mercoledì 30 marzo 2011

alba rohrwacher story

i genitori si conoscono a santorini, lui tedesco lei insegnante
si stabiliscono a orvieto, dove lui si mette a fare l'apicoltore, senza successo
alba ricorda questo periodo in maniera infausta, perché appunto a 10 anni stare in mezzo alla campagna da soli è noioso
poi trasferimento a firenze
li' si iscrive a un corso di recitazione
mentre è al secondo anno di medicina realizza che non le frega niente degli esami e tutto dei corsi di recitazione che sta portando avanti
a un certo punto si unisce al circo bidone
poi la prendono tra le 10 tipe annue del csc dove divide la camera con valentina lodovini
mia intervista preferita, questa da 3:30 a 4:30 magistrale interpretazione di imbarazzo

martedì 29 marzo 2011

lezioni di volo - la persona più importante

lunedì 28 marzo 2011

burgerbar

ah sì mi ricordo di te, tu sei quello insignificante

domenica 27 marzo 2011

Picnic in Albania

venerdì 25 marzo 2011

Le liste di Saviano

La raccolta di liste delle dieci cose per cui vale la pena vivere promossa da Saviano è una lettura insostenibile. Un viaggio dantesco senza redenzione e senza contrappasso. E' una via crucis nel dolore sotterraneo dell'umanità. Un mantra collettivo e spontaneo (naturale come le lingue) generato non creato nella Babele del web, ulteriore come la non-vita. La raccolta delle liste è una performance sistemica: il tutto è più delle somma delle parti e si anima di vita propria. Come il DNA con le quattro basi azotate combinate all'incalcolabile che danno vita alla vita, che poi è sempre quella e sempre citeriore, emerge il mostro dei nostri tempi, lo spirito storico, il purgatorio personale dell'uomo. De Andrè, Saviano, il mare, i figli. I figli, Saviano, De Andrè, il mare. E' la ruota che gira e ci stritola, è la dimostrazione che l'infinito si svolge perfettamente ed assurge solo nel finito. Repubblica inconsapevole ci ha donato la più grande performance artistica. Perfetta perché spontanea e automatica, eppure artificiale, la fusione perfetta tra natura e cultura, tra fusis e nomos. Il brodo primordiale, il bianco dell'iride che gira. Una preghiera collettiva che bestemmia qualsiasi possibilità di un dio, in una vertigine regressiva che riassume la vita al contrario esaurendosi nel vagito primigenio. Tale è il racconto di cui l'uomo è capace di sè, tale la natura micragnosa della nostra narrazione. La raccolta delle liste fa il rumore delle manette dei detenuti sbattute contro le sbarre, è un frinire indistinto di cicale lontane, è il pianto cosmico che ci lega così forsennatamente a quest'atomo opaco del male.

Riccardo C. Mauri

giovedì 24 marzo 2011

ponte della ghisolfa

i lavavetri, che tra di loro /
parlano di lavoro

martedì 22 marzo 2011

il tempo ci dirà chi aveva ragione quando non ci interesserà più saperlo

lunedì 21 marzo 2011

Ecco, diamo il potere ai negri

domenica 20 marzo 2011

i bambini di golzow

Doveva esaltare le magnifiche sorti e progressive del socialismo reale, invece è diventato il più importante esempio di documentario-verità girato da una tv ufficiale nell'Est. E adesso un museo lo ricorderà. Die Kinder von Golzow, "I bambini di Golzow", si chiamava il lavoro del regista Winfried Junge e di sua moglie Barbara.

LE FOTO

Dal 1961, l´anno in cui fu costruito il Muro di Berlino, Junge seguì per 47 anni con la cinepresa le storie di ragazze e ragazzi di una prima elementare della pacifica Golzow, villaggio-modello della Ddr non lontano da Francoforte sull´Oder. Narrò la loro vita, da bambini a teenager ad adulti. Fino e oltre la caduta del Muro e la svolta-trauma della riunificazione. Quella prima elementare coetanea del «muro della vergogna» divenne insieme un Truman Show e una Spoon river della Germania orientale. Spesso la censura storse il naso.

Nella Germania divisa, la trasmisero anche i canali dell´Ovest libero, e continuarono a farlo dopo l´unità nazionale. Ora un semplice museo nella scuola dove Junge cominciò a girare, tramanderà la memoria di quella generazione, il "come eravamo" d´una classe di bimbi cresciuta attraverso le scosse della Storia. «E´una pietra miliare unica nella storia del cinema», scrive Variety.

