giovedì 30 dicembre 2010

lou castel: non mi chiamano più

sabato 25 dicembre 2010

The Pogues & Kirsty McColl Fairytale Of New York

mercoledì 22 dicembre 2010

Questi racconti di madri vergini, sono retaggio di un'epoca di ignoranza puerile, quando ancora gli uomini non avevano identificato l'atto sessuale come vera causa della procreazione.
J.G. Frazer

giovedì 16 dicembre 2010

Osservare il modo di scrivere di molti popolani: è ricalcato su un certo numero di frasi fatte.
Antonio Gramsci, Quaderni del carcere

martedì 14 dicembre 2010

CHI E' LA SIGNORINA?

fondamentale pozzetto in questo e quello vent'anni fa

lunedì 13 dicembre 2010

gayngs - cry

domenica 12 dicembre 2010

Carmen Consoli - Guarda L'alba

sabato 11 dicembre 2010

il posto migliore per isolarsi dal mondo è il centro di milano

venerdì 10 dicembre 2010

Baustelle - Gomma

giovedì 9 dicembre 2010

Crookers - Festa Festa ft. Fabri Fibra, Dargen D'Amico

EXIT - Sallusti: "Se a 38 anni non ti sei fatto una casa e una famiglia ...

martedì 7 dicembre 2010

Di Passaggio (Franco Battiato, L'Imboscata. Live)

lunedì 6 dicembre 2010

moderiamo i tonic

http://www.exibart.com/notizia.asp?IDNotizia=33846&IDCategoria=204

Museo del Novecento

Museo del Novecento

venerdì 3 dicembre 2010

aforismi 2.0

Scarica il libro in pdf.

Per leggerlo sul tuo computer, stamparlo o sfogliarlo sul tuo maledetto iPad.

Aforismi 2.0 è una raccolta di aforismi e idee-pronto-uso da tirare fuori in ogni occasione.

1000 frasi da campionissimo per fare gol in rete e nella vita.

giovedì 2 dicembre 2010

Programmazione neurolinguistica: insieme di tecniche motivazionali parapsicologiche per sfigati inquadrati in multilevel marketing.

mercoledì 1 dicembre 2010

ADELE 'Rolling In The Deep' (Music Video)

Le cinque fasi

1. Fase della Negazione o del rifiuto: “Ma è sicuro, dottore, che le analisi sono fatte bene?” “Non è possibile, si sbaglia!” “Non ci posso credere”.
questa fase è caratterizzata dal fatto che il paziente rifiuta la verità e ritiene impossibile di avere proprio quella malattia. Molto probabilmente il processo di negazione del proprio stato può essere funzionale al malato per proteggerlo da un’eccessiva ansia per la propria morte e per prendersi il tempo necessario per organizzarsi. È una difesa, che però diventa sempre più debole, con il progredire della malattia, qualora non s’irrigidisca e non raggiunga livelli patologici di disagio psichico.

2. Fase della rabbia: dopo la negazione iniziano a manifestarsi emozioni forti quali rabbia e paura, che esplodono in tutte le direzioni, investendo i familiari, il personale ospedaliero, Dio. La frase più frequente è “perché proprio a me?”. Rappresenta un momento critico che può essere sia il momento di massima richiesta di aiuto, ma anche il momento del rifiuto, della chiusura e del ritiro in sé.

3. Fase del patteggiamento: in questa fase la persona inizia a verificare cosa è in grado di fare, ed in quale progetti può investire la speranza, iniziando una specie di negoziato, che a seconda dei valori personali, può essere instaurato sia con le persone che costituiscono la sfera relazione del paziente, sia con le figure religiose. “se prendo le medicine, crede che potrò vivere fino a…”, “se guarisco, farò…”. In questa fase, la persona riprende il controllo della propria vita, e cerca di riparare il riparabile.

4. Fase della depressione: rappresenta un momento nel quale il paziente inizia a prendere consapevolezza delle perdite che sta subendo o che sta per subire e di solito si manifesta quando la malattia progredisce ed il livello di sofferenza aumenta. Questa fase viene distinta in due tipi di depressione: una reattiva ed una preparatoria. La depressione reattiva è conseguente alla presa di coscienza di quanti aspetti della propria identità, della propria immagine corporea, del proprio potere decisionale e delle proprie relazioni sociali, sono andati persi. La depressione preparatoria ha un aspetto anticipatorio rispetto alle perdite che si stanno per subire. In questa fase della malattia la persona non può più negare la sua condizione di salute, e inizia a prendere coscienza che la ribellione non è possibile, per cui la negazione e la rabbia vengono sostituite da un forte senso di sconfitta. Quanto maggiore è la sensazione dell’imminenza della morte, tanto più probabile è che la persona viva fasi di depressione.

5. Fase dell’accettazione: quando il paziente ha avuto modo di elaborare quanto sta succedendo intorno a lui, arriva ad un’accettazione della propria condizione ed a una consapevolezza di quanto sta per accadere; durante questa fase possono sempre e comunque essere presenti livelli di rabbia e depressione, che però sono di intensità moderata. In questa fase il paziente tende ad essere silenzioso ed a raccogliersi, inoltre sono frequenti momenti di profonda comunicazione con i familiari e con le persone che gli sono accanto. È il momento dei saluti e della restituzione a chi è stato vicino al paziente. È il momento del “testamento” e della sistemazione di quanto può essere sistemato, in cui si prende cura dei propri “oggetti” (sia in senso pratico, che in senso psicoanalitico). La fase dell’accettazione non coincide necessariamente con lo stadio terminale della malattia o con la fase pre-morte, momenti in cui i pazienti possono comunque sperimentare diniego, ribellione o depressione.

martedì 30 novembre 2010

wikileaks

wikileaks è una roba da donne delle pulizie

la vita oscena di aldo 9

http://www.la7.it/invasionibarbariche/pvideo-stream?id=i361267

lunedì 29 novembre 2010

Un analfabeta ha una certa grazia che perde con la cultura. Poi la ritrova a un alto grado di cultura, ma la cultura media è corruttrice.
Pier Paolo Pasolini

domenica 28 novembre 2010

sgarbi vs guzzanti a tetris

sabato 27 novembre 2010

I libri si giudicano dalla copertina

venerdì 26 novembre 2010

falso mito: le tizie grasse fossero magre sarebbero belle.

giovedì 25 novembre 2010

In amore gli scritti volano e la parole restano.
Ennio Flaiano

mercoledì 24 novembre 2010

Ricercatore: disoccupato che vive di sussidi dello Stato e passa il tempo facendosi intervistare da Rai3 o scrivendo ai giornali.

martedì 23 novembre 2010

Kaboom (2010) - Gregg Araki - TRAILER

domenica 21 novembre 2010

una delle tante lezioni che ci ha lasciato hitler è di giocarsi sempre il tutto per tutto, così si perde una volta sola

sabato 20 novembre 2010

mi imbarazza l'ingenuità, il che è da ingenui

venerdì 19 novembre 2010

Opificio Ciclope | Showreel

giovedì 18 novembre 2010

http://ildeboscio.wordpress.com/

mercoledì 17 novembre 2010

yes we nichi

improvvisamente tutte le femmine che conosco sono infolardate per nichi vendola. femmine che fino a ieri piangevano sommessamente il loro sfiorire, oggi sprizzano nuovamente gioia e strani propositi e hanno in viso come una birichinaggine, la faccia di chi sta per farti la sorpresa. femmine di ogni genere, dai quindici ai cinquant'anni, dalle proletarie alle borghesi decadute (non conosco femmine ricche), brutte o bruttone che siano. e a tutte se tu chiedi cosa ci sia di così bello nel vendola, tutte... tutte ti guardano a un tratto con occhi rugiadosi, come se la avessi svegliate di botto, e dopo un po' di raspare in quella loro testa così versatile... oh, ma così versatile... ti tirano fuori il motivo più bello: che vendola batterà la sinistra.
gliel'ho sentito dire con queste orecchie: sono soddisfatte perchè vendola, se dio vuole, provocherà l'ennesima guarra interna nella sinistra. e queste femmine, se tu ci parli, si dicono di sinistra, o per meglio dire odiano abberlusconi. io a questo punto ho capito che in fondo l'unico desiderio delle femmine è vedere la disturbata, cioè il litigio, e quanto più è simile a una lite di parrucchiere, tanto più sono contente. perciò il vendola, di cui nessuno è onestamente in grado di riportare il pensiero... questo vendola è tutta la loro gioia.
femmine meridionali, di poche o nulle prospettive, di confermata fede nei valori! amano nichi vendola per un suo fascino puttano e se lo sognano, pure, il nichi, che siccome è recchia incarna in qualche modo il nuovo, e la femmina è questo che vuole, il nuovo, come una nuova borsa, come un nuovo colore dei sette che dio mette in terra, e un nuovo ritorno al passato, purchè sia nuovo.
queste donne che hanno studiato eppure non capiscono nulla di economia, di tecnologia, di scienza, di politica, di energia, delle manifatture, di guerra, di biologia (tranne la loro, che ribolle nonostante l'età), queste femmine unicamente in odio ai maschi innalzano vendola al cielo dei dii, il tocco di vendola, la parola di vendola, ciò che vendola sta facendo per la pace nel mondo, la pacatezza virile di vendola, con tutto che è recchia, il suo taglio così delizioso, la sua pronuncia, deliziosa anche quella, blesa come quella di un capretto, e le sue idee del secolo scorso, il suo tono tra pretesco e infantile, il fatto che non abbia vizi, a parte quello di comandare.
io
me ne voglio andare dall'italia
dove posso andare?
la speranza dell'italia è nichi vendola

scotto

martedì 16 novembre 2010

è l'amore la bestia più calda

una bellissima poesia di Francesca Genti

lunedì 15 novembre 2010

il capitalismo è in una fase ancora imperfetta perché persegue il profitto e attraverso questo obiettivo elimina le asimmetrie informative, e non viceversa.
L'asimmetria la mantiene a chi conviene, e il suo concetto è da estendere alla religione o ai comportamenti sociali.

