lunedì 30 aprile 2012

È la società che prepara il delitto

È la società che prepara il delitto, il delinquente, in realtà, non fa altro che compierlo. Adolphe Quételet

sabato 28 aprile 2012

cose da dire

giovedì 26 aprile 2012

il mostro, samuele bersani

pizza burger

mercoledì 25 aprile 2012

siamo anche su tumblr


martedì 24 aprile 2012

minetti meme generator

amica chips tu a che ora arrivi in station? c'è la disperation + totale ho parlato con the boss of the boss c'è la zoccola, c'è la sudamerican, ci sono io

lunedì 23 aprile 2012

Bio-logica - Una tassonomia delle biografie presenti sui siti delle band italiane

punk mamma

I gruppi italiani non ce la fanno all'estero. Qualcuno ci prova con improbabili tour in Svizzera, altri si spingono fino in Spagna. Quasi tutti quelli che un pochino ce la fanno, finiscono a Sanremo o a umiliazioni pubbliche tipo l'Eurosonic. A parte qualche band metal e un paio di vecchietti famosi in Giappone (e sui gusti dei metallari e dei giapponesi potremmo discutere a lungo), fuori dall'Italia la musica italiana non esiste. Il motivo di questa arretratezza è sotto gli occhi di tutti. Sui loro siti i gruppi italiani sfoggiano biografie poco competitive. Per questo abbiamo deciso di redarre un catalogo dei generi biografici presenti sui siti delle band italiane per permettere ai futuri Afterhours di non ridursi come i presenti Afterhours.

1.      Le buone intenzioni
Questa categoria di biografie è forse la più diffusa. È utilizzata in particolare da gruppi rock, che amano il rock e vivono il rock e fanno le corna nelle foto (ma sorridono). La biografia ricorda un incrocio tra un articolo di Wired e lo spot di un mobilificio. Contiene frasi come “I XXXXX incarnano il vero rock Made in Italy” e “Le loro serate sono adrenalina pura”. Il testo è di solito opera del bassista, che è alternativamente un copywriter o uno studente di marketing. Se redatto in inglese contiene decine di scelleratezze.

2.      Hanno calcato i palchi di
È la biografia delle band che si sentono scarsamente riconosciute. Il redattore non perde tempo a descrivere la band, ma si dedica profusamente al name dropping. La frase ricorrente è “Hanno calcato i palchi di”. Al “di” seguono di solito nomi quali Francesca Alotta, gli Audio 2 e Paola Turci. Inoltre, nella maggior parte dei casi la band calcava il palco verso le 15.45 a circa cinque ore dall'inizio del concerto dell'artista principale, mentre quello dei panini ancora montava il suo stand.

3.      La dura vita del musicista
Contiene un catalogo di sfighe che hanno colpito la band (furto degli strumenti, incidente stradale, truffa, infortunio del bassista...) seguito da dichiarazioni tra lo squadrista e l'omoerotico. “La musica è la nostra religione”, “rimaniamo in piedi contro il vento”, “abbiamo versato sangue e lacrime”. È il tipo di biografia preferito dai gruppi metal e rap, non per niente i generi che hanno il più stretto contatto con il sublime e con il ridicolo.

4.      Il brutto anatroccolo
È una variazione della categoria precedente, con la quale è spesso ibridata. La differenza è che in questo caso la band accetta la sfiga con rassegnazione e una punta di masochismo. Di solito contiene frasi come “Nel 2003 capirono di non piacere a nessuno” o “Il produttore X si rifiutò di lavorare con loro”. L'utilizzo del passato remoto, con il suo riverbero letterario, è la chiave di questa retorica. Sono pronti a elencare decine di motivi per i quali sono dei perdenti. Tra questi raramente compare “Le nostre canzoni fanno schifo”.

5.      La semiosi infinita
Si tratta di un genere di biografia tendenzialmente descrittivo dello stile della band, redatto però senza badare a spese in termini di boria. Utilizza un lessico involuto e para-accademico e a volte contiene una citazione di Roland Barthes. Il bassista e uno dei chitarristi sono di solito dottorandi di discipline umanistiche. Se una donna è parte della band, il suo taglio di capelli ricorda quello del primo Ian Curtis. Gli uomini, invece, portano tutti i baffi, in un modo che nemmeno loro sanno definire, ma di certo non ironico. Perché non sono degli hipster.

6.      Maria Antonietta
Biografia che va riportata per intero, senza commenti:
“Maria Antonietta è una ragazza con la chitarra e litri di sangue versato. Maria Antonietta, al secolo Letizia Cesarini, nasce a Pesaro nel 1987. Confeziona nel luglio 2010 il suo debutto autoprodotto Marie Antoinette wants to suck your young blood che riscuote consensi da parte della critica sia sul web (Rockit) che sulla carta stampata (Il Mucchio, Blow Up). Un’attitudine assolutamente punk, a servizio di una scrittura scabra, rugginosa e irta, confessionale e rabbiosa, in bilico sul crinale della compulsione. Basica. Come se a Courtney Love avessero levato il superfluo patinato, il trucco e i lustrini del gossip. Un’urgenza dannata, massima brevità, quasi fossero, quelle di Maria Antonietta, canzoni cantate al telefono, senza tempo da perdere. Rude, irregolare, aspra come come uno schiaffo in pieno volto, e poi improvvisamente leggera e crepuscolare come Nina Nastasia, si fa agile, esile, femminile. Urla e sussurra, Maria Antonietta, e ti tiene lì, legato al filo del suo immaginario fatto di Giovanna D'Arco, pillole, compulsioni e amori senza condizioni”.