Cominciò per caso: a Winfried Junge, fresco di diploma alla Scuola superiore del cinema di Potsdam-Babelsberg, non sospetto alla Stasi, i gerarchi affidano il grande incarico: «Mostreremo come il socialismo trasforma una regione arretrata in zona-modello, narreremo il progresso attraverso le vite di quei bambini». Ma il regista prende l´incarico sul serio, e narra tutto. Mostra il «Registro pedagogico», dove gli insegnanti sono tenuti a prendere nota degli orientamenti ideologici e intellettuali dei ragazzi. Illustra il loro cammino nella vita senza trionfalismi, non censura tensioni né drammi.

Ecco Junge che cerca di convincere un ragazzo a essere più naturale davanti all´obiettivo, e poi apprende con un po´ di paura che è figlio del generale Erich Mielke, capo della Stasi. Ecco la tragedia di Brigitte, ragazza madre: cresce da sola il figlio Marcel, e muore a 29 anni per un vizio cardiaco di cui i medici di Stato non si erano accorti. Ecco Juergen, vittima dell´alcolismo, un cancro allo stomaco lo ha condannato ma prima di morire vuole abbracciare per l´ultima volta Winfried e Barbara davanti alla cinepresa. Ci sono anche momenti ironici, sgraditissimi ai censori: Ilona, 11 anni, marina la scuola nel giorno del compito di matematica per giocare ai giardinetti con le amiche.

Le difficoltà col regime aumentano quando i bimbi crescono, ripresi dal film: c´è chi si sposa e divorzia quasi subito dopo, il fiasco di massa delle famiglie emerge dalle immagini come piaga del socialismo. C´è Erika che col fidanzato Hans passeggia per Berlino Est, e mano nella mano, davanti alla telecamera, i due si attardano a guardare con occhi sognanti la vetrina dell´ufficio della Sas, la compagnia aerea scandinava, la voglia del frutto proibito, viaggiare in Occidente. Anche gli immancabili personaggi positivi sono atipici: soprattutto Gudrun, figlia d´un gerarca del Pc capo del Kolkhos locale.

Vuole far carriera, ma anche mettersi a dieta, diventare una donna attraente e indipendente, rifiuta il ruolo di moglie e madre - modello. Finché, nel 1984, la censura intima a Junge di smetterla. Ma lui non si arrende, riesce a farsi ricevere da Egon Krenz, delfino del dittatore Honecker, ge li strappa nuovi finanziamenti. Così il Truman show realsocialista arriva all´89 e oltre, sopravvive alla Ddr stessa.

Oggi i «bambini di Golzow» sono ultracinquantenni. Molti se ne sono andati nelle grandi città, ma la memoria li unisce tutti. Niente nostalgie del passato, affermano Bernhard ed Eckhard, amici per la pelle fin dai banchi della prima, «la vita delle costrizioni è finita». Ma anche adolescenza e gioventù non tornano: sopravvivono solo su quella storia infinita filmata per 47 anni in bianco e nero.

sabato 19 marzo 2011

Ruby come Matteotti


Giuliano Ferrara su Ruby (Qui Radio Londra, 15/03/2011)

Lo schieramento delle truppe pesanti "giuliano ferrara" su rai1 ha reso evidente che a questo punto il processo Ruby equivarrà a quello che il caso Matteotti ha significato per Mussolini.
La scelta di Berlusconi è tra continuare a sopravvivere e inevitabilmente declineare, ingabbiato dai lacci e lacciuoli anticoncezionali giurisdizionali, oppure, proprio in occasione dei 150 anni (coincidenza che non mancherà di titillare le ragioni del Cavaliere, sempre attento alle lusinghe del marketing) pronunciare leggi berlusconissime e cancellare quello che resta di una fallimentare ipotesi democratica: democrazia che, per altre ragioni, ha decisamente e continentalmente stancato, tanto che una svolta plutocratica permetterebbe all'Italia di ritornare ad essere all'avanguardia nel mondo.
Quello che sicuramente non ci serve è un Berlusconi a metà, anzi a un quarto: se chi vota Pd sognava un Obama, chi vota Pdl sognava un Bush che per esempio in caso di crisi libica strappasse un mandato Onu al fine di riproteggere l'antica colonia, appropriandosi delle risorse energetiche e contemporaneamente risolvendo anche l'annosa questione delle centrali nucleari.
Ma di certo quest'attenzione agli scenari e ai tempi sono preclusi a un Premier rinchiuso in casa con le pattine, senza cellulare costretto a chiamare dalle cabine, per cui urge che rompa al più presto gli indugi, anche a costo di una bella guerra civile; del resto delle nazioni africane che si affacciano sul Mediterraneo l'Italia è l'unica a non essersi ancora mossa.