domenica 14 novembre 2010

ciò che mi affascina della sinistra paladina della diversità è la sua estetica rigidamente omologata

sabato 13 novembre 2010

viviamo un transitorio permanente
Paolo Fasce

giovedì 11 novembre 2010

E pensare che gli orfani non mi sono mai piaciuti
la figlia quattordicenne di Leo Longanesi mentre seppellivano il papà

mercoledì 10 novembre 2010

maldicente come un astigiano

E quando ero abbastanza cresciuto da capire, mi ricordava (il nonno suo) come l’ebreo, oltre che vanitoso come uno spagnolo, ignorante come un croato, cupido come un levantino, ingrato come un maltese, insolente come uno zingaro, sporco come un inglese, untuoso come un calmucco, imperioso come un prussiano e maldicente come un astigiano è adultero per foia irrefrenabile…
Umberto Eco, Il cimitero di Praga, pag.12

martedì 9 novembre 2010

La playstation dimostra che i principi alla base della lobotomia e dell'elettroshock erano corretti, andavano solo adeguatamente dosati.

lunedì 8 novembre 2010

Il premio Goncourt allo scrittore più odioso e letto di Francia - [ Il Foglio.it › La giornata ]

Il premio Goncourt allo scrittore più odioso e letto di Francia - [ Il Foglio.it › La giornata ]

Paris Review - The Art of Fiction No. 206, Michel Houellebecq

Paris Review - The Art of Fiction No. 206, Michel Houellebecq

U.S. is not greatest country ever

When foreign car companies started opening factories in the United States, back in the 1980s, it seemed like an act of obeisance. The plants didn’t make economic sense — Americans had to be paid so much more — but this was a tactful bit of tribute to Empire Central. America wants auto plants? America gets auto plants.

Last week, BMW announced it was opening a plant in South Carolina. No special explanation was required. People were lined up for jobs paying $15 an hour. Equivalent jobs in Germany pay $30 an hour. We’re now a bargain.

The theory that Americans are better than everybody else is endorsed by an overwhelming majority of U.S. voters and approximately 100 percent of all U.S. politicians, although there is less and less evidence to support it. A recent Yahoo poll (and I resist the obvious joke here) found that 75 percent of Americans believe that the United States is “the greatest country in the world.” Does any other electorate demand such constant reassurance about how wonderful it is — and how wise? Having spent a month to a couple of years and many millions of dollars trying to snooker voters, politicians awaiting poll results Tuesday will declare that they put their faith in “the fundamental wisdom of the American people.”

Not me. Democracy requires me to respect the results of the elections. It doesn’t require me to agree with them or to admire the process by which voters made up their minds. In my view, anyone who voted for Barack Obama for president in 2008 and now is supporting some tea party madwoman for senator has a bit of explaining to do. But the general view is that the voters, who may be fools individually, are infallibly wise as a collective — that their “anger,” their urgent desire, yet again, for “change,” is self-validating.

Everybody will be talking in the next few days about the “message” of the elections. They mean, of course, the message from the voters. This is one of the treasured conventions of political journalism. Yesterday, the story was all about artifice and manipulation, the possible effect of the latest attack ad or absurd lie. Today, all that melts away. The election results are deemed to reflect grand historical trends. But my colleague Joe Scarborough got it right in these pages last week when he argued that the 2010 elections, for all their passion and vitriol, are basically irrelevant. Some people are voting Tuesday for calorie-free chocolate cake, and some are voting for fat-free ice cream. Neither option is actually available. Neither party’s candidates seriously addressed the national debt, except with proposals to make it even worse. Scarborough might have added that neither party’s candidates had much to say about the wars in Iraq and Afghanistan (except that they “support our troops,” a flabby formulation
that leaves Americans killing and dying in faraway wars that politicians won’t defend explicitly). Politicians are silent on both these issues for the same reason: There is no solution that American voters will tolerate. Why can’t we have calorie-free chocolate cake? We’re Americans!
The important message of this election is not from the voters but to the voters. Maybe it can be heard above the din. It is: You’re not so special.

The notion that America and Americans are special, among all the peoples of the earth, is sometimes called “American exceptionalism.” Because of our long history of democracy and freedom, or because we have a special mission to spread these values (or at least to remain a shining example of them), or because of our wealth, or because of our military strength, our nuclear arsenal, our wide-open spaces, our pragmatism, our idealism, or just because, the rules don’t apply to us. There are man-made rules like, “You can’t start a war without the permission of the United Nations Security Council.” We’ve gotten away with quite a bit of bending or breaking of that kind of rule. This may have given us the impression that we could ignore the other kind of rules —the ones that are imposed by reality and therefore are self-enforcing. These are rules such as, “You can’t have good ice cream without fat” or “You can’t borrow increasing amounts of money indefinitely and never pay it back, because people will eventually stop
lending it to you.” No country is special enough to escape these rules.

Obama was asked during the 2008 presidential campaign whether he believed in American exceptionalism. He said, “I believe in American exceptionalism just as I suspect the Brits believe in British exceptionalism and the Greeks believe in Greek exceptionalism.” Newt Gingrich’s gloss: “In other words, everything we cherish about America, our president thinks is not so very special, not so very different from any other country. ... No longer, in the left’s view, are we the Americans of the frontier, the sturdy, independent farmers.” But the question isn’t whether Americans can or should cherish our country, its culture and its values. Gingrich is saying that only Americans can do so. His message to the world is, “Hey, buddy, we’ll do the cherishing around here.” And the country he cherishes isn’t 2010 America — it’s some fantasyland populated by frontiersmen and “sturdy, independent farmers.” Scarborough is right about him, too. Why do we pay any attention?

This conceit that we’re the greatest country ever may be self-immolating. If people believe it’s true, they won’t do what’s necessary to make it true. The Brits, who suffer no such delusion (and who, in fact, cherish the national myth of being people who smile through adversity), have just accepted cuts in government spending that no American politician — even a tea bagger — would dream of proposing. Maybe these cuts are a mistake or badly timed, but when the British voted for “change,” they really got it.

Every time I strike this note, which I guess I do a lot, I hear from people calling me elitist or unpatriotic. Here is my answer: If you think a friend is talking nonsense or behaving in a way that damages both of your long-term interests, it is not elitist to say so. To the contrary, it is treating him or her like an adult and an equal. As for patriotism, if you think your country is in danger, how is it unpatriotic to say so?
Michael Kinsley is a columnist for POLITICO. The founder of Slate, Kinsley has also served as editor of The New Republic, editor-in-chief of Harper’s, editorial and opinion editor of the Los Angeles Times and a columnist for The Atlantic.

sabato 6 novembre 2010

notizie da napoli

riceviamo e volentieri pubblichiamo

due settimane fa stavo tornando dal mercato dentro il tram strapieno, e sono rimasto bloccato vicino alla sedia di due testimoni di geova più vicino ai 70 che ai 60, tutte e due pugliesi, che cercavano di convertire due ragazzine cinesi che non parlavano italiano.