Colonnello Sanders




POP CULTURE REFERENCE


Dopo gli 883, 20 icone pop che meriterebbero di essere rivalutate dalla scena indie italiana.

Cristiano Malgioglio


Maria Grazia Buccella


Majin Daniele


Franco Califano


Iva Zanicchi


Tommy Riccio

Raffaella Carrà


Metal Carter


Fred Buscaglione


Ivana Spagna


Gigi D'Agostino


Diana Est


Gazosa


 Trucebaldazzi


 Heather Parisi


 Tonino Carotone


 Alessandra Mussolini


 Giuseppe Junior


 Anna Oxa


 Fighetto

domenica 22 aprile 2012

Mauro Repetto dans la pièce théâtrale The Personal Coach à l'Essaïon Thé...

venerdì 20 aprile 2012

le dieci frasi che non si possono + dire

zitta leila! mi dispiace ragazzi, non si può +
 1. son cose
2. ma anche no
3. che angoscia
4. tanta roba
5. una fettina di culo
6. ha il suo perché
7. tutta la vita
8. bastardo inside
9. faccialibro
10. a nastro

giovedì 19 aprile 2012

Stil novo di Matteo Renzi, ovvero vivere alla periferia delle cose



Forse non avete mai pensato al granduca Cosimo come a un rottamatore ante litteram. Considerare Dante un modello per la sinistra probabilmente vi stupirà, e di sicuro stupirebbe lui. Qualcuno troverà fuori luogo il paragone tra il “tecnico” Machiavelli e Mario Monti o tra la burocrazia ai tempi del Vasari e quella di oggi. Ma la storia di Firenze ha molto da insegnare alla politica contemporanea. I fiorentini realizzarono un miracolo chiamato Rinascimento investendo bene la montagna di soldi che erano stati capaci di guadagnare, e con quei soldi finanziarono opere utili e belle. Costruirono orfanotrofi e ospedali. Sovvenzionarono gli artisti ma si preoccuparono di accogliere i bisognosi. E non ebbero paura di mettere a confronto Leonardo e Michelangelo, con un sistema davvero meritocratico. Era un altro mondo, allora le banche salvavano gli Stati, come accadde con la corona inglese. Oggi invece succede il contrario: gli Stati salvano le banche. E dopo averle salvate non mettono nemmeno in discussione gli stipendi ultramilionari dei manager responsabili dei fallimenti. Anche i politici hanno le proprie colpe: rinunciano all’idea forte, preoccupati solo per la propria poltrona. E poi, umiliati e sconfitti, lasciano spazio ai tecnici, chiamati a costruire sulle macerie della loro pavidità. Ma non usciremo dalle difficoltà solo con una manovra finanziaria. La politica ha bisogno di uno stile nuovo, che sappia coinvolgere le persone, emozionarle. Per parlare una lingua comprensibile a tutti, e per renderci di nuovo patria della bellezza e non regno della volgarità. Matteo Renzi ce lo dimostra in questo libro che intreccia storia e attualità alla ricerca di soluzioni per il nostro Paese. E lancia una provocazione alla classe dirigente: l’Italia ha ancora un’anima?

http://rizzoli.rcslibri.corriere.it/libro/5642_stil_novo_renzi.html

Non si è fatto mancare neanche lo strafalcione

secondo giorno di zia tommaso al fuorisalone

Secondo giorno di visite agli eventi del Fuorisalone. Devo pur riempire i pomeriggi. Quest’anno il Fuorisalone è distribuito in altre zone di Milano. Dovevo solo decidere quale visitare. Ho eliminato da subito l’idea di andare all’Isola. Questo era un affascinante quartiere popolare della città, di cui vi invito a leggere la storia qui. Da qualche anno a questa parte si è trasformato in una enclave di orride Bor7 equo-solidali, alternativi ricchi (le case all’Isola hanno raggiunto prezzi spaventosi), falliti a livello europeo che tornano con le orecchie basse a Milano, sottolineando però come “l’Isola mi ricorda molto Lisbona”. Ho deciso così per via Ventura, ultimo baluardo della città fatiscente che vogliono a tutti i costi recuperare per non perdere il vizio speculativo. Siamo dietro la stazione di Lambrate, per chi ha una vaga idea dei luoghi. A differenza di via Tortona, dove il design pulcioso si annida nei locali dismessi di opifici e officine affittati in cambio di diamanti e fusti di greggio, in via Ventura le proposte erano più professionali e, devo ammetterlo, più eleganti. Non c’erano Alieni, ma un gusto rimodernato da Zia Elsa. Nei locali della Scuola Politecnica di Design erano ospitati gli allievi di un pari istituto londinese. Uno di quelli in cui vanno anche i nostri urlanti creativi e vi restano sei mesi insultati da tutti. Poi tornano a Monteciuco di Sotto e per tutta la vita campano con i racconti di quell’esperienza internazionale. Un pomeriggio d’ottobre di molti anni fa, piovigginava. Mia mamma e io tornavamo a casa dopo essere stati in cartoleria a ritirare i libri della prima elementare. Avevamo comperato anche la plastica colorata trasparente per rivestirli. Ricordo poco, solo il mondo di fari, semafori e insegne colorate reso ancora più psichedelico perché camminavo tenendo la plastica trasparente davanti agli occhi e tutto diventava blu, verde o giallo. Uniteci anche i primi sviluppi della miopia che rendeva tutto soffuso e avrete un Silvestro Lega in versione urbana. Ieri piovigginava, le stanzette della Scuola Politecnica mi ricordavano quelle della scuola elementare Giulio Romano, le opere portate dai ragazzi dell’istituto londinese erano vasetti e lattine colorati, statuine di Das e altri lavoretti per la Festa della Mamma. Inoltre, per ripartire gli ambienti erano stati appesi enormi fogli di plastica colorata trasparente. Quando mi capitano queste concidenze retro-temporali penso sempre: “Ecco, sto morendo”. Invece non sono morto, ma mi sono risvegliato nello show room di Ikea dove, solo mostrando il tesserino da pubblicista, mi hanno dato una borsa contenente la già celebre e invidiata macchina fotografica digitale di cartone. Vale la pena versare cento euro all’anno all’Ordine! Il giro è terminato in un altro show room. Non so nemmeno di chi fosse, perché appena entrato mi ha fermato una gentile signora bionda con microfono e mi sono ritrovato davanti a una telecamera intervistato da una televisione danese a parlare di design scandinavo. Credo di aver detto una stupidata dopo l’altra e ora temo di finire su YouTube, cliccatissimo come i gatti che miagolano le canzoni di Britney Spears e le giornaliste ungheresi che svengono in diretta. La pioggerella intanto si era tramutata in un temporale e come al solito, spuntati dal nulla, ecco un manipolo di pakistani che vendono ombrelli. Come fanno ad apparire alle prime gocce di pioggia? Dove nascondono gli ombrelli? Dove si nascondono loro quando non piove? Non lo so. L’unica cosa che so è che io affiderei loro la Protezione Civile. Non ho mai visto nessuno intervenire così rapidamente in caso di calamità naturale.

