venerdì 14 dicembre 2007

Ognuno cancella di sé le debolezze che riconosce, con l' astio dell' orfano, del povero, del calamitato, di chi è colpito dalla malattia. Teme l' assalto delle frane che non si attende, delle crepe che si possono aprire (si apriranno!) preparando l' interludio di una fine nella propria vita. La fine di un amore, la fine degli anni amati, la fine definitiva... E arranca dietro quella lotta di sutura, per rimuovere gli strappi certi, consolidati, per evitarne la suppurazione. E' una lotta senza dignità o bellezza, la lotta di acrobati fallimentari, che non si preoccupano più della bellezza dell' esercizio: cercano solo di arrivare alla sponda opposta sani e salvi.

Giuseppe Genna, Catrame

giovedì 6 dicembre 2007

Il valore della vita


SGARBI COME E' AL SOLITO AVANTI 3000 KM


TUTTO QUESTO PASTICCIARE INTORNO ALLA VITA


CHE POI, BASTANO 2 CALCOLI E CAPISCI QUANTO VALI


BASTA CHE:


- DIVIDI LE TIPE CHE TI SEI FATTO FINO AD ORA (NO TROIE) PER LA TUA ETA';


- DIVIDI QUANTO GUADAGNI ALL'ANNO PER2 E PER LA TUA ETA' (SE STUDENTE, LA TUA MEDIA VOTO);


- MOLTIPLICHI I  RISULTATI E POI DIVIDI DI NUOVO PER L'ETA'.


ECCO QUANTO VALI


FACCIAMO QUALCHE ESEMPIO


STUDENTE
23 ANNI
MEDIA VOTO 30= 30:23 = 1,3
TIZIE FATTE 40= 40:23 = 1,73
1,73 x 1,3= 2,24 :23 x 10 = UNA VITA AL 97%
EFFETTIVAMENTE E' UN GRAN GALLO

PRENDIAMO UN VECCHIO CHE HA SFONDATO
50 ANNI
TIZIE FATTE 100 = 100:50 = 2
STIPENDIO 250K ANNUI = 250:2:50 = 2,5
2 x 2,5 = 5 : 50 x 10 = UNA VITA AL 100 %, GRAN GALLO ANCHE LUI


PRENDIAMO ORA UN LOSER PROTOTYPE
30 ANNI
TIZIE FATTE 10 = 10:30 = 0,333
STIPENDIO 40K ANNUI = 20 : 30 = 0,666
0,333 X 0,666 = 0,222 :30 x 10 = UNA VITA AL 7%, LA MORTE


 


 

domenica 2 dicembre 2007

Nazismo & Società: caso Erba

raffaella castagna era brutta -> bellezza come gerarchia sociale -> discesa della gerarchia sociale -> marito extracomunitario -> vicini spazzini

il marito, azouz ->  matrimonio di convenienza x l'ascesa


coniugi bazzi -> visione basica della vita -> lettura dei vicini come protoplasma antisociale -> risposta senza mediazioni sovrastrutturali -> eliminazione


azouz ne trae benificio, ma fortuitamente -> liberato dal vincolo ma fruitore dei benefici connessi ->non è comunque preparato alla sua elevazione


caduta


l'esaltazione dello stato delle cose è totale, la lateralità delle forme di vita minori, la loro inutilità

pangloss would love it


mercoledì 28 novembre 2007

il giorno che si sciolsero i madredeus

Il giorno che si sciolsero i madredeus
era un giorno come gli altri
ero al lavoro e c'erano delle cose che non sapevo fare
che avrei dovuto studiare 5 anni per saperle fare
e mi chiedevo cosa avevo fatto in quei 5 anni
e pensavo a quando, tra 5 anni, mi sarei chiesto
cosa stavo facendo adesso
che ero al telefono con adriana che mi diceva che si erano sciolti i madredeus
(adriana che ho conosciuto perchè a un certo punto della mia vita c'erano stati i madredeus)
i madredeus credevo dentro di me fossero già sciolti
(ma adriana no, anche se non volessi sarebbe sempre qui, come una canzone dei madredeus)
come quando qualcuno se ne va
ma tanto ormai non lo vedevi più
invece i madredeus no, anche loro erano rimasti sempre qui
erano i 21 anni ardenti quando ancora tutto è possibile
l'oceano delle possibilità
rispetto al mediterraneo della mia vita fino ad allora
e quella che è ora e sarebbe stata
21 anni, quel rossore dorato e scarlatto del mattino della vita
quelle grazie del cuore che ancora sogna e si inebria
dell'amore di speranza di quell'età, delle carezze della vergine
che lieve gli si schiude accanto


quando giravo lisbona nei posti
citati nei testi delle canzoni
e mi fermavo al cais das colunas, sugli scalini che degradano nel mare
il quarto lato della praça do comércio, che da tre lati ha i palazzi e il quarto lato è il mare


quei gradini che impercettibilmente scivolano nel mare
come il presente lentamente travolge
propositi e sogni, e senza accorgersi si diventa
quello che non si era pensato
niente di quello che ero allora
è rimasto adesso
anche se sempre lo stesso, ripasso
per le strade della città
lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi
chi non parla a chi non conosce

come fosse possibile non ripetere i percorsi
come fosse possibile capire tutti
come fosse possibile avere amori
e intanto non soffrire per quelli che finiscono
e soprattutto per quelli che non avremo mai
mi ricordo che immaginavo di scrivere i testi dei madredeus

e scrivevo una canzone che diceva
piccole cose, sono tutto quello che ti posso dare
ma un grande amore non è piccola cosa
che niente è più grande dell'amore
amare, amare, ma solo vale la pena
se tu vuoi ricambiare
che un grande amore non è piccola cosa
che niente è più forte dell'amare
è questa l'ora, che ho aspettato tutta la vita
è adesso, è adesso

domenica 25 novembre 2007

1 week until the end of the world






wim wenders & me parlando di adriana & lisbona

venerdì 23 novembre 2007

Shakira uberfica

della deità di shakira, dall'elasticità della sua fica alla voce orgasmica quando si avvolge sulle vocali.
ma la luce abbaglia, e l'insieme perde il tutto.
dimentica il suo culo per un attimo, solo per un attimo, un attimo solo, e pensa a quello che dice.

She's got the kind of look that defies gravity
She's the greatest cook
And she's fat free


passano gli aerei nella notte,
portano sfigati e persone bellissime,
portano i sogni e i pensieri,
portano il desiderio verso il tramonto.
di andare da un'altra parte, con altra gente
restando sempre gli stessi stronzi,
essere idea e restare di essere corpo,
la nostalgia di posti dove non si è mai stati.
il mio unico sogno
è una collisione nel cielo
io & shakira
esplodere e ricadere
come stelle & scintille.
shakira è stata in tutti i posti,
è tutti i corpi,
è le stelle,
sul suo aereo privato,
è il turbocapitalismo,
è petroldollari e sentimento,
è eternamente e infinitamente oggi
e intanto pensa

She's been to private school
And she speaks perfect French
She's got the perfect friends
Oh isn't she cool

She practices Tai Chi
She'd never lose her nerve
She's more than you deserve
She's just far better than me


Il san carlo dell'anima,
il dorsia del sogno
il posto dove non si arriva.
un prete che nel 1930 prendeva un aereo si sarà sentito più vicino a dio.
io quando sono in aereo penso di essere più vicino a shakira.
dio con simbolino un triangolino.
morire, sul'aereo farsi saltare, se il paradiso è vedere les champs élysées di shakira.

Hey hey

So don't bother
I won't die of deception
I promise you won't ever see me cry
Don't feel sorry

For you, I'd give up all I own
And move to a communist country
If you came with me, of course
And I'd file my nails so they don't hurt you
And lose those pounds, and learn about football
If it made you stay, but you won't, but you won't


malessere e perdizione nell'amore, l'amore illumina, e rende rilucente la propria nudità, la propria inadeguatezza.
andare a scuola, andare al lavoro, e non essere mai shakira.
adeguarsi intanto alle regole del mondo.
trovarsi soli, cambiare città.
fare nuovi amici, iscriversi al corso di latino-americano e poi passare a quello di tango.
quando è sera, tornare a casa.
i taxisti nella notte con cinquant'anni chissà perchè vivono ancora.
come fanno, forse hanno una famiglia da difendere, si inventano qualcosa per non sentirsi gli ultimi.
quando si è ultimi, l'ultima speranza è spostare il gioco, la scommessa, sacrificare tutto a dio.
quando tutto è perduto, quello è il momento di amare tutto, in cui si riesce ad amare tutto.
nella ricerca inesausta, nel desiderio e nell'amore, il senso.
quando mi sento perduto, io innalzo il mio amore a shakira.

