domenica 27 novembre 2005

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mercoledì 23 novembre 2005

Houellebecq & La Possibilità di un'Isola

Michel Houellebecq è uno scrittore nella cui visione del mondo e dell’uomo si fondono abbastanza bizzarramente Schopenhauer e il Positivismo, la consapevolezza dell’infelicità del genere umano come dato di fatto strutturale e biologico e l’idea che la scienza possa essere lo strumento per evadere da questa condizione.
Un pessimismo cosmico con via d’uscita – apparente.
I personaggi di Houellebecq vivono come ogni forma animale nel tormento dei desideri (la Wille di Schopenhauer che spinge il mondo a perpetuarsi), il sesso rappresenta per loro l’unica possibilità affrancamento, per quanto effimero.

NelLa Possibilità di un'Isola, Daniel1, un francese di mezza età cinico e depresso attraversa il mondo con fastidio crescente e, dopo le pause senza illusioni di un paio di storie d’amore, lo scopre deserto e privo di interesse. Ma c’è un via d’uscita, una porta aperta sulla fantascienza: il francese depresso di mezza età scopre una setta (nel libro sono chiamati elohimiti, ma sono tali e quali ai raeliani) che è impegnata in un gigantesco programma di ricerca indirizzato alla ri-creazione di individui umani a partire dalle strutture del DNA. Quella immortalità che le altre religioni offrono al prezzo del rispetto di norme morali, gli elohimiti la offrono senza contropartite morali e in forma sensibile: è la vita eterna, ma la vita dei sensi così come la conosciamo adesso. E questo è solo il primo passo degli studi elohimiti. Il secondo – e, come ci informano i capitoli scritti da Daniel24 e Daniel25 duemila anni dopo il loro predecessore Daniel1, ci vorranno secoli – è costruire una nuova razza, i neoumani, privi di quei tratti biologici e psicologici che costringevano gli umani a vivere nel dolore: primo tra tutti il desiderio, di sesso, di potere, si soldi etc. I cloni atarassici vivono in unità abitative separate e collegate da una rete informatica, in un mondo devastato da un conflitto nucleare e da cataclismi naturali. E, nella loro esistenza tranquilla e priva di grosse delusioni (non hanno grossi desideri), hanno come compito di scrivere il commento al racconto di vita del loro predecessore. Così Daniel24 e Daniel25 vengono a conoscenza della vita del capostipite Daniel1 e ne commentano gli episodi in appositi capitoli. Ma naturalmente leggere delle disgrazie dei loro predecessori, delle loro esistenze convulse, delle loro passioni rovinose, fa sì che i cloni a poco a poco si stanchino del loro nirvana tecnologico e routinario. Avvengono delle defezioni. Alcuni scelgono di lasciare la quiete delle loro superprotette unità abitative per affrontare i rischi del mondo esterno, abitato da tribù di selvaggi postumani feroci e primitive. Così fa l’ultimo discendente del nostro Daniel1, che si avventura per una Spagna devastata in compagnia del suo fido cane Fox vagando privo di una meta finché non raggiunge quello che un tempo si chiamava mare. E questo – una bella nuotata - è l’epilogo del libro.
Ernesto Aloia, Maltese Narrazioni

lunedì 21 novembre 2005

Intervista a Matteo Galiazzo

Anversa - foto di Matteo Galiazzo

Perchè si scrive, cosa si scrive, perchè (si deve) smettere di scrivere.
Intervistare Matteo Galiazzo è il punto + alto che potesse raggiungere questo blog, per questo lo ringrazio per aver risposto alle mie domande.

Anversa - foto di Matteo Galiazzo

Matteo Galiazzo è nato nel 1970 a Padova, ma da sempre vive a Genova, dove lavora come informatico.
Nel 1992 entra a far parte del Maltese Narrazioni.
Nel 1996 partecipa alle antologie Gioventù cannibale (Einaudi, 1996) e Anticorpi (Einaudi 1997).
Nel 1997 pubblica la raccolta di racconti Una particolare forma di anestesia chiamata morte(Einaudi) .
Nel 1999 esce il romanzo Cargo (Einaudi).
Nel gennaio del 2002 esce il romanzo Il Mondo è posteggiato in discesa (Einaudi).
A maggio del 2003 esce sul numero 32 del Maltese Narrazioni il racconto La casa in Vico Gattagà.
Poi, più niente.

Anversa - foto di Matteo Galiazzo

DEZZYBOY: Cosa stai facendo?

MATTEO GALIAZZO: Forse vuoi sapere se scrivo ancora narrativa, no, non scrivo più da due o tre anni. Non scrivo più per vari motivi, li avevo anche spiegati sul forum del Maltese, vediamo se me li ricordo. In sostanza il motivo credo che fosse che ero contento così com'ero, mi avevano pubblicato e quindi non avevo la spinta del genio incompreso, anzi soffrivo di un eccesso di comprensione da parte di tutti. Poi avevo trovato un lavoro che mi piaceva e che all'inizio assorbiva anche tutto il mio tempo libero. In sostanza penso che se uno è contento non ci pensa minimamente a mettersi a scrivere, perché la letteratura è fondamentalmente lagnarsi di qualcosa attraverso delle alterazioni simulate del paesaggio esterno.