mercoledì 18 aprile 2012

David Lynch - "Crazy Clown Time" (Official Video)

la lobby dei nerd

obama con star wars mentre le tipe innamorate aspettano

labranca dice la sua sul salone del mobile

Durante le feste patronali era d’obbligo ripetere ogni anno gli stessi gesti: la processione con il santo rivestito di ex voto, l’andirivieni sul corso principale, le giostre, le luminarie, le bancarelle profane, i forestieri incuriositi che arrivavano dai paesini dei dintorni. Dopo il trasferimento in città, gli Alieni, giunti dai più remoti villaggi in cui si svolgono ancora i riti patronali, credono di essersi liberati di quelle tradizioni. Poi finiscono per celebrare le stesse cose, negli stessi termini, con la stessa noia. In fondo, il milanese Fuorisalone non è che una festa patronale. Ci sono le luminarie (però ecosostenibili, solo a LED e create da cartoni riciclati del latte), ci sono le bancarelle profane (dagli energy drink ai cracker: non hanno nulla a che vedere con il design, ma l’importante è esserci), ci sono le giostre (la parte più ludica del design, come i cucchiani tedeschi fatti di una misteriosa plastica che nel tè bollente si rammollisce e puoi farci dei gioielli alternativi se scampi all’intossicazione), ci sono i forestieri incuriositi che giungono in massa dal Pakistan o dal Belucistan e da mille altre nazioni lanciate come la terra promessa del nuovo design. Ma il design è una portata che arriva oltre il dessert, qualcosa cui si pensa solo quando si è ormai sazi e che non può soddisfare una fame basica. Sembra strano che qualcuno, in Paesi instabili e magari senza strade, pensi a produrre comodini cool. Poi scopri che i presunti uzbeki o sud-sudanesi abitano in Gran Bretagna da decenni e il Paese natio l’hanno visto solo nei tg. Una truffa in stile Vandana Shiva, la fighetta col sari che nei suoi libri piange sulle sete dell’India stando su un treno di lusso e che, mentre a casa sua muoiono di fame, da noi è vicepresidente di Slow Food. Sto divagando. Ma solo perché c’è poco da dire su Zona Tortona e dintorni che ho visitato ieri prima della folla che giungerà sabato e domenica. Non è snobismo, ma disoccupazione. Poche cose da vedere, molti show room temporanei chiusi. Tanta carta buttata per la strada. Come sempre buona la presenza di Alieni con occhialoni da mosca e sciarpone al collo con diametri da gorgiera elisabettiana. E i segnali della prossima fine di questo evento: l’ingresso agli show room era spesso vietato ai comuni mortali. Ieri pomeriggio, per vedere una serie di tazze da cesso messe in mostra in un ambiente oscuro era necessario l’invito. Questa ridicola esclusività è stata all’origine della morte della moda a Milano. La cosa bella di Zona Tortona era il senso di sagra paesana, di partecipazione collettiva. Allora sopportavi anche i ragionieri creativi che, usciti dall’ufficio, si scompigliavano i capelli e si mettevano gli occhiali da vista finti per sembrare parte della massa creativa. Nel week end è prevista pioggia. Un motivo in più per non andare a deprimersi tra gli eventi del Fuorisalone 2012. (Lo so. Questo post contiene elementi già presenti in “Astrakhan – La Zia e l’Estetica Perbenista”. Non potete pretendere che mi metta a scrivere cose inedite per una manifestazione che di inedito ormai non ha più niente.)