So don't bother,
I'll be fine, I'll be fine, I'll be fine, I'll be fine
Promise you won't ever see me cry

And after all I'm glad that I'm not your type, not your type, not your type, not your type
Promise you won't ever see me cry


domenica 11 novembre 2007

la tristezza infinita dell'innamoramento

la tristezza infinita dell'innamoramento
la totale inadeguatezza dell'esistenza
la distanza siderale delle stelle
il silenzio dell'inverno
il viversi nel ricordo
la proiezione nel desiderio
il sognante affidamento nel futuro che non c'è
la decadenza di ogni sentimento
l'evaporarsi di ogni entusiamo
il pomeriggio di ogni cosa
l'incomunicabilità della nostalgia
l'annullamento nel tempo
l'assenza di ogni speranza
l'improvvisa scintilla di un incontro
la felicità di un momento
un bacione di buonanotte per te
amore mio infinito e lontanissimo.

lunedì 5 novembre 2007

frangetta e altri profili poveri

frangetta e altri profili poveri

domenica 4 novembre 2007

Maslow's Hierarchy of Internet needs

Maslow's Hierarchy of Internet needs

sabato 3 novembre 2007

如果生命有一種絕對,那 會不會是你?
你溫柔的影子 從此重疊著我的影子,
    未來 我的影子哭泣時,
       我知道還有你可以依附。

If the life has one kind to, that can be you? Your gentle shadow
henceforth overlaps my shadow, when future my shadow sob, I knew also
has you to be allowed to attach.

mercoledì 31 ottobre 2007

la vita inconosciuta

Passa la vita, inconosciuta
e ogni idea
che ci si possa formare
è sbagliata.
Io sono quello che non sono
Io vorrei essere quello che sono
ma è impossibile essere quello che si è
chi dice di esserlo
per primo non lo è.
Quanti sbagli ho fatto nella vita
e in quel momento ero convinto
di fare sempre la cosa più giusta,
come chiunque altro
in qualunque momento
in ogni cosa che ha fatto.
D’ora in poi non farò più sbagli
adesso tutto mi è chiaro,
come anche mi era nel passato,
solo che allora mi ero sbagliato
ma adesso sono nel giusto.
Quante fantasie, quante idee
che ho lasciato morire nel tramonto
ma adesso vedo i colori
d’ora in poi la mia convinzione
sarà forza, sarà acciaio
ecco io sarò un guerriero
con un ultracuore palpitante
sotto l’armatura
le mie arterie cyberintrico di fili di ferro
grondanti sangue senza che io senta dolore
sopporterò tutto con la volontà
ucciderò, e fortissimamente amerò
sarò eternamente Io.
E in questa iperconvinzione universale
sottile la mia percezione
di essere un coglione
un satellite di minchiate
alla deriva
nello spazio siderale.


martedì 30 ottobre 2007

aldo 9 - a letto con magalli

domenica 28 ottobre 2007

Amor di perdizione, Camilo Castelo Branco

Diciotto anni, quel rossore dorato e scarlatto del mattino della vita
quelle grazie del cuore che ancora non sogna di frutti e si inebria
del profumo de fiori, dell'amore di speranza di quell'età
il passaggio dal seno della famiglia, dalle braccia della madre
dai baci delle sorelle alle più dolci carezze della vergine
che lieve gli si schiude accanto
come fiore della stessa stagione e dallo stesso aroma
e nella stessa ora della vita
E bandito dalla patria, dall'amore, dalla famiglia
mai più il cielo del Portogallo, né madre né un amico
amò, si perdette e morì amando

Chi mai vide una vita amorosa e non la vide affogata
nelle lacrime della sventura o del pentimento
a quale oscurità mio Dio porta la dedizione al sentimento
che un ragazzo perdette la libertà e la pace
per amore di una donna, la creatura più plasmata dalle dolcezze della pietà
che porta con sè dal cielo un riflesso della divina misericordia
che ci diede la vita ma non di discernere quale fragile vetta di gioia
si affaccia su un abisso di dolore
amò, si perdette e morì amando

Nel 1846 sposa Joaquina Pereira che in breve lascia con una figlia
conosce Isabel Candia, una suora, Maria do Adro morta tisica
Patricia Emilia rapita e abbandonata con una bambina
Ana Placido, sposa di un uomo deciso da suo padre
sarà la sua amante e per il reato di di adulterio segregata nelle carceri
Camillo si consegna alla giustizia e finisce nella stessa prigione
quando vengono liberati, hanno due figli, uno demente, l'altro vagabondo
oppresso dalle difficoltà economiche
si consuma in una sfrenata attività letteraria
diventato cieco si uccide con un colpo di pistola
amò, si perdette e morì amando

sabato 27 ottobre 2007

Zeitgeist

Zeitgeist the movie

lunedì 22 ottobre 2007

Memories Of Matsuko,嫌われ松子の一生

sabato 20 ottobre 2007

frangetta e altri profili poveri

giovedì 18 ottobre 2007

corona's deboscially correct

“Non mi scandalizzo.
Il dolore è dolore, anche se ci metti sopra dei soldi non sparisce, fa sempre male

Sarà pure una coincidenza, ma in uno dei giorni più cupi di questa storia, quello ventoso del funerale in Tunisia, spunta Fabrizio Corona, il re delle paparazzate più fatue e dei veleni in formato Nikon digitale. Compare con gli stivali pitonati a punta, il gessato scuro, la pelle abbronzata, le catene d’oro al collo, i capelli raccolti e inzuppati nel gel, all’aeroporto di Malpensa, settore imbarchi internazionali, volo Tunis Air delle 17, destinazione Tunisi.

E’ a metà della fila, con borsa Vuitton, mentre davanti a lui stanno passando i controlli di polizia i membri superstiti della famiglia Castagna, il sindaco di Erba, una manciata di assessori, due amiche di famiglia, una decina di fotografi spediti dai settimanali, sei operatori delle maggiori emittenti tv, una dozzina di giornalisti della carta stampata. C’e’ tensione. I giornalisti non perdono di vista i Castagna. Gli amici della famiglia fanno argine. Qualcuno prova a forzarli. Ci sono spinte, proteste. Nella stiva sono già state imbarcate le due bare, quella di Raffaella e quella di suo figlio, il piccolo Youssef, ma nella superficie degli imbarchi la vita fa finta di niente.

Dieci metri più indietro Fabrizio Corona e’ al telefonino. Secondo le intercettazioni disposte dal pm Henry John Woodcock, quello dell’inchiesta su Vallettopoli che lo tiene sotto controllo da ottobre e lo arresterà un mese e mezzo più tardi, sta parlando con Francesco Coco, il calciatore.
Corona: “Oh, mi sto imbarcando, ci vediamo mercoledì. Torno mercoledì. Vado in Tunisia”.
Coco: “Beato te”.
Corona: “No, vado a fare quella roba di Azouz. Sai quello che gli e’ morto la moglie e il figlio… Ho chiuso l’esclusiva per “Chi” e l’intervista per Costanzo… Quindi vado giù che c’e’ il funerale domani mattina”.
Coco: “Ah…”.
Corona: “Non e’ una bella roba. Quindi ritorno mercoledì, così chiudiamo tutto. Va bene?”.

Fabrizio Corona sembra finto e invece e’ vero. Sembra la caricatura di un gangster, con le giacche a righe, gli anelli, i tatuaggi, i muscoli, le pupe, la Bentley da 530 cavalli. Invece di mestiere produce cibo per casalinghe, sogni per i parrucchieri, brufoli di invidia per le ragazzine E’ nato a Catania il 29 marzo 1974. E’ cresciuto a Milano in mezzo ai giornali, magari anche soffocato dai giornali, e perciò con la voglia strafottente di avvelenare la loro anima per dispetto e per godersi le conseguenze. Il che potrebbe avere anche una spiegazione psicanalitica, vai a sapere, visto che suo padre Vittorio, invece i giornali li amava, li inventava, li accudiva.

Ho conosciuto Vittorio Corona ai tempi in cui creò “Moda” e “King”, i più allegri e intelligenti mensili dei tristi Anni 80, quelli di Craxi, di Andreotti, della truffa collettiva dei Bot, della moltiplicazione del debito pubblico. In controtendenza con l’ossessione del denaro e del cinismo montante, i suoi giornali giocavano a sorpresa con il nuovo star system televisivo, il divismo da tabloid. Sceglievano l’ironia anche nelle foto: mai enfasi, ma tagli di luce spiazzanti, E nelle storie scritte una chiave per trasformare anche la vita quotidiana in un’avventura e una scoperta.

L’ho rivisto mentre, nei mesi elettorali del 1994, fabbricava la prima pagina de “La Voce”, il quotidiano appena fondato da Indro Montanelli. Vittorio lavorava fino all’alba. C’erano pochi soldi e zero mezzi. Per affetto teneva il vecchio all’oscuro di tutte le difficoltà. Ogni tanto – visto che Indro fronteggiava l’insonnia dentro alla sua doppia stanza del Residence Maria Teresa con la sola compagnia della sua Olivetti Lettera 22 - lo chiamava di notte per rassicurarlo: “Ce la faremo”.

“La Voce” campò pochi mesi, a cavallo tra il 1994 e il ’95 causa pochi lettori, poca pubblicità, “nemici spietati”. Chiuse senza rancori, Montanelli ringraziando i lettori, Corona “gli amici coraggiosi”. Perché Vittorio era serio nel fare e nel disfare. Non gli piaceva vivere di risentimenti. Era troppo colto, elegante, per bene. Detestava litigare, detestava apparire. Aveva passioni gentili e ironia siciliana. Aveva buon gusto.
Dunque da dove viene suo figlio? Da dove arrivano le sue smanie? Da quale idea del mondo e della professione?

Un giorno di giugno a Milano, me lo racconta in una conversazione con adrenalina e un po’ di prosopopea, com’è nel carattere. E’ per di più il suo periodo di massimo splendore mediatico. Sta in classifica con il memoriale “La mia prigione”, cronaca dei suoi 80 giorni nel carcere di Milano per l’inchiesta del pm Woodcock. E’ in cima a tutti i rotocalchi. Ha raddoppiato (“rettifico: triplicato!”) il fatturato della sua agenzia. Ammiratrici ancora stazionano sotto alle sue finestre, in zona Garibaldi, Milano, ad aspettare che lui lanci le sue mutande griffate Corona’s.

Parla spavaldo, parla furente. Parte come un treno che non si ferma: “Mi piacerebbe sapere perché se Enrico Mentana fa quattro trasmissioni con Azouz e il pieno di ascolti e’ un grande giornalista. Se io invece gli organizzo le foto e una intervista, allora sono un figlio di puttana che lo sfrutta.
“Bruno Vespa che campa su Cogne da cinque anni allora cos’e’? Un giornalista investigativo, un raccontatore di storie italiane, o uno sfruttatore? Io dico che siamo tutti uguali, siamo giornalisti a caccia di scoop. Facciamo tutti lo stesso mestiere e il più svelto vince. Il fine giustifica i mezzi.