giovedì 17 marzo 2011

sbaglio o tra cavour e garibaldi abbiamo dato via la costa azzurra per avere la costiera amalfitana?

mercoledì 16 marzo 2011

io giudico le persone per come sono, non in base alla minoranza cui appartengono

martedì 15 marzo 2011

Alberto Camerini - L'arrivo di Mao Tse Tung in Paradiso

Alberto Camerini - Cenerentola

lunedì 14 marzo 2011

kraftwerk - radioaktivität

domenica 13 marzo 2011

sabato 12 marzo 2011

Andrea Mirò - Prima che sia domani

venerdì 11 marzo 2011

Non bisogna cercare un senso in ciò che non ne ha nessuno, ritrovando così senza esserne pienamente consapevole la conclusione del Tractatus di Wittgenstein, su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.
Michel Houellebecq, La carta e il territorio

giovedì 10 marzo 2011

i tedeschi hanno una parola per ogni cosa



mercoledì 9 marzo 2011

come si fa a non amare i napoletani :Adelaide Ciotola - 16 novembre 2009 - Mattino 5



http://www.napolitoday.it/cronaca/arresto-luisa-pollaro-madre-adelaide-ciotola.html

Truffa in tv: "Mia figlia è malata". La madre finisce in manette
Raccolti per anni fondi per curare la piccola Adelaide affetta dalla sindrome del lobo medio, ma era tutto inventato. Le accuse rivolte a Luisa Pollaro: truffa aggravata ai danni dello Stato e privati. Indagato il marito
di Redazione - 07/03/2011La storia di Adelaide aveva commosso tutta l'Italia. Una bambina colpita da una grave malattia, o almeno così raccontava, spinta dalla madre a raccontare storie non vere ed ottenere così fondi.

Con l'aiuto del marito e di un complice, la donna era riuscita anche a falsificare la documentazione medica, facendo credere che la figlia fosse affetta da una patologia al polmone, la "sindrome del lobo medio", riuscendo ad ottenere il riconoscimento dell'invalidità al 100%. La trasmissione "Le Iene" aveva sollevato già qualche tempo fa dubbi sul caso e poche ore fa, al termine di indagini svolte dalla Procura di Napoli, la madre della piccola Adelaide, Luisa Pollaro, è stata arrestata con le accuse di truffa aggravata, falso ideologico per induzione di Pubblico Ufficiale e falso materiale. Indagati il marito e un amico della coppia, per i quali il gip ha respinto la richiesta di obbligo di firma chiesta dal pm Aldo Ingangi.

Durante le numerose ospitate televisive i due genitori avevano sostenuto che la figlia soffrisse di continue crisi respiratorie, e che per vivere necessitasse di un costoso intervento salvavita da eseguirsi in una clinica specializzata negli Stati Uniti. Si erano poi aggiunte serate di beneficienza in diverse regioni d'Italia, attraverso le quali i due erano riusciti a mettere in atto numerosissime truffe, in danno di cittadini, persone dello spettacolo ed enti pubblici.

Nel 2008, per promuovere la raccolta fondi, era nata l' associazione "Assocentauri" con la creazione di un account su Facebook per aggiornare tutti gli utenti sulla situazione psico-fisica della bambina. Numerose le donazioni, sia in denaro che in beni di svariata natura, fatte a favore della famiglia e accreditate direttamente nei conti correnti dei truffatori. Poi nel 2007 una casa editrice aveva pubblicato il primo libro autobiografico scritto dalla bambina "Voglia di vita, i miei giorni in ospedale", seguito dalla pubblicazione del secondo libro, scritto dalla madre, intitolato "La vita continua" nel 2009. Con le stesse modalità, la coppia era riuscita a ingannare i componenti della Commissione Invalidi Civili della ASL, ottenendo fin dall'aprile del 2005, un' indennità di invalidità pari al 100%.
È stata un'agente del commissariato di Fiumicino, sposato, presente ad una serata di beneficienza dell' Associazione nel novembre 2009, a insospettirsi per il comportamento estremamente vivace della piccola che poco sembrava conciliare con la malattia pubblicizzata. La Magistratura ha attualmente disposto il blocco dei conti correnti intestati ai due genitori per un valore di 178.000 euro. Sequestrati, inoltre, migliaia di libri pronti alla vendita.