martedì 17 aprile 2012

il ritorno di lavitola


1- IN VOLO CON LE MELANZANE NEL BAGAGLIO «HO GIÀ PRESO IL BIGLIETTO DI RITORNO»
Rocco Cotroneo per il "Corriere della Sera"
VALTER LAVITOLA MENTRE SI IMBARCA ALLAEROPORTO DI BUENOS AIRES jpegVALTER LAVITOLA MENTRE SI IMBARCA ALLAEROPORTO DI BUENOS AIRES JPEGVALTER LAVITOLA PRELEVATO ALLAEROPORTO DALLE FORZE DELLORDINEVALTER LAVITOLA PRELEVATO ALLAEROPORTO DALLE FORZE DELLORDINE
L'ultimo desiderio da uomo libero è una parmigiana di melanzane. Passata un'ora di volo, Lavitola la scarta da una vaschetta di alluminio e offre: «Provala, è fantastica, l'ha fatta un mio amico di Buenos Aires». Alla napoletana, con pezzetti di mozzarella e pomodorini. Buona, sì. «Io in aereo non mangio mai, soprattutto in economica, chissà che ti danno. E poi l'ultimo pasto prima del rancio del carcere dev'essere come si deve, no?». Valter Lavitola, ma lei è in classe business, Alitalia, posto 7H, che sta dicendo?
«Che gran botta... Mi hanno fatto l'upgrade a Buenos Aires, senza che io chiedessi nulla, il volo è strapieno. Guarda qui, anzi pubblicatela, mi farebbe piacere. Biglietto andata e ritorno in economica, poco più di mille euro, così viaggia il cosiddetto faccendiere dei due mondi. Ma quale straricco, io non so più di che campare. Mi hanno tolto tutto, tutto. Un fuoco di fila, un assedio, tutto in pochi mesi, ma come è possibile?».
Ritorno Roma-Buenos Aires 25 ottobre 2012, dice la prenotazione. Ottimista? «E chi lo sa? Mancano sei mesi. Comunque il biglietto dura un anno, costava meno». Mentre gli parliamo in volo sull'Atlantico, e in Italia è notte fonda, Lavitola sta tornando per consegnarsi ai giudici di Bari che lo vogliono per un reato non gravissimo, l'induzione a mentire nell'affare Tarantini-escort. Fosse solo questo, in carcere non resterebbe molto. «Magari, magari, ma non è così».
Già sa, insomma, che appena messo piede a Fiumicino arriveranno altre richieste di arresto. Come è successo: per i fondi spariti del suo ex giornale, l'Avanti, e sulla corruzione internazionale a Panama. Sa anche che finirà in carcere a Napoli. «Speriamo Secondigliano, dicono che è un po' meglio di Poggioreale». Non sarà esaudito. È vestito con jeans, maglioncino beige e scarpe da tennis. Ha una valigia pronta. «In galera si usa molto la tuta da ginnastica, ne ho portate un paio. E poi camicie, altri jeans, mocassini». Trascrive numeri di telefono dall'iPhone, magari qualche bigliettino potrà portarselo dentro. La sua leggendaria collezione di schede sim, quella certamente no.
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Ritorno concordato, si sussurra, tempi e modi studiati per attutire le conseguenze, «quel sacro terrore dei magistrati, una paura che mi si porta via», come ebbe a dire nelle interviste tv da latitante. «Non è vero. Torno perché sono stanco, ho tardato fino ad ora perché dovevo lavorare, salvare qualcosa di quel che ho costruito in vent'anni in Sudamerica, mentre sarò dentro. E poi non avevo voglia di essere acchiappato lì...».
Cerchiamo di ricostruire allora la strana latitanza, nascosto ma non troppo, protetto e poi scaricato. Lavitola avrebbe passato appena i primi mesi in Panama, dove non può più entrare perché lo scandalo legato alle commesse Finmeccanica ha provocato inchieste giudiziarie anche lì. Poi si è spostato in Brasile, dove non vanta altrettante e pesanti conoscenze, ma ha il vantaggio di avere in tasca un documento da residente.
È con questo che è riuscito a muoversi avanti e indietro dall'Argentina, via terra, senza mai tirar fuori il passaporto italiano che avrebbe fatto scattare la segnalazione Interpol. «Il resto sono una marea di fesserie, viaggi in Medio Oriente, case lussuose, feste, memoriali in cassaforte e chissà che altro. Ho sempre detto che mi sarei consegnato in Italia, anche perché se fossi stato arrestato da queste parti avrei dovuto passare chissà quanti mesi in attesa di estradizione, e chissà in che carceri».
Il pesce, il commercio di code di rospo verso l'Europa, e quel paesino di pescatori sul litorale brasiliano, Barra de São João, dove vorrebbe costruirsi una casa e tornare a vivere. Il volo verso Roma è lunghissimo e Lavitola non riesce più a dormire. Manda giù una pastiglia con un sorso d'acqua.
«Sì, adesso comincio davvero a sentire le ore, speriamo che non esagerino a Fiumicino, le manette, i fotografi. Boh, chissà com'è essere arrestato». Ora è lui che non vuol smettere di parlare, raccontare, capire come e se ne uscirà. «C'è un'immagine mia che non esiste. A me piace il mare, la natura, la gente semplice come i miei pescatori. Non metto piede a Rio o San Paolo. Che c'entro io con gente come i Tarantini che consumano come una Ferrari?».
LARRIVO DI LAVITOLA A FIUMICINO jpegLARRIVO DI LAVITOLA A FIUMICINO JPEGLARRIVO DI LAVITOLA A FIUMICINO jpegLARRIVO DI LAVITOLA A FIUMICINO JPEG
Però ne ha fatte, non neghi. «Ma sì, certo, e chi nega? Negli affari conosci persone, devi muoverti in un certo modo. Però una cosa è riconoscere fatti, un'altra è trovarti cinque capi di imputazione nel giro di pochi mesi, un figlio che ti vede in manette in tv, un matrimonio che va al diavolo». Beh, quello pure se l'è cercato, la storia con la moglie di Tarantini... «Eh, lo so. Altra fesseria, ma immaginate tutta una vita intercettato, è come una radiografia intima!». Si ferma un attimo. «E poi vorrei sapere come c... fanno a intercettare le schede straniere dei telefonini. Mistero».
«Io credo che alla fine i giudici non si capacitano di perché io possa parlare facilmente con uno come Berlusconi. E da lì scatta l'accanimento, e chissà questo cosa sa e cosa ha visto. Possibile che i magistrati italiani non capiscano ancora che lui è fatto così, gli piace avere rapporti con gente come me, piuttosto che con una regina o un presidente? È talmente evidente, ormai». L'idea è che lei nasconda ancora molto. «Lo saprete solo quando tutto questo sarà finito».
2- TANGENTI, ELICOTTERI E FONDI NERI GLI AFFARI DELL'«UOMO DI STATO»
Fulvio Bufi e Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"
Valter Lavitola «è un uomo di Stato in incognito che godeva della fiducia dell'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi». Lo dice il giudice di Napoli e lo ammette l'ex ministro degli Esteri Franco Frattini quando a verbale conferma la presenza del faccendiere durante i viaggi di Stato con la delegazione dell'allora premier. I testimoni svelano che Lavitola raccontava «di essere il "pupillo" di Craxi e che quando Craxi, da latitante, fuggì in Tunisia, a lui era affidato il compito di portare i soldi in contante da Berlusconi a Craxi».