“Ti racconto. Quando Azouz Marzouk compare su tutti i giornali, mi sta simpatico alla prima occhiata. Mando un paio dei miei a fotografarlo. Un giorno ci parliamo al telefono. Ci vediamo. Ci conosciamo. Mi racconta la sua storia. Mi convince. No, non ci credo che sia uno spacciatore. Non prende un grammo di roba, mai. E’ pulito. E’ per bene. E’ una vittima. In più ha la faccia che buca il video. E siccome penso che sia un buon investimento commerciale, e io al denaro ci tengo moltissimo, gli prometto che voglio fare una operazione su di lui. Lo propongo all’Isola dei famosi che mi dice prima di sì, poi no, poi ni. Io insisto, aspetto e continuo a provarci.
“Intanto c’è questa storia del funerale in Tunisia. Mi imbarco sul volo con tutta la truppa di giornalisti. Quando arrivo, Azouz mi ospita a casa sua. Ci intendiamo al volo: accetta di commercializzare. Non mi scandalizzo. Il dolore è dolore, anche se ci metti sopra dei soldi non sparisce, fa sempre male.

“Quindi è vero, lo ammetto: per le foto gli ho dato dei soldi. E allora? Non quelli che hanno scritto, 15 mila euro, ma siamo matti? Meno della metà, meno dei 5 mila che gli ha dato qualche televisione. E dopo i soldi ho fatto fare le foto. Comprese quelle “rubate”, durante la notte, nella camera ardente. Lo ammetto. Ho forzato un po’, ma è nel mio carattere.

“In televisione Azouz ce lo vedo benissimo. Perché? Perché la televisione è quella roba lì. Può non piacere, può fare paura, ma ormai è così. In Italia personaggi veri ce ne sono pochissimi e la televisione ha un bisogno continuo di personaggi per tenere la gente attaccata alle storie. Per questo la tv li pesca dalla cronaca. E più la cronaca è efferata, più il caso è scandaloso, meglio è. Prendi Lapo Elkann. Senza il transessuale non vale molto. Ma dopo la notte con Patrizia, diventa una bomba.

“Guarda, a me la famiglia Castagna fa anche pena, per carità. Poveretti. So cosa vuol dire finire in pasto al pubblico. Ma questo succede a tutti i protagonisti della cronaca da quando esiste l’opinione pubblica. La gente vuole sempre più sangue, e la tv provvede. Non so se è giusto, ma è così.
“Non so neanche perché sono diventato un esempio per tanti ragazzini. Forse perché sono uno che non sta alle regole, che non si piega, che non ha paura dei moralisti. Però non ci tengo a essere un esempio. Non mi interessa. Non ho niente da insegnare: i miei valori sono l’amicizia e poi il denaro. Non è molto. E’ quello che sono: magari sono solo uno stronzo”

Fabrizio Corona non scrive, non legge, non fotografa: “Non so nemmeno come e’ fatta una macchina fotografica e non me ne frega niente”. Non sa che farsene della vita quotidiana e l’unica scoperta che lo eccita è il tradimento. Fabrizio Corona maneggia veleno. Inventa notizie. Spedisce fotografi in caccia. Vende la vita degli altri. Se ne vanta, gli piace.

Quel giorno a Milano mi ha detto: “Limiti? Nessuno. Se i coinvolti sono famosi, lavorano con il pubblico e sono diventati ricchi grazie al pubblico, nessun limite. Perché loro lavorano anche quando vivono”. E quindi: “Queste sono le regole del gioco: loro vivono, io li fotografo, guadagniamo tutti e due”. Persino Nina Moric, sua ex moglie, 29 anni, fotomodella croata, glielo ha rinfacciato in una telefonata intercettata: “Sono soldi marci i tuoi! Soldi marci!”.
Jean Baudrillard ha scritto che il commercio delle immagini sviluppa indifferenza al mondo reale, come una malattia. Corona e’ la malattia. La sua vita vale un romanzo e il romanzo non avrà un lieto fine.

martedì 16 ottobre 2007

american psycho

mercoledì 10 ottobre 2007

cristina donà universo

martedì 9 ottobre 2007

come potresti amarmi se fuggo

Ti dirò un segreto, una cosa che non insegnano nei templi: gli Dei ci invidiano, ci invidiano perché siamo mortali e ogni momento può essere l'ultimo per noi. La vita è più bella per i condannati a morte, e tu non sarai mai più bella di quanto sei adesso.

domenica 7 ottobre 2007

si è contenti di far parte di un'élite fino a che se ne è compresi, per poi combatterla quando se ne è esclusi

mercoledì 3 ottobre 2007

la vita che non so

L’unica cosa che so
è che la vita che vorrei
è la vita che non so
che mi passa accanto
oppure immagino soltanto
quella del fidanzato di shakira
di un’oligarca russo della gazprom
o di qualsiasi altra persona
e passo il giorno sognando
la perversione di morire, invecchiare
la perversione di essere un pomeriggio
un pomeriggio di autunno sulla strada per Hannover
la nostalgia di qualunque cosa
di sudare in magliette sintetiche della ddr
la nostalgia di un futuro che non avrò
di un presente che non ho
di un passato che non ho avuto mai.
Guardo l’orizzonte
e vorrei essere tutte le cose che ci sono
tutte le persone
eppure, quando ci provo a parlare
non ho niente da dire
c’è un istante, prima del presente
in cui tutto è bello, perfetto
ma poi non è così
eppure io insisto
la vita è la maggiore umiliazione
che una persona possa subire
nella desertificazione delle possibilità
che avanza ogni giorno
mentre si perlustrano le vastità
delle solitudini australi
eppure, in questa moltitudine sconfitta
nessuno è disposto a rinunciare
per quanto miserabile
a sé stesso
a cancellare tutte le sue sconfitte
i suoi dolori, i suoi vani tentativi
pur di mantenere in vita
quel flebile sogno
di una vita che nemmeno sa

lunedì 1 ottobre 2007

annie lennox dark road

domenica 30 settembre 2007

ostalgia

trabant adri
Si è aperta a fine luglio alla Neue Nationalgalerie di Berlino la mostra "L’arte in Ddr", solo l’ultima in ordine di tempo tra le sempre più numerose manifestazioni dell’Ostalgia che si è impossessata della Germania unita: ostàlgia (da pronunciare con la g dura, come in "gas") è un neologismo formato da nostalgia e da Osten (che in tedesco vuol dire "est"), ovvero nostalgia per l’epoca in cui c’era la Germania orientale. L’esempio più clamoroso di ostalgia è stato naturalmente il film Goodbye Lenin che ha sbancato i botteghini e che, da febbraio – quando è uscito – a oggi, in Germania è stato visto da 6 milioni di spettatori. Ma già nel 2001, su un tema assai vicino, era uscito Berlin is in Germany di Hannes Stohr, che racconta le peripezie di un cittadino dell’est, imprigionato proprio prima della caduta del Muro di Berlino (novembre 1989) e liberato dieci anni dopo. Dell’anno scorso è invece Halbe Treppe ( l’edizione internazionale è intitolata Grill Point), commedia sentimentale di Andreas Dresen, sulle difficoltà di adattamento al capitalismo degli abitanti di Francoforte sull’Oder.
Naturalmente anche la Tv si è buttata su questo filone: da settembre il canale Rtl trasmetterà una serie sull’ostalgia, animata dalla pattinatrice della Ddr Katarina Witt (due volte olimpionica) in cui saranno ripresi spettacoli, canzoni, e altri aspetti della vita nella Germania orientale.
Ma l’ostalgia è visibile anche nei caffè e nei bar: poiché Goodbye Lenin uscirà in Francia a settembre, il corrispondente di Le Monde a Berlino in un articolo sul tema annovera, tra questi locali, il Kombinat a Berlin Mitte, in cui campeggia una bella stella rossa. In questo rimpianto per il passato confluiscono disparate componenti. Come in ogni epoca della storia, ci sono i nostalgici per vocazione, quelli che sarebbero nostalgici anche dell’inferno ("almeno lì faceva più caldo"). Ci sono i teorici del "come stavamo meglio quando stavamo peggio": genia che prospera anche nella sinistra italiana: in questo caso la variante dell’ostalgia è il rimpianto per la guerra fredda e per un’Unione sovietica che bilanciava lo strapotere Usa. Ci sono i privilegiati dell’ancien régime che hanno perso i loro privilegi e i membri di tutti gli apparati repressivi che hanno perso il loro status e sono stati criminalizzati. Ma in Germania ci sono le decine di migliaia di professori liceali di marxismo che hanno perso non solo il lavoro ma anche la propria specializzazione. E poi ci sono tutti gli scienziati della Germania est penalizzati dalle nuove graduatorie (per esempio sapere l’inglese fa punti per i concorsi universitari, mentre sapere il russo no). Ci sono i nuovi disoccupati, e i nuovi poveri. Ci sono i delusi dal capitalismo: viene in mente la battuta sui due russi che s’incontrano: "La sai la brutta notizia? Tutto quello che ci diceva il Pcus sul comunismo era falso". Risponde l’altro: "Ma c’è una notizia ancora peggiore: tutto quello che ci diceva sul capitalismo era vero".