TDG:"M' lo sepet' parl'r l'italian'?"
RC: "hihihihihihihi"
TDG "M' nn lo sepet nianch' scrèver?"
RC: "hihihihihi"
TDG: "M'almen la vestr leng' la sepet scrèver?"
RC: "hihihihihi"
TDG: "E' 'mbordand seper scrèver e lègger, s'nnò com' la lègget la Bebbia? C'è la verità, lì dendr"
RC: "hihihihihi"
TDG "M' nianch a scuol andate?"
RC: "hihihihihi"
TDG: "Nianch alla scuola vostra dei cinesi?"
RC: "hihihihihi"
TDG: "perchè poi ci stann' certi confratelli noestri che lo sann parlare, il cinese. Vi possono inzegnare"
RC: "hihihihihi"

le tre fermate di tram + lunghe da un po' di tempo a questa parte.

venerdì 5 novembre 2010

i mali endemici di un certo cinema italiano

I mali endemici di un certo cinema italiano, dialoghi invasi da sociologismi di grana grossa, sottolineature didascaliche a ogni svolta di plot, recitazione caricata, simbolismi sparsi, lo spiraglio di facili consolazioni dietro l’angolo, falso cinismo. Non cerca né trova la poesia delle piccole cose, anzi nella quotidianità dei film a noleggio la sera dopo cena, dei weekend organizzati, dei reiterati giochi di società al pub ogni sabato sera, dei pranzi domenicali intravede a tratti, attraverso la lente della passione, l’horror vacui.
Michele Favara

giovedì 4 novembre 2010

un altro film allegro x alba sopratutto con una storia nuova



la sua pronuncia di qualcosa è già leggenda
bella rece di Paola Casella

Non basta a un regista e sceneggiatore italiano trasferirsi oltremanica per diventare un autore. Christian Angeli, quarantenne con alle spalle il corto Fare bene Mikles, vive e lavora in Inghilterra ma sembra aver assorbito alcuni vizi del cinema italiano firmato anni Settanta: l'ermetismo (e l'implausibilità), la propensione al melodramma (privo di humour), i dialoghi letterari e contorti. Peccato perché alcune idee di regia, come la presentazione della protagonista come un'ombra che scivola lungo una rampa di scale, sono assai azzeccate e suggeriscono un talento cinematografico più alto, qui zavorrato da una sceneggiatura verbosa e incoerente.
Il film vorrebbe essere un vampire movie in cui due genitori ex sessantottini predano sulla figlia postadolescente che si consuma nell'anoressia per sfuggire alla trappola mortale intessuta da mamma e papà (Crippa e Diberti, insolitamente macchiettistici) con l'aiuto di un improbabile psicologo superfigo (Franek). Fosse stata una parodia avrebbe funzionato, ma lo è solo in maniera involontaria.
Paola Casella, Europa, 19 giugno 2010

mercoledì 3 novembre 2010

Case da disabitare

http://issuu.com/nonamarmi/docs/case_da_disabitare_per_issuu

myspace whore

myspace whore

martedì 2 novembre 2010

tahar ben jelloun legge la carta e il territorio

questa recensione di tahar ben jelloun sembra scritta da houellebecq come allegato al libro, per delineare un cretino colossale

Non so se Teresa Cremisi, direttore delle Edizioni Flammarion in Francia, ami la letteratura; quel che è certo è che ha il senso del marketing. Sta curando il lancio dell' ultimo libro di Michel Houellebecq con maestria. La carte et le territoire è il decimo romanzo di questo autore che fa il personaggio misterioso e gestisce la sua carriera con brio, assicurandosi una copertura mediatica che lo proietta quasi sistematicamente in cima alle c l a s s i f i c h e d e l l e vendite. Inoltre non perde occasione per farci sapere di non essere benvoluto e di avere nemici dappertutto, specialmente nell' ambiente letterario parigino. In qualità di membro dell' Académie Goncourt, ho avuto il privilegio di ricevere per corriere espresso una copia del libro. E l' ho letto, matita alla mano. 427 pagine lette e commentate come ai tempi in cui insegnavo e correggevo i compiti degli studenti. Qui non ho corretto nulla, ma ho annotato alcune farneticazioni che mi hanno disturbato e infastidito. La prima è l' idea di inserire se stesso tra i personaggi del proprio romanzo. Michel Houellebecq parla di sé autoproclamandosi un autore importante, tradotto in tutto il mondo, poco amato dalla critica e soprattutto incompreso dal suo tempo. E vuol farsi testimone del suo tempo. Per questo convoca altri personaggi, alcuni inventati, come il pittore Jed Martin, e altri esistenti, che interpretano se stessi nel testo, come lo scrittore Frédéric Beigbeder, Teresa Cremisi e Philippe Sollers (che fa giusto una comparsata per il ristorante La Closerie des Lilas). Arruola come personaggi anche dei giornalisti della televisione francese come Jean-Pierre Pernaut, che fuori dalla Francia è totalmente sconosciuto. La storia narrata nel romanzo poteva essere convenzionale, ma Houellebecq non fa le cose come gli altri. Ha bisogno di parlar bene di se stesso e lo fa mettendo i complimenti in bocca agli altri - d' altronde ci si serve meglio da soli. Jed Martin è un pittore che si dedica alla fotografia. Conduce una vita solitaria, piuttosto modesta, si interessa alle cartine stradali della Michelin, le incorpora nel suo lavoro creativo, ha una storia con Olga, una bella russa che cura la sua carriera artistica. Per il suo catalogo, Franz, il gallerista, gli suggerisce di chiedere qualche pagina al grande scrittore Michel Houellebecq. Accetterà? Perché è uno scrittore di tale livello che non avrà tempo da perdere con un artista sconosciuto. Eppure Houellebecq accetta e Jed va a fargli visita in Irlanda. Il narratore ci fa capire che lo scrittore è l' alter ego dell' artista. Vivono in condizioni simili, Jed ha rapporti complicati con il padre architetto, Houellebecq ne ha avuti di pessimi con la madre. Il libro si legge facilmente, ma non ne ho individuato lo scopo. Di che si tratta? Di comunicarci la sua visione del mondo. Sarà, ma non è poi così interessante. Personalmente m' importa ben poco di quello che pensa Houellebecq degli imperi industriali, dell' architettura moderna o della pittura, tanto più che fa un discorso odioso e delirante su Picasso. Per farvene un' idea, leggete qua (pagina 176): «Ad ogni modo Picasso fa schifo, dipinge un mondo orrendamente deformato perché ha un' anima orrenda e questo è tutto ciò che si può dire di Picasso, non c' è alcun motivo di continuare a incentivare l' esposizione delle sue tele, non ha niente da dare, non c' è nessuna luce in lui, nessuna innovazione nell' organizzazione dei colori o delle forme, insomma non c' è assolutamente niente in Picasso che meriti di essere segnalato, se non una stupidità estrema e uno scarabocchiare priapico che può sedurre qualche sessantenne con un ricco conto in banca». Le Corbusier - il padre di Jed è architetto e si suiciderà senza essere riuscito a realizzare i suoi sogni - viene attaccato nello stesso modo (pagina 220): «Le Corbusier ci sembra uno spirito totalitario e brutale, animato da un intenso gusto per la bruttezza». E ancora, a pagina 223: «Costruiva instancabilmente spazi concentrazionari, divisi in celle identiche, accettabili giusto <...& per un carcere modello». Ma non tutti gli artisti sono animati dalla bruttezza. Houellebecq salva Charles Fourier e Tocqueville. Parla anche bene del suo amico Frédéric Beigbeder, il cui ultimo romanzo Un roman français, che l' anno scorso ha ottenuto il premio Renaudot, è appena stato pubblicato in edizione tascabile con una prefazione di... Michel Houellebecq! Le cose si mettono male quando il "grande scrittore" viene assassinato. Il cadavere, a pezzi, viene ritrovato nella sua casa nel Loiret, in Francia. Le indagini cominciano contemporaneamente al suo funerale nel cimitero di Montparnasse, al quale assiste anche Teresa Cremisi, che descrive così: «Con il suo aspetto da orientale, l' editrice avrebbe potuto essere una di quelle prefiche ancora impiegate recentemente in certi funerali del bacino mediterraneo». Sono presenti anche il suo amico Beigbeder e un centinaio di affezionati lettori. Delle reazioni suscitate in Francia dalla sua morte, Houellebecq scrive: «Tutti si dichiararono "sconvolti" o almeno "profondamente rattristati" e onorano la memoria "di un artista immenso, che sarà sempre presente nei nostri ricordi..."». L' inchiesta permettea Houellebecq, lo scrittore, di farci una lezione di sociologia della polizia. Impariamo qualcosa. I poliziotti sono esseri umani con qualità e debolezze. Stando a Houellebecq, dispongono di macchinette del caffè nonché di whisky "Legavulin", un whisky rarissimo che costa almeno cinquanta euro a bottiglia. Ma questo "reportage" sulla polizia serve all' autore come pretesto per comunicarci il suo disgusto per l' umanità e soprattutto per i bambini. Il libro è disseminato di marchi, sembra la maglietta di un atleta sponsorizzato. Tesse gli elogi delle automobili Audi, del supermercato Casino (di cui fornisce l' indirizzo), delle Mercedes Classe A e Classe C, delle Lexus e così via. Parla male del quotidiano Le Monde, al quale preferisce Art Press. Veniamo gratificati dell' informazione che «in Tailandia le prestazioni dei bordelli sono eccellenti o molto buone»; poco oltre «l' autore delle Particelle elementari» (così si definisce il narratore) confessa che le puttane tailandesi «succhiano senza preservativo, che è una bella cosa...». Che cosa ci offre di nuovo, allora, questo romanzo? Qualche chiacchiera sulla condizione umana, una scrittura affettata che pretende di essere pulita, tecnica, una finzione che convoca personaggi reali e li mescola con altri inventati, un po' di pubblicità per qualche prodotto di consumo e infine l' ultimo messaggio di uno scrittore che crede di essere fuori dal mucchio, al di sopra delle regole, eternamente maledetto e incompreso, e soprattutto uno che non ama la vita né le vie della felicità. Detto questo, ammetto che il capitolo sull' eutanasia del padre in una clinica di Zurigo è notevole. Peccato che lo scrittore Michel Houellebecq abbia fatto assassinare il personaggio Michel Houellebecq da un medico di una perversione del tutto gratuita. Si esce da questa lettura chiedendosi se si ha voglia di raccomandarla o di sconsigliarla. Devo dire che per parte mia non lo avrei letto se non fossi stato obbligato dalla mia appartenenza all' Académie Goncourt, e leggere quante più novità editoriali possiamo per identificare il migliore entro il prossimo 8 novembre fa parte dei nostri compiti.
Tahar Ben Jelloun
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/08/19/il-caso-houellebecq.html

