domenica 20 settembre 2009

l'amore è desiderio ma diventa bisogno

martedì 8 settembre 2009

grammatica del cinema


Messa in scena [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Produzione cinematografica.
La rappresentazione dello spazio condiziona sensibilmente la lettura di un film. La profondità, la distanza, la grandezza e le proporzioni di luoghi o oggetti in un film possono essere manipolati mediante il posizionamento della telecamera, oppure mediante l'uso di lenti, di tecniche di illuminazione, determinando così efficacemente le relazioni tra gli elementi di quell'universo narrativo.
Con tale definizione si fa riferimento a tutto ciò che figura all'interno della scena: la scenografia, l'arredamento, l'illuminazione, i costumi, la prestazione degli attori, ecc. . I film a carattere narrativo manipolano spesso gli elementi dellamessa in scena, come l'allestimento, i costumi e la recitazione allo scopo di intensificare o di affievolire l'apparente significanza di una particolare scena.

Allestimento [modifica]

Un importante elemento della messa in scena è l'arredamento, vale a dire gli oggetti contenuti e la scenografia di una scena. L'arredamento può essere usato per amplificare le emozioni di un personaggio oppure l'atmosfera dominante in un film.

Proiezione posteriore [modifica]

Viene normalmente utilizzata per combinare l'azione in primo piano (spesso attori che conversano tra loro) con una ripresa sullo sfondo, già girata precedentemente in esterni. Rappresenta un espediente economico per inscenare film in ambienti esotici o pericolosi, senza dover trasportare gli attori in tali luoghi e dover accettare le loro costose richieste.
Nel cinema classico di Hollywood la proiezione posteriore o tecnica del trasparente, viene usata quasi sempre per le scene in automobile. Al posto del vetro posteriore dell'auto, viene fatto girare un filmato che riprende ciò che normalmente è visibile da tale vetro. Ciò consente anche, accelerando la rapidità dello scorrimento delle immagini della proiezione posteriore, oppure modificando improvvisamente la loro angolazione, di conferire all'intera scena l'impressione che il veicolo viaggi a velocità elevata, senza creare alcun pericolo reale agli attori.

Illuminazione [modifica]

L'intensità, la direzione e la qualità dell'illuminazione hanno un effetto profondo sulle modalità con cui un'immagine viene percepita. La luce condiziona il modo in cui vengono resi i colori, sia in termini di tinta che di profondità, e può pertanto focalizzare l'attenzione su particolari elementi della composizione. Esattamente come nel caso del movimento, nel cinema la storia delle tecniche di illuminazione è strettamente connessa con la storia dello stile cinematografico. Molti film di gran voga si fondano su di uno stile d'illuminazione detto a tre punti, o su sue variazioni. Altri tipi di film, come ad esempio documentari o film realistici, utilizzano perlopiù luce naturale per creare una sensazione di autenticità.

Illuminazione a tre punti [modifica]

Si tratta della illuminazione standard nel cinema narrativo classico. Allo scopo di modellare il volto di un attore (o un oggetto) con un senso di profondità, si irradia la luce da tre differenti posizioni. Una prima fonte di luce, posta alle spalle dell'attore, lo isola dallo sfondo; la luce principale illumina l'oggetto più o meno frontalmente, mentre una terza ed ultima fonte luce, detta di riempimento, posta dal lato opposto rispetto a quella principale, ma comunque davanti all'attore, getta soltanto deboli ombre.

Illuminazione a registro alto [modifica]

Si tratta di un tipo di illuminazione in cui la luce da riempimento è elevata alla medesima intensità di quella principale. Vengono così prodotte immagini solitamente molto luminose e che presentano poche ombre sui soggetti principali. Tali immagini luminose sono tipiche dei generi cinematografici di intrattenimento, come musical, o commedie.

Illuminazione a registro basso [modifica]

Si tratta di un tipo di illuminazione che utilizza ben poca luce da riempimento, creando in questo modo un forte contrasto tra le parti più illuminate e quelle più scure di un'immagine. Ne derivano spesso anche ombre marcate che oscurano parti dei soggetti principali. Questo tipo di illuminazione è spesso associato con film di genere pulp o noir.

Spazio [modifica]

Spazio profondo [modifica]

Si utilizza lo spazio profondo quando elementi significativi di un'immagine sono posizionati sia vicini che lontani rispetto alla telecamera. Tali elementi non devono però essere tutti necessariamente a fuoco. Quando invece ciò accade, oltre che di spazio profondo, si parla anche di focalizzazione profonda (per la quale cfr. sotto). Lo spazio profondo si contrappone allo spazio piatto (cfr. sotto). Viene usato generalmente quando si vuole integrare il personaggio all'interno di uno ambiente naturale ampio, allo scopo di fornire un'idea dell'entità delle distanze che intercorrono tra i luoghi circostanti, sì da enfatizzare la difficoltà per tale personaggio di muoversi da un luogo all'altro.

Frontalità [modifica]

Si tratta di inscenare elementi, spesso figure umane, in modo tale che essi siano posizionati in posizione esattamente frontale rispetto alla telecamera. Questa sistemazione della telecamera è alternativa all'inscenamento obliquo. L'inscenamento frontale viene solitamente evitato, in quanto si ritiene che esso spezzi nello spettatore l'illusione di sbirciare in un modo separato. Quando infatti i personaggi guardano direttamente nella telecamera, sembra quasi che essi siano consapevoli della presenza degli spettatori. In alcuni film si va, però, ben oltre tale espediente quando vi sono personaggi che persino parlando guardando la telecamera. Si concorda nel ritenere che la frontalità viene generalmente usata in quei film in vi è una precisa volontà di giocare con la distanza che sussiste tra lo schermo e lo spettatore.

Ripresa sbiadita [modifica]

Si tratta di una ripresa artificiale nella quale due immagini fotografiche (solitamente una di sfondo ed una di primo piano) vengono combinate in una singola immagine. La ripresa sbiadita può essere usata per aggiungere elementi ad una scena realistica oppure per creare spazi fantastici.
Questa tecnica di ripresa è una delle più usate nelle realizzazioni cinematografiche in studio, sia per ragioni finanziarie (è infatti più economico riprendere un'immagine della torre Eiffel piuttosto che andare fino a Parigi), sia perché talvolta sarebbe troppo pericoloso provare a girare delle scene nel loro spazio reale. Talvolta, quando cartoni animanti e figure reali interagiscono, quello spazio potrebbe anche non esistere affatto. In anni recenti, comunque, gli effetti speciali e la grafica al computer hanno superato e declassato di gran lunga il ruolo della ripresa sbiadita.

Spazio fuori campo [modifica]

È lo spazio che esiste nella narrazione, ma che non è visibile nel campo. Diventa significativo quando l'attenzione dello spettatore viene richiamata verso un evento o una presenza che non è visibile nel campo. È comunemente impiegato per creare suspense nei film horror o nei thriller, ma non solo.