martedì 8 marzo 2011

in un paese serio non si dice in un paese serio

lunedì 7 marzo 2011

ma milano non è mika l'amerika



domenica 6 marzo 2011

il successo di berlusconi deriva dal fatto che ha avuto il coraggio di accettare gli italiani per quello che sono.

venerdì 4 marzo 2011

Il Divo - Andreotti e L'uso del potere

giovedì 3 marzo 2011

il netmage secondo bucknasty remixato meglio da me

Al Netmage ci sono i milanesi. Tanti, tantissimi. Ci sono così tanti milanesi al Netmage che sembra di essere in Puglia. E dire che quasi stavo per non venire al Netmage, quest’anno. Per convincermi è bastato iniziare una campagna di violenza verbale e psicologica 3, no, forse 4 settimane prima. Tipo assicurarmi, quasi giornalmente, che mi sarei perso un evento. Performance incredibili. Gente fondamentale. Personaggi importanti.

Una sera, un tizio emotivamente stempiato, uno di quelli che riesce a comunicare col resto del mondo solo attraverso un complesso linguaggio formato da video di pubblicità scandinave “geniali” su YouTube e link a Il Post, mi ha ripreso sull’argomento.

“Ma perché rompi così tanto il cazzo, al Netmage ci stanno i giovani con la musica nei pugni!”

Non si è espresso esattamente così, ma è come riassumo tutti i concetti formulati dai lettori del più costoso strumento1 per auto-googlarsi mai creato dall’uomo.

“Oh, ma lo sai che al Netmage suona _______?”
— No, chi cazz’è?

Dopo un po’ comprendi la futilità della tua domanda, e quindi delle risposte che ne seguono. Inevitabilmente, qualcuno, è costretto a dire ad alta voce “Berlino”. Tipo sta in uno squat a B******. Non hai capito, ha una label a B******. Berlino. Berlino. Berlino.

Comprendi inoltre come il concetto di suonare sia ormai obsoleto. Probabilmente fa troppo estate 2009. O qualcosa del genere. La musica non è fatta per essere ascoltata, è un pretesto per fare un check-in culturale e validare la tua percezione della realtà. Il Netmage è la transposizione bolognese di questo concetto perfezionato dal milanesismo radicale. Un concetto che supera facilmente tutte le esegesi post-moderne più amichevoli. Non è una coincidenza, quindi, che i frequentatori più accaniti del Netmage — e di tutte le altre manifestazioni sue sorelle — siano, infine, quelli che non-sopravvivono scrivendo di musica. Gli mp3 blogger, in ansia da prestazione per gli accrediti rimbalzati ancora una volta; i wannabe-giornalisti musicali, in cerca di mani da stringere, in scimmia di contatti. I rispettabilissimi giornalisti da 30€ a botta, arroccati dal presenziare su ogni social network accessibile dall’Italia, amiciXlapelle di tutti i gruppi con all’attivo meno hits dei loro blog. Non sanno suonare, non sanno scrivere, sanno aggiornarti. Sanno partecipare. Anzi, fanno “networking”. L’evento bolognese è il bar mitzvah atteso tutto l’anno, l’occasione di farsi amputare il cazzo da gente che non ha mai saputo come usarlo. Il passo necessario per essere considerati adulti e produttivi.

Perché alla musica esposta — il termine corretto da usare, invece di suonata — è stata infine rimossa quell’arrogante pretesa armonica, strumentale e di canto che taluni esigono durante un normale concerto. L’inutile grasso in eccesso è stato rieducato in rumori sintetici prodotti tramite “performance art” che solitamente trovano spazio fra coloro che tentano di fermare la prevaricazione patriarcale, tizie appartenenti alla sinistra lesbica antagonista rivoluzinaria Amish che si alternano per 1 ora e 24 minuti ad urlare piegate in avanti, stile preghiera blasfema a un monolite nero costruito con gli schiaffi alle casalinghe, o segando delle grosse lastre di polistirolo e legno.