lunedì 1 novembre 2010

Fame di realtà, David Shields

Cos’è il romanzo oggi? Quale genere narrativo sa raccontare meglio la realtà? Quali sono o saranno le forme espressive dominanti del XXI secolo? Dov’è il limite tra citazione e plagio? Chi stabilisce se un autore, appropriandosi di una parte dell’opera altrui, sta costruendo un nuovo orizzonte di senso o sta solo copiando?
Queste sono alcune delle domande che pone e si pone David Shields: autore di opere narrative e saggistiche di successo, tra cui “Black Planet” (finalista al National Book Critics Circle Award), tradotte in dodici lingue, e di racconti e saggi brevi su varie testate (come, ad esempio, «New York Times Magazine», «Harper’s Magazine», «The Village Voice», «McSweeney’s» e «The Believer»).
Shields, per la verità, è andato oltre. Non si è limitato a porre (più o meno implicitamente) domande, ma ha pubblicato un libro (in Italia è stato appena pubblicato dalla Fazi) intitolato “Fame di realtà. Un manifesto”, dove – tra le altre cose – contesta l’utilità del genere romanzo così come è classicamente inteso. Per Shield (trascrivo dalla scheda del libro) “il romanzo del Terzo Millennio deve nascere dalla rifusione di vecchi materiali letterari, mescolati fino a perdere le tracce della fonte originaria e a fondersi in una forma ibrida tra saggistica e narrativa”. D’altra parte il testo che propone in “Fame di realtà” è composto da 618 citazioni suddivise in capitoli e riportate in una sequenza ordinata e sistematizzata secondo certi criteri che lui stesso ha prescelto, ma… senza indicare l’autore e la fonte (alla fine del libro l’editore, per evitare possibili ritorsioni legali riguardanti la violazione del diritto d’autore, ha imposto l’inserimento di una scheda con l’indicazione degli autori delle citazioni utilizzate).
Ecco cosa scrive Shield (qui nella foto) alla fine del volume, come appendice.
“Questo libro contiene centinaia di citazioni delle quali nel corpo del testo non viene menzionata la fonte. Sto cercando di rivendicare una libertà che gli scrittori da Montaigne a Burroughs davano per scontata e che noi abbiamo perso. La vostra incertezza sugli autori delle parole che avete appena letto non è un difetto ma una virtù.
Uno dei temi centrali di “Fame di realtà” è il furto e il plagio e cosa queste parole vogliano dire. Non sarei riuscito ad affrontare l’argomento senza lasciarmi invischiare. Sarebbe come scrivere un libro sulla menzogna e non poter mentire. Oppure scrivere un libro su come abbattere il capitalismo ma sentirsi rispondere che non verrà pubblicato perché potrebbe danneggiare l’industria editoriale.
Tuttavia l’ufficio legale di Random House ha deciso che fosse meglio allegare un elenco completo delle citazioni (…). Se volete ripristinare la forma originaria in cui il libro andava letto, vi basta prendere un paio di forbici o una lametta o un taglierino e staccare le pagine che vanno dalla 248 alla 262 tagliando lungo la linea tratteggiata.
Di chi sono le parole? Di chi è la musica e tutto il resto della nostra cultura? È nostra, di tutti, anche se per ora non tutti lo sanno. Non si può imporre un diritto d’autore alla realtà.”
Questo libro ha scatenato un ricco e articolato dibattito negli States e in altri paesi, anche perché tra i sostenitori del volume – e delle tesi di Shields – figura il Premio Nobel per la Letteratura 2003 J. M. Coetzee, il quale ha dichiarato quanto segue: “Fame di realtà è un manifesto per la nuova generazione di scrittori e artisti, una pietra miliare per questo secolo, un assalto frontale a tutte le convenzioni, particolarmente a quelle che definiscono il romanzo perfetto. David Shields ci conduce in un viaggio intellettuale affascinante ed esilarante”.
Un’opinione di peso, quella di Coetzee… a cui hanno fatto seguito quelle di Jonathan Safran Foer [«Fame di realtà non è soltanto un libro che fa riflettere, ma è anche uno dei più belli che abbia letto da molto tempo a questa parte»] e Jonathan Lethem [«Ho appena finito di leggere Fame di realtà e mi ha illuminato, intossicato, entusiasmato, sopraffatto. È un vetro attraverso cui guardare il mondo (come lo mostrano letteratura, musica, video), e allo stesso tempo uno specchio in cui vederci riflessi, là in mezzo. Un libro urgente, oltraggioso, e anche un'opera che si compone leggendola»].
Mentre Zadie Smith ha affermato: è «intrigante da leggere, anche se disapprovo la maggior parte di quello che dice».
Non mancano i pareri favorevoli di quotidiani di grido come il New York Times («Il libro di Shields stabilisce i canoni dominanti dell’arte degli anni e dei decenni a venire». The New York Times Book Review) e The Guardian («Intelligente, stimolante e aforistico. Un manifesto provocatorio e divertente»).

Il dibattito si sta diffondendo un po’ ovunque tra gli appassionati di letteratura e ha raggiunto anche il nostro paese. Di questo libro ne hanno già parlato Matteo Sacchi (su Il Giornale), Alfonso Berardinelli (su Il Corriere della Sera), Mariarosa Mancuso (su Il Foglio), Stefano Salis – che ha anche firmato la prefazione del libro – e Nicola Lagioia (sulle pagine culturali de Il Sole24Ore).
Di seguito potrete leggere la prefazione di Salis (ringrazio sia Stefano, sia la Fazi per avermi autorizzato a pubblicarla). Nei prossimi giorni metterò a vostra disposizione altri contributi.
I giudizi di Sacchi, Mancuso e Berardinelli non sono molto favorevoli all’operazione.
Alfonso Berardinelli nel suo articolo sul Corriere scrive – con severità – “Se c’è qualcuno che non si perdona, è proprio chi dice qualcosa che abbiamo pensato e scritto per anni, ma lo dice male, noiosamente e nel tono sbagliato. Mi capita questo leggendo il libro di David Shields “Fame di realtà. Un manifesto” (Fazi) nel quale si annuncia dagli Stati Uniti, patria, fabbrica e paradiso del bestseller programmato, che in verità il romanzo è un genere fuorviante, abusato, quasi sempre un po’ fasullo; e che invece l’ aforisma, il saggio, le scritture fuori genere, gli zibaldoni di pensieri e i diari sono molto meglio: sono più onesti, più appassionanti, dicono cose più vere di quante ne dice un romanzo normale e «ben fatto». Condivido molto di ciò che Shields dice nel suo libro. Ma non riesco a condividere né l’entusiasmo del prefatore, Stefano Salis, né tantomeno le solenni affermazioni di J. M. Coetzee, secondo il quale Fame di realtà sarebbe «un manifesto per la nuova generazione di scrittori e artisti, una pietra miliare per questo secolo…».
Mi preme, poi, evidenziare questo passaggio del pensiero di Berardinelli (spiegherò il perché): “L’aforisma 538 suona così: «Mi ritrovo a dire, succintamente e prosaicamente, che è molto più importante essere se stessi che chiunque altro». Dalle note in fondo al libro si viene a sapere che una tale stupidaggine l’ha scritta Virginia Woolf nel suo famoso saggio “Una stanza tutta per sé”. Che cosa è avvenuto? La frase, che nel suo contesto era al posto giusto, è stata trasformata da Shields in una comica sciocchezza, che starebbe benissimo e sarebbe una cosa seria nel diario di un adolescente, ma nel manifesto estetico di un cinquantenne colto e ambizioso fa cascare le braccia”.