Spazio piatto [modifica]

Si contrappone allo spazio profondo (cfr. sopra). Nello spazio piatto l'immagine è inscenata con una profondità minima. Le figure nell'immagine occupano lo stesso piano, o al massimo piani molto vicini tra loro. Mentre l'immagine risultante perde di realismo, la sua mancanza di spessore accresce le sue qualità pittoriche. Attraverso lo spazio piatto si possono ottenere modelli grafici sorprendenti. Esso può essere inscenato, oppure può essere anche ottenuto attraverso espedienti ottici, ad esempio mediante l'uso del teleobiettivo. Ciò è particolarmente utile per creare immagini claustrofobiche, visto che fa in modo che i personaggi sembrino scaraventati contro lo sfondo.

Costumi [modifica]

Si tratta dell'abbigliamento dei personaggi. Nel cinema narrativo viene utilizzato per caratterizzare i personaggi oppure per sottolineare usi culturali, o infine per rendere chiare determinate distinzioni tra i personaggi.

Recitazione [modifica]

Vi sono grandi differenze storiche e culturali tra i vari stili di recitazione nel cinema. I vecchi stili melodrammatici, chiaramente debitori del teatro del diciannovesimo secolo, diedero vita al cinema occidentale, uno stile relativamente naturalistico. Ci sono molte alternative allo stile dominante, come ad esempio l'uso di attori non professionisti nel cinema neorealista italiano, o la tipizzazione nel cinema muto sovietico, o ancora le pratiche di improvvisazione di registi come John Cassavetes o Eric Rohmer.

Tipizzazione [modifica]

La tipizzazione consiste nella selezione di attori sulla base delle loro caratteristiche facciali o corporee, le quali devono trasmettere subito il reale carattere del personaggio che l'attore sta impersonando. Solitamente associati con la scuola di montaggio sovietica, questi registi ritenevano l'esperienza di vita di un non-attore garantisse l'autenticità della loro prestazione allorché essi si cimentassero in un ruolo drammatico che fosse simile al loro effettivo ruolo sociale. La tipizzazione è dunque collegata all'uso di stereotipi atti a comunicare le qualità essenziali di un personaggio. Sebbene le correnti pratiche di reclutamento degli attori non può più essere considerata di questo tipo, tuttavia l'uso di attori con esperienza in determinati ruoli è comune in molti film, sia se essi appartengano ad uno star system, sia se siano invece degli attori non professionisti.

Riprese [modifica]

Questa sezione analizza alcuni degli elementi che entrano in gioco nella costruzione di una ripresa: l'aspetto di un'immagine, il suo bilanciamento tra bianco e nero, la profondità dello spazio nella messa a fuoco, la relazione tra primo piano e sfondo, ecc.

Colore [modifica]

I primi film sono stati girati in bianco e nero ma ben presto il cinema ha incluso immagini a colori. Queste immagini erano inizialmente colorate o stampate sulla pellicola, ma, a partire dagli anni Trenta, i cineasti divennero capaci di includere sequenze colorate nei loro film. Oltre alla carica di realismo o di fascino che un'immagine colorata potrebbe fornire, il colore viene utilizzato anche per creare un modello estetico e per instaurare caratteri ed emozioni nel cinema narrativo. Non necessariamente ogni singolo colore deve però rimandare sempre ad una ben precisa emozione o ad un ben preciso carattere. Un medesimo colore, a seconda delle modalità e dei contesti in cui viene usato, può mutuare sensazioni e scenari estremamente diversificati.

Contrasto [modifica]

Il contrasto è il rapporto tra il chiaro e lo scuro in un'immagine. Se la differenza tra le zone chiare e quelle scure è grande, si dice che l'immagine ha un contrasto alto. Se invece la differenza è piccola, si parla di contrasto basso. Molte pellicole utilizzano un contrasto basso per ottenere un'illuminazione più realistica. Un contrasto alto è di solito associato con una illuminazione a chiave bassa di scene scure in film appartenenti al genere horror o noir. Un luogo comune è quello di usare il contrasto tra il chiaro e lo scuro per indicare la distinzione tra bene e male.

Focalizzazione profonda (deep focus) [modifica]

Proprio come lo spazio profondo, la focalizzazione profonda concerne la rappresentazione sulla scena di un evento in modo tale che gli elementi più significativi occupano piani di gran lunga distanti tra loro. Tuttavia, diversamente dallospazio profondo, la focalizzazione profonda richiede che gli elementi che si situano a profondità sensibilmente differenti siano entrambi a fuoco. Molti registi ne fanno un largo uso, nella convinzione che essa conferisce una più verisimile rappresentazione dello spazio.

Focalizzazione piatta (shallow focus) [modifica]

Si tratta di una profondità di campo ristretta, che tiene soltanto uno solo dei vari piani a fuoco. È l'opposto della focalizzazione profonda. Viene usato per dirigere l'attenzione su un determinato elemento della scena. È molto usato nei primi piani. Suggerisce introspezione psicologica, dato che fa apparire un personaggio in totale isolamento rispetto al mondo che lo circonda. È pertanto largamente usato, ad esempio, nei melodrammi, dove le azioni e i pensieri di un individuo prevalgono su tutto il resto.

Profondità di campo [modifica]

È la distanza attraverso la quale gli elementi di un'immagine si trovano a fuoco. Luce chiara e una maggiore chisura della lente tendono a produrre una maggiore profondità di campo, come anche l'uso del grandangolo. Un campo piatto viene in genere usato come tecnica per concentrare l'attenzione dello spettatore sugli aspetti più significativi di una scena, senza dover usare un cut-in analitico. La profondità di campo è intimamente connessa con la focalizzazione, sebbene non vada confusa con quest'ultima. La focalizzazione è la qualità (il grado di nitidezza di un oggetto in un'immagine), mentre la profondità di campo si riferisce all'estensione nella quale lo spazio rappresentato continua ad essere a fuoco. Fissata una determinata apertura della lente e un determinato livello di illuminazione, quanto più lunga è la distanza focale, vale a dire la distanza tra la lente e l'oggetto messo a fuoco), tanto maggiore è la profondità di campo. Per questa ragione, i primi piani e le scene girate con luci basse spesso danno luogo ad immagini con profondità di campo piuttosto ridotte. Un'immagine con ridotte profondità di campo avrà naturalmente alcuni elementi a fuoco ed altri no.

Esposizione [modifica]

Una lente di una telecamera ha un'apertura che controlla quanta luce passa attraverso la lente per poi arrivare sulla pellicola. Se l'apertura viene ampliata, passa una maggiore quantità di luce l'immagine che ne risulta diventerà più esposta. Se l'immagine è così pallida che i dettagli cominciano a sparire, la si definisce sovraesposta. Di converso, un'apertura più ristretta che consente il passaggio di una minore quantità di luce produrrà immagini più scure del normale, che saranno dette sottoesposte. L'esposizione può essere manipolata per guidare la reazione degli spettatori ad una data scena.