Anversa - foto di Matteo Galiazzo

DEZZYBOY: Sul sito dell’Einaudi fai una concettualizzazione per me fondamentale, ovvero la (non) distinzione che dovrebbe sussistere tra letteratura e manualistica.
Io lì ci ho visto che, come la fisica spiega il funzionamento del mondo, la letteratura è la fisica sociale che dovrebbe spiegare funzione / funzionamento dell’umanità, la vera teosofia.
Invece la letteratura contemporanea è perlopiù teratologia, elenchi compiaciuti di catalogazione / descrizione di stranezze / idee bislacche, dalle papere di Central Park del Giovane Holden allo scopare & scorreggiare di Palahniuk & Wallace, arrivando in Italia ai cannibali, come i ragazzini in gita scolastica si compiacciono dei loro scherzi sordidi all’interno del pullman-acquario, mentre la vita/verità resta là fuori, oltre i vetri, inconosciuta.
Tu intanto non scrivi più, perché fai l’informatico, ma in realtà stai scrivendo, perché l’informatica è l’epistemologia della letteratura, tutto è riconducibile a un’architettura tre livelli, l’universo è un database di eventi, che noi leggiamo attraverso l’application server che contiene le logiche della nostra conoscenza attuale, e poi c’è la lett eratura che è l’interfaccia utente di tutto questo, l’Explorer.
Ecco, mi sembra che la letteratura attuale, si limiti a essere un compiaciuto e inutile scriptino java per giocare a pong, e nulla di quello che dovrebbe essere.


MATTEO GALIAZZO: Ah, la tua architettura a tre livelli mi ricorda abbastanza la mia, solo che la mia ne ha solo due, e la letteratura non c'entra una mazza. Io credo nella Gestalt, che è una teoria della neurologia della percezione visiva, che però diventa un'analogia con la quale puoi spiegare praticamente la vita l'universo e tutto quanto, limitatamente alla prospettiva umana. In pratica c'è la realtà oggettiva, che è lì fuori, che è piena di fatti discordanti, caotici, infiniti, ed è una massa assolutamente inconoscibile. Poi c'è l'osservatore che deve sopravvivere. Allora lui ha questo strumento, che è la percezione, che è un atto costruttivo, che prende questo materiale caotico e si inventa delle spiegazioni sulla realtà, queste spiegazioni possono essere sensate o meno dal punto di vista logico, l'importante è che siano utili alla sopravvivenza, dato che vengono selezionate dalla legge darwiniana. La percezione cancella cose, altera, filtra, ne crea altre che non esistono. E noi vediamo le cose attraverso questo strumento, che non è semplicemente deformante, ma è una vera e propria jointventure Hollywood-Tubinga personale. La realtà oggettiva potrebbe anche non esserci (questa è la degenerazione solipsistica della teoria), io credo che se esiste è qualcosa di completamente diverso, o comunque assolutamente insensato dal punto di vista schiettamente umano.
In tutto questo la letteratura non c'entra un ficus seccus, come vedi, la Gestalt è solo una religione neurologica. Non ci possono essere prove che le cose siano effettivamente così, è una spiegazione delle spiegazioni e se la applichi a se stessa viene fuori che è semplicemente una costruzione mentale per spiegarsi la spiegazione. A me sta bene così.
La letteratura. Bah, sembra che tu attribuisca un grande significato alla letteratura, per me non è così. C'è gente che balla il liscio, gente che suona, gente che costruisce navi in bottiglia, gente che racconta barzellette, e c'è gente che scrive. Se uno sceglie la letteratura per capire il mondo affari suoi, è un modo come un altro. Ma ugualmente può scegliere i telegiornali o le navi in bottiglia, e a me sta bene lo stesso.
Il discorso sulla distinzione tra manualistica e narrativa, la mia idea era abbastanza semplice, molta letteratura è sempre stata piena di riferimenti ad altra letteratura, e a me questo sembrava assurdo. Che uno nel duemila per scrivere un romanzo debba impostare il linguaggio in modo ottocentesco, col passato remoto, usando termini che non si usano altro che nei romanzi, cose così, e che lo faccia volontariamente, senza che nessuno lo costringa, boh, io non capisco. É come quando triti la carne e continui a tritare la carne buttando dentro la carne macinata che hai appena tritato, che cacchio serve, dopo un po' sarebbe meglio aggiungere altra carne fresca non macinata, no? Cioè, a me piace che chi scrive abbia anche una vita esterna alla letteratura, che ne so, faccia un lavoro interessante, faccia dei viaggi, oppure almeno si legga qualcosa che non sia altra letteratura. E per quanto mi riguarda notavo che i libri che, a mio avviso, più hanno disappannato la mia visione dell'esterno non sono di narrativa. Ma avrebbero anche potuto esserlo, solo che è difficile trovare quella roba nella narrativa, a parte in Greg Egan. O in PKDick. O in Pat Cadigan. Generalmente quindi in cose di fantascienza che indaghino il rapporto soggetto/realtà.
Quindi, ecco, ero partito pensando di dire che non ha senso lamentarsi della letteratura attuale perché è troppo generico, ma guarda guarda mi sto lamentando anch'io. Però a me non sembra una cosa così tragica. Escono un sacco di libri, e sono diversi tra loro. Se cerchi qua e là trovi anche chi scrive la letteratura che secondo te spiega il mondo. Sarebbe infantile e poco democratico però pretendere che tutti si mettano a scrivere come piace a te.
Se poi è un discorso programmatico, cioè è una dichiarazione di intenti del tipo 'Io voglio scrivere la letteratura che manca in questo modo' allora va bene, ma secondo me per chi scrive è meglio non stare a pensarci troppo su, è meglio scrivere e basta, in maniera istintiva, e pensarci il meno possibile. E' come quando uno si interessa ai movimenti che fa con le gambe e improvvisamente vuole essere consapevole di tutti movimenti che fa scendendo le scale, perché uno di solito scende le scale senza pensarci e ti assicuro che funziona molto meglio così, senza pensarci, perché se ti metti a pensarci succede un gran casino e tutto si blocca a metà dello scalino e lo scalino dopo te lo ritrovi nei denti. Idem per chi suona il pianoforte.
E per finire: Explorer è il peggior browser che si possa usare in questo momento: non ha i tab e non visualizza correttamente la trasparenza nelle png. Quelli scritti in java non sono script ma programmi, dato che devono essere compilati. Il pong non è per niente inutile, così come il tetris.