Massimo MaugeriFame di realtà, David Shields

la prima cosa bella che ho avuto dalla vita è il tumore

Film di Virzì con malati terminali in casa che se la spassano come matti, familiari che si abbrancicano, filmati finto anni '70 con livornesi vestiti malissimo e tutta la città di livorno nel suo complesso con paolino di mtv e micaela ramazzotti spacciata per fica.
Precisione cronometrata con cui arrivano momenti strappalacrime .
Ennesima conferma che l'ultima opera di chiunque è la peggiore.

ti ho lasciato un messaggio segreto in bacheca

il blog dei servizi segreti

domenica 31 ottobre 2010

Leggendo l'intervento odierno di Famiglia cristiana, c'é da rimanere allibiti e addolorati. E' ovviamente legittimo criticare un Governo, un Premier, ed eventualmente non condividere gli stili di vita dell'una o dell'altra personalità pub...blica. Ma dovrebbe esserci una differenza netta tra la critica legittima e l'insulto, la violenza verbale, la criminalizzazione morale. Si deve purtroppo concludere che, in un momento in cui già tanti gettano benzina sul fuoco, anche Famiglia cristiana intende partecipare all'aggressione selvaggia in corso contro Silvio Berlusconi come politico e come persona. Forse qualcuno lo ha dimenticato o lo ignora, ma presentare come 'malato' un avversario politico o un dissenziente era abitudine dei peggiori regimi, dei veri e propri incubi della storia del Novecento. Che si riproponga questo metodo dà il segno di quanto sia triste questo autunno italiano.
Daniele Capezzone, portavoce Pdl

sabato 30 ottobre 2010

Gli uomini che nutrono il massimo rispetto per le donne godono di scarsa popolarità tra loro.
Joseph Addison

venerdì 29 ottobre 2010

La narrativa italiana e gli omogeneizzati per adulti senza casa

Non passa anno che non esca un romanzo di successo con la voce narrante di un bambino, e non poteva mancare all’appello Niccolò Ammaniti, a raccontare «quel paesaggio dell’adolescenza di cui è impareggiabile ritrattista». Non passa anno che io, en passant, molto passant per la verità, non scriva la stessa recensione tanto intercambiabile quanto questi librini di letteratura d’infanzia per adulti. Eppure stavolta vorrei astenermene, o meglio, capitandomi tra i piedi una pila di Io e te, del quale sono invase le librerie, ennesima storiella facile facile di un ragazzino rinchiuso in una cantina con una sorella che lo svezzerà al mondo reale (con l’alibi del racconto di formazione), ho avuto una illuminazione particolare in più sulla narrativa italiana di successo o di insuccesso in generale. Insomma, non c’entra solo il trucco di sfornare narrazioni minimali da prima elementare e prima alfabetizzazione per nascondersi dietro al paravento paraculo dell’infanzia e davanti al consapevole espediente che una stronzatina scritta da un adulto per adulti resta una stronzatina mentre una stronzatina scritta da un bambino sembra una commovente verità. Perché alla fine, nella furberia, i più innocui mi sembrano proprio loro, i bambini che non hanno paura di Ammaniti, i bambini di cui non si sa nulla della Vinci, il bambino che sognava la fine del mondo di Scurati, il bambino e il papà di Veltroni, il bambino evangelico di Baricco, i bambini di Nove, i bambini di Scarpa, e quest’ultimo bambino di Ammaniti stampato su carta ecosostenibile Cyclus Offset (per paradosso nella collana Stile Libero Big), e ancora di più i bambini veri fuori dai libri, che sono molto più intelligenti e svegli di tutti i suddetti bambini narrati. Detta altrimenti, basterebbe fare un piccolo esperimento scientifico, e leggere una pagina dell’ultimo bambino di Ammaniti e confrontarla non solo con gli altri libri di bambinanti, ma con la maggior parte dei romanzi italiani pubblicati, e scoprire che la lingua è la stessa, le strutture anche, le Weltanschauung stringi stringi anche, di qualsiasi cosa parlino. È difficile trovare scritture non dico da studiare, ma da citare, sulle quali pensare pensieri profondi, difficile non trovare scritture che non sembrino traduzioni di traduzioni dall’inglese di testi sempre elementarissimi, da elementari o su di lì. Se il fratello d’Italia Arbasino non leggeva granché i contemporanei perché in una casa prima dei soprammobili ci vogliono i mobili, qui siamo ai giocattoli e non serve più neppure la casa. Così nell’ultimo Ammaniti il massimo della riflessione è «Un gabbiano era appollaiato sullo scheletro di un albero ricoperto di buste di plastica che spuntava dall’acqua color fango. Se fosse venuto Dio e mi avesse chiesto se volevo essere quel gabbiano, avrei risposto di sì», e comunque, attenzione, questi passaggi non sono da disprezzare, sarebbero perfetti per una canzone di Povia o Jovanotti o Celentano, basterebbe scandirli diversamente («Un gabbiano era appollaiato/ sullo scheletro di un albero/ ricoperto di buste di plastica...»), benché già Jonathan Livingston se ne sarebbe volato via prima di appollaiarsi. Insomma, se leggiamo i punti di non ritorno dei cosiddetti classici, da Flaubert a Kafka, da Balzac a Proust, da Sterne a Faulkner al Fitzgerald citato in epigrafe nell’ultimo racconto di formazione di Ammaniti, tirando le somme non sembrano scritti da bambini anche gli altri romanzi per adulti? Quale reale differenza di spessore tra scritture ci sarà mai tra la Avallone e la Murgia e Giordano e il nuovo Piperno (che però ha dalla sua l’alibi dell’ebraismo, ossia scrive «con un’acribia stilistica da certificatore della purezza kasher», secondo la certificazione del rabbino D’Orrico) e il Lui e lei di Andrea De Carlo e i noi di Veltroni e perfino con la camorra raccontata in modo così semplificato da Saviano (ve lo immaginate che gmommero inestricabile sarebbe saltato fuori se Gomorra lo avesse scritto Carlo Emilio Gadda?), fino alla poetica del mondo storto di Corona, un mondo che finirà perché non coltiva più le patate? Chi non è d’accordo scagli una pagina di letteratura, o se non altro la prima patata, o almeno l’ultimo bambino superstite.
Massimiliano Parente
Dietro ogni italiano si nasconde un cretino
Ennio Flaiano

mercoledì 27 ottobre 2010

Quando si arriva in una nuova città, la prima sera si cena nel primo ristorante che si vede, poi in quello che ci sembra il più bello, poi in quello che ci si può permettere. Lo stesso accade con l'evolversi delle relazioni amorose.

As brumas do futuro, de Capitães de abril de Maria de Medeiros, por Madr...

miss deboscio

torna miss deboscio

martedì 26 ottobre 2010

sgarbi a telemarket

fallire è triste

fallire è triste, essersi impegnati devastante

grafia

se solo alba avesse un umlaut nel cognome, o almeno una dieresi, sarebbe perfetta

lunedì 25 ottobre 2010

amor di perdizione


Amor di perdizione, strumentale

domenica 24 ottobre 2010

Words by Everynone

vecchiaia: ha senso vivere fino a quando ti puoi ancora suicidare da solo.

sabato 23 ottobre 2010

con la porsche panamera non si è mai veramente soli

venerdì 22 ottobre 2010

http://thecoolhunter.net/food
il sushi x noi è una commodity come lo è la pasta x gli americani

giovedì 21 ottobre 2010

nelson piquet





l'ultimo romanzo di houellebecq è brutto come tutti gli ultimi romanzi di chiunque.

mercoledì 20 ottobre 2010

Per una donna la bruttezza è già metà della strada verso la virtù
Heinrich Heine

collezione i grandi plastici di Bruno Vespa

Bruno Vespa e il plastico di Avetrana

Bruno Vespa e il plastico di Cogne

mario de sà-carneiro

Io non sono io e neppure l’altro
Son qualche cosa di intermedio
pilastro del ponte del tedio
che da me va verso l'Altro.

adeus madredeus

si sciolgono anche i madredeus & a banda cosmica

martedì 19 ottobre 2010

la distanza dalla verità

Alba non sa cos’è la verità, perché lei ha la fede, la fede nel suo lavoro di attrice.
La fede esclude la ragione, e Alba come un’apina laboriosa si infila nell’alveare dei suoi luoghi comuni per ogni film.
Parte l’intervista e subito il lavoro sul personaggio, le prove e i provini, il rispetto per il regista che la guida.
Solo quando le domande si fanno interessanti, Alba non risponde: le scene di sesso, come sono state, Alba risponde a monosillabi.
Tanto la verità non è richiesta, la verità arriva sempre dopo nella vita, quando non conta più.
Hai avuto ragione? Sei stato il migliore? non conta quando davvero hai fatto, contava quanto gli altri avevano creduto tu avessi fatto.
Quando un cantante incide un disco, se venderà poco, sarà il prossimo il disco che non farà più, non questo.
Nella vita primordiale i selvaggi si sfidavano, uno restava in piedi l’altro moriva, era subito evidente.
Nella vita attuale, non c’è questa evidenza, perché lo sconfitto intanto continua ancora a lavorare, lo scarto nell’esito conviene perché nel periodo di transitorietà lo sconfitto genera un plusvalore di cui il vincitore si approprierà più avanti.

lunedì 18 ottobre 2010

Noi esistiamo per noi stessi, forse, e talora cogliamo anche un barlume della nostra identità, ma alla fine non siamo mai sicuri, e col passare delle nostre vite diventiamo sempre più opachi al nostro sguardo, più consci della nostra disorganicità. Nessuno può sconfinare in un altro - per il semplice motivo che nessuno può accedere a se stesso.
Paul Auster, Trilogia di New York

potevano aspettarsi dagli albergatori un'accoglienza privilegiata

giovane coppia urbana ricca senza figli, esteticamente molto decorativa, ancora nella prima fase del loro amore, e perciò pronti a meravigliarsi di tutto, nella speranza di costituirsi una riserva di bei ricordi che sarebbero serviti loro al momento di affrontare gli anni difficili, che avrebbero forse anche permesso loro di superare una crisi di coppia.
Michel Houellebecq, La carta e il territorio

domenica 17 ottobre 2010

gli sfigati sono infedeli, come i poveri sono avidi

sabato 16 ottobre 2010

la gente è sempre contenta di andare in aeroporto

venerdì 15 ottobre 2010

E lei se ne era innamorata, con la veemenza propria della solitudine, attratta dal suo aspetto ma non dalla sua natura
Guarda avanti, e tutto ciò che ami svanirà
Francesco Lauretta

giovedì 14 ottobre 2010

roberta carrieri, questa sera al diavolo rosso

kristen schaal @ flight of the conchords



d'ora in poi il mercoledì è la serata di flight of the conchords & kristen schaal

mercoledì 13 ottobre 2010

le storie che sono la preistoria di ogni forma d’arte, mentre l’arte moderna nella sua forma evoluta si sposta dalle storie al formato, precorre la scienza preannunciando per intuizione il funzionamento del mondo che sarà poi dimostrato.