Racking focus [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Racking focus.
Per racking focus si riferisce a una tecnica che consiste nel modificare il fuoco della lente durante la ripresa in modo che un elemento su di un piano dell'immagine venga messo a fuoco a discapito di un altro. Si tratta di un modo ancora più palese per guidare l'attenzione dello spettatore da un punto ad un altro della scena, quasi come per collegare due spazi o due oggetti. Il racking focus viene in genere fatto piuttosto rapidamente. In un certo senso, tale tecnica prova a mimare un'occhiata concisa e lesta che può essere usata per velocizzare il ritmo o per aumentare la suspense.

Frequenza dei fotogrammi (framerate) [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Foto per secondo.
Un normale film sonoro viene normalmente girato ad una frequenza di 24 fotogrammi per secondo. Se il numero di fotogrammi al secondo viene aumentato, l'azione sembrerà muoversi più lentamente del normale. Al contrario, quanto minore è il numero dei fotogrammi al secondo, tanto più rapido apparirà essere l'azione risultante. Il caso estremo di manipolazione della frequenza dei fotogrammi e lo stop-motion: la telecamera riprende soltanto un fotogramma, poi il soggetto viene manipolato per poi essere nuovamente ripreso ancora una volta da un solo fotogramma.

Zoom [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Zoom.
Lo zoom usa una lente con differenti elementi che permette al regista di cambiare la lunghezza del fuoco della lente durante la ripresa. L'impressione data allo spettatore è quella di avvicinarsi o di allontanarsi dal soggetto ripreso. Durante tale processo la qualità dell'immagine varia da quella tipica delle riprese con lente corta a quella delle riprese a lente lunga, o viceversa. Lo zoom viene di solito usato all'inizio di una scena o addirittura all'inizio di un film per introdurre un oggetto o un personaggio concentrando il fuoco su di esso.

Inquadratura [modifica]

In un certo senso, il cinema è un'arte selettiva. I bordi dell'immagine creano una struttura che include o esclude aspetti dell'evento profilmico, vale a dire di ciò che sta di fronte alla telecamera. Le qualità espressive dell'inquadratura includono l'angolazione tra la telecamera e l'oggetto ripreso, il rapporto tra le lunghezze dei lati dell'immagine, la relazione tra la telecamera e l'oggetto, la posizione del personaggio nella scena.

Angolazione dell'inquadratura [modifica]

Molti film vengono girati con una telecamera che sembra essere approssimativamente alla stessa altezza del soggetto ripreso. Tuttavia è possibile riprendere da una posizione significativamente più bassa o più alta rispetto all'elemento dominante la scena. In questo caso, si parla rispettivamente di angolo basso o angolo alto. La tecnica dell'angolo dell'inquadratura può essere utilizzata per indicare la relazione tra un personaggio e il punto di vista della telecamera, oppure può semplicemente essere usata per creare sorprendenti composizioni visive.

Formato dell'immagine [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Formati cinematografici.
Si tratta del rapporto tra il lato orizzontale e quello verticale di un'immagine. Fino agli anni '50 quasi tutti i film erano girati in 4:3 (quattro terzi), vale a dire che il lato orizzontale dell'immagine stava in un rapporto di quattro a tre rispetto al lato verticale. Più raramente erano girati in 1,33:1. Alcuni registi usavano proiettori multipli per creare un formato più ampio, mentre altri sostenevano che lo schermo dovesse essere quadrato e non rettangolare. Schermi a formato più ampio vennero in auge durante gli anni '50, per cui oggi il film vengono girati in una quantità di differenti formati. Tra i formati più comuni si citano i seguenti: 1.66:1, 1.76:1, 1.85:1, e 2.35:1, quest'ultimo detto anche cinemascope.
I film a schermo largo vengono spesso modificati per impieghi televisivi o video. Alcuni DVD offrono la possibilità di vedere il film nel suo formato originale oppure in un formato ridotto che si addica meglio alle dimensioni dello schermo televisivo. - I film widescreen sono spesso adattati per essere rilasciati su TV, alterando effettivamente la composizione originale. Alcuni DVD hanno l'opzione di mostrare il film nel suo formato originale ed in un'edizione ridotta che si adatta allo schermo TV.

Livello dell'inquadratura [modifica]

Non soltanto l'angolo da cui una telecamera effettua le riprese, ma anche l'altezza può rappresentare un significativo elemento in un film. Una telecamera a livello basso viene posizionata vicino al suolo, mentre una telecamera a livello alto viene posizionata al di sopra della prospettiva canonica nel cinema. Il livello della telecamera viene utilizzato per sottolineare il grado di apprezzamento per i personaggi che occupano particolari livelli nell'immagine, oppure più semplicemente per creare composizioni gradevoli alla vista.

Inquadratura inclinata [modifica]

Si tratta di una prospettiva nella quale l'inquadratura non è orizzontale, ma dove o il lato destro dell'immagine o quello sinistro è più basso dell'altro, il che determina che gli oggetti sulla scena appaiano inclinati rispetto alla loro normale posizione eretta. Inquadrature inclinate sono generalmente usati per creare un'impressione di caos e di instabilità. Essi sono pertanto associati con il ritmo frenetico di film d'azione, video musicali o cartoni animati. Non di rado sono anche associati con l'uso della telecamera a mano.

Ripresa che segue (following shot) [modifica]

Si tratta di una ripresa con un'inquadratura che si sposta per mantenere una figura in movimento all'interno della scena. Una ripresa che segue combina il movimento della telecamera (di qualsiasi tipo esso sia: orizzontale, verticale, libero o mediante gru), con la specifica funzione di dirigere l'attenzione ad un determinato personaggio o oggetto mentre questo si muove all'interno del frame.

Riassestamento dell'inquadratura [modifica]

Si tratta di brevi movimenti orizzontali o verticali della telecamera, atti ad aggiustare i movimenti di un soggetto. È una tecnica molto usata nel montaggio continuo (cfr. sotto) per via della sua natura non invadente. Il primo ad effettuare il movimento è il personaggio, a cui segue il movimento della telecamera che corregge di conseguenza la propria posizione.

Ripresa soggettiva [modifica]

Si tratta di una ripresa effettuata con la telecamera posizionata approssimativamente laddove dovrebbero trovarsi gli occhi di un personaggio e rivolta a filmare tutto ciò che tale personaggio dovrebbe vedere. Una tale ripresa viene di solito montata (cfr. montaggio, più sotto) prima o dopo una ripresa che ritrae tale personaggio nell'atto di guardare. I film horror e i thriller usano spesso questa tecnica per suggerire una presenza minacciosa e invisibile sulla scena. I film che usano molte riprese soggettive tendono verso uno stile dinamico e non naturalistico. La ripresa soggettiva è uno dei mezzi attraverso i quali gli spettatori sono incoraggiati ad identificarsi con i personaggi.