E poi c’è un generale sentimento d’umiliazione: i tedeschi orientali (gli Ossi) vengono trattati dagli occidentali con la stessa considerazione che i leghisti di Umberto Bossi hanno per i "terroni". La Germania est è diventata la "questione meridionale tedesca" con una straordinaria somiglianza negli stereotipi. Gli Ossi sarebbero pigri, furbastri, burocratici, sempre in attesa della manna statale, privi di spirito d’iniziativa. Da 14 anni gli Ossi si sentono fare ogni giorno dai Wessi una lezione di civismo, di imprenditorialità, di moralità. Per i Wessi invece l’ostalgia è il piacere per un folklore desueto, assomiglia alla passione dei padani per la commedia napoletana, e la Trabant è l’equivalente metallico del carretto siciliano.
Questa nostalgia è particolarmente vistosa in Germania, ma – in gradi diversi – si manifesta in tutti i paesi dell’ex blocco sovietico. In ogni paese vi è una ragione specifica. In Polonia per esempio, adesso si sparla dei preti come sotto il comunismo si denigravano i commissari del popolo (cioè sempre per allusioni e a bassa voce). In Russia il crollo della produzione, dell’economia, del livello di vita e anche della speranza di vita (tra il 1991 e il 1994 la durata della vita media dei maschi russi diminuì di 6 anni!) abbellirono il ricordo del passato (che d’altronde appare sempre più roseo di quel che fu in realtà).
Ma il rimpianto del comunismo è un fenomeno complesso su cui si studia da parecchi anni. Nel 1996 si tenne una memorabile conferenza a Bellagio. Nel 2001, nella New York del dopo 11 settembre, girellando per una libreria Barnes and Noble, inciampai in un volumone dal titolo che mi affascinò: The Future of Nostalgia (pp. XIX, 404, Basic Books, 2001) della slavista russa, oggi professoressa ad Harvard, Svetlana Boym. Alla fine di questa primavera è uscito per i tipi di Bruno Mondadori un volume collettivo, Nostalgia. Saggi sul rimpianto del comunismo (pp. 290, € 24,00), la cui prima parte è una versione molto abbreviata del saggio di Boym (mi piaceva di più il titolo inglese) che ha il pregio di discutere in generale questa strana categoria della modernità e di tracciarne una breve storia: il primo "manifesto della nostalgia" è redatto nel ‘400 dal primo poeta maledetto moderno, François Villon: "Mais où sont les neiges d’antan…?" ("Dove sono le nevi d’un tempo che l’aprile ha disciolto?").
Intanto il termine stesso è un neologismo pseudo-greco – da due parole elleniche, nostos, ritorno a casa, e algos, dolore – che fu coniato nel 1688 dal medico svizzero Johannes Hofer per descrivere una precisa malattia: "la tristezza ingenerata dall’ardente brama di tornare a casa". In realtà la nostalgia assunse subito un significato più vasto e poté coesistere, senza sovrapporsi, con i termini specifici che le varie lingue hanno per designare il rimpianto del proprio paese, mal du pays in Francia, Heimweh in Germania, mal de corazon in Spagna. Per Hofer, chi soffriva di nostalgia aveva "rappresentazioni distorte", perdeva contatto con la realtà, assumeva un aspetto esanime e allampanato, confondeva eventi reali e immaginari, passati e presenti, sentiva voci e vedeva fantasmi. Il ritorno diventava un’ossessione. La nostalgia era perciò una vera e propria malattia, con tratti in comune con l’ipocondria e la melancolia. Di diverso c’era che la nostalgia era non solo una sindrome privata, ma anche un morbo pubblico. "Nel 1733 l’esercito russo cadde vittima della nostalgia appena entrò in territorio tedesco e la situazione divenne così seria che il generale fu costretto a escogitare una cura radicale per debellare il virus nostalgico. Minacciò che il "primo che si fosse ammalato, sarebbe stato sepolto vivo"". A fine ‘700 la nostalgia era diventata "un’epidemia pubblica" (nella stessa costellazione di sentimenti, dilaga nella stessa epoca la passione per le rovine). Addirittura, "le autopsie che furono eseguite sui soldati francesi morti nella proverbiale neve russa durante la disastrosa ritirata della Grande Armata napoleonica rivelarono che molti di loro presentavano infiammazioni cerebrali caratteristiche della nostalgia".
La nostalgia sarebbe dunque solo un’altra di quelle "malattie transitorie" di cui parla il filosofo Ian Hacking, che vengono diagnosticate in certi luoghi per un certo periodo e poi scompaiono. Oggi, dice Boym, la nostalgia è una sindrome medica solo in Israele (non per caso, si potrebbe aggiungere). C’era però in questa concezione medica della nostalgia un risvolto sanitario che ci appare balzano – ma non più dell’idea che la depressione sia debellabile col Prozac – e cioè che la nostalgia fosse curabile. Ma mano mano che l’ideologia del progresso si diffondeva e predominava, la nostalgia non era più una sindrome individuale, ma diventava un vero e proprio mal du siècle.
Il proprio del progresso è di relegare il passato nell’irripetibilità: poiché noi siamo progrediti rispetto a esso, non potremo più vivere ed essere come eravamo allora. Il desiderio del ritorno al passato diventa un desiderio impossibile perché il passato non potrà mai ripresentarsi come era. L’esito più esasperato di questo procedimento è riscontrabile nel titolo dell’autobiografia dell’attrice (e compagna di Yves Montand) Simone Signoret, La nostalgie n’est plus ce qu’elle était ("La nostalgia non è più quella di una volta).
Da malattia debellabile a male incurabile, la nostalgia è il marchio indelebile ogni percezione del moderno. Anzi, poiché ogni presente è destinato a fulmineamente divenire passato, il secondo romanticismo elabora una nuova forma di nostalgia: la nostalgia del presente. Ognuno guarda l’istante attuale come quel labile momento che sta per sprofondare in un irrepetibile passato. Charles Baudelaire lo esprime benissimo nella poesia La Passante (prevedibilmente citata da Svetlana Boym), in cui egli guarda una passante che incrocia per mai più rivederla, con già la nostalgia di un amore che avrebbe potuto essere e non sarà, la nostalgia di un amore virtuale.
Sempre nell’800, quando Los Angeles era un avamposto spagnolo, Chicago era ancora un paesello, e New York era una piccola cittadina comparata a Londra o Parigi, un promotore immobiliare di Saint Louis prediceva che "dalle frenetiche città della Costa Pacifica, pellegrini sentimentali giungeranno là dove ora sono Boston, Filadelfia e New York e contempleranno lunari, con malinconia, le tracce delle Atene, delle Babele e delle Cartagine dell’emisfero occidentale" (ancora le rovine, solo che in questo brano sono "ruderi posteri"). Qui siamo addirittura in una situazione di nostalgia del futuro, di vivere il presente in uno stato di futuro anteriore.
Dalla nostalgia del paese natio e del passato, siamo passati alla nostalgia del presente, e poi alla nostalgia del possibile, e poi alla nostalgia del futuro. Cioè alla nostalgia come sentimento intransitivo, che non si riferisce a nulla di specifico, che non ha neanche una specifica ragione di essere, ma soffonde di malinconia l’intera percezione interiore del nostro esistere: cosa è lo spleen se non una nostalgia intransitiva? Se la nostalgia permea tutta la nostra percezione, vuol dire che ci sentiamo costantemente estraniati, spaesati: "la società moderna appare come un paese straniero, la vita pubblica un’emigrazione dall’idillio familiare, l’esistenza urbana un esilio permanente" (Boym).
Infine c’è una nostalgia anche di ciò che non è mai esistito, come esprime in modo fantastico una poesia di Giorgio Caproni, intitolata "Ritorno" – nel nostro contesto diremmo nostos – che Boym cita alla fine del suo libro inglese (nella versione italiana manca tutta la parte su come influisce l’informatica sulla nostalgia):
"Sono tornato là / dove non ero mai stato. /Nulla, da come non fu, è mutato. /Sul tavolo (sull’incerato / a quadretti) ammezzato / ho ritrovato il bicchiere mai riempito. Tutto / è ancora rimasto quale / mai l’avevo lasciato."
È probabile che la nostalgia del comunismo appartenga, almeno in parte, a questo rimpianto di quel che non fu.

sabato 29 settembre 2007

Io la conoscevo bene: Paola Chiaromonte



Gente che per essere qualcuno e apparire è disposta a tutto. Per farsi fotografare, farsi ammirare, far parlare di sè, finire sui giornali, cosa c'è di meglio di una bella festa pronta a trasformarsi in un bordellone gigante?
Una fanciulla, neppure ubriaca, si è fatta fotografare sul water, pardon, chiamiamo le cose col loro nome, sulla tazza del cesso, seduta e con le mutandine calate.




Saranno famose". E se lo dice l'obiettivo di Bruno Oliviero, alias "il fotografo delle dive", c'è da crederci. Ci hanno creduto le dodici modelle che hanno posato per lui nel calendario 2004 sotto il titolo, per l'appunto, "Saranno famose".
E allora cominciamo a ricordare i nomi di quelle che promettono di essere le famose di un prossimo futuro: Paola Chiaromonte, 23enne, napoletana, una passione che si divide tra teatro e sport.