Anversa - foto di Matteo Galiazzo

DEZZYBOY: La ragione per cui uno scrive è sé stesso, perché esiste, per darsi una volontà di senso.
Poi fa leggere le sue cose alle persone che gli piacciono, per conquistare delle tipe, e lì è la volontà di piacere.
Poi cerca di pubblicare, per vivere di quello che scrive, perché la letteratura è ricerca (come tutte le altre attività, dall’avvocato al meccanico) così da avere tempo per continuare a ricercare, mentre se fai un altro lavoro hai meno tempo. Per vivere di quello che si scrive e acquisire prestigio sociale, e questa è la volontà di potere.
Tu scrivi ancora? Solo per te stesso? La letteratura ti è servita per bekkare delle tipe, per conquistare prestigio sociale (mi ricordo quando eri in prima fila nella puntata di Fenomeni su Genova)?


MATTEO GALIAZZO: Io non scrivo più da circa tre anni. Non scrivo per me stesso perché per me la scrittura è sempre stata una cosa destinata agli altri. O meglio, mi divertiva di più scrivere pensando di stare comunicando a qualcun altro. O meglio mi piaceva scrivere usando un protocollo condiviso, così, come regola autoimposta (un po' come X nei sistemi Unix, che ha un'architettura client-server, anche se nel caso più normale client e server girano nella stessa macchina).
Quindi sì, la scrittura per me è sempre stata una cosa sociale: credo che fosse perché io non parlo molto, e quindi mi sembrava che ci fosse un deficit nella portata di comunicazione da me agli altri. Però scrivere è un'attività bella di per sé, per moltissimi motivi, anche se poi nessuno legge quello che scrivi (e nella maggior parte dei casi in effetti nessuno legge quello che scrivi).
Eh, scrivere di come uno scrive è un gran casino. Se io penso a uno che scrive per sé stesso, mi viene l'immagine di una sregolatezza totale, cioè uno che scrive così, senza preoccuparsi se gli altri capirebbero o meno quello che sta scrivendo. Io mi sa che raramente ho scritto in questo modo, mi immaginavo sempre di stare parlando a qualcuno o cose così, per mantenere la costruzione all'interno di una cornice condivisa con il resto dell'umanità, anche se potrei accettare benissimo di scrivere una cosa sapendo già che non la leggerà nessuno, ma lo farei comunque atteggiandomi dentro di me a comunicatore. Comunque la consapevolezza di essere letti è molto gratificante, anche se io dal punto non ci vedo grandi motivi per gongolarsi.
E soprattutto tutto questo non è molto importante, a causa di una cosa che ti dirò. Secondo me la cosa importante è il lettore, non lo scrittore. É l'osservatore che crea la realtà, e quindi è il lettore che crea il romanzo, fondamentalmente. Tu gli devi semplicemente fornire delle cose che funzionino da attivatori, o che passino il filtro, o che facciano girare la girandola. E' imprevedibile quello che succede al lettore. Per lo più si annoierà, perché le cose che il tuo filtro ha lasciato passare magari vengono filtrare dal suo filtro, e quindi alla fine non passa niente. Se uno magari ha un filtro con i buchi esattamente uguali ai tuoi passa tutto, ma magari si annoia lo stesso perché dice Ehi, ma queste cose io le vedo tutti i giorni, che me le leggo a fare. E poi ci sono tutte le gradazioni intermedie, che son le più interessanti per il lettore.
Per dirti come la penso sull'arte in generale. L'arte in generale è dentro chi guarda, chi l'ha prodotta non ha quasi nessun ruolo nel processo. Certi quadri astratti che a me piacciono un casino, per quanto mi riguarda potrebbero anche essere fotografie di macchie di umidità in uno scantinato di Omsk. A me piacciono. Chiunque le abbia fatte. Mi piacciono a un livello mentale. Non me ne frega un cazzo che venga lì l'autore, o il critico, e che si metta a blaterare su quello che voleva esprimere l'artista, la critica alla società e tutte 'ste puttanate. A me i quadri astratti piacciono (o non piacciono) dal punto di vista squisitamente estetico, mi piacciono (o non mi piacciono) istantaneamente guardandoli, prima di sapere qualsiasi altra cosa di contorno.
Per dirti, l'anno scorso mi hanno chiamato ad Anversa per una manifestazione: mettevano insieme uno scrittore e un artista e gli facevano fare delle cose. Io siccome non volevo scrivere sono andato ad Anversa con una macchinetta fotografica e ho fatto seicento foto di Anversa, poi ho fatto uno scriptino (questo sì che era uno scriptino bash) che ritagliava più o meno a caso pezzi di foto e li disponeva uno dopo l'altro. Random art. Secondo me la random art va bene, perché non è importante che ci sia un artista dietro, l'importante è che sia un osservatore.
Poi abbiamo presto 'ste minchia di foto tagliate a caso e le abbiamo appiccicate a degli scatoloni virtuali usando povray (Persistence Of Vision RAYtracer, un motore di rendering 3d) con un altro scriptino, e il risultato mi piaceva, perché era imprevedibile. Quanto c'era di mio e quanto c'era di casuale? Boh, chissenefrega. Io preferivo che ci fosse di mio il meno possibile, in modo da poter essere io stesso spettatore sorpreso. Al limite io ero semplicemente un meta-artista, che costruiva le regole all'interno delle quali doveva agire la casualità. Che poi non è che siano granché, ma per me è stato interessante, gli esempi li vedi qui.
La letteratura mi è servita a bekkare delle tipe? Mah, mi sarebbe servita se io fossi uno predisposto a beccare delle tipe, allora uno sfrutta la cosa, ma se fossi stato uno predisposto avrei beccato le tipe anche senza letteratura. Ma se uno è predisposto di solito non si mette a scrivere, perché tra i vari motivi che spingono uno a cominciare a scrivere il più tipico è che le ragazze non ti si filano manco di sbieco.