Poi delineano il suo ruolo di emissario del governo italiano in Centroamerica, «collettore» delle tangenti che le aziende versavano al governo di Panama per ottenere commesse. Tanto che durante la sua latitanza lì «godeva di una scorta personale costituita da un agente della polizia». E adesso dovrà invece spiegare un versamento da 500 mila euro ottenuto da Forza Italia attraverso l'ex ministro Sandro Bondi.
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Dichiara l'imprenditore Mauro Velocci, testimone chiave dell'inchiesta: «Lavitola mi ha sempre detto che Berlusconi non lo avrebbe mai abbandonato in quanto lui conosceva troppe cose e troppi particolari compromettenti riguardanti lo stesso Berlusconi». È lo stesso Lavitola a rivelare di essere fuggito all'estero prima che il settimanale Panorama pubblicasse la notizia dell'inchiesta sul ricatto al presidente del Consiglio «perché io e Berlusconi lo sapevamo tre quattro giorni prima tanto che non è un caso che io non ci stavo».
LE CASSETTE SVUOTATE
Il 17 febbraio scorso viene interrogata Maria Lavitola, la sorella di Valter. «Ho paura di Valter che è molto manesco. Alcune volte mi ha picchiata. Inoltre è a conoscenza di quello che vogliono fare gli inquirenti. Mi ha detto che in tribunale (non so se intendesse dire procura o altro) ha qualcuno che lo aiuta e lo informa. Tre giorni prima che subissi la perquisizione mi disse che mi sarebbero venuti a prendere e se mi arrestavano buttavano la chiave.
Ricordo che quando il dottor Piscitelli dispose l'apertura di alcune sue cassette di sicurezza in una banca di Roma lui lo seppe in anticipo tanto che avvisò la moglie e la stessa le "svuotò" prima che fossero aperte. Ciò mi ha detto mia cognata Mariastella Buccioli... Circa 20, 30 giorni fa Valter mi ha telefonato e mi ha detto di recuperare un contratto di pubblicità stilato dall'Avanti! con Silvio Berlusconi fra il 1998 e il 2002/2003... Ricordava che l'importo del contratto era di 800 mila euro o un miliardo e mezzo in favore dell'Avanti! per prestazioni pubblicitarie.
Mi disse che dovevo prendere questo contratto e portarlo a Berlusconi... Non cercai neanche di trovare questo contratto perché sapevo che mi sarei messa nei guai, ma non lo dissi a mio fratello. Non so se si sia rivolto a qualcun altro. Posso dire che verso novembre 2011 quando mio fratello era a Panama mi incontrai con Neire Gomez a Roma.
LARRIVO DI LAVITOLA A FIUMICINO jpegLARRIVO DI LAVITOLA A FIUMICINO JPEGLAVITOLALAVITOLA
Mi disse che era rientrata in Italia per conto di Valter per svolgere alcuni incarichi... Mi disse che doveva trasferire all'avvocato Fredella direttive sulle società e portargli una lettera scritta da Valter che aveva ad oggetto Berlusconi... Neire spiegò a voce il contenuto all'avvocato dicendo che Valter voleva che lui si recasse da Berlusconi per chiedere 5 milioni di euro. Chiesi a che titolo Berlusconi dovesse dare quei soldi a mio fratello e lei rispose che era una tattica nel senso che se gli dava questi 5 milioni di euro andava tutto bene mentre, se non li dava, Valter una volta tornato in Italia avrebbe avuto tutte le giustificazioni anche "morali" per dire tutto che sapeva su Berlusconi».
ORSI E L'ELICOTTERO 
Velocci racconta che nel gennaio 2011 «Lavitola avanzò due richieste: un milione di dollari in contanti in acconto sulla concordata tangente e l'acquisto di un elicottero per il presidente di Panama Ricardo Martinelli...». Chiarisce il giudice: «La dazione al Martinelli di tale elicottero, come riferito a Velocci da Lavitola, doveva sopperire alla mancata consegna di un elicottero promesso, come tangente, da Agusta Westland, che aveva concluso un contratto di fornitura di elicotteri con il governo di Panama, in forza del memorandum del giugno 2010.
Lavitola precisò che il predetto velivolo era stato promesso, ma non era stato consegnato per prudenza, a causa dell'apertura di un'inchiesta giudiziaria che aveva coinvolto il presidente di Finmeccanica, Piero Guarguaglini e la moglie Marina Grossi, presidente di Selex». All'epoca Agusta Westland era guidata da Giuseppe Orsi, attuale presidente e amministratore delegato di Finmeccanica.
Silvio BerlusconiSILVIO BERLUSCONICRAXI E BERLUSCONI AL MARECRAXI E BERLUSCONI AL MARE
Aggiunge Velocci: «Per quanto riguarda i rapporti tra Lavitola e Finmeccanica, non posso dire molto in quanto Lavitola me ne ha parlato, ma senza scendere mai in dettagli. Posso dire che Lavitola ha sempre affermato che dietro i contratti tra le società di Finmeccanica e il governo di Panama c'era un grosso movimento finanziario "in nero" destinato al presidente Martinelli e che il contratto da lui avuto da Finmeccanica per 30.000 dollari era solo la copertura per giustificare la sua presenza e la sua attività a Panama».
E parlando della società di intermediazione Agafia utilizzata da Lavitola per gestire i rapporti con Finmeccanica, aggiunge: «Era lo strumento per veicolare, con una motivazione ufficiale, l'esborso dei 30 milioni di euro da destinare in "nero" al presidente Martinelli, che per quanto mi ha detto Lavitola è "in società" con lui».
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IL «FRATELLO» A VILLA CERTOSA
Le intercettazioni svelano come Lavitola abbia «pagato le vacanze del presidente Martinelli e altre tre persone in Sardegna dal 18 al 21 agosto 2011 all'hotel Cala di Volpe». Al telefono con l'allora manager di Finmeccanica Paolo Pozzessere concorda che il conto lo paghi proprio la holding. Poi i due «concordano il 18 agosto come giorno per fare l'incontro con il premier a Villa Certosa».
In realtà Berlusconi non va in Sardegna ma gli ospiti vengono accolti comunque nella residenza presidenziale e agli atti è allegata una telefonata dello stesso Berlusconi a Lavitola. Poi il faccendiere parla con Martinelli, lo chiama «fratello» e, sottolinea il giudice, «si raccomanda con il presidente panamense di fare delle foto da inviare al suo giornale per dimostrare che è stato ospite di Berlusconi».