Ripresa con teleobiettivo [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Teleobiettivo.
Un'immagine girata con una lente estremamente lunga viene chiamata telephoto shot. L'effetto ottenuto è quello di comprimere l'apparente profondità di un'immagine, in modo tale che gli elementi che sono più vicini o più lontani dalla telecamera sembrino giacere approssimativamente alla stessa distanza.

Ripresa con lente grandangolo [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Grandangolo.
Si tratta di una lente a lunghezza focale corta che crea in una scena una determinata prospettiva distorcendo le linee rette presso i bordi della cornice ed esagerando la distanza tra il primo piano e lo sfondo. Così facendo permette ad uno spazio maggiore di entrare all'interno della cornice, la qual cosa si rende molto utile nel caso di riprese girate in luoghi chiusi, per esempio quando si gira in una stanza reale piuttosto che in uno studio cinematografico in cui siano stati innalzati tre muri fittizi. Inoltre, una lente grandangolo offre una maggiore profondità di campo. Nelle pellicole a 35 mm un grandangolo è di 30 mm. Dato che il grandangolo distorce i bordi di un'immagine, lenti estremamente gradi vengono evitate quando si riprende un essere vivente (tranne in rare occasioni, per effetti artistici ricercati) o quando si cerca un stile naturalistico.

Scala [modifica]

Se un medesimo oggetto venisse filmato con riprese a scala differenti, avrebbe di volta in volta significati differenti. La scala della ripresa può suggerire intimità con il personaggio, o, al contrario, può far sparire il personaggio nel suo ambiente.

Campo lunghissimo [modifica]

Si tratta di un campo nel quale la scala dell'oggetto ripreso è molto piccola. Un palazzo, un paesaggio, una folla di persone riempiranno lo schermo. Di solito occorre come prima o seconda ripresa di una sequenza, che può anche fungere da ripresa introduttiva. Alcuni campi lunghissimi possono essere realizzati da riprese effettuate dal cielo, a bordo di gru o di elicotteri.

Campo lungo [modifica]

Si tratta di un campo nel quale la scala dell'oggetto è piccola: una figura umana in piedi risulterà approssimativamente della medesima altezza dello schermo e lo riempirà completamente. È un tipo di ripresa relativamente stabile, che può essere accomodata senza ricorrere al riassestamento dell'inquadratura. È pertanto comunemente usato in generi cinematografici in cui occorre mostrare un'azione compiuta da tutto il corpo umano nella sua interezza, come ad esempio nei musical hollywoodiani degli anni '70 oppure nei film di arti marziali. Un altro vantaggio del campo lungo è che permette di mostrare un personaggio ed i dintorni in cui questo si trova in un singolo campo.

Campo medio [modifica]

Si tratta di un campo in cui un soggetto riempie verticalmente la maggior parte dello schermo. Viene anche chiamato piano americano, dato il suo frequente uso nel genere Western, dove era importante mostrare la figura del cowboy fino alla coscia, di modo da rendere visibili le loro armi, che solitamente pendevano dalla zona del bacino.

Primo piano medio [modifica]

Si tratta di un campo nel quale la scala dell'oggetto è leggermente larga: una figura umana, vista dal petto verso l'alto riempie la maggior parte dello schermo.

Primo piano [modifica]

Si tratta di un campo nel quale la scala dell'oggetto è piuttosto larga. In un primo piano la testa di una persona o oggetti di simili dimensioni riempiono l'intero campo. Le scale dei campi non sono universali, ma vengono piuttosto stabilite in rapporto ad altri campi del medesimo film. Sebbene le scale siano di solito determinate in relazione alla figura umana, non necessariamente l'oggetto ripreso in tali scale deve esserlo. Non mancano casi, ad esempio, di primi piani di oggetti inanimati.

Primissimo piano [modifica]

Si tratta di un campo in cui la scala dell'oggetto mostrato è molto larga: un oggetto piccolo oppure una parte del corpo. Anche in questo caso sono i volti umani le immagine più solitamente riprese nei primissimi piani. Se invece si tratta di un'altra parte del corpo solitamente può anche essere detta particolare, mentre se è un oggetto è chiamato dettaglio

Movimento [modifica]

Ci sono molti modi per muovere una telecamera: in lunghe riprese fluide, o in movimenti rapidi e confusi, ecc. A seconda del tipo di movimenti, si hanno ritmi e prospettive sceniche differenti. Il film sovietico dal titolo Chelovek s kinoapparatom per la regia di Dziga Vertov (1929) mette in scena un ricco catalogo di possibilità di uso creativo della telecamera. In una famosa sequenza si vede il cameraman che effettua riprese stando in piedi su di un'automobile in movimento. A ben pensarci, però, tale scena deve essere stata ripresa da un secondo cameraman posto su di una seconda automobile in movimento.

Ripresa tramite gru [modifica]

Si tratta di una ripresa da una telecamera posta su di una gru, vale a dire su di un lungo braccio meccanico articolato. Naturalmente si avranno continui mutamenti di campo, determinati dal fatto che la gru, posta in posizione elevata, ha la facoltà di muoversi in qualsiasi direzione. Le riprese da una gru sono spesso riprese lunghe o lunghissime. Conferiscono alla telecamera un senso di mobilità e spesso danno allo spettatore una sensazione di onniscienza sui personaggi. In altri casi vengono usate semplicemente per ottenere un ritmo fluido, specialmente nelle riprese lunghe.

Telecamera a mano [modifica]

Si tratta di usare il corpo dell'operatore come un supporto per la telecamera. Questi può o tenerla in mano, oppure può usare uno stabilizzatore giroscopico combinato con una imbracatura. Gli operatori dei cinegiornali, come anche i reporter di guerra privilegiarono telecamere più piccole, come la Eclair, che venne presto adottata dai documentaristi e dai registi d'avanguardia, come quelli del movimento cinéma verité degli anni '50 e '60. Tali telecamere venivano inoltre utilizzate da giovani registi, in quanto erano economiche ed conferivano all'immagine una maggiore sensazione di spontaneità. A quel tempo questa sfida di superare gli standard era percepita come anti-cinematografica, e venne al massimo accettata come stile eccentrico e personale. Se è vero, però, le telecamere a mano danno al film un senso di instabilità e frenesia, è anche vero che esse consentono un grado di movimento e di flessibilità maggiore rispetto alle più corpulente telecamere normali ad un costo estremamente più basso. Attualmente i registi provano ad ottenere i medesimi effetti con il digitale. Le telecamere a mano stabilizzate mediante l'uso di un giroscopio, inventate negli anni '70, permisero di creare armoniose carrellate senza dover far necessariamente uso di ingombranti equipaggiamenti. Più di recente esse sono state diffusamente usate nei video musicali e nei film del movimento Dogma 95.
Per ironia della sorte, mentre le moderne telecamere a mano consentono di ottenere immagini piuttosto stabili, vi sono autori, come ad esempio quelli appartenenti al movimento Dogma 95, tra cui Lars Von Trier in primis, i quali preferiscono esacerbare la frenesia e la instabilità tradizionalmente associato con queste telecamere, come se ciò fosse un segno di un originale intervento autoriale. Di fatto, combinando riprese a mano con aggressivi riassestamenti dell'inquadratura e salti nel montaggio, e girando riprese in formati a bassa definizione, Dogma 95 ed altri movimenti cinematografici altrettanto radicali si sforzano di creare un nuovo tipo di cinema che sia innanzitutto quanto più lontano possibile dalle produzioni commerciali Hollywoodiane.