Anversa - foto di Matteo Galiazzo

DEZZYBOY: Noto sempre una certa diffidenza tra il gruppo di chi scrive e il gruppo di chi non scrive. Sul lavoro, credo che qualcuno ti considererà “originale” perché sei uno scrittore. Al tempo stesso, gli scrittori mi sembra disprezzino i lavoratori senza tanti fronzoli che i libri non li leggono, non li scrivono, la sera si guardano un pezzo di inter e un pezzo di zelig, e sono soddisfatti di non avere tanti grilli per la testa, anche se poi soffrono d’amore o di nostalgia come tutti gli altri, chiaramente. Del resto ognuno è gratificato nel fare le cose che gli riescono bene, ma queste cose devono anche avere valore per il progresso della società, se il muratore con 5 figli dopo aver letto i libri di Galiazzo si fissasse di diventare scrittore senza averne i mezzi e quando lo capisce si ammazza, è poi la società che deve pagare per mantenere i figli.
Allora è sempre la discriminante economica quella giusta, quanto ti pagano (in soldi, in attenzione, in amore) per quello che fai, e quindi in base a quello bisogna decidere se fare / non fare le cose? Dunque viviamo nel migliore dei mondi possibili?


MATTEO GALIAZZO: La discriminante giusta secondo me è la contentezza individuale. Se uno è contento con tanti soldi è giusto che cerchi di fare tanti soldi. Se uno è contento guardando Zelig o l'Inter è giusto che guardi l'Inter e nessuno gli deve rompere i coglioni, se lui non li rompe agli altri. Se uno è contento scrivendo è giusto che scriva, che sia bravo o meno, che gli altri leggano o meno. Se lo scrittore è snob e non vuole guardare Zelig ma poi si sente isolato perché tutti i suoi colleghi parlano di Zelig e lui non l'ha visto, se lui è contento ad essere snob e in questo isolamento si compiace è giusto che continui a fare così e nessuno gli deve rompere i coglioni.
Purtroppo quello che spesso manca a questo perfetto modulo sociale è che la gente tende continuamente a rompersi i coglioni a vicenda.
Io non so come sia per gli altri, e probabilmente io nella mia vita ho avuto tutte le fortune perché da un certo punto in poi ho sempre trovato il modo di essere soddisfatto facendo quello che stavo facendo. Quindi non ho molta esperienza di come e perché uno non sia contento, ma secondo me uno dovrebbe sempre essere guidato dalla ricerca della felicità e basta, o se proprio non si può essere felici, almeno dalla ricerca della serenità.
Se uno pensa di essere felice scrivendo benvenuto. È meglio che sappia in anticipo però che la cosa non gli darà mai da vivere. Se pensa di vivere di quello che scrive è meglio che si dedichi al superenalotto, perché ci sono molte più probabilità di sistemarsi. E questa forse è anche la misura più giusta dell'utilità di quello che uno scrittore produce. Io sono stato molto fortunato perché ho trovato un lavoro (il programmatore) che è più o meno come scrivere, ma ci sono innumerevoli vantaggi: c'è un compilatore che ti dice se stai scrivendo cazzate incomprensibili, e questo fa molto bene all'ego. Una volta che il programma ha compilato lo fai girare e anche lì è abbastanza immediato vedere se funziona o no, mentre con la narrativa è molto ma molto più complicato capire se la cosa funziona o no, perché a molta gente non fa piacere dirti in faccia che le cose che hai scritto fanno cagare. Poi ti pagano regolarmente abbastanza da sopravvivere, e questo sì, ti fa sentire più socialmente utile: se qualcuno è disposto a sottrarsi del denaro, cazzo, stai facendo qualcosa che vale. E poi lavori in mezzo a dei tizi che parlano di cose molto interessanti, la ricorsività, la logica booleana, tutte cose affascinanti e astratte, ma ne parlano non come di cose immateriali, pure e ideali, ma come di utensili concreti per costruire concreti meccanismi sporchi di grasso e utili al cliente.
Sulla discriminante economica ci sarebbe da scrivere a lungo. In Italia non c'è un gran mercato letterario, la gente non legge, non c'è un'industria editoriale forte spinta dal mercato. Gli editori pubblicano una parte del catalogo in perdita, fuori mercato e questo ha aspetti positivi e negativi. Se si esce dal mercato la scelta editoriale diventa arbitraria e guidata dall'estetica di qualcuno, il che può andarmi bene o male. Il mercato invece è democratico, nei limiti di quanto è uniformemente sparsa tra la popolazione la ricchezza, quindi magari appiattisce culturalmente l'offerta, ma raggiunge il maggior numero di persone possibili. Questo va bene per la maggior parte di persone che avranno così prodotti alla loro portata, ma va male per gli stronzetti snob che devono distinguersi dalla massa e che pretendono qualcosa di aristocraticamente diverso. Secondo me la narrativa italiana oggi è per la maggior parte fuori dal mercato, e gli snob non hanno nessun diritto di lamentarsi. C'è un best seller in cima alla classifica, ma poi ci sono migliaia di libri che continuano a uscire tutti i giorni e che non compra nessuno e che comunque continuano a uscire per tradizione, per politica, per amicizia, per ragioni extraeconomiche.
Se ci fosse il mercato cosa succederebbe? Si pubblicherebbero meno titoli, molti sarebbero di comici e conduttori televisivi e calciatori, molti sarebbero di barzellette, poi ci sarebbe più narrativa di intrattenimento, il che secondo me non sarebbe affatto male. Tra gli scrittori di narrativa di intrattenimento ci sarebbe qualcuno (pochi, pochissimi) in grado, mantenendosi all'interno dei paletti degli obblighi intrattenitivi, di costruire qualcosa di indubitabilmente bello e intelligente anche per gli snob. Un po' quello che succede col cinema. Fare cinema costa un casino, e quindi il mercato seleziona molto di più che non nella narrativa, che praticamente costa zero. Ma non vuol dire che tutti i film siano brutti. Ci sono film che hanno successo e sono lo stesso belli. Che ne so, Il meraviglioso mondo di Amelie, Kill Bill, Le invasioni barbariche, Goodbye Lenin, ce ne sono che riescono almeno a comparire sul mercato e la gente può andarli a vedere. Io penso che succederebbe lo stesso con la narrativa, e il mercato sarebbe un cambiamento, una specie di rivoluzione francese, tagliare la testa ai nobili e far andare gli straccioni al potere. Come in tutte le rivoluzioni cambierebbe pochissimo, ma chissenefrega, tanto, per quello che vale la letteratura.
Cioè, non bisogna vedere il mercato come una forma di selezione culturale, perché la maggioranza dei clienti sceglierà sempre di leggere delle (dal mio elevato punto di vista) puttanante galattiche. Però ci sarebbero sempre degli interstizi, degli spazi in cui infilarsi.
Il mercato non impedisce a nessuno di fare le cose per bene, entro certi limiti. E molto spesso sono i limiti che rendono interessante fare le cose. Prendi certi spot pubblicitari, che ne so, i vecchi spot della Nike, o della Diesel, per me sono arte al 100%, eppure sono stati progettati dall'inizio alla fine dentro il mercato.
Io so di non essere uno spettatore medio, e non voglio imporre alla maggioranza quello che piace a me.
Se invece vuoi un esempio negativo basta guardare la televisione. La televisione italiana è completamente di mercato. La televisione degli anni sessanta era culturalmente meravigliosa rispetto a quella di oggi, cazzo, c'erano gli sceneggiati di Dostojevsky che adesso chi si sogna di farli più. C'era il teatro, l'Orlando Furioso di Ronconi, cose che oggi non si vedono manco più nei teatri stessi. A me è ovvio che piaceva più la televisione degli anni sessanta, ma d'altra parte devo riconoscere che era televisione molto arbitraria, molto poco democratica, aveva uno scopo didattico perduto in partenza. Oggi è difficile per uno snob del cazzo come me guardare la televisione, c'è solo La7 che si eleva un gradino più in là degli altri (a parte Biscardi), per il resto la televisione mi serve solamente come periferica del lettore dvd, oppure per vedermi film videoregistrati a notte fonda, oppure per guardarmi i video musicali indiani sul satellite.
Per dirti però perché a me il mercato non fa così puzza, pensa a Dostojevsky. Pensaci. Io considero Dostojevsky il più grande scrittore di tutti i tempi. Eppure Dostojevsky nel corso della sua vita non è mai riuscito a scrivere come avrebbe voluto, perché era dentro il mercato, perché scriveva per vivere, e siccome aveva un sacco di debiti ha dovuto scrivere un casino, molto più di quanto avrebbe voluto, e siccome pubblicava i suoi romanzi a puntate nelle riviste ha dovuto scrivere seguendo certe regole, che magari lui considerava meschine regole del cazzo, tipo inserire colpi di scena alla fine di ogni capitolo, coinvolgere emotivamente il lettore, rimanere sulla terraferma, rimanere in contatto, parlare d'amore, di donne, di soldi. E' stata una fortuna incredibile per la letteratura universale (o almeno è stata una fortuna per me) che Dostojevsky abbia avuto una vita così di merda, e soprattuto che la sua sopravvivenza economica fosse legata allo scrivere, perché in questo modo ha scritto non i libri che sarebbero piaciuti a lui, ma quelli che piacciono a me. Tolstoj probabilmente ha sempre scritto quello che ha voluto, essendo ricco, e infatti Tolstoj te lo lascio tutto intero.