lunedì 16 aprile 2012

D'Alema dice la sua su Beppe Grillo



(ANSA) - PALERMO, 16 APR - ''Mi sono sottoposto al sacrificio di ascoltare su Internet il comizio di Beppe Grillo: mi sembra un impasto tra il primo Bossi e il Gabibbo''. Lo ha detto Massimo D'Alema a Palermo.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2012/04/16/visualizza_new.html_185622508.html

(in foto, da destra verso sinistra, Massimo D'Alema e Beppe Grillo)

red ronnie vs scienza: la scienza rallenta il futuro

red ronnie vs scienza

domenica 15 aprile 2012

W LA SFIGA



Una giovane ragazza carina e intelligente scrive al Giornale:

Ho 19 anni e dopo aver completato i miei studi nel campo della moda, ho iniziato il calvario di chi cerca lavoro, devo fare i conti con la mia bellezza, la mia intelligenza, la mia serietà (essere vergine oggi è un optional) le mie capacità.
Quello che mi è successo ieri mi lascia sgomenta e incredula, sono stata convocata per un colloquio che ho brillantemente superato e ho iniziato settimana scorsa a lavorare ... in un negozio nuovo ... che ho allestito insieme ad altre 7 ragazze, abbiamo lavorato anche 15 ore a smontare scatoloni e allestire il negozio ... Ieri sera ... mi hanno comunicato che per ragioni di budget io e un’altra ragazza dobbiamo stare a casa, mi sento umiliata e ferita, sono la più giovane..., la più bella e quella più capace a vendere, ma non conta, la sfigata mamma single o presunta tale non se la sentono di lasciarla a casa ... Ma per lavorare devo essere brutta? ragazza madre? sfigata? grassa? bassa? con un padre disoccupato, ecc? non ho una dignità lavorativa anche io? o il mondo appartiene ai mediocri? Questo è solo l’ultimo di una serie di episodi che mi sono capitati e tutti per un solo motivo, essere di ottima presenza, essere intelligente, capace e seria!!!!

Veronica Rivalta



Da parte nostra non possiamo che ammirare il coraggio intellettuale di una donna che arriva a rovesciare i luoghi comuni su Puttanopoli e sulla bellezza come viatico per la carriera femminile, fino a denunciare i limiti di una società non meritocratica, in cui a prevalere non sono i migliori ma i mediocri, i disoccupati, gli sfigati, i ciccioni, le ragazze madri, gli storpi.

La storia di Veronica ci ha colpito così tanto che abbiamo fatto delle ricerche, e crediamo di aver individuato il suo profilo su Facebook: eccolo. Siamo abbastanza sicuri che sia lei, non tanto perché le foto coincidono, quanto per gli interessi, che sembrano corrispondere perfettamente al profilo umano che emerge dalla lettera: Rihanna, Il diavolo veste Prada, Foot Locker, Silvio Berlusconi, Jersey Shore, Chiara Ferragni, Vogue Italia. Ma c'è una pagina che ci ha colpito più delle altre, una domanda che ci poniamo e vi poniamo: perché spesso le ragazze ricche hanno i capelli lunghi, lisci e biondi?

Picnic in Kosovo

sabato 14 aprile 2012

Jean Reno playing Doraemon

gesù torna sulla terra

gesù torna sulla terra. fa molti miracoli. la chiesa prende le distanze: distinguo, nella misura in cui. la gente dopo un po' si stufa. cosa vuole con 'sti miracoli? effettivamente anche lui non sa più tanto come uscirne. si fa crocifiggere un'altra volta e bona lì.