Panoramica [modifica]

Si tratta di un movimento rotatorio del corpo della telecamera verso destra o verso sinistra. Sulla schermo produce un campo mobile che passa in rassegna lo spazio orizzontalmente. Una panoramica connette direttamente ed immediatamente due luoghi o due personaggi, dando così allo spettatore il senso della loro vicinanza. A seconda della velocità alla quale viene effettuata, una panoramica può essere utilizzata con differenti scopi drammatici.

Tilt [modifica]

È un movimento rotatorio verso l'alto o verso il basso del corpo della telecamera, che è fissato ad un supporto fisso. Produce un'inquadratura mobile che passa in rassegna lo spazio in senso verticale. La sua funzione è simile a quella della panoramica e del tracking shot, con la sola differenza che il movimento avviene su di un asse verticale. Un tilt implica di solito un mutamento nell'angolazione dell'inquadratura. Rappresenta infine non di rado un espediente mediante il quale viene gradualmente scoperto dello spazio scenico che inizialmente si trova fuori campo. Ciò può creare suspense, dato che fa crescere un senso di attesa nello spettatore man manco che la telecamera guida la sua attenzione in una precisa direzione della scena, pur senza sapere dov'è che essa si fermerà e che cosa mostrerà.

Ripresa a tracce [modifica]

Si tratta di un'inquadratura mobile che viaggia attraverso lo spazio in avanti, indietro o lateralmente. Di solito segue un personaggio o un oggetto nel suo muoversi insieme nello schermo. Diversamente dalla panoramica, che mima una rotazione della testa di un ipotetico osservatore, il tracking shot accompagna fisicamente l'intera estensione del movimento. Pertanto crea un più stretta affinità con il personaggio o con l'oggetto in movimento, dato che lo spettatore non sta lì soltanto a guardare il personaggio che si muove, ma si muove con lui. Un tipo molto diffuso di tracking shot, proprio come fu inventato nel cinema classico realizzato in studio, consisteva nel collocare la telecamera su di un supporto dotato di ruote chiamato dolly, e nel muoverla su binari o su di una pista, di modo da assicurare la dolcezza del movimento.
Quando poi le telecamere diventarono più leggere e più stabili, i tracking shots diventarono più flessibili e creativi: biciclette, sedie a rotelle, pattini a rotelle e molti altri artificiosi artefatti ne esaltarono il raggio di movimento. Non c'è dubbio che il tracking shot sia uno dei più suggestivi e creativi tipi di movimento della telecamera, uno di quelli che può essere realizzato in molti ingegnosi modi. Non a caso, alcuni registi del calibro di Max Ophlus ed Orson Welles hanno fatto di virtuosistici tracking shots, spesso usati in combinazioni con riprese lunghe (cfr. sotto), una caratteristica distintiva del loro stile di regia.

Panoramica frustata [modifica]

Si tratta di un movimento estremamente veloce della telecamera da un lato all'altro del campo che fa in modo che l'immagine si trasformi rapidamente in una serie di linee orizzontali indistinte. Spesso un taglio impercettibile va ad unire due panoramiche frustate per creare un espediente di transizione tra due scene. In quanto opposto alla dissolvenza, alla continuità d'azione o d'immagine, e allo sfumato (cfr. sotto, il montaggio), che rappresentano i più comuni metodi di transizione nello stile continuo (cfr. sotto, il montaggio), la panoramica frustata si distingue sempre per la sua natura improvvisa e brusca. Viene perlopiù usata nei generi che prevedono azioni molto rapide, come ad esempio nei film di arti marziali.

Montaggio [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Montaggio.
Il montaggio consiste nell'unire insieme vari pezzi di pellicola in un unico filmato continuo. Il taglio è il modo più semplice, ma ci sono molte altre possibilità per effettuare una transizione da una ripresa ad un'altra.

Espedienti [modifica]

Transizioni [modifica]