Anversa - foto di Matteo Galiazzo

DEZZYBOY: Il tuo futuro e cosa ci dobbiamo aspettare da te, e cosa ti aspetti da noi.

MATTEO GALIAZZO: Al futuro non ci penso molto. Sono ipocondriaco e di solito penso di avere ancora pochi giorni di vita davanti a me. Questo è deresponsabilizzante. D'altra parte sono consapevole di essere ipocondriaco, quindi in qualche modo credo che tutto sia frutto della mia immaginazione e in conseguenza credo anche di essere immortale.
Da voi, e in generale dagli altri, non mi aspetto niente, e tutto quello che viene mi stupirà piacevolmente.

Anversa - foto di Matteo Galiazzo

lunedì 14 novembre 2005

LOVE remix

LOVE LOVE LOVE di Andrea Malabaila, tratto da Essere Magri in Italia, Coniglio Editore, remixed by bj dezzy

quell'estate al mare tutti i ragazzi e tutte le ragazze indossavano lo stesso modello di jeans: larghi, vita bassa ed un enorme RICH scritto sul sedere. Per stare sul culo a così tanta gente, questo Rich doveva averlo combinata davvero grossa.

quell'estate al mare noialtri vecchi bevevamo quasi esclusivamente un cocktail chiamato Monica Lewinsky:vodka più chinotto. ci sembrava il cocktail perfetto, e per quanto mi riguarda lo era davvero perchè mi faceva dimenticare lei e quella dannata canzone.

mi presentai con una risma sotto il braccio e qualcuno rise pensando che volessi darmi un'aria da giovane scrittore.
non ci mise molto ad accorgersi che tutti i fogli, proprio come i jeans dei ragazzini, erano identici e con la stessa scritta: ELISA TI VORREI CONOSCERE.
se credete nell'amore, oggi Elisa è mia moglie e viviamo felici e contenti.
se non ci credete, lei è partita il giorno dopo e non l'ho mai più vista.

domenica 13 novembre 2005

Orbetello

Tu sei nel mio cuore dal torneo di Orbetello
Quando è libecciato e non si è giocato
E la laguna sembrava volesse coprire il promontorio
Dopo la pioggia non si poteva continuare
Tu avevi tutti i tuoi costumi ad asciugare
Quando hai deciso di affidarti a una profumeria del centro
Un giocatore è diverso da tutti gli altri passanti
Ma anche una donna alta non è mai banale
Sarà per lo sguardo necessariamente superiore