Storia segreta del capitalismo italiano

Tratto dal libro di Cesare Romiti con Paolo Madron “Storia segreta del capitalismo italiano” (Longanesi)
romiti-madron_Storia segreta del capitalismo italianoROMITI-MADRON_STORIA SEGRETA DEL CAPITALISMO ITALIANO
1- FRATELLI COLTELLI
Sulla designazione di John Elkann a erede, Umberto Agnelli si risentı` molto col fratello anche per la nomina a erede di John Elkann.
L'erede designato, Giovannino, il primogenito di Umberto, fu tragicamente portato via da una crudele malattia. John Elkann, il figlio di Margherita, allora era gia` in azienda. La regola era che per entrare nel consiglio d'amministrazione della Fiat ci dovesse essere l'approvazione dei soci dell'Accomandita, la cassaforte di famiglia. Ma l'Avvocato poteva prendere le decisioni anche senza tenerne conto.
DISEGNO DI FABIO SIRONI - CESARE ROMITI GIANNI AGNELLI ENRICO CUCCIA E DE BENEDETTIDISEGNO DI FABIO SIRONI - CESARE ROMITI GIANNI AGNELLI ENRICO CUCCIA E DE BENEDETTI
Come poi in effetti fece. Inizialmente Agnelli non voleva usare questo suo potere. E io spingevo perche´ convocasse il consiglio dell'Accomandita, cosa che fece, ricordo, una domenica. Di questo consiglio anche io facevo parte. Umberto arrivo` in ritardo e parlo` per ultimo. « Gianni », disse, « tu ci hai convocato oggi per decidere della designazione di John. In realta` voglio venga messo agli atti che e` esclusivamente una tua decisione. » Io dissi che era una convinzione di tutti i presenti. Umberto replico`: « No, caro Romiti, questa e` una decisione dell'Avvocato ».
Umberto voleva che la designazione toccasse all'altro suo figlio Andrea, che di tutta la famiglia e` l'unico maschio rimasto a portare il nome Agnelli. E `per questo che l'Avvocato voleva adottare John, per dargli il suo nome. Ci voleva il benestare della moglie e dei figli, ma Edoardo si oppose.
I giovanissimi Andrea agnelli col padre Umberto e John Elkann col nonno GianniI GIOVANISSIMI ANDREA AGNELLI COL PADRE UMBERTO E JOHN ELKANN COL NONNO GIANNI
2- CUCCIA CHE CONSIDERA ANDREOTTI IL MANDANTE DELL'OMICIDIO AMBROSOLI 
Andreotti, ovvero il cinismo al potere travestito da democristiana santita`. Che idea si era fatto di lui?
All'epoca proteggeva Sindona, e questo basta a far capire perche´ i suoi rapporti con Cuccia siano stati pessimi. Vorrei raccontarle un episodio. Una volta Andreotti da presi- dente del Consiglio mando` a chiamare Cuccia, che come e` noto non andava mai da nessun politico.
agnelli enrico cucciaAGNELLI ENRICO CUCCIA
Ma se negli ultimi anni ando` persino a prendere il te` da D'Alema, allora presidente del Consiglio. Sı`, lo so. Di solito usava sempre intermediari. Si vede che in quell'occasione la sua presenza diretta era indispensabile, non bastava quella di Alfio Marchini, che organizzo` l'incontro.
Cosa voleva Andreotti da Cuccia? Cuccia mi racconto` che parlarono del piu` e del meno, e che a un certo punto Andreotti lo tempesto` di domande sull'economia, l'industria, il Paese. Poi, a bruciapelo, gli chiese: «Ma lei crede veramente che io sia corresponsabile dell'uccisione di Ambrosoli? » E Cuccia cosa rispose? Diciamo che dopo la risposta di Cuccia il colloquio termino`.
3- QUANDO D'ALEMA SCOPRÌ DI ESSERE DIVENTATO IMPORTANTE NEL PCI
Com'erano i suoi rapporti con D'Alema, che in fondo non e` mai stato molto amico della Fiat?
Anche se non ci ha mai avversato per partito preso, io di D'Alema mi fidavo poco e ancora oggi mi fido poco per questo suo modo strano di intendere il potere. Una volta, in un incontro, mi disse: « Sa quando io ho capito di essere diventato importante nel Partito comunista? Quando una notte vennero a prelevarmi a casa alcuni compagni perche´ temevano che ci fosse un colpo di Stato e volevano salvaguardare i membri importanti del partito. Ecco, fu allora che mi accorsi che nel Pci contavo qualcosa, perche´ ero stato incluso nel piccolo gruppo, una decina non di piu`, di persone che il partito riteneva di dover salvaguardare in caso di golpe ».
MASSIMO D ALEMA E SILVIO BERLUSCONIMASSIMO D ALEMA E SILVIO BERLUSCONIGiovanni Spadolini, marella e Susanna Agnelli, Marco Benedetto, Cesare RomitiGIOVANNI SPADOLINI, MARELLA E SUSANNA AGNELLI, MARCO BENEDETTO, CESARE ROMITI
4- COSÌ GERONZI CONTROLLAVA L'AGENDA DI FAZIO
Che tipo di influenza esercitava Geronzi su Fazio? 
Per farle capire le racconto di un episodio che mi ha riferito Fabrizio Palenzona, l'attuale vicepresidente di Unicredit. Un giorno Palenzona ando` in Banca d'Italia per un appuntamento con Fazio. A un certo punto, durante l'incontro, la segretaria del governatore si avvicino` a Fazio pregandolo di uscire un momento perche´ era arrivata una telefonata. Lui uscı`, stette fuori per un po', poi rientro` e continuarono a parlare. In quello stesso giorno Palenzona aveva un successivo appuntamento con Geronzi che, appena lo vide, gli disse ridendo: « Dottor Palenzona, che cosa grave mi ha combinato! Si e` dimenticato di avvertirmi che prima di me lei doveva incontrare Fazio ». E Palenzona: « Come fa a saperlo? » «Ma scusi, quando lei era da Fazio non e` arrivata una telefonata? Bene, ero io ».