La cosa importante, ciò che lega tutte le esibizioni al Netmage, è dilatare il più possibile il proprio suono e performance. Prendere pause sempre più assurde fra loro; tirare fino al grottesco, fino a lacerare i limiti del ridicolo, come i leggings su tua madre.
È lo sforzo necessario a cambiare un sistema in piedi da quando esiste il concetto stesso di musica “moderna”. Da strumento per veicolare il proprio vissuto, a uno in cui creare frizione verso il proprio brand personale online. Questo non si ferma ovviamente solo alla musica “sperimentale”; anzi, vale ancor di più se pensiamo al consenso che si è generato intorno a personaggi come Bugo, Dente, Dargen D’Amico, Le Luci Della Centrale Elettrica o qualunque altro stucchevole gruppo ammiccante del cazzo contenitore di ansie sociali gentrificate che devi ascoltare dal vivo tramite una tessera ARCI. A nessuno frega un cazzo di loro nella vita reale. Sono apprezzati e celebrati e seguiti da gente la cui massima preccupazione — quando si alzano la mattina per andare al lavoro nella camera degli ospiti — è porsi sinceramente quesiti come “quale tshirt esprime al meglio il mio punto di vista sulla sofferenza umana?”, oppure “quale book fotografico in b\n di madri calabresi coi baffi povere sta meglio sul tavolino della chaise longue?”. Gente che ha adulterato la musica rendendola sgraziata, deforme e inutilmente complessa. Un Linux in grado di essere utilizzato solo da loro.

Venti minuti prima di andare, alla fine, per convincermi effettivamente a partire, è bastato giurarmi che non avrei pagato la benzina, l’autostrada, l’albergo, l’ingresso e che mi sarebbero stati offerti tutti i drink che avrei desiderato. Allora ci ho pensato su, e finalmente ho detto “no”. Ma non era veramente un “no” convinto. Tipo quelli che ti dicono “stupro?” e poi precisano “ma era stupro, o stupro-stupro?” Niente paura, a ‘sto giro era solo stupro.

Perchè — forse qualcuno lo ignora — è pericoloso andare al Netmage. Appena sfuggi da Milano uscendo dalla porta sul retro di Melegnano devi superare posti come Lodi, Pavia, Parma. Circolano un sacco di macchine di proprietà degli abitanti di queste città e, appena vedi passare una pattuglia della polizia, devi abbassare il volume della radio, per nascondere tutte le prove di divertimento.

Ma in realtà non temevo neanche gli Ausiliari della Noia, l’umanità, a quel punto, mi aveva messo di buon umore. Un paio di giorni prima di partire, per strada, un tizio di Save the Children ha cercato di darmi in comodato l’esistenza di qualche bambino del Negristan. La zona non era affatto pericolosa ma, per sicurezza personale, l’uomo indossava un giubbotto anti-intellettuale. Nulla lo scalfiva. Parlava, e ogni tentativo di fuggire dalle sue proposte sparandogli riferimenti cinematografici, musicali o letterari veniva rimbalzato dallo sguardo spento dell’anestetizzato da poco. Era completamente immune a ogni tipo di sarcasmo e ironia proveniente dalla mia parte. Non avevo mai visto qualcuno così dal vivo, pensavo che queste persone esistessero solo nei film demenziali e in Piemonte. Era sinceramente puro. Il tipo di persona che si addormenta immaginando un bambino con le ossa grosse che offre un fiore nel traffico di Milano a una donna-poliziotto in difficoltà; invece di violentare il collage di tutte le ragazze che ha conosciuto nella propria vita, come fanno le persone normali.

Probabilmente paga il canone RAI.

Come lavoro fa l’inviato (precario non pagato!) di Qui Studio a Voi Stadio, una trasmissione cult di calcio che ogni domenica contribuisce a diminuire le aspettative di vita di diversi anziani di Milano.
Insiste con me finché non scopre la mia mancanza di documenti, necessari per l’offerta. Privo di personalità, di presa di coscienza della sua esistenza, dell’umanità intorno a lui; ho discusso per 15 minuti con la carriera di Giovanni Lindo Ferretti. Ignora, inoltre, quante persone lo invidino. Conosco gente che darebbe tutto per essere come lui. Si lamentano che la loro sensibilità impedisce loro di condurre una vita senza sofferenze. Vorrebbero essere stupidi, ti dicono. Sono troppo intelligenti e brillanti—quindi soffrono. Quando sono al buio ti confidano che invidiano gli operai in tuta nei centri commerciali, i puttanoni rosa in fila alle discoteche che irridono su Twitter. Se ogni giorno devi prendere calci con la punta di ferro nelle gambe, lui ha avuto il privilegio di nascere tetraplegico.