Ci sono dei rapporti tra le nostre amicizie
Tra Piazza Euclide e la primissima Toscana
E grazie a questo dopo cena io proverò a chiamarti
E te che giri in macchina la notte che ti telefono e nessuno mi risponde
Credo che ci pensiamo con lo stesso interesse
E c'è un appuntamento che nessuno ha stabilito
E non c'è un obbligo ma una buona forza di rispettarlo
E tu sei sotto il sole del turno dopo
Quando il panorama si è raddolcito
E il pubblico numeroso commenta la competizione
E te che giri in macchina la notte che ti telefono e nessuno mi risponde

Flavio Giurato, Orbetello
website Flavio Giurato

falso in bilancio

curiosità / malcelato disprezzo / compiacimento che sostituisce un po' d'invidia: sentimenti piemontesi / borghesi dopo la caduta di fassio, florio & gippy.
l'onestà o è virtù o è perchè nessuno ti vuole comprare, ma non è questo il punto: come si diceva e si ridiceva, c'è la via giusta, e poi, per chi non può / non sa percorrerla, c'è la strada delle anomalie.
perchè se hai 52 anni e ti metti con una di 27, è anomalo, e se hai 27 anni e ti metti con uno di 52 e tiri in salotto, anche in quel caso è anomalo.
poi chiaramente c'è quel che non ha governo nè mai ce l'avrà, quel che non ha vergogna nè mai ce l'avrà, quel che non ha giudizio, che con certezza sta nella natura nella bellezza, quel che non ha ragione nè mai ce l'avrà, quel che non ha rimedio nè mai ce l'avrà, quel che non ha misura.
la morale americana del politico che deve avere la moglie e 2,3 figli è giusta, perchè tendenzialmente sarà meno portato a fare cose sbagliate, come inducono a fare le scelte deviate: per ridurre i rischi di rimanere fregati bisogna scegliere i prodotti di marca, i telefonini nokia, le auto fatte in giappone, i partner bisogna guardargli in bocca, che i denti non siano guasti e nemmeno le cose che dicono.

Soundtrack:
Fiorella Mannoia, oh che sarà
Chico Buarque de Hollanda, o que serà

sabato 12 novembre 2005

giorgio bocca nel mucchio

tutti avremo affrontato un lungo viaggio in treno. tutti ci saremo rotti i coglioni affrontando un lungo viaggio in treno. ultimamente ne sto affrontando sin troppi. il rompimento di coglioni aumenta anche in considerazione del fatto che ho clamorosamente cappellato gli ultimi acquisti in libreria (vedi alla voce "ragazze che dovresti conoscere" einaudi big stile libero, 12,50€ è un libro di merda). mi restano solo giornali e riviste. martedì mattina affronto un lungo viaggio in treno: completata la lettura del quotidiano locale passo a "la repubblica". sono cinque-sei anni che compro "repubblica" (ché sono un giovane progressista yeye) e puntualmente salto gli articoli di giorgio bocca. il nostro amico cuneese è la risposta di sinistra alla fallaci. due vecchi sul viale del tramonto, rincoglioniti. i vecchi rincoglioniti non li ascolta nessuno e loro lo sanno, quindi cercano sempre di spararla grossa (ok, la fallaci è più scassacazzi, ma è donna, teniamolo sempre presente) affinché qualcuno li possa ancora cagare.
lo scoglionamento sul treno mi spinge a leggere l'articolo di bocca (martedì 8 novembre, pagine dei commenti) sull'alta velocità, l'argomento mi interessa abbastanza.
bocca esordisce così gli abitanti della val susa che si oppongono alla costruzione del megatunnel per l'altà velocità ferroviaria hanno ragione sia in linea teorica che in linea pratica ma temiamo che saranno sconfitti perché le follie e le illusioni dello sviluppo sono irresistibili. cominciamo subito male giorgino, i valsusini rompono il cazzo, beccheranno soldi e staranno zitti, do you remember malpensa? ma andiamo avanti.
la pianura padana tra torino e novara è stata squarciata, devastata, cementata dalla linea ferroviaria dell'altà velocità. giorgetto, porcozio, ma che cazzo dici? hanno costruito una linea ferroviaria parallela alla striscia d'asfalto che collega torino a milano, l'unica cosa su cui dovresti rompere il cazzo è che il pedaggio autostradale non sia cambiato nonostante i disagi, ma su questo stai zitto, caro giorgino. che poi che cazzo c'è da devastare? è una merda la pianura tra novara e torino, dai. seguono altre parole a caso altamente trascurabili poi bocca conclude.
le rivolte delle periferie parigine come, in piccolo, la resistenza della val susa all'altà velocità, dicono che bisogna anche occuparsi del consenso. ma il buon senso conta nella storia umana.
massì dai, buttiamoci dentro anche le banlieus e abbiamo fatto il nostro bell'articoletto pieno di stronzate, demagogia e quel pizzico di protervia che non guasta mai. bravo, passiamo ad altro senza rimpianti.