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Perfetto, meglio di qualsiasi editoriale su capitalismo di relazioni e conflitto di interesse. 
Morale, io penso che Fazio sia una persona onesta e competente. Ma penso anche che forse in un certo momento della sua attivita` abbia perso quel senso di imparzialita` che dovrebbe sempre contraddistinguere un governatore della Banca d'Italia.
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5- IL TRADIMENTO DI DELLA VALLE 
E di Cesare Geronzi cosa pensava Cuccia?
Al tempo in cui si affaccio` l'ipotesi di unire Comit e Banca di Roma io avevo un ottimo rapporto con Geronzi. Cuccia, che lo sapeva, mi disse: « D'accordo, proviamo anche a metterli insieme. Ma cosa troveremo dentro Banca di Roma? ».
Uno dei grandi oppositori delle nozze fu Diego Della Valle. 
Della Valle un giorno mi venne a trovare. Mi disse che aveva un po' di soldi da parte e che gli sarebbe piaciuto investirli. Ne parlai con Cuccia, che volle subito vederlo. Gli propose di investire il suo denaro nella Comit, cosa che accadde consentendo all'imprenditore di entrare anche nel consiglio d'amministrazione. Furono soldi che poi si riprese con grandi guadagni.
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Il giorno in cui fu portato al consiglio di Comit il progetto del matrimonio con la Banca di Roma, Della Valle fece una scena madre. Non solo. Vi si oppose a mezzo stampa rilasciando un paio di interviste violentissime contro Cuccia e Maranghi. Cuc- cia ci rimase molto male, e pure io, che Della Valle gliel'avevo presentato. Fu allora che rompemmo i rapporti.
umberto agnelli MONTEZEMOLOUMBERTO AGNELLI MONTEZEMOLO
Se non ricordo male lo insulto` pubblicamente. 
Eravamo con un gruppo di imprenditori e gli dissi: «Come scarparo sei un imprenditore che desta ammirazione, ma come uomo fai solo schifo ». Da allora non ci siamo piu` parlati, fino a un anno fa, quando e` morta sua madre e gli ho scritto dicendo che conosco il dolore di chi perde un genitore. Lui mi ha telefonato e mi ha detto che mai avrebbe immaginato il mio gesto.
6- L'ASTIO VERSO MONTEZEMOLO 
Da dove nasce questo suo astio verso Montezemolo? 
Nessun astio. Perche´ se e` vero che una volta dovette uscire dalla Fiat, non fui io a licenziarlo.
montezemolo agnelliMONTEZEMOLO AGNELLI
Chi fu a licenziarlo? Fu Agnelli che volle allontanarlo dalla Fiat.
Se e` vero quello che mi dice, perche´ mai, dopo la parentesi a Italia 90, Montezemolo fu riassunto in Rcs, casa editrice di cui Fiat era il primo azionista? Fu sempre Agnelli a chiedermelo. Mi chiamo` e mi disse: « Senta Romiti, vorrei ricuperare Montezemolo. Perche´ non ne parla con Cuccia? » La reazione del banchiere fu stizzita, quasi mi mando` al diavolo. Allora gli dissi che ero imbarazzato, ma ero latore di una richiesta dell'Avvocato.
Morale, lo prendemmo in Rcs, dove curo` la parte cinema e video insieme a Paolo Glisenti. Fu un grande insuccesso, tanto che dopo solo un anno lascio`
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7- CRAXI INDICANDO IL CAVALIERE E MONTEZEMOLO, DISSE: « SENTA ROMITI, LEI MI DEVE DIRE UNA COSA: MA TRA QUESTI DUE CHI E` IL PIU` BUGIARDO? 
Craxi fu anche determinante per l'ascesa imprenditoriale di Berlusconi, fu quello che riaccese i ripetitori delle sue televisioni che i pretori avevano spento. Berlusconi riuscı` quasi subito a entrare nelle grazie di Craxi. Le racconto un episodio. Bettino era molto amico della cantante, poi discografica, Caterina Caselli, donna intelligente e molto simpatica. Una volta lei e il marito, l'industriale discografico Piero Sugar, ci invitarono a casa loro. C'eravamo io, Craxi, Berlusconi e Montezemolo. Craxi era gia` potente e mi ricordo che Berlusconi, allora completamente fuori dalla politica, aveva appena ultimato Milano 2 e iniziava ad avere qualche timido interesse per la televisione. Il segretario socialista, che aveva voglia di scherzare, a un certo punto rivolgendosi a me, ma indicando il Cavaliere e Montezemolo, disse: « Senta Romiti, lei mi deve dire una cosa: ma tra questi due chi e` il piu` bugiardo? Perche´ che siano bugiardi si sa, ma lei che li conosce meglio di me forse puo` aiutarmi a risolvere il dubbio ».
Bettino CraxiBETTINO CRAXI
Per lei un dubbio amletico. 
Mi colse di sorpresa, poi me la cavai con una battuta: « Concordo con lei che sono due grandi bugiardi, ma se proviamo a tirare una moneta in aria, sono sicuro che cadendo rimarrebbe dritta ».