addio manuel

martedì 12 ottobre 2010

l'imitazione di maria de filippi del bagaglino faceva molto ridere,magari alla fnac vendono il cofanetto con i dvd di tutte le migliori stagioni del bagaglino,o magari esce nel periodo di natale così me lo posso regalare e me lo guardo da solo, la sera del 25 dicembre, mangiando Sofficini al formaggio e bevendo Tavernello, col berretto di babbonatale dei cinesi in testa.
aldo 9

lunedì 11 ottobre 2010

modaioli volenterosi, ambiziosi nel piccolo, le persone buone e sole che trovano nel gruppo il loro senso storico e la loro affermazione di plastica, pupazzi che amano descriversi attraverso nomi, citazioni e marchi, che perpetuano il gusto e la goffaggine tipiche del principiante, di chi ha visto sempre tutto da lontano, di chi vive alla periferia delle cose, e che fa del sentito dire la principale fonte di esperienza, quelli che credono di essere troppo dei pazzi, quelli che ostentano la loro personalissima bohéme seriale, il loro gusto in ciabatte.

Win Wenders für Afri Cola

domenica 10 ottobre 2010

cosavogliodipiù

quel babbo di soldini che dice una milano fatta di non luoghi con i pendolari che prendono il trenino una milano di uffici una milano che di sera si svuota non se la merita
alba in complicazione che si gratta la testa il naso le orecchie e non chiude una frase

sabato 9 ottobre 2010

essere poser oggi: farsi le foto con le lenti dell'oculista

essere poser oggi: farsi le foto con le lenti dell'oculista

venerdì 8 ottobre 2010

le provocazioni si sono estinte con i dinosauri

essere poser oggi: farsi piacere dente

giovedì 7 ottobre 2010

parente legge l'ultimo houellebecq

Non è successo nulla di quanto speravo in gioventù. Ci sono stati momenti interessanti, ma sempre difficili, sempre strappati al limite delle mie forze, non mi è apparso mai nulla come un dono e adesso ne ho proprio abbastanza, vorrei solo che tutto finisse senza sofferenze eccessive, senza malattie invalidanti, senza infermità. Non resta che rimpiangere ciò che non c’è più, le illusioni perdute, per gli amori passati, la giovinezza, l’infanzia, o perfino per un parka Camel Legend ormai fuori produzione, benché siamo tutti dei prodotti, incluso l’essere umano con la patetica illusione di una sopravvivenza nei figli, quando invece anche noi verremo colpiti da obsolescenza. Il funzionamento del dispositivo è identico - a parte che non c’è di solito nessun miglioramento tecnico o funzionale evidente; rimane solo l’esigenza della novità allo stato puro.

la mappa delle communities online

la mappa delle communities online

tratto da xkcd

mercoledì 6 ottobre 2010

Onitsuka Tiger - Snow Heaven

martedì 5 ottobre 2010

cucina messicana: vomito con del formaggio sopra
Reductio ad hitlerum: concludere le proprie iperboli usando come termine di paragone hitler impedisce agli altri di ribattere.

lunedì 4 ottobre 2010

pnl

Tutti i libri dei formatori americani iniziano con la descrizione di uno stronzo, e poi di uno stronzo che ha successo, lo stronzo sei tu e lo stronzo che ha successo è l’autore.

domenica 3 ottobre 2010

alba al suo massimo

passerei ore a intervistarla e a sentirla incespicare nei suoi mi sembra qualcosa che boh
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-2ad45332-f56c-4833-bd7e-04513f45a0f7-tg1.html

sabato 2 ottobre 2010

L’infelicità che gli uomini comuni lamentano viene unicamente dall’errata convinzione di esistere per il raggiungimento della felicità; o che la felicità esista perché gli abitanti di questa scadentissima parte dell’Universo che è la Terra possano raggiungerla.
Tutto procede da questo malinteso iniziale, da questo primo capzioso sillogismo. Riteniamo la nostra esistenza così essenziale per l’Universo che siamo portati a darle uno scopo. Ora bisognerebbe prima dimostrare che anche l’Universo ha uno scopo. La verità, che un bel giorno ci si rivela ma che ci affrettiamo a rifiutare, è che nemmeno l’Universo ha uno scopo. Se avesse uno scopo non sarebbe eterno, né si farebbe credere tale.


Ennio Flaiano, La saggezza di Pickwick, in Diario notturno

venerdì 1 ottobre 2010

ottobre: cadono le foglie, la gente si iscrive ai corsi, va in capitali straniere e visita i musei delle cere.
Ogni figlio è un secondo in più al giro
Enzo Ferrari

mercoledì 29 settembre 2010

Il Nobel Kandel: studio un'alleanza tra neuroscienze e psicanalisi

Sigmund Freud sperava che la scienza, prima o poi, avrebbe confermato le sue teorie, immergendosi nei territori alieni dell’inconscio. Oggi un altro viennese come lui - naturalizzato americano - esplora questa possibilità. Si chiama Eric Kandel, ha vinto il Nobel per la Medicina nel 2000 e a 81 anni continua l’avventura nei meccanismi reconditi della mente, iniziata oltre mezzo secolo fa alla New York University Medical School.

Freud ascoltava signore e gentiluomini della borghesia fin de siècle, Kandel deve la celebrità alle osservazioni su una lumachina di mare, la Aplysia, e oggi su topolini e serpenti. Ma al lontano maestro deve l’interesse - quasi l’ossessione - per la memoria e i suoi meccanismi. Siamo fatti prima di tutto di ciò che ricordiamo - sostiene - e si dice sicuro che le incursioni su geni e sinapsi di animaletti in apparenza tanto lontani da noi possano spalancare nuove prospettive sulla mente umana e sulle logiche che fanno funzionare cellule e circuiti.

Professore, lei sarà a BergamoScienza il 3 ottobre per una lezione: è davvero possibile costruire un ponte tra neuroscienze e psicanalisi?
«Mi faccia fare un esempio: si tratta della tecnologia che consente di visualizzare l’attività cerebrale - identificando specifiche aree - coinvolta per esempio in alcune malattie. Le ricerche di Helen Mayberg hanno rivelato come l’area 25 - localizzata tra i lobi frontali e il sistema limbico - sia connessa con la depressione: quando i pazienti rispondono in modo positivo alla psicoterapia, si osserva che l’attività anomala di questa zona si riduce. Penso che sia la prima volta nella storia in cui disponiamo di strumenti oggettivi per valutare gli effetti delle cure psichiatriche».

Come considera Freud? Scienziato a tutti gli effetti o no?
«Difficile dire. Non era uno scienziato “vero”, nel senso che non realizzò esperimenti empirici e non sviluppò un metodo che testasse le sue teorie. Ma era allo stesso tempo un clinico straordinario, dotato di enormi capacità, e ha tentato sempre di essere scientifico. Ecco perché tocca alla nuova generazione di psichiatri e psicanalisti capire quali delle sue idee si siano rivelate giuste e quali no».

Lei è uno degli studiosi di punta: qual è un esempio?
«Molta della nostra vita mentale è inconscia: Freud è stato uno dei primi a rendersene conto e sappiamo che non è solo una forma di pensiero, ma definisce la dinamica stessa della mente. Oggi siamo in grado di testare queste caratteristiche sperimentalmente, analizzando le zone del cervello che si attivano».

Perché l’inconscio ci affascina così tanto?
«Kant riteneva che qualunque decisione razionale dovesse escludere le emozioni. Ora, invece, abbiamo la prova del contrario: ogni decisione complessa coinvolge la parte emozionale. Sono le emozioni a darci la carica: pulsioni che ci spingono fortemente verso qualcosa e limitano altri comportamenti in modo prepotente, togliendoci quella libertà assoluta che rimane limitata a un campo ristretto. In realtà è la compassione il sentimento che ha avuto e ha un ruolo fondamentale per la sopravvivenza».

Lei è celebre per gli studi sulla memoria: l’ha definita come un insieme in perenne evoluzione piuttosto che una «biblioteca» di contenuti fissi: è così?
«La memoria ha una componente stabile, ma può essere modificata ogni volta che i suoi contenuti vengono richiamati: a volte, così, ricordiamo un evento in modo corretto e in altri momenti in modo non corretto».

Su quali problemi si concentrano le sue ricerche?
«Studio come la memoria si perpetua, anche per l’intera vita di un individuo. Abbiamo identificato una proteina che regola le risposte delle sinapsi e, quindi, la forza dei ricordi: è una scoperta molto eccitante».

