e il suo rapporto con gli editori

FIOR FIORI DI EDITORI MI DICONO NOI TI SI PUBBLICA MA TU TOGLI QUESTO TOGLI QUELLO E IO GLI RISPONDO CON UNA FRASE VOI TOGLIERESTE ALLA NOTTE IL CADUCO CANDOR DELL'ACACIA E LORO ZITTI E A CAPO BASSO.
A ME SE GLI EDITORI NON MI CAGANO NON ME NE FREGA UN CAZZO E NE VADO FIERO MI BASTA CHE I MIEI LIBRI PIACIONO AI MIEI GENITORI E PENSO CHE IMMANI SCRITTORI SIANO INVIDIOSI SI AVETE LETTO BENE INVIDIOSI E ROSICONI PERCHE AVRANNO PURE I CONTRATTI CON LAMURSIA O SONZOGNO MA NON RIUSCIRANNO MAI A PIACERE AI MIEI GENITORI FACCIO UN NOME SOLO AMMANNITI.
HO SCRITTO AMMANITI MA INTENDEVO DIRE PESSOA LI SCAMBIO SEMPRE PERCHE LI HO VISTI AD AREZZO.

sabato 6 aprile 2013

m5s secondo schopenhauer

Quando persone colte disputano davanti ad ascoltatori incolti, e non si dispone di alcun argumentum ad rem e nemmeno di uno ad hominem, allora se ne fa uno ad auditores.
A ridere la gente è subito pronta, e quelli che ridono li si ha dalla propria parte.
L'avversario dovrebbe inoltrarsi in una lunga discussione e risalire ai principi della scienza, o cose del genere: ma se lo fa, non trova facilmente ascolto.

ARTHUR SCHOPENHAUER, L'arte di ottenere sempre ragione, stratagemma n. 28

bimbi indiani che lavorano per gli hipster

bimbi indiani che lavorano x gli hipster

venerdì 5 aprile 2013

il remake di drive è già uscito


e dovrebbe rispondere alla lista di requisiti dei film di ultraviolenza che piacciono agli hipster 

l'urlo di munch meloni

urlo di munch-meloni

giovedì 4 aprile 2013

MORIREMO DEM5SCRISTIANI

se i tuoi sottoposti sono insostituibili, allora il sostituibile sei tu

mercoledì 3 aprile 2013

quadrato semiotico hipster

quadrato semiotico hipster www.squadrati.com

Se voglio sentire la verità

bateman
 Come sempre se voglio sentire la verità devo dirmela io

martedì 2 aprile 2013

Avicii vs Nicky Romero - I Could Be The One (Nicktim)

enrico ruggeri, diverso dagli altri girato al diavolo rosso

competizione nel traffico

competono nel traffico quelli che non competono nella vita