Napoletana verace, Paola appare come una bellezza mediterranea intrigante e maliziosa. Un carattere dolce ed una
grande voglia di emergere nel mondo dello spettacolo. Vive tra Roma e Napoli e ha più volte dimostrato il suo talento in varie partecipazioni come attrice per alcune importanti Fiction.
Credi seriamente nelle tue capacità artistiche?
Ho piena fiducia nella mia scelta di intraprendere la carriera artistica e per questo frequentando una scuola di recitazione ritengo di aver affinato il mio bagaglio di conoscenze a riguardo ed il mio modo di recitare. Amo molto leggere testi di autore di un certo livello, a mio parere utile per crescere come artista.
Quali sono stati i tuoi ultimi lavori.
Ho partecipato interpretando un ruolo molto carino ad “Orgoglio” poi sono entrata nel cast di “Gente di mare 2”. Ultimamente mi sono cimentata in un cortometraggio per la regia di Giorgio Serafini che andrà su Internet. Spero al più presto di poter interpretare sempre più ruoli da protagonista. Ho fatto tanto teatro, è per me una grande passione e tutte queste esperienze insieme mi daranno quanto prima la possibilità di farmi notare.
Progetti futuri.
Dovrei iniziare la lavorazione di una Fiction a Settembre, ma per scaramanzia non ne voglio parlare.
Hai un “Lui” e come deve essere per te l’uomo ideale.
Attualmente sono single. Non amo molto i “bellocci” che se la tirano e preferisco l’uomo generoso, rispettoso ed intelligente, anche se meno bello!
Quale attrice ed attore preferisci tra i tanti artisti italiani.
Sicuramente la bravissima Giovanna Mezzogiorno e come attore Stefano Accorsi. Ritengo siano proprio “belli e bravi”,
come si dice!
Cosa ti aspetti dal futuro.
Che improvvisamente qualche regista si accorga che sono brava a recitare, e mi metta alla prova in un ruolo importante. Mi appello al detto sempre in uso: “provare per credere”.

Settembre 2008
http://www.viviroma.tv/upload/1229466015.pdf





Intervista a Paola Chiaromonte
Pratichi qualche sport?
Si, il nuoto e mi piacciono molto le arti marziali.
Che cos’hai dentro di te di napoletano?
Sicuramente la positività, la filosofia di vivere alla giornata e di prendere quello che ti viene, e come tutti i napoletani sono molto socievole.
L’amore che cos’è per te?
È la prima cosa, l’essenza della vita. Che sia l’amore per un’amica, per un figlio, per la famiglia o per un uomo.
Qual è la cosa che ritieni più bella del tuo viso e del tuo corpo?
Indubbiamente l’espressione dei miei occhi mi affascina molto, ed il fondoschiena che non è niente male!
Che tipo di film ti piacerebbe interpretare?
Sento di non avere nessun problema ad interpretare vari ruoli perché cerco sempre di immedesimarmi nella parte che interpreto.
Che carattere hai?
Allegro, volubile ma determinato.
Qual è il tuo uomo ideale?
L’intelligente, l’ironico, ma non il possessivo.
Sei gelosa?
Un po’, da buona napoletana, però lo nascondo bene perché capisco che non è costruttivo esserlo.
Cos’è per te la seduzione?
Un gioco di sguardi, qualcosa che o ce l’hai dentro oppure non la potrai mai acquisire.
E tu ce l’hai?
Ma, gli altri mi dicono che vedono in me questa seduzione, ma io mi ritengo una ragazza normale.
Ti piace fare la corte ad un uomo o essere corteggiata?
Mi piace farmi corteggiare e farmi sedurre.
Cos’è per te il sesso?
Dopo il mangiare è la prima cosa che mi piace fare, è un connubio che ognuno di noi dovrebbe avere.
Che lavoro stai facendo?
Una parte nella fiction “Gente di mare 2”.

Viviroma aprile 2007
http://www.viviroma.tv/upload/1229459288.pdf

angela fiore mare

giovedì 27 settembre 2007

avrei voluto indossare la mia natura oggi prima di uscire, solo che la donna a ore non aveva finito di stirarla

martedì 25 settembre 2007

25.10.2007

mercoledì 19 settembre 2007

katahomo spot



katahomo.com

martedì 18 settembre 2007

ricordando luciano

Così Federico Moccia commemora sul settimanale Gente scomparsa di Luciano Pavarotti.
“Sarà stato il 2000 quando, per fare una sorpresa alla mia ragazza, l’ho caricata un pomeriggio in macchina e siamo partiti alla volta di Modena. Non le ho detto dove andavamo, ma la mia meta era arrivare al “Pavarotti & Friends” per assistere al concerto di George Michael”.


non è un caso se è il + grande scrittore italiano

lunedì 17 settembre 2007

sono tutti beppe grillo con i reati degli altri

domenica 16 settembre 2007

ci piace macho

mercoledì 12 settembre 2007

intervista a ildeboscio

Come nasce il progetto 'il Deboscio'? Per scherzo, da un gruppo di amici? Chi c'è dietro al Deboscio?
Non è che nasca per scherzo. Parte da me e David. Nasce come stato d'animo e poi come sito.
Il Deboscio è il disincanto, per dirla con me. Quanto di più lontano ci sia dall'entusiasmo banale da liceone, ah, comunque ci chiamiamo Davide, David, David e Riccardo. Siamo dunque, in 4.

Chi è che vi sta sulle palle? Su chi ironizzate?
Personaggi geograficamente milanesi ma accomunati da uno squallore comune: la povertà intesa come categoria dello spirito.

Perchè il successo è andato anche oltre Milano?
Forse perchè in Italia Milano e le sue non-dinamiche sono guardate con interesse. Non capisco perchè, poi.

Cosa volete fare da grandi?
Musica, produzioni video, società immobiliare, un film.

Le vostre t-shirt hanno avuto grande successo. Lancerete una linea per l'inverno? Avete in mente di creare una linea di abbigliamento?
Sì l'idea c'è ma non abbiamo voglia. Il Deboscio è lasciare tutto al momento sbagliato.

La t-shirt di Abatantuono è forse quella che ha fatto più scalpore. Lui cosa dice, non vi ha chiesto i diritti? Gliene avete regalata una?
Abbiamo chiesto se potevamo pagargli i diritti ma lui non ci ha mai dato una risposta. Comunque non la produciamo più. Ormai erano tre anni che era in giro e l'hanno copiata tutti. Oggi la fanno un po' tutti in giro. La trovi anche sulle bancarelle. E allora non ha più senso.

Ho visto che una vostra nuova maglietta riproduce l'immagine di Gesù. Vi siete ispirati alla linea di Teenage Millionaire?
Sì, indubbiamente. ma la loro a me non piace per un cazzo. In effetti non mi piace quel tipo di grafica post tutto. Poi la parole homeboy mi fa incazzare. Sono per una blasfemia più fertile, sono per l'helvetica bold dritto, quando ci vuole. O per il verdana bold leggibile, ma soprattutto per il franklin gothic black. Sono per gli anni '90. Minimale insomma. Che cazzo, sono magliette.

http://www.bella.li/int05-01.php

la poverata del secolo

martedì 11 settembre 2007

Cerco di evitare di dire cose intelligenti, correrei il rischio di non capirle

lunedì 10 settembre 2007

Solo un superficiale non giudica le persone per il loro aspetto esteriore

sabato 8 settembre 2007

G R I L L O D V X
M E A L V X

giovedì 6 settembre 2007

«Gigi con Luciano nel paradiso degli artisti

ROMA (6 settembre) - Folla davanti alla chiesa degli Artisti di piazza del Popolo per l'addio a Gigi Sabani, stroncato da un infarto martedì sera. La cerimonia funebre è iniziata con mezz'ora di anticipo sul previsto. Accompagnato dall'applauso di alcune centinaia di persone e dal grido «Se n'è annato er mejo», il feretro è stato portato nella chiesa poco dopo le dieci. «Gigi sarebbe contento di vedere che al suo funerale c'è tanta gente. Le persone non l'hanno mai dimenticato», dice Mara Venier. Tra i primi ad arrivare Gianni Minoli, il maestro Mazza, il musicista Demo Morselli. Tante le corone, tra queste, quella del presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo e del sindaco Walter Veltroni.

Pippo Baudo: «Con Luciano nel paradiso degli artisti». «Mi auguro e mi illudo che ci sia un paradiso degli artisti dove potrai incontrare colleghi che se ne sono andati prima di te, proprio stamattina si è aggiunto un altro artista, un grande tenore, Luciano Pavarotti, che ha lasciato un grande vuoto dietro a sé».Queste le applaudite parole di Pippo Baudo nel salutare il collega e amico Gigi. Dopo l'omaggio al tenore, il ricordo di Baudo è tornato a Sabani «che rimarrà nei nostri cuori per la sua classe e soprattutto per il suo sorriso anche se vittima di un meccanismo perverso che lo ha coinvolto». Prima dell'omelia altri due amici di Sabani hanno salutato «l'uomo allegro e divertente scomparso, ingiustamente, troppo presto». Tra i banchi accanto ai familiari, personaggi dello spettacolo come Ela Weber, Carmen Russo, Enzo Paolo Turchi, Massimo Lopez, Valerio Merola, Giancarlo Magalli, Pippo Baudo, Manuela Aureli, Tiberio Timperi. Presenti anche la vicesindaco di Roma, Maria Pia Garavaglia, gli assessori comunali e provinciali alla Cultura, Silvio di Francia e Vincenzo Vita, e il leader de La Destra, Francesco Storace.

La sorella: auguro a tutti un fratello come il mio. «Era grande, era bravo, ho sempre augurato a tutti gli esseri umani di avere un fratello come il mio - ha detto commossa la sorella di Sbani, Isabella, che ha parlato dall'altare dopo l'omelia. Mi è morto tra le braccia in 5 minuti: è stata un'ingiustizia». Isabella ha ringraziato tutti gli amici presenti in chiesa, «volti noti che, quando Gigi ne ha avuto bisogno, lo hanno chiamato, aiutato. Altri non lo hanno fatto, non so perché, anzi si che lo so: perché mio fratello era il più bravo di tutti». Un fragoroso applauso ha accompagnato queste parole. Isabella, infine, ha parlato delle sofferenze lavorative di Gigi «che soffriva perché non gli avevano dato la conduzione di un programma. Adesso lo farà in paradiso insieme a Pavarotti e a tanti altri artisti che sono con lui».