giovedì mattina mi accingo a compiere un altro lungo viaggio in treno, il ritorno. i quotidiani sono in sciopero, fanculo e "ragazze che dovresti conoscere" continua ad essere un libro che fa cagare, rifanculo. compriamo una rivista musicale ma una alternativa ché, ricordiamolo, sono un giovane progressista yeye.
- ha il "mucchio"? la rivista musicale.
- sì, eccolo.
- figa, cinque euro. grazie.
leggiamo il mucchio (figa, cinque euro), in copertina c'è la guzzanti e vabbeh (però, figa, cinque euro), leggiamo l'editoriale sul numero di settembre abbiamo pubblicizzato l'appello a ciampi per la concessione della carica di senatore a vita ai giornalisti enzo biagi e giorgio bocca. abbiamo fatto i necessari comunicati stampa alle varie agenzie, tipo ansa, e a tutti i mezzi d'informazione possibili e immaginabili. [...] credo che abbiamo battuto un record e stiamo contattando il guinness. nessuno, dico nessuno, ha pubblicato tre righe sulla questione. manco si fossero messi tutti d'accordo.
e han fatto bene, cazzo, hanno ben rotto le palle 'sti vecchi giornalisti, poi dice che c'è la crisi delle grandi firme. pensate a scrivere bene di musica (figa, cinque euro) e lasciate a cuneo giorgio bocca e le sue minchiate. adesso basta inalberamenti civili e facciamo i ragazzi yeye, leggo il mucchio (figa, cinque euro) e faccio finta di conoscere tutti i nomi indie delle band che cita. che fa tanto giovane yeye.

Matteo Galiazzo -2

Io sono un mistero (anche per me stessa voglio dire ( sono un mistero perchè sono una donna (non so come si è formato il mio essere donna (me lo chiedo spesso (non so come si formi l'essere donna in generale (da cosa nasce questa asimmetria (perchè noi donne anche se siamo belle dobbiamo innamorarci degli uomini brutti (e perchè gli uomini belli non si innamorano mai delle donne brutte (perchè i ragazzi brutti soffrono per noi ragazze belle e ci dicono che stiamo sbagliando ad andare con quello lì che è uno stronzo (mentre dovremmo andare con lui che è brutto ma è tanto dolce (come mai se ne sono così convinti non vanno con una brutta (ma tanto dolce (perchè tocca sempre a noi essere quelle profonde quelle non superficiali quelle che badano ai sentimenti (perchè a noi non è concesso essere semplici e lineari come i maschi (tutte le azioni finalizzate a festeggiare con lo sperma (perchè le nostre azioni non possono essere altrettanto dirette e semplicemente guidate dalla nostra voglia di cazzo?)))))))))))))))))

Soundtrack: Audio Bullys, I'm in love

venerdì 11 novembre 2005

Matteo Galiazzo -3

E' notte sugli universi. Un'immensa palpebra chiude la luce sopra le città. I coni d'ombra sembrano cappellini da aspirante stregone. E' carnevale. Ogni pianeta ne indossa uno. La terra dà la schiena, al sole, per abbronzarsi si gira.
Oppure.
Un pianeta, se visto da abbastanza vicino, diventa una città. Una città diventa l'interno di una casa. Una donna che dorme e sogna nel suo letto, se la guardate bene, diventa Betta.
questa volta mi sa che il ligure ce lo siamo proprio giocati.
è un peccato, perchè era una di quelle cose che rendevano giustamente famoso il nome di asti in giro, purtroppo era nell'aria da tempo.
meno male ke hanno aperto il nuovo ospedale ke è molto sciccoso e adesso, non dico x l'ape & il cappuccio, ma x i value added services si andrà lì.

martedì 8 novembre 2005

Nct Aussie #2 - ildebondi

uno dei primi giorni qua a sydney, zona(ccia) kings cross, dove ho vissuto le prime due settimane.
fatico a controllare la velocità, la discesa è ripida e i sacchetti pesano; pochi metri davanti a me un ragazzo con una maglietta rossa, scritta bianca sul coppino, cammina all'europea. una scritta familiare. www.ildeboscio.com
ecco, cominciamo bene. "scusa"
il giovane non fa in tempo a girarsi che ci accorgiamo che c'è qualcosa di strano. entrambi non ci ricordiamo il nome dell'altro. vittorio. ah ecco, vittorio
risparmio i poverissimi "non ci credo" o cose così. beh vittorio non lo conosco bene, non mi ricordavo neanche che si chiamasse vittorio. uno simpatico, con cui scambiavo volentieri ogni tanto, o ogni poco, 2 parole per 3 parole nell'anno di nostro signore 2002. 2003?
vittorio è ancora simpatico, la maglietta VIUULEENZAA mi ha deluso un po'
dice che ha provato a farsi assumere ma non l'han preso da nessuna parte, è qua da 3 settimane. un paio più di me. domani parte e va a raccogliere la frutta nelle fattorie lontane da sydney. fruit-picking. pagano bene, tra un po' la sua ragazza lo raggiunge. gli ho mandato una mail ma non mi ha risposto ancora, probabilmente non ha ancora trovato una connessione internet laggiù, o altrettanto probabilmente non avrà avuto voglia tempo per rispondermi. in bocca al lupo e pacca sulla spalla

ieri sera cammino per il lungospiaggia di bondi, dove io e thomas ci siamo sistemati pochi giorni fa. l'ostello qua è un po' più pulito e la zona più sclusiva; la stanza è a due piani di scale dall'oceano; ci sono più italiani qua che mosche nella city.
ero detto, cammino, ma poi mi fermo
mi fermo come tante volte a leggere la carta di uno degli innumerabili ristoranti asiatici. questo è un vietnamita. viet, si chiama.
la vetrata che dà sul locale si affaccia su una coppia che non mi interessa osservare; però colla coda dell'occhio noto dai gesti che loro sì, che sono interessati. oddio, avrò fatto qualcosa che non va? saranno passati ormai più di 30 secondi dall'ultima volta che ho renzato, e poi no dai c'è un vetro tra noi 2. 3. il ragazzo si alza, mi decido a guardarlo in faccia. è beppe. ma pensa te, beppe, l'amico di tommi, abbiamo anche fatto il fantacalcio insieme un anno. 2002. 2003? qua il "non ci creedoo" è molto più enfatico, come il viet, come i viet, come i gialli. beppe accenna un abbraccio, ma beppe tutto sommato mi stava sul cazzo. però va beh chissene, accetto volentieri l'invito a disturbarli per 5 minuti. mentre ci stiamo sedendo al tavolo beppe mi spiega che è stata la ragazza a riconoscermi, e io non faccio finta di ricordarmi chi sia, mi presento. stamattina ho capito che è anche una che mi piaceva quando studiavo in via necchi. beppe è entusiasta di bondi, che sarà anche piena di italiani, però oh "noi italiani mica siamo scemi". mi dà un paio di dritte su compagnie di cathering che pare paghino bene, mi spiega che è qua per studiare inglese, inizia a mangiare la sua insalata vietcong.
nct: "sei la seconda persona che conosco che incontro totalmente casualmente da quando sono qua. pensa che l'altro giorno a kings crosso vedo uno colla maglietta del deboscio ch.." beppe diventa una smorfia, si mette le mani in faccia come per dire "madonna quelli del deboscio". avrà conosciuto riccardo, penso io, per fare sta smorfia. e gliel'avrà presentato una delle sue amiche di necchi.
prima o poi rivedrò beppe. quello del fantacalcio, uno che ti fa venir voglia di scrivere un saggio "101 modi per evitare di salutare una persona". e di metterci anche una ghost track, tipo 2 pagine del libro appositamente incollate con scritti 2 ghost modi per evitare di salutare una persona.