La ripresa ha fine con un taglio e dunque viene definita dal taglio stesso. Il montaggio serve poi per unire le riprese tra loro. Ci sono molti modi per realizzare la transizione da una ripresa alla sua successiva, alcuni dei quali più evidenti e vistosi ed altri meno. Nella tradizione analitica, il montaggio serve per realizzare uno spazio e per guidare lo spettatore verso gli aspetti più salienti di una scena. Nel classico stile continuo le tecniche di montaggio tendono ad evitare di concentrare l'attenzione su se stesse. Lo stacco deve essere quanto più possibile impercettibile. Al contrario, in una tradizione costruttivista come quella del cinema sovietico non è presente una tale falsa modestia. Si pensi ad esempio al film di Vertov L'uomo con la macchina da presa (Chelovek s kinoapparatom, USSR, 1929), che celebra apertamente la potenza del cinema nel creare una nuova realtà partendo da frammenti separati.
Taglio falso [modifica]
Nel sistema di montaggio a stile continuo, il taglio falso ha lo scopo di mostrare continuità di tempo e di spazio tra una ripresa e l'altra, dove però figure o oggetti cambiano improvvisamente posizione nella seconda ripresa. Un tale espediente è stato spesso utilizzato per mascherare la bassa statura di protagonisti maschili di fronte alla più imponente statura delle loro comprimarie femminili.
Taglio incrociato [modifica]
Il taglio incrociato, detto anche montaggio parallelo, è una forma di montaggio che alterna riprese di due o più linee narrative che si svolgono in luoghi differenti, ma di solito simultaneamente. Le due azioni sono pertanto collegate istituendo un'associazione tra i personaggi di entrambe le linee narrative.
Vicino e lontano [modifica]
Si tratta di un passaggio istantaneo da un'inquadratura distante su di uno spazio ad uno sguardo ben più ravvicinato di una porzione di quel medesimo spazio, o viceversa.
Dissolvenza [modifica]
Si tratta di una transizione tra due riprese, durante la quale la prima immagine scompare gradualmente mentre la seconda gradualmente appare. Per un istante le due immagini si mischiano tra loro. La dissolvenza può essere usata come un espediente di montaggio esplicito per collegare due scene, oppure, in modo più creativo, per suggerire condizioni mentali, come ad esempio stati di allucinazione o quant'altro.
Iride [modifica]
È una maschera che si muove circolarmente che può chiudersi per porre fine ad una scena o per enfatizzarne un dettaglio, oppure che può, al contrario, aprirsi per iniziare una scena o per rivelare la presenza di altro spazio intorno ad un dettaglio. L'iride è un espediente molto comune nei primi film. Infatti a quel tempo non erano in uso tecniche mediante le quali oggi si ottengono i medesimi effetti, quali ad esempio lo zoom (cfr. sopra). Pertanto, il suo uso successivo agli anni '30e deve essere considerato come un estetismo anacronistico e nostalgico.
Taglio ellittico [modifica]
Si configura come un'interruzione di una singola ripresa. L'impressione che si ottiene è che, o i personaggi sembrano cambiare all'improvviso rispetto ad uno sfondo che resta costante, oppure che lo sfondo cambi all'improvviso mentre le i personaggi restano costanti. Il taglio ellittico è assolutamente bandito dal cinema classico Hollywoodiano, che ad esso contrappone dei tagli con stile continuo. È invece caratteristico del cinema radicale di avanguardia. Quando la corrente francese della Nouvelle Vague rese negli anni '60 il taglio ellittico una parte essenziale della propria mentalità giocosa e moderna, molti registri di tutto il mondo iniziarono finalmente ad usare il taglio ellittico, ora in modo interessante e creativo, ora come tentativo disperato di apparire "alla moda". Più recentemente il taglio ellittico è stato comunemente associato ai video musicali, oppure alle produzioni video alternative, come il film di Lars Von Trier e degli altri esponenti del movimento Dogma 95.
Il taglio ellittico viene generalmente usato per esprimere l'ambivalenza di un personaggio o della sua vita quotidiana. Al contempo essi rappresentano anche un chiaro segnale di rottura con il cinema commerciale di intrattenimento. Piuttosto che presentare un film come una storia perfettamente compiuta in se stessa, che si spiega senza sbavature di fronte a noi, il taglio ellittico afferma in modo evidente la artificialità di tale storia ed insieme la difficoltà di raccontarla.
Ripresa introduttiva e ripresa conclusiva [modifica]
Si tratta di una ripresa che di norma include un'inquadratura da lontano, la quale mostra le relazioni spaziali tra le figure e gli oggetti più significative dell'intera scena. Di solito le riprese di una scena sono riprese introduttive, in quanto esse ci introducono all'ambiente e alle relazioni spaziali della scena. Ognuna di esse si sofferma generalmente su alcuni personaggi o oggetti. Alla fine di tale sequenza di riprese sopraggiunge poi una ripresa a campo più lungo, laripresa conclusiva, che ingloba tutti gli elementi che sono stati oggetto delle singole riprese introduttive, rivelando in questo modo le relazioni spaziali tra di loro.
Ripresa e ripresa inversa [modifica]
Si tratta di due o più riprese montate insieme che alternano personaggi in genere impegnati in una conversazione. Nello stile di montaggio continuo i personaggi guardano in una prima inquadratura verso sinistra, mentre nell'altra verso destra. In questo tipo di montaggio sono molto comuni le riprese al di sopra della spalla. L'alternanza di una ripresa e della sua inversa è una delle convezioni più acclarate nel cinema. A sottolineare il legame tra tali riprese contribuisce anche la tecnica del far coincidere la linea degli sguardi (cfr. sotto).
Sovrimpressione [modifica]
Si tratta dell'esposizione di più di un'immagine sullo stesso tratto di pellicola. Diversamente dalla dissolvenza, una sovrimpressione non indica una transizione da una scena ad un'altra. Tale tecnica è stata spesso usata per permettere ad uno stesso attore di apparire contemporaneamente sullo schermo nei panni di due differenti personaggi. In altri casi è stata anche usata per esprimere pensieri o visioni soggettive di un dato personaggio, oppure semplicemente per introdurre nella scena un elemento narrativo che appartiene ad un'altra fase o parte della narrazione.
Tendina [modifica]
È un metodo di transizione tra due scene nel quale una linea passa attraverso da un lato dello schermo verso il suo opposto, determinando progressivamente con il suo passaggio la cancellazione della scena precedente e la sua sostituzione con quella successiva. Si tratta di un tipo di transizione dinamico e piuttosto vistoso. Viene di solito usato nei film d'azione o d'avventura. Il suo utilizzo suggerisce una breve ellissi temporale ed una connessione diretta, secondo un rapporto di causa-effetto, tra le due immagini. La tendina è diventata di moda nel cinema degli anni '50 e '60, e pertanto connota piuttosto chiaramente lo stile cinematografico di quegli anni.

Matches [modifica]

L' editing match si riferisce a quelle tecniche che uniscono o dividono due scene creando una forma di connessione fra di loro. Tale connessione può essere arguita dalla situazione dialogico-narrativa rappresentata nella scena, oppure può essere di natura puramente ottica (match grafico, cfr. sotto).
Linea dello sguardo [modifica]
Si tratta di un taglio che rispetta l'asse dell'azione principale, nella quale la prima ripresa mostra una persona che guarda in una certa direzione, mentre la seconda mostra ciò che tale persona vede. Se l'osservatore guarda verso sinistra, la ripresa successiva deve implicare che questi dovrà trovarsi fuori campo dal lato destro. In questo modo si genera l'impressione che gli occhi dell'osservatore e l'oggetto osservato si trovino perfettamente in linea tra loro.
Corrispondenza grafica [modifica]
Si tratta di due riprese successive collegate concettualmente da una similitudine di tipo grafico. Ad esempio la scena successiva potrà iniziare mostrando il medesimo oggetto, oppure un oggetto simile (o soltanto di forma simile) rispetto all'ultimo oggetto mostrato nella ripresa precedente. Si avrà così l'impressione di una certa continuità, seppure basata su principi puramente grafici, tra le due scene, e ciò anche se i luoghi e tempi delle due riprese possono essere del tutto differenti tra loro. La corrispondenza grafica si presta bene anche a creare associazioni di carattere metaforico.
Corrispondenza durante un'azione [modifica]
Si tratta di un taglio che congiunge insieme due differenti punti di vista della stessa azione in movimento, dando l'impressione che essa continui ininterrotta. Come si può facilmente comprendere si tratta del più diffuso tipo di transizione nello stile continuo. La corrispondenza di un'azione conferisce varietà e dinamismo ad una scena, dato che convoglia due movimenti: uno che di fatto ha luogo sullo schermo, ed uno suggerito dallo spettatore, visto che la sua posizione risulta spostata.