L'amico sacerdote: ora imiterà la voce del Padre Eterno. «Ha imitato tante voci: ora continua a imitare la voce del Padre Eterno - ha detto padre Santino Spartà, amico di Gigi Sabani, quando è arrivato in chiesa - Non gli dico addio, ma arrivederci: con lui ci rivedremo per ridere ancora insieme».
E don Santino ha ripetuto il concetto anche durante la messa: «Hai imitato molte voci della gente dello spettacolo. Io spero tanto che tu adesso continuerai a imitare una voce ineffabile e misericordiosa: la voce del Padre Eterno. E chissà quante risate potrete farvi nel regno dell'eternità. Una volta ti ho chiesto se pregavi Dio - ha proseguito il sacerdote - e tu mi hai risposto: Credo in Dio fermamente e prego però alla mia maniera. Ho pregato in un periodo brutto della mia vita. La preghiera migliore è parlare con Dio, secondo me, senza retorica. Non sono venuto a dirti addio, ma arrivederci in un regno al di sopra dello spazio e del tempo».

Il ricordo degli amici. «Mi ha insegnato tante cose, ho lavorato con lui. Sorrideva sempre, anche quando le cose andavano storte» ha detto la showgirl Ela Weber. Christian De Sica: «Pavarotti non l'ho conosciuto, ma Gigi sì: una persona meravigliosa e un grande artista». Mara Venier: «Gigi sarebbe contento di vedere che al suo funerale c'è tanta gente. Le persone non l'hanno mai dimenticato». Tullio Solenghi: «Si perde un altro grande, questa è la vita. Ha aiutato la comicità italiana: una persona genuina e dai sani valori, quei valori che si stanno un po' perdendo». Sandro Curzi: «Abbiamo mangiato un piatto di pasta alle vongole una settimana fa, la notizia della sua morte mi ha sconvolto. Aveva superato con grande fierezza brutti momenti nella sua vita e aveva grandi idee». Silvio Di Francia, assessore capitolino alla Cultura: «Un grande artista dello spettacolo. Una persona elegante e non invasiva, amata dal popolo, come si vede oggi».

Un cartello: Gigi, è solo un'imitazione, vero?. Questa la scritta, su un cartello di piccolissime dimensioni, sostenuto da Giuseppe, un signore che ha partecipato alle esequie di Gigi Sabani: «Mi ricordo delle belle risate in famiglia - ha detto - Un personaggio di cui si sentirà la mancanza».

Il malore. Il re degli imitatori si è spento a casa della sorella al Prenestino a Roma, dove si trovava a cena. Colto da malore, è stato chiamato il 118 ma i soccorsi sono stati inutili. A ottobre avrebbe compiuto 55 anni.

La salma cremata a Porta a Porta. La salma di Gigi Sabani, al termine del funerale, è stata trasportata negli studi di Porta a Porta, dove tra qualche giorno verrà cremata, nel corso di una puntata commemorativa del talk-show di Bruno Vespa.

martedì 4 settembre 2007

shoko tendo

作品紹介 メディア掲載 メディア掲載 日記 日記 書籍・グッズ販売 書籍・グッズ販売 お問い合わせ お問い合わせ. Copyright(C)2006 shoko-tendo.com All Rights Reserved.
Yakuza Moon: Memoirs of a Gangster's Daughter (Hardcover)
by Shoko Tendo (Author), Louise Heal (Translator)
Key Phrases: tattoo master, pachinko parlor, love hotel, Shoko Tendo, New Year
shoko tendo
Shoko Tendo ha un tatuaggio che dal polso sale sul costato, su tutta la schiena, fino alla spalla sinistra raffigurante una cortigiana dell'era Muromachi con un coltello tra i denti.
取材とお墓参り
今日は午前中から昨日に引き続きマリクレールの取材と撮影。
撮影もかねて両親のお墓参りにも行って来ました。
すぐ近くに遠山の金さんのお墓もあるので、お参りして来ました。
うちの父は生前、金さんが大好きでよく観ていました。
金さんの墓前で、当時を懐かしく思い出しつつ、両手の手の平で包み込むように
お墓に触れてから、しっかりと両手を合わせました。
最近、よく思うのです。
この世の中には偶然というものはなくて全てが必然であるのだと。
小さい頃、私は自分が大人になって、こんなふうに東京で独りで暮らすようになるなんて想像したこともありませんでした。
そして金さんの墓前で手を合わせている自分の姿も・・・・・。
また色んな人たちとの出会いもそう。偶然なんかではなく、出会うべきして出会って
いるのだと思うのです。
そうして人との輪が広がり繋がっていく。本当に幸せなことです。
明日も朝から取材と撮影なので本日はこのへんで・・・・・・。
ひとつ、ひとつの出会いに感謝しつつ、おやすみなさい。
shoko tendo
Shoko Tendo - the daughter of yakuza boss Hiroyasu Tendo - shows her tattoos, including a large one on her left shoulder of Jigoku Dayu, a famous courtesan from the Muromachi era.
Shoko Tendo è la figlia di un boss della yakuza giapponese.
Shoko Tendo viene ceduta agli uomini con i quali il padre era in qualche modo in debito.
A 19 anni è stata quasi uccisa in una di queste camere d'hotel.
shoko tendo
天藤湘子blog - livedoor Blog(ブログ)天藤湘子blog. 天藤湘子ウェブサイトhttp://www.shoko-tendo.com/ .... Shoko. 天藤湘子(てんどうしょうこ) 作家・ライター 1968年、大阪生まれ

sabato 18 agosto 2007

tsunami alert

alora in pratica stavo giocando a playa tamarindo in ostello a texas hold`em. i numeri, io che non so giocare avevo appena smerdato fior di americane scimmiate col poker, in pratica eravamo rimasti in 3 e avevo nettamente piu fiches di tutti. eravamo all`aperto, passano correndo in strada (tipo 7 di sera) mezza dozzina di locals che urlano "TSUNAMI ALERT, GO AWAY". gente che si guarda, bum mi fiondo in camera a pigliare piu roba possibile, no ma dai stanno scherzando, si "bullshits" rassicuro io gli inglesi la' che mi stan sul cazzo. no un momento, cnn dice che e vero, terremoto in peru, porco dio pesante arriva la ola tra 2 ore sul centroamerica. bum tutti dentro ora e' panico vero, faccio fatica a mettere le cose in valigia, vorrei lasciare qua delle cose per dar loro meno importanza e fare un inno alla vita, alla sopravvivenza. non trovo piu le chiavi della macchina. no sul serio, non le trovo. riesco fuori. no niente dove sono cazzo le chiavi le chiavi, rientro. CRASH. cazzo, cazzo che botta. alzati, testa che duele. sangue, un po'. la vale mi dice ma amore ma cosa hai fatto. non lo so, non lo so.. sono entrato nella porta a vetri. l-ho sfondata. l-inglese che mi sta sul cazzo arriva e mi fa sdraiare, dicono che perdo un sacco di sangue, fanno la faccia schifata quando vedono la mia gamba, ma io non sento male. l-inglese mi lega stretto tutto, asciugamani, parei, felpe. chiamano l-ambulanza, arriva, e' a quattro chilometri. arriva. vedrai che svengo. l-inglese mi da una pacca, mucha suerte mi dice. good luck. lui deve andare, arriva la ola

mercoledì 15 agosto 2007

la descrizione di un attimo

2 gol di rui costa

venerdì 10 agosto 2007

e finalmente, qui, finisce l'europa

Cascais, Guincho

mercoledì 8 agosto 2007

La verità

"Fumi troppo e bevi troppo caffè, vedi cosa fanno gli Alleati"? Nella piccola, squallida cameretta dove è stato portato dopo la sentenza, Koch apostrofa con tali parole un compagno d'arme che gli accende la sigaretta. Dopo altre brevi parole si volta, si siede vicino all'avvocato difensore che sta stilando la domanda di grazia. "È una cosa inutile, ma l'avvocato ci tiene" dichiara volgendosi verso i giornalisti, quasi a scusarsi di quell'atto. Quindi dichiarava di essersi confessato e di aver chiesto perdano o Dio, si preoccupava del suo degno amico Trinca; dichiarava di avere un morale altissimo. E infatti era forse fra tutti quanti erano lì presenti il più calmo. La sentenza, evidentemente, non l'aveva trovato impreparato. Il processo aveva avuto l'austerità, la misura e lo svolgimento di un dibattito da corte marziale. Trasportato alle 5, sotto una scorta imponente, da Regina Coeli alla Sapienza, Pietro Koch aveva trascorso quattro ore nella solita stanzetta d'aspetto, fumando ininterrottamente. Per entrare nell'aula la cosa non fu certo facile. Sbarramenti di metropolitani a cavallo, carri armati, centinaia di agenti di P.S. e di CC. RR., tutto il reparto "Celere" di P.S. proteggevano, per qualunque evenienza, il palazzo della Sapienza. Nell'aula, una folla più numerosa del solito ma esemplarmente corretta nei suoi atteggiamenti; moltissimi giornalisti; molti parenti in gramaglie delle vittime di Pietro Koch.

L'interrogatorio

Alle 9 precise Pietro Koch, il terrore di Roma, duro come la pietra, impettito, altero e sprezzante come ogni tedesco che si rispetti, entrava nell'aula circondato e protetto da un nugolo di carabinieri. Alto, accuratamente rasato e pettinato, elegante, lanciava un'occhiata al pubblico, poi si sedeva, rigido, con le braccia incrociate, guardando fisso, innanzi a sè. Dopo pochi minuti entrava la Corte. Rapido e conciso, il dibattito si iniziava. Pietro Koch veniva chiamato ai pretori per l'interrogatorio.