Pensa che renderà possibile la sperimentazione di nuovi farmaci, da quelli per rafforzare la memoria a quelli per combattere l’Alzheimer?
«E’ certamente possibile».

martedì 28 settembre 2010

Religione: insieme di comportamenti codificati volti a significare un’appartenenza; dissacrata da giovani artisti per guadagnare visibilità.

lunedì 27 settembre 2010

alba rohrwacher news

domenica 26 settembre 2010

Innamoramento: il cielo in una stronza.

sabato 25 settembre 2010

il primo video di alba

venerdì 24 settembre 2010

Gesù Guevara

Gesù Guevara

mercoledì 22 settembre 2010

adeus francisco

Backstage - La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo - Backsta...

lunedì 20 settembre 2010

la solitudine dei numeri primi



la solitudine dei numeri primi bellerrimo horror postmoderno
alba rohrwacher uberfica postmoderna nel senso + post del termine
arianna a nastro fenomenale
torino come sempre bravissima a interpretare la parte della città metafisica
best trasposizione ever nel procedere x ellissi
infatti i film non devono avere una storia
i film non sono libri
ma anche i libri non devono avere una storia, le storie sono la preistoria di ogni forma d'arte
quindi, la solitudine dei numeri uno dei primi 4 o 5 film della neonata storia del cinema

cadono le foglie, la gente si iscrive ai corsi

sabato 18 settembre 2010

alba rohrwacher red carpet

Alba Rohrwacher red carpet a Venezia

Alba Rohrwacher la solitudine dei numeri primi

venerdì 17 settembre 2010

alba rohrwacher b/n

Alba Rohrwacher

Alba Rohrwacher

idea x un musical con protagonista stefano balbuziente di x-factor

il musical inizia con il nostro balby che gli va tutto male, poi scopre che se canta non balbetta, diventa un superpolitico, poi però teme che la gente non presti attenzione alle sue idee ma solo al fatto che le dice mentre canta, allora non vuole + cantare e nessuno lo ascolta +, va in crisi, allora gli appare obama in sogno e gli dice che anche lui probabilmente lo ascoltano solo per il colore della sua pelle, ma così intanto ha cambiato il mondo, allora riprende a cantare, diventa presidente della repubblica e sposa arisa.

giovedì 16 settembre 2010

ibra è meglio di deniro



mercoledì 15 settembre 2010

la settimana di apprezzamento di alba rohrwacher



martedì 14 settembre 2010

La miglior rece possibile di Caos Calmo



CAOS CALMO

GENERE: DRAMMATICO
DURATA: ABBASTANZA

TRAMA: NANNI MORETTI HA UN BMW 320 GRIGIO, GIACCHE DI SARTORIA E AMICI FRANCESI.
UN GIORNO, MENTRE E' A BORDO DI UNA PORSCHE TARGA CON SUO FRATELLO ( UN MAGISTRALE ALESSANDRO GASSMAN ) SUA MOGLIE MUORE LASCIANDO I COLORATI IN LAVATRICE.
LA COLPA E' DEL GIOVANE SILVIO ORLANDO ( UN MAGISTRALE SILVIO ORLANDO ) UN SINDACALISTA CHE VOTA DI PIETRO E CHE QUINDI E' BRUTTO.
DOPO AVER RACCONTATO UNA BELLA FIABA A SUA FIGLIA, E AVERLE DATO UN DOLCE BACIO DELLA BUONANOTTE, NANNI RICEVE UN MESSAGGIO DA ISABELLA FERRARI CHE VUOLE ESSERE PUNITA PER LA SUA PASSATA CARRIERA CINEMATOGRAFICA.

NANNI NON DISDEGNA E CASTIGA LA FERRARI COSI' , IN PRIMA SERATA.

lunedì 13 settembre 2010

Il party del La solitudine dei numeri primi

giovedì 9 settembre 2010

Stuck in a Groove / Phonovideo

mercoledì 8 settembre 2010

Le suonerie per i telefonini, le religioni, il superenalotto, la psicologia, hanno appeal commerciale solo sui ceti più bassi, che non riescono a far funzionare le cose da soli.

domenica 5 settembre 2010

gita in galles

Durante un corso di lingua inglese nel Galles frequentato da persone adulte provenienti dall'Italia, dal Giappone e dalla Finlandia, l'intenso lavoro in aula veniva ogni tanto alleviato da gite all'aperto. Era stata programmata una gita al monte Snowdon per il mercoledì, ma il martedì era piovuto tutto il giorno. La sera, alle dieci, i finlandesi suggeriscono di rimandare la gita, e il direttore del corso acconsente. Non appena lo annuncia agli altri, gli italiani cominciano a protestare: ma come, sospendere la gita! L'avevano sognata (per saltare le lezioni), era inclusa nel corso del costo, qualche goccia di pioggia non fa male a nessuno, e i finlandesi non sono comunque gente forte e robusta? Un po' imbarazzato, il direttore consulta i giapponesi, che rispondono molto, molto gentilmente: se gli italiani vogliono andare, ci vanno anche loro; ma se la gita è sospesa, sono contenti di lavorare in aula. Gli italiani prendono in giro i finlandesi, questi tacciono ma per non perdere la faccia cedono. La gita si fa come in programma, con partenza alle 8.30. Piove per tutta la notte e non accenna a smettere neppure durante la colazione.
Alle 8.25, seduti nell'autobus ci sono 18 finlandesi imbronciati, 12 giapponesi sorridenti e nessun italiano. Si parte puntuali, la pioggia continua, la nebbia nasconde il panorama, la gita è un disastro. Tornando per il tè delle cinque, si trovano gli italiani già seduti ai tavoli. Saggiamente erano rimasti a letto. Quando i finlandesi gli chiedono perché, rispondono: ma perché pioveva.

Lewis, When Cultures Collide

venerdì 3 settembre 2010

Menu ristorante creativo Le Nikò

Menu creativo
- Gelato caldo d'ostrica servito su cono con cialda al Martini.
- Parfait di scoglio al sale "Candido" della Camargue, ristretto in tubetto 50 ml e proposto in kit da viaggio con spazzolino edibile di zucchero tirato alla Salvatore De Riso.
- Cappuccino di amatriciana con croissant caldo di lasagna al grano duro di Maremma e crema pasticcera di fonduta al Castelmagno.
- Coulis di Manzo "azzerato" servito in mousse di Tartara - rafano,al cappero dolce di Sintra.
- Chaude di Rana Pescatrice depigmentata ,ribollita nel suo brodetto e scottata alla cannella su ceramica nera Bisalhaes.
- Mutanda di coratella d'agnella 6 mesi, ghiacciata con zucchero al miele delle egadi, da indossare all'ingresso e degustare dopo i secondi piatti.

giovedì 2 settembre 2010

Adolf Hitler a Che tempo che fa

In attesa della nuova serie di Che tempo che fa, il Corriere della Sera pubblica in anteprima il testo dell'intervista rilasciata da Adolf Hitler durante la registrazione della prima puntata.

FABIO FAZIO: Qui a Che tempo fa abbiamo avuto grandi statisti, anche controversi, ma questa volta siamo orgogliosi di annunciare quello che in televisione direbbero essere un gradito ritorno... Filippa, vuoi presentarlo tu?

FILIPPA LAGERBACK: Certo Fabio, è uno dei miei politici preferiti, anche perché apprezza particolarmente le donne nordiche come me...è qui con noi, il Führer del Terzo Reich, Adolf Hitler!

FABIO FAZIO: Adolf Hitler! Herr Führer, è davvero un grande onore ospitarla qui. Führer, la posso chiamare Führer? Ha fatto buon viaggio?

ADOLF HITLER: Buonasera a tutti i telespettatori italiani, sono contento di essere qui con voi. Sì Fabio, ho fatto buon viaggio, è sempre bello fenire in Italia, mi ha riportato indietro a bei tempi andati.

FABIO FAZIO: Bene, scommetto che avrà avuto colto l'occasione di farsi una bella scorpacciata di pasta, lei che è vegetariano.

ADOLF HITLER: Sì Fabio, dici bene, oltre a pasta apprezzo molto squisiti dolci italiani, ne sono ghiotto. Mi chiedo come voi italiani, con tutti i fantastici cibi...cibi, si dice così? ecco, con tante possibilità che voi avete mi chiedo perché non potete rinunciare carne ed evitare sofferenze a tanti animali.

FABIO FAZIO: E' molto bello che una persona importante come lei porti avanti un messaggio di rispetto per la natura e gli animali, Führer. Oltre che di ambiente, cosa ha fatto in questi tempi lontano dalla politica?

ADOLF HITLTER: Fine della guerra è stata un po' difficile per me, pero grazie all'aiuto di buoni prelati Vaticano mi sono trasferito in Argentina, dove ho vissuto in serenita circondato da affetto di miei antichi commiltoni, seguendo da spettatore storia degli ultimi quinquant'anni.

FABIO FAZIO: Però poi, quando un suo commiltone è stato eletto al soglio pontificio, non poteva che venire in Italia a complimentarsi...