No, l’unico vero problema era la notte. Non mi sento sicuro durante la notte bolognese. Bologna ti vuole fottere. Devia le strade, sostituisce passaggi, nega accessi. Indossa un corpetto stradale che costringe le persone a osservare solo i suoi punti di forza, nascondendo disperatamente il suo corpo bulboso. Le rare volte in cui esce la sera riesce a catturare l’attenzione di estranei solo indossando vestiti vintage costosi, come il Palazzo Re Enzo, in Piazza Nettuno. Un cancello di ferro, delle scale per spostare la gente nella versione eteronormativa delle darkroom, un grosso terrazzo in cui evitare di appoggiarsi sui culi piatti delle stagiste. Dentro, uno stanzone decadente e borghese, come tutti i film di Sofia Coppola. Pavimenti di marmo, colonne, lampadari barocchi. Sofia Coppola.

Le persone sono sempre in fila. C’è la fila di 20\30 minuti per i bicchieri distillati, quella per il merchandising e poi la fila per parlare con le lavinie vestite come la sigla dei Robinson.

Non è un buon momento per loro.

Le lavinie, al Netmage, sono ancora più annoiate del solito; specialmente quelle dietro ai banconi. Vendono spillette con le facce di filosofi tedeschi che ricordano vagamente avendoli studiati sulle pagine di Facebook, vendono gioielli etnici di Padova, vendono album indie pubblicati su supporti eccentrici. L’unico modo per riprodurli è vivere ancora a casa di tua madre. Sui loro banconi propongono anche tshirt e fanzine. Sono di gran lunga il materiale più popolare.Tutte le fanzine in vendita sembrano voler rispondere a un quesito esistenziale che l’uomo si è sempre posto: “E ora che mi paga l’affitto a Milano, che cazzo dico che faccio a mio padre?” A quanto pare le risposte più in voga ultimamente sono “tshirt coi lupi\leoni\tigri” e le “fanzine”. La gente è contenta di stare in fila, di doversi stringere, di passarsi vicino toccandosi.Mentre bevono si controllano. Si girano, per capire se qualcuno li sta vedendo. Poi qualcuno li riconosce. “Dovresti venire dopo,” dicono dopo essersi avvicinati. “Fanno una roba interessante qui vicino. Ci sono tutti.”

Poi, giù in fondo, c’è la musica.

qui l'originale ( dopo un po' mi sono stufato di leggere, quindi non l'ho + remixato, però dai il pezzo c'è)

mercoledì 2 marzo 2011

Saviano anch'io: le dieci cose per cui non vivere

1) Pagare le rate del mutuo
2) La spesa grande del sabato all’esselunga
3) I gol la domenica pomeriggio
4) Ordinare un cappuccino a Berlino e finire a chiaccherare con il cameriere calabrese come te
5) Ritrovare in fondo all'armadio lo zaino con cui sei andato al concerto di Vasco
6) Regalare un fiore alla tua ragazza facendo amicizia con il venditore di rose
7) La prima volta che hai letto il tuo nome nell'elenco dell'ordine dei commercialisti
8) Il tuo cane che ti aspetta sulla porta
9) Fare il cammino di Santiago per scordarti il tuo primo amore
10) Il gusto del mese di Grom

martedì 1 marzo 2011

le dieci cose per cui vivere secondo lapo elkann

1) dare buca a martina stella x fare l'amore con donato broco
2) comprare una lamborghini e farla tinteggiare verde guardia di finanza
3) il primo milione di euro dilapidato in felpe
4) farsi crescere le basette come wolverine
5) stoppare calderon
6) andare a fare l'operaio sotto falso nome
7) andare in coma
8) prendere le telefonate di henry kissinger
9) denunciare per estorsione fabrizio corona ed essere l'unico a non avere ragione
10) non chiamarsi agnelli