Durata [modifica]

Soltanto a partire dall'introduzione del montaggio nel cinema, vale a dire a principio del ventesimo secolo, è diventato opzionale la scelta di non adoperarlo. Precedentemente invece l'unico modo di fare cinema era quello di girare lunghe riprese ininterrotte. La decisione di prolungare nel tempo una ripresa può essere altrettanto valida di quella di tagliarla. Il montaggio può condizionare l'esperienza del tempo nel cinema creando una discrasia tra il tempo dello schermo (tempo della narrazione) ed il tempo della storia oppure instaurando un ritmo più o meno veloce nella scena.
Ripresa lunga, o piano sequenza [modifica]
Una ripresa che continua per una estensione di tempo inusuale prima che vi sia transizione verso la ripresa successiva viene detta ripresa lunga o piano-sequenza. La lunghezza media per ogni ripresa differisce sensibilmente a seconda dei luoghi e delle fasi storiche della storia del cinema. Molti film contemporanei tendono ad avere un'alta frequenza di ricorrenza di stacchi. In linea generale, ogni ripresa duri più di un minuto può essere considerata una ripresa lunga. Eccetto che nei casi riprese da angolazioni fisse, realizzate con camere fisse ed immobili, i piani-sequenza sono estremamente difficili da realizzare. Essi devono essere studiati e provati fin nei minimi dettagli, in quanto anche un minimo errore costringerebbe a girare tutta la scena da capo. Piani-sequenza sofisticati, che includono ogni tipo di movimento della telecamera, sono spesso considerati come degli autentici virtuosismi. Oltre alla difficoltà di dover girare in tempo reale, i piani-sequenza influenzano decisamente il ritmo di un film. A seconda di quanto movimento è implicato, un piano-sequenza può rendere un film teso, stagnante, ammaliante, audace, scorrevole o spensierato. In realtà, registi come Altman, Welles, Renoir, Angelopoulos, Tarkovski o Mizoguchi hanno fatto dei piani-sequenza, solitamente in combinazione con la focalizzazione profonda e con il piano profondo (cfr. sopra), un elemento essenziale del loro stile cinematografico.
Montaggio con sovrapposizione [modifica]
Si tratta di tagli che ripetono una parte o la totalità di un'intera azione, dilatando in questo modo la sua durata nella narrazione. Di solito associato con il cinema sperimentale, a causa della sua natura puramente grafica e sconcertante dal punto di vista temporale, il montaggio a sovrapposizione è caratteristico di realizzazioni nei quali l'azione e il movimento hanno maggiore importanza rispetto alla trama e al dialogo: documentari sportivi, musical, arti marziali, ecc.
Ritmo [modifica]
La frequenza percepita dallo spettatore, la regolarità del suono, la sequenza delle riprese e dei movimenti all'interno delle riprese stesse contribuiscono a formare il ritmo di una scena.
Tra i fattori ritmici vanno annoverati l'ictus, l'accento ed il tempo. Il ritmo è una delle caratteristiche essenziali di un film, in quanto esso contribuisce in modo decisivo a creare la sua atmosfera e, nel complesso, l'impressione generale sullo spettatore. È anche uno degli aspetti più complessi da analizzare, in quanto lo si ottiene attraverso la combinazione di messa in scena, cinematografia, montaggio e suono. In realtà, il ritmo può essere inteso come la risultante finale di tutti gli elementi di un film.

Stili [modifica]

Le modalità d'uso di transizioni, corrispondenze e durata creano uno stile di montaggio. Gli stili di montaggio sono di solito associati con il momento storico, i progressi tecnologici o le scuole cinematografiche nazionali.

Montaggio a stile continuo [modifica]

Si tratta di un modalità di fare tagli finalizzata a preservare la continuità e la chiarezza dell'azione narrativa. Il montaggio continuo si fonda sulla coincidenza da un scena alla successiva di direzione e posizione dello schermo, nonché di relazioni temporali. Il film sostiene l'assunto dello spettatore secondo cui caratteristiche spaziali e temporali di riprese successive devono stare tra loro in rapporto di contiguità. In più, la narrazione è molto più immediatamente comprensibile quando le direzioni sullo schermo coincidono con le direzioni nel mondo del film.
Allo scopo di ottenere un tale effetto di verisimiglianza, si raccomanda in genere di rispettare la cosiddetta regola dei 180 gradi. Dati due elementi principali in una scena, generalmente due personaggi, detta direttrice la linea retta immaginaria che li collega dividendo così di fatto lo spazio del set in due semispazi, tale regola impone che le inquadrature di una medesima scena vengano ottenute mantenendo tutte le posizioni della macchina da presa all'interno di un solo semispazio dei due creati dalla direttrice.
Seguendo questa regola, i registi si assicurano che ogni personaggio occupi uno spazio consistente dell'inquadratura, aiutando in questo modo il pubblico a comprendere l'ambientazione della scena. Questo senso di spazio consistente è poi rafforzato dall'uso di tecniche come la coincidenza della linea dello sguardo o la coincidenza d'azione. Nello montaggio continuo del cinema hollywoodiano l'angolo che forma l'asse della telecamera rispetto all'asse dell'azione varia di solito di più di 30 gradi tra due riprese; la linea dei 180 gradi non viene in genere mai valicata, a meno che la transizione non venga addolcita da una ripresa soggettivo oppure da una ripresa conclusiva (cfr. sopra).

Montaggio a stile discontinuo [modifica]

Si tratta di un approccio al montaggio sviluppato intorno agli anni '20 dai registi sovietici, tra i quali Pudovkin, Vertov ed Eisenstein. Enfatizza relazioni dinamiche e spesso discontinue tra riprese o tra giustapposizioni di immagini allo scopo di creare idee non presenti in nessuna delle riprese prese isolatamente. Ejzenstejn, in particolare, ha sviluppato una complessa teoria del montaggio che includeva il rapporto tra riprese, tra suoni tra immagini, contemplando anche i casi di conflitti tra di loro. Le teorie e le tecniche del montaggio sovietico hanno poi influenzato l'intero mondo del cinema, sia quello commerciale che quello di avanguardia.

Montaggio ellittico [modifica]

Si tratta di transizioni tra riprese che omettono parte di un evento, causando in questo modo un'ellissi nella trama e nel tempo della storia. Il montaggio ellittico ha bisogno di essere confinato nello stesso luogo e nello stesso tempo.

Suono [modifica]

Montaggio sonoro [modifica]

Non necessariamente nel cinema il suono coincide con l'immagine e non necessariamente deve essere continuo. Per facilitare la transizione tra riprese nell'ambito dello stile continuo si utilizza la tecnica del ponte sonoro (cfr. sotto). Il suono può anche essere usato per reintrodurre eventi già precedentemente trattati e poi superati dalla narrazione. A partire dall'introduzione del registratore magnetico dopo la Seconda guerra mondiale, le possibilità di manipolazione e di scomposizione del suono si sono accresciute enormemente. Registi come Altman sono famosi per il loro complesso uso della colonna sonora e degli effetti sonori.