"Mi rimetto al mio interrogatorio scritto" dichiarava brevemente, rispondendo poi con cenni del capo e inchinandosi lievemente, quasi facesse fatica a parlare. "Mi risponda con la voce" esclamava S.E. Maroni. Con risposte secche e concise, Koch dichiara di essere stato sorpreso a Livorno dall'armistizio. "Mio Padre era tedesco" dice e poiché il presidente gli ricorda che in fondo lui è italiano, dichiara, dopo breve esitazione e con voce sommessa: "Per un po' di tempo ci sono state due Italie. Io ho seguito quella che era con i tedeschi". Organizzata, su ordine dei capo della polizia, una banda speciale, che secondo lui funzionava come un commissariato, si dette anima e corpo alla lotta contro i partigiani.

Quando gli vengono contestate sia la sua collaborazione con le SS che le sue atrocità, Koch nega recisamente, chiede anzi un confronto con le vittime. "Vi renderete conto che il confronto è impossibile in molti casi" risponde il presidente aggiungendo poi più piano "Almeno per ora".

Koch parla poi delle operazioni eseguite al collegio Russicum e alla Basilica di S. Paolo, operazione questa iniziata per ricupera del materiale bellico ivi nascosto, condotta da alcun "brutti ceffi di fascisti". "Se erano brutti ceffi per Voi c'è da immaginarsi che anima di manigoldi fossero" postilla caustico S. E. Maroni.

Quanto alle operazioni contro lo sciopero del 3 maggio, l'imputato sostiene di aver agito per il bene della cittadinanza, evitando in tal modo lutti e distruzioni. Giunto a Milano dopo il 4 giugno, è incaricato di eseguire inchieste su Borsani, Farinacci e Pettinato, fu rinchiuso in carcere "per aver detto la verità", di dove uscì solo il 24 aprile di quest'anno.

Esaurito così l'interrogatorio, e respinta una richiesta della difesa che tendeva a mettere a confronto Koch con le sue vittime ancora in vita, venivano sentiti i due testi a carico, il questore Morazzini e il commissario Marottoli, che confermavano in pieno i loro rapporti, e il primo teste a difesa, Luchino Visconti. Ma questi finisce col deporre a carico di Koch, illustrandone sevizie e metodi di tortura, tanto che l'imputato rinuncia agli altri testi a difesa.

La requisitoria

Prendeva perciò la parola il P.M. comm. Granata, che in una breve e serrata requisitoria durata neanche 20 minuti messi in luce atteggiamenti e colpe di Koch, che è pienamente confesso, chiedeva la pena di morte affinché fosse ristabilita la giustizia, e affinché la sentenza rappresenti un esempio e un monito solenne.

L'avv. Comandini che inizia a parlare alle ore 11,30 precise, esordisce chiarendo di non essere "il difensore" ma "la difesa" di Pietro Koch. Dopo aver inquadrato, con pochi tratti, la figuro del suo difeso nell'eccezionale periodo di turbamento del Paese, l'avv. Comandini dichiara che esiste un mito Koch e una realtà Koch. "Solo la realtà Koch -egli afferma- deve pesare sul piatto della vostra bilancia".

Dopo aver precisato che il suo difeso non ha riconosciuto di avere torturato alcun patriota nè di avere partecipato a razzie di giovani per il servizio del lavoro, il difensore prospetta alla Corte se, essendo il territorio nazionale occupato dal nemico, non sia necessario applicare invece dell'art. 51 dei C.P.M.G. che prevede la pena di morte, l'art. 58 (aiuto al nemica nei suoi disegni Politici). Sono le 11,55 quando la Corte si ritira per deliberare.

Disinvolto, indifferente e sprezzante. Koch viene di nuovo introdotto nell'aula, da dove era stato allontanato alle 11,15. La Corte rientra e S. E. Maroni copertosi col tocco, legge la sentenza che lo condanno a morte. Koch, impassibile, ascolta impettito e dritto le parole di S. E. Maroni. Non batte ciglio, non un muscolo si contrae, sembra veramente di pietra. Dopo un minuto, ride e scherza con i giornalisti e il pubblico che si accavallano, montando su sedie e panche, alla rinfusa, pur di parlargli per curiosità. Koch riconosce due o tre conoscenti, li invita ad andarlo a trovare: "Parleremo dei tempi trascorsi, di quando ero un buon ragazzo. Ora, a quanto dicono, non io sono più. Ma in ogni caso il fondo è rimasto quello".

"Vi dirò la verità"

Dopo molto tempo, il condannato è condotto via. Fuori, sotto il limpido cielo, la folla si accalca, fischia e rumoreggia dietro i cordoni.

Koch dà uno sguardo rapido e breve al cielo, poi china la testa per entrare nel cellulare.

Sono le 21 passate quando, finalmente dopo quattro ore e più di attesa e di inutili corse da un capo all'altro della città, riusciamo a vedere Koch. Per essere precisi, tutto quello che scorgiamo di Koch, attraverso la duplice grata, è la sua eterna sigaretta accesa, l'unico segno dell'emozione interna che senza dubbio l'attanaglia. Deve essere tremendo attendere lentamente la morte, contare le ore, i minuti, i secondi che stillano lenti e monotoni, ma pur sempre troppo veloci per lui.

Ricordiamo di averlo visto una volta, nel lontano 1942, quando il bel Pietro, allora ufficiale addetto al S.I.M., almeno secondo quanto egli raccontò una sera che era ubriaco fradicio, sorvegliava gli internati politici che risiedevano all'albergo "Brufani" di Perugia, e sorvegliava del pari altri campi di concentramento. Già da allora egli dimostrava una tendenza e una predilezione speciale per tutto quanto si riferiva ai metodi di polizia.

Grossi volumi di polizia scientifica erano il suo passatempo preferito, in uno con gli estenuanti e lunghi interrogatori che duravano tutta la notte ed erano condotti con non comune abilità. Pietro Koch giocava, beveva e studiava la psicologia del delinquente.

Malgrado la stanchezza la sua voce è tuttora sonora e sicura, ma quando ricusa di vedere delle persone che pure stamane aveva invitato, comprendiamo che non ne può più. Ha trascorso tutto il pomeriggio con il cappellano; ha mangiato e fumato come il solito. "Scriverò tutta la notte" esclama. "Tornate domani con molta carta che vi dirò la verità su tutto!".

"Dove era quando uccisero Mussolini?".

"A Como. Di lì andai a Sondrio, poi vagai di città in città fino a Firenze".

Il colloquio procede a scatti. La penombra si allontana, le guardie passeggiano monotonamente, avanti e indietro.

"A Firenze seppi che mia madre era stata arrestata a Como, e mia zia a Milano. Inoltre, arrestarono un'altra persona che mi sta a cuore, e mi costituii".

Koch è stanco, l'ora è tarda. Lo lasciamo con la promessa di tornare per sentire "la verità".

Sarà possibile?

lunedì 6 agosto 2007

una vita non è abbastanza se non sai che farne

giovedì 2 agosto 2007

VOLTA ANDATO BERLINO

Volta andato a Berlino avevo AUDI TT con navigatore.
Era tedesco allora sono dovuto una collega chiedere se me lo metteva italiano.
Collega parlando collega lamentandosi figlio era andato in discoteca in bicicletta. non avendo chiuso la bicicletta lucchetto, rubata, e poichè non aveva chiusa, sebbene lei assicurata, no chiesto rimborso assicurazione.
BITTE DANKE HAVE A NICE WEEKEND CIAO EDOARDO
Quindi sono partito Berlino.
Arrivato Berlino, caldo incredibile. Germania però fa caldo forte, poi tempesta fortissima e poi freddo. A Berlino anche grandina.
Andato Kadewe, esco subito perchè Colombo Lisbona molto più belli, inizia grandinare.
Per dire no grandine entro bar.
Sabato pomeriggio.
Bar è italiano, con tutti italiani stanno vendendo NAPOLI su sky.
Telefono Adriana per farle sentire napoletani e lei dice voces italianos sao todos terroni.
smette grandine, riesco.
Attraverso strasse kufur qualcosa, e piove forte forte, scorre acqua daxtutto si attraversa questa grande kufurstrassequalcosa ci sono 2 ragazze alte bellissime si tolgono i tacchi a spillo diluvia scorre acqua daxtutto e cominciano camminare scalze senza ombrello vestiti leggerissimi tutte bagnate e ridono e si divertono e poi arrivano casa salgono e io le guardo salire scale.
RIGRANDINA!
entro un altro bar.
un bar molto grande!
ci sono almeno 100 persone sedute lunghe tavolate bevendo birra.
sono tutti uomini.
ci sono 100 persone in un bar e nessuna donna.
singolare.
faccio pochi passi, negozio vende vestiti & borchie.
ci sono magliette fighette io voglio fare alterna comprarne qualcuna ma sono ovviamente tutte XXL XL no taglia x me.
altri pochi passi, arrivo angolo grande pub grande insegna con 2 signori vestiti di borchie e jeans che si mettono uno la mano nei jeans dell'altro.

martedì 17 luglio 2007

il passaggio dalla gioventù all'età adulta consiste nell'abbandono della progettazione dell'ideale per la gestione del possibile

venerdì 13 luglio 2007

io&te4msc

io sto a 4 metri sopra il cielo, che a 3 c'è troppa gente

venerdì 6 luglio 2007

Le Grand Content

Le Grand Content examines the omnipresent Powerpoint-culture in search for its philosophical potential. Intersections and diagrams are assembled to form a grand 'association-chain-massacre'. which challenges itself to answer all questions of the universe and some more. Of course, it totally fails this assignment, but in its failure it still manages to produce some magical nuance and shades between the great topics death, cable tv, emotions and hamsters.