ADOLF HITLTER: Harr Harr, Fabio, è vero, diciamo che finora non avevamo voluto dare troppa pubblicità cosa per non influenzare i sentimenti dei cattolici, però non posso negare che elezione di mio carissimo amico Cardinale Ratzinger a Papa mi ha fatto molto piacere, anche perché lui sta riprendendo un discorso che avevo iniziato io tanti anni fa.

FABIO FAZIO: A questo proposito, mein Führer, io mi sono documentato, ho letto che nei campi di concentramento c'erano dei medici di fama mondiale, come il dottor Mengele, quindi non è vero che gli ebrei erano senza assistenza?

ADOLF HITLTER: Purtroppo come sappiamo, caro Fabio, la storia la scrivono vincitori, ma se uno avesse voglia di documentarsi, come hai fatto tu, scoprirebbe che oltre a assistenza sanitaria, nei campi di concentramento si sono poste le basi per importanti scoperte scientifiche.

FABIO FAZIO: Ma infatti devo dire che io nutro profondo rispetto per le vostre innovazioni in ogni settore e specialmente sono davvero molto affascinato dal vostro stile di abbigliamento, così elegante, quelle divise nere, e poi anche l'uso delle beige, le vostre fantastiche camicie brune...

ADOLF HITLTER: Ti ringrazio Fabio, sapevo di kuesta tua passione per i nostri colori e quindi ti prego di accettare questo piccolo omaggio, mio attendente può dare...

L'attendente porge a Fabio Fazio una divisa da Feldmaresciallo a Fabio Fazio, che raggiante la mostra alle telecamere

FABIO FAZIO: Mein Führer, grazie, non doveva, come mi posso sdebitare...

ADOLF HITLER: Caro Fabio, questa divisa è onore ma anche onere... sai che noi avere tradizione che Feldmaresciallo non può cadere in mani nemico, e se questo accade lui si deve suicidare...

FABIO FAZIO: Allora Führer vuol dire che non passerò mai in Mediaset...

ADOLF HITLER: Nono, Cavaliere Berlusconi grande amico, non nemico!

FABIO FAZIO: Führer, ma cosa ne pensa della diatriba tra il Cavaliere e il Presidente della Camera Gianfranco Fini?

ADOLF HITLER: Io credo che passione politica può portare a dissentire, ma alla fine dissidio tra Camerata si aggiusta sempre, e vedrai che la prossima volta che vengo in Italia esserci ancora questo governo.

FABIO FAZIO: Führer, noi la invitiamo allora a tornare da noi, e intanto la ringraziamo per questa splendida visita, è stato un momento della mia carriera televisiva che ricorderò per sempre! Grazie, un applauso! Ma non andate via, che dopo la pubblicità ci attende Luciana Littizzetto!

Dopo la pubblicità

LUCIANA LITTIZZETTO: Ma hai visto Fabio, che carino Adolfino? Non sarà un adone (risate) ma ha quel non so che, con quei baffetti così, alla Chaplin (risate).

FABIO FAZIO: Luciana, no dai, è stato un importante capo di stato, per favore non dire le tue solite fesserie che poi ci fanno chiudere il programma!

LUCIANA LITTIZZETTO: Ma no, su, era per dire... ha il fascino dell'uomo rude, no? Ti dà quell'impressione che mentre cucini per lui, viene da dietro, ti sbatte nel forno (risate) e ti fa gridare come un mussulmano davanti alla Mecca! (risate)

FABIO FAZIO: Luciana! (applausi)


http://www.corriere.it/esteri/10_settembre_1/hitler-discorso-fazio_479551fe-b53c-11df-8e04-00144f02aabe.shtml

mercoledì 1 settembre 2010

tronista




tronista
la mia casta
delirio schizoide
modello il deltoide
pomeriggio in palestra
non mangio minestra
monolocale in centro
lo metto dentro
vengo fuori
io rubacuori
il baciamano, lo champagne
i miei genitori
agricoltori
a lavorare le campagne
io ho l'agente
un contatto importante
inauguro un centro commerciale
una discoteca a natale
una festa di piazza a salerno
crisi di governo
io voto berlusconi
con sinistri o finistei
hai visto mai
mi metto a leggere libri
i libri sono noiosi
vado all'isola dei famosi
tiro di cocaina
sulla tetta della letterina
divento anziano
non mi chiama più nessuno
non ho la pensione
apro un'agenzia di assicurazione
scopo le clienti
limono le badanti
polizza danni
avere ancora vent'anni

martedì 24 agosto 2010

Shantel DISKO PARTIZANI

sabato 21 agosto 2010

Un piccolo aiuto Zucchero

martedì 17 agosto 2010

Alba Rohrwacher

domenica 15 agosto 2010

la barzelletta di berlusconi sull'umidità

giovedì 5 agosto 2010

debauched love is your fear

Vinny Piana - Love is your fear - Debauched Remix from Enter the Treehouse on Vimeo.

lunedì 26 luglio 2010

Machete

martedì 20 luglio 2010

butler & mcalmont yes

lunedì 5 luglio 2010

il postmoderno è retrodatato

mercoledì 2 giugno 2010

calzini in treno

Terroni, alternativi, punkabbestia, punkabbestia light, nudi-nel-mondo, scambisti, artisti, crucchi, semplici, naturisti, drogati, drogati polemici. Ecco la fauna da treno che – per essere sobri - macellerei sistematicamente per sfamare i famigerati del Malawi. Non tutti, sia chiaro, ma solo quelli che nei treni si tolgono le scarpe e restano in calzini. Quei calzini di merda, quei piedi di merda, appoggiati su quei sedili di merda, con la merda, per la merda. Vogliono stare comodi. Ma mi chiedo: come può la comodità prescindere da un battito a riposo basso? No perchè qualsiasi individuo minimamente decente, senza scarpe su un regionale, sarebbe agitato e si sentirebbe in imbarazzo. E come fanno loro a non imbarazzarsi? Come fanno a farlo? La risposta è semplice: lo fanno! Se dovessero cagare su un palco montato in piazza San Jacopo, con una telecamera puntata sul buco del culo che trasmette in mondovisione, ci impiegherebbero due secondi netti a partorire i propri stronzi. Dati alla mano: un terzo di loro ha scopato in tre almeno una volta, la metà è stata in un campo nudista, tutti - ma proprio tutti - non hanno il biglietto. E quando il controllore li sgama, questi candidi di merda lo trattano come un fratello che capirà. Pissing & love! Ma falliscono ogni volta, per fortuna. E allora fanno i vituperati, i disadattati, i puri che ancora credono nell’amicizia dei bigliettai e che siamo fatti d’energia. Eterni rilassati, li vorrei morti. Il controllore è lì e loro restano coi loro calzini variopinti di quelli antisdrucciolo di merda, che vanno di moda, così tenerosi-sbarbo-patatosi. E poi a casa nudi in veranda a fare l’amore sul parquet mentre fuori c’è la rivoluzione. Siamo hippy, siamo merda, siamo la troia di tua madre. Sempre con quei calzini, perchè se no scivolano sul parquet e si frantumano la chiostra dei denti contro l’angolo del caminetto in granito schiantassero.

Io in treno sono tutt’altro. Rincagnato, costipato, teso come una corda di violino. Incassato in un posto, di gesso, nei ranghi. Mai rilassato! Guai! Sempre attento a non toccare coi piedi quelli di chi è davanti a me. Perchè se tocchi i piedi di una donna poi magari pensa che ci provi. E se è un uomo pensa che sei frocio. Se invece ti alzi per prendere cose dallo zaino i casi sono due: drogato o terrorista. In treno devo avere il biglietto pronto perchè ho paura di fare figure col controllore. Non voglio percepire nella sua voce quello scarto fra il rispetto e l’“eccone un altro!”. Però non lo tengo visibile, perchè altrimenti ho paura che i drogati me lo rubano. Lo controllo di continuo, in tasca, da fuori. E ho sempre paura che la gente pensi che mi stia facendo una sega.

Loro coi calzini arcobaleno e il libro di Osho, io con la tachicardia e i sudori freddi.

Che dite? Meglio loro?

Meglio io, meglio io


Lo Sgargabonzi

mercoledì 5 maggio 2010

doctor cat

doctor cat

martedì 30 marzo 2010

ildeboscio fighetto

lunedì 22 febbraio 2010

il senso di Pinocchio

Con il passare del tempo, non cambiano i propri obiettivi, ma la fiducia nella possibilità di perseguirli, fino a rendersi conto della loro inutilità.
Lo sforzo, la fatica, il sudore: passare le notti insonni sui libri, negli uffici, fino a disperare di farcela, e poi, mesi dopo, guardandosi indietro, sentirsi addirittura soddisfatti del raggiungimento.
Tutto ciò, ovviamente, noi, ora, rifiutiamo.
Pinocchio, attraverso sforzi e disciplina, diventa bambino, e non è più Pinocchio, il burattino abbandonato in un angolo, la persona che lui era davvero, perduta; nella ricerca della possibilità di essere qualcosa, si perde qualcuno.
Bisognerebbe essere Pinocchio, potendo essere bambino, ma restando per sempre Pinocchio.
Bisognerebbe volere tutto, ed esserlo all'istante; se non è possibile, avere il coraggio di non volere niente, e non essere niente.