Ponte sonoro [modifica]

Il ponte sonoro può condurre l'attenzione dello spettatore verso una determinata scena o via da essa. Può ricorrere al principio di una scena, quando il suono della scena precedente si prolunga ancora un po' prima che il suono della nuova scena abbia inizio. In alternativa, può ricorrere alla fine di una scena, quando il suono della scena successiva si sente già prima che l'immagine della nuova scena appaia sullo schermo. Il ponte sonoro è una delle tecniche di transizione più comunemente usate nell'ambito dello stile continuo. Sottolinea la connessione tra due scene la cui atmosfera, che il suono stesso contribuisce a formare, è evidentemente molto simile. Il ponte sonoro può essere però anche essere usato in modo creativo, per alludere a pensieri, sensazioni, emozioni dei personaggi.

Flashback sonoro [modifica]

Si tratta di un suono che appartiene ad un tempo della storia precedente, ma che ricorre in un momento successivo proprio per richiamare tale evento passato. I flashback sonori portano spesso con sé riferimenti ad aspetti morali ed emozionali, contribuendo a renderli espliciti.

Sorgente sonora [modifica]

Questa categoria si riferisce fondamentalmente al luogo da cui proviene il suono in relazione all'inquadratura e alla realtà interna al film. Un suono può essere interno al campo oppure fuori campo, diegetico o extradiegetico (incluso la voce esterna), può essere registrato successivamente rispetto alle immagini, oppure contemporaneamente ad esse. La scelta della sorgente sonora dipende da numerose considerazioni tecniche, economiche ed estetiche, ognuna delle quali può condizionare il senso ultimo del film.

Suono diegetico ed extradiegetico [modifica]

Ogni voce, passaggio musicale o effetto sonoro presentato come originato da una sorgente che è interna alla narrazione del film è intradiegetico. Se è originato fuori dal film, come ad esempio molte musiche di sottofondo, è invece extradiegetico.
Una ulteriore distinzione può essere fatta tra suono diegetico interno ed esterno. Quando un personaggio parla a voce alta o produce una musica ad alto volume, sì che tutti gli altri possano sentire, allora si ha un suono diegetico esterno. Quando invece un personaggio pronuncia parole che rappresentano i propri pensieri, o quando si figura nella propria mente musiche e suoni, o in qualsiasi altro caso produca suoni o voci che egli soltanto può sentire e nessun altro, allora si ha suono diegetico interno.
D'altro canto, suoni che invece provengono dalla colonna sonora, che nessun personaggio può sentire perché non appartengono alla narrazione degli eventi, rientrano invece tra i suoni extradiegetici.

Suono in presa diretta [modifica]

Se si usa il suono a presa diretta, la musica, i rumori e le voci presenti sulla scena nel momento in cui gira verranno registrate nella pellicola. Il suono in presa diretta è l'esatto opposto della post sincronizzazione, nella quale il suono viene doppiato su di un'immagine già registrata muta. I sistemi in studio utilizzano microfoni multipli per registrare direttamente e con il massimo di fedeltà. D'altro canto, alcune culture cinematografiche nazionali, e specialmente quelle italiana, indiana e giapponese, hanno preferito, in alcune fasi della loro storia, evitare il suono diretto e doppiare i dialoghi del film successivamente, poco aver effettuato le riprese. Ma il suono diretto può anche significare qualcosa che vada oltre il suono chiaramente definito dei film hollywoodiani. Anche altre correnti cinematografiche lo hanno spesso adottato, sebbene per ragioni e scopi del tutto differenti, come ad esempio quella del Cinéma verité, i registi del terzo mondo, i documentaristi, i quali naturalmente utilizzano il suono diretto per conferire un maggiore realismo alle opere. Il risultato mantiene l'immediatezza del suono diretto a spese della chiarezze. Inoltre, il suono incidentale (rumori stradali, etc.) non vengono ritoccati, ma lasciati esattamente come sono. Si preferisce l'atmosfera che si genera alla precisione. Il quadro fonico finale è confuso e difficile da comprendere, ma presumibilmente più vicino a quello che noi percepiamo nella vita reale.

Suono non simultaneo [modifica]

Il suono diegetico che proviene da una sorgente in un tempo o precedente o successivo rispetto a quello dell'immagine che accompagna viene detto non simultaneo. Viene spesso utilizzato per suggerire ossessioni ricorrenti o stati di allucinazione.

Suono fuori campo [modifica]

Si tratta del suono proveniente da una sorgente che si trova fuori campo. È possibile utilizzare il suono fuori campo per stimolare il pubblico a formulare supposizioni sull'origine dei suoni e dunque sul loro ruolo nell'ambito della narrazione.

Postsincronizzazione (doppiaggio) [modifica]

È il procedimento mediante il quale la componente sonora viene aggiunta alle immagini soltanto dopo che queste siano state girate ed assemblate. Ciò può includere il doppiaggio delle voci, come anche l'inserimento di musica diegetica o di effetti sonori. È il contrario del suono in presa diretta (cfr. sopra), ma non del suono sincrono (cfr. sotto), in quanto anche qui suono ed immagine, anche se assemblate in un secondo momento, coincidono.

Prospettiva sonora [modifica]

Si tratta del senso della posizione del suono in un dato spazio, in funzione del volume, del timbro, del tono e, in sistema a riproduzione stereofonica, delle informazioni binaurali. È una tecnica usata per creare un senso dello spazio più realistico, in modo da differenziare da un punto di vista sonoro eventi che accadono più o meno vicini alla scena.

Suono sincrono [modifica]

Quando il suono è perfettamente sincronizzato con le immagini, vale a dire che inizia e termina con le immagini e procede contemporaneamente ad esse in tutte le fasi della scena, allora si parla di suono sincrono (es. il dialogo corrisponde perfettamente al movimento delle labbra). La norma per il cinema hollywoodiano è quella di sincronizzare suono ed immagini già nel momento in cui queste ultime vengono girate. Altre scuole nazionali procedono alla sincronizzazione in un secondo momento (cfr. sopra, postsincronizzazione).

Voce esterna [modifica]

È una voce, spesso quella di un personaggio del film, che si sente mentre vediamo un'immagine che si riferisce ad uno spazio o ad un tempo ai quali tale voce non appartiene. La voce esterna è spesso usata per esprimere la soggettività di un personaggio, oppure per narrare un evento con un flashback.
È indissolubilmente legato con generi come il noir ed i suoi ossessivi personaggi dal passato oscuro. È anche caratteristico di molti film che hanno a che fare con autobiografie, nostalgia ed adattamenti letterari. Si tratta di una tecnica molto utile e comoda perché permette di esplicitare facilmente i pensieri dei personaggi o di richiamare in qualsiasi momento elementi pregressi della narrazione. Per tali ragioni non di rado se ne fa un abuso, nel qual caso il ricorso ad essa viene interpretato come un segnale di mancanza di creatività.
Tuttavia la voce esterna può anche essere utilizzata in modo non canonico ed anzi creativo, talvolta finanche ironico, ad esempio quando le parole di un personaggio non corrispondono affatto all'azione che egli compie e che viene simultaneamente rappresentata visivamente sullo schermo. Alcuni film di avanguardia ne fanno di proposito un uso straniante.