lunedì 7 novembre 2005

Ho finito la roba

Cocaina: presi i fornitori dell'Asti bene

Adesso al Ligure il caffè lo prendiamo amaro.

domenica 6 novembre 2005

tutti vogliono il meglio, e i migliori ce l'hanno

venerdì 4 novembre 2005

Ema Lisboa 2005

Lisboa, o Tejo

La città,
la chiamano Lisbona,
è la città dell'acqua,
l'acqua è verità,
va dove vuole andare,
e niente la può fermare.
Lisbona è la città,
la città dell'acqua,
la città dove ho scelto di nascere
millenni di anni fa.


Soundtrack: Madredeus, O Tejo

giovedì 3 novembre 2005

Non sono così superficiale da giudicare le persone in base alla loro interiorità

mercoledì 2 novembre 2005

Que vida el ghira

Qui giace Massimo Testa De Andres
caporalmaggiore del tercio de extranjeros
era un soldato valoroso, un bravo cocinero
il sabato preparava per tutti i cannelloni
la domenica giocava la Roma, la squadra del cuore,
e aspettava notizie dall'Italia,
la sua canzone preferita,
el novio de la muerte,
nada importa su vida anterior,

ora ha un amore qui a Melilla
vive in una casa in collina
e guarda lontano il mare
quello che hai fatto prima non conta
conta solo e sempre quello che sei adesso
se sei riuscito ad arrivare fino a qui...

L'estate è già un ricordo sfumato nel parco del Circeo
appena arrivati ci sedemmo nel giardino a chiaccherare,
eravamo ragazzi simpatici, le macchine erano veloci
le ragazze erano interessate, il riscatto sociale,
Rosaria non aveva nemmeno finito le medie
viveva con i genitori malati in due stanze, povera gente
io avevo una casa tutta per me
i poster di Hitler e Mussolini, i libri di Evola
il liceo Giulio Cesare, la mia fazione,
il crimine come mezzo di affermazione sociale,
poi l'estate è finita male
ho cambiato casa, quasi ogni sera,
e poi sono partito per l'Argentina,
grazie all'Internazionale nera
e poi l'Africa, l'enclave di Melilla...
I miei amici, Izzo era complessato
povero sottodotato
e Giampietro Parboni Arquati
le nostre teorie sulla società divisa in classi
i dominanti, i poveri cristi, i pidocchiosi
e poi Viva la muerte, l'enclave in Marocco
sono Massimo Testa De Andres
caporalmaggiore del tercio de extranjeros
un soldato valoroso, un bravo cocinero
ora ho un amore qui a Melilla
vivo in una casa in collina
e guardo lontano il mare
quello che hai fatto prima non conta
conta solo e sempre quello che sei adesso
se sei riuscito ad arrivare fino a qui...

martedì 1 novembre 2005

Legione Straniera

Costituita il 10 Marzo 1831 su ordinanza del Re di Francia Luigi Filippo, La Legione è appunto detta "Straniera" per il fatto che le sue fila sono composte da uomini di nazionalità diverse, che hanno fatto della Legione la loro nuova Patria, da qui il motto "LEGIO PATRIA NOSTRA"

La bandiera della Legione ha la particolarità di aver scritto sopra Camerone.
La scritta indica il più glorioso combattimento della Legione avvenuto il 30 Aprile 1863 in Messico, quando 62 Legionari resistettero a oltre 2000 militi Messicani.
Nel luogo di quel combattimento ora si erge un monumento al quale le truppe messicane prestano sempre il saluto.
I nomi degli eroi di quella battaglia sono incisi a lettere d'oro sull'Hotels des Invalides a Parigi, dove giace Napoleone Bonaparte.
La Legione ha parecipato ha tutti gli avvenimenti bellici più importanti, e non solo nelle 2 Guerre Mondiali.

Per quanto riguarda il Legionario, fisicamente parlando, si può dire che si arruola celibe, con caratteristiche psicofisiche idonee anche per poter prestare servizio oltremare, e il matrimonio può essere autorizzato solo dal Comando.
La durata del primo contratto è di 5 anni, nei quali si apprendono tutte le nozioni di base per essere considerato Legionario.
Il candidato può essere scelto anche senza svelare la propria identità, ma con un'identià fittizia, e questo può mette al sicuro il Legionario da qualunque ingerenza sul suo passato.

Per Ultimo, la Lgione è formata da 10 Reggimenti, 7 dislocati in Francia e 3 oltremare, rispettivamente in Guyana Francese, Gibuti e Isole Comore.

P.S.
Il pagamento, calcolato in base agli anni di servizio, dislocamento e grado, può arrivare anche a 5318 Euro.