giovedì 5 luglio 2007

google's master plan

martedì 3 luglio 2007

Se c'è un Dio, il caos e la morte figureranno nel novero dei Suoi attributi, se non c'è, non cambia nulla, poiché il caos e la morte basteranno a se stessi fino alla consumazione dei secoli. Non ha importanza quello che si incensa, si è vittime della caducità e della dissoluzione, qualsiasi cosa si adori non si eviterà nulla, i buoni e i cattivi hanno un solo destino, un unico abisso accoglie i santi e i mostri, l'idea di giusto e di ingiusto non è mai stata altro che delirio, al quale ci appigliamo per ragioni di convenienza. In verità, l'origine delle idee religiose e morali è nell'uomo, cercarla fuori dell'uomo è un nonsenso, l'uomo è un animale metafisico, il quale vorrebbe che l'universo esistesse solo per lui, ma l'universo lo ignora, e l'uomo si consola di questa indifferenza popolando lo spazio di dèi, dèi fatti a sua immagine. Sicché riusciamo a vivere accontentandoci di princìpi vuoti, ma questi princìpi così belli e così consolanti cadono nel nulla quando ci si aprono gli occhi sulla morte e sul caos da cui viviamo avvolti, in costante pericolo. La fede non è che una vanità tra le altre e l'arte di ingannare l'uomo sulla natura dell'uomo.

mercoledì 27 giugno 2007

esiste una categoria di persone che si avvicina in modo straordinario alla verita' su di se' e sul mondo. Costoro hanno una percezione di se' piu' equilibrata, sono piu' imparziali quando si tratta di attribuire la responsabilita' di successi e fallimenti ed effettuano previsioni piu' realistiche per il futuro. Questi individui sono la testimonianza vivente di quanto sia rischioso conoscere se stessi: sono i soggetti clinicamente depressi.
(da "Gli inganni della mente" - Cordelia Fine)

sabato 23 giugno 2007

Il sogno dell'impiegato

vengo tirato giù dal letto quando il sole filtra ancora poco dalle tende
il capo mi convoca in ufficio che non avevo mai visto prima e mi dice che devo partire immediatamente per la russia, non c'è nemmeno tempo di tornare in albergo a prendere la mia roba, troverò là quello che mi serve
a san pietroburgo un ciambellano mi accoglie in mezzo alla pista
fa molto caldo ma lui è vestito pesantissimo
mi fa capire che sudare in mia presenza sarebbe un affronto che potrebbe costargli il licenziamento
io ho quella camicia azzurra che mi sono fatto fare, pantalone blu
sono nel nuovo ufficio e i membri dell'organizzazione locale richiedono che io assista a un corso di formazione
il corso è tenuto da una specie di margherita hack russa che disegna sulla lavagna costellazioni
non ci capisco assolutamente niente ma tutti mi trattano con particolare riverenza, come se io non dovessi assistere al corso ma si trattasse di una sorta di mia ispezione per verificare l'andamento del corso
ne approfitto per alzarmi e cominciare a girare intorno, circospezione
infilo una porta e a fianco di stanze che non conosco si apre un'ala che non conosco, nella penombra di tende
ci sono tanti letti e ragazze vestite di corpetti di seta e hot pants, come se fossero i camerini di un teatro di cabaret
le ragazze sono tutte belle ma non riesco a capire di dove siano, hanno capelli neri e lineamenti né russi né orientali
mentre attraverso le stanze, al mio passaggio si destano dal sonno
aprono gli occhi verso di me e mi fanno un sorriso assonnato
arrivo in fondo e un'impiegata, in tailleur grigio, mi apre la porta del mio ufficio
non si capisce di dove sia
ogni volta che la chiamo ha una pettinatura diversa
i capelli sono biondi, sono castani, con riflessi di rame
la chiamo, e lei consegnandomi un pratica si scopre una tetta e me la mostra
la tetta ha una sorta di doppio capezzolo, uno sull'altro
non so come venirne fuori, imbarazzo
fingo di ricordarmi qualcosa e chiedo che mi portino in albergo
tutti gli alberghi di san pietroburgo sono occupati per il mio arrivo
vengo condotto in un albergo che si chiama hermitage che è una copia dell'hermitage
il ciambellano dice che è una cosa un po' pacchiana
la mia camera è sconfinata
l'anticamera è un salone immenso con rivestimenti altissimi di biblioteche colmi di libri
al centro un tavolo rotondo con 5 camerieri che apparecchiano per 15 persone
i camerieri con ampi gesti aprono i tovaglioli, di stoffa pesante, e poi li compongono in un cono verticale su ogni sottopiatto d'argento
camere e camere fino al mio guardaroba
pieno di redingote, vestiti da sera
ma c'è il mio vestito grigio estivo
fatto arrivare dalla germania
mi metto quello
inizia la cena
tutti parlano, io solo ascolto
e per questo sono considerato moltissimo
un mio gesto è iperscrutato
il più emimente degli invitati si alza e brinda alla mia venuta
una donna vestita da sera mi chiede di seguirla nel fumoir
ha molte cose da dirmi
ed è tanto che voleva dirmele
indica un orologio incastonato in una consolle di legno
inizia a suonare
sono le 8.15
sono a gutersloh e intorno è di nuovo tutto il deserto
smarrimento, un attimo
poi mi conforta l'idea che tutte le pulsioni,
che le persone,
e tutti i ricordi che possano avere, e i discorsi,
e tutte le azioni, e tutto il male che è dentro
per fortuna poi muoiono tutti e viene tutto cancellato

giovedì 14 giugno 2007

tutto l'amore di clemente mastella

è così che funziona. e così che non ne verremo a capo. perché tu sei lì, ti fai i fatti tuoi, la mattina ti alzi, metti su il caffè, pigli il giornale, saluti vincenzo e niente, già lì sono.

torni a casa, bevi il caffè e niente, ti invadono, ti dicono, ma porcamiseria, ma io dico se uno non può stare tranquillo due secondi. a me dispiace dirlo, non sono contro nulla, nulla.

ma in qualche modo se siamo arrivati dove siamo. noi abbiamo una storia, un identità. il mettersi in gioco rappresenta la nostra convinzione, il preoccuparsi degli altri. sono anni che faccio quello che faccio.

ecco, io credo che la gente non dev'essere scontenta. questo credo sia importante. mi adopero da anni perché non succeda, amore mio. credi che mi faccia piacere se quelli che davvero considero brave persone, quasi amici, ecco, credi mi faccia piacere saperli scontenti

no cara. non voglio, perché si ha diritto di starsene tranquilli.

ma sono proprio convinto di questo, eh.

non voglio che nessuno pensi che siamo contro di lui. assolutamente. piuttosto ne parliamo, ragioniamo, raggiungiamo un accordo, ci aggiustiamo tra noi.

per dirne una, i gay. non tollero i commenti offensivi su di loro. in molti dicono che io o i miei colleghi saremmo omofobici. sciocchezze a cui non vale nemmeno la pena di rispondere. ho idee precise in merito che ho esposto più volte, non voglio ritornarci su. ma di sicuro niente contro.

qui, da noi, cè un ragazzo. è nicola, fa il tabaccaio. un bravissimo ragazzo, ed è gay. non fa le cose, non fa l'esagerato. io gliel'ho detto: nicola, se qualcuno, chiunque sia, fa apprezzamenti così e colà, chiamami a me, che a sto somaro ci mollo dei calci nel sedere. voi gay siete come tutti gli altri nicola, mi capisci, gli ho detto.

l'importante è che si faccia la sua vita tranquilla, gli ho anche offerto il caffè. mi ha detto un grazie un po' timido. gli ho detto tu non ti preoccupare, tu comportati normale, stai sereno che sei un bravo ragazzo.

e ceppaloni, la sera, ridiventa bellissima.

giovedì 7 giugno 2007

l'universo è nato da un luogo comune
il deboscio

mercoledì 6 giugno 2007

il successo è il solo metro di giudizio di ciò che è buono o cattivo

domenica 3 giugno 2007

nelly furtado say it right

sabato 2 giugno 2007

giovedì 31 maggio 2007

vivere è la maggior umiliazione che si possa subire

mercoledì 30 maggio 2007

milano diurno giorno

milano diurno giorno
Sono ovviamente sicuro che la tua sprezzante e corrosiva scarica di imperatività sul tema sia il tuo personale kharma di una vita all'insegna di studi antropologici, linguistici e storico-politici sull'europa orientale, al termine dei quali raggiungesti un tale grado di erudizione che -insoddisfatto come un Faust- hai optato per un "Mollo tutto" all'insegna del qualunquismo più trasgressivo ed ardito. Ciononostante non posso esimermi dal farti presente che il rapporto costo beneficio per una cazzata così poco divertente in relazione al numero di parole utilizzate è abbastanza sfavorevole.

O forse no.

Forse queste mitragliate contro il nulla, questi effetti speciali ma anche concettuali, multiuso a seconda dell'audience, a voi piaciono. Vi parlate addosso. Senza motivo, senza prospettiva. Perchè, va ricordato siete liberi da ogni prospettiva voi, delle mine vaganti, eterni scontenti ma abbastanza emotivamente distaccati da poterne trarre un'estetica. Dei futuristi di merda. Tornate all'asilo imparare la forza della semplicità invece di insozzare la rete di analisi del genere: sono stupide, è ovvio che non descrivono nulla di reale, è ovvio che non significano niente, sono aria fritta fine a se stessa, condita con un po' di razzismo responsabile utile per voi segaioli della retorica. Complimenti.

martedì 22 maggio 2007

ildeboscio, dj frangetta, milano is burning



Accumulo libri
vado allo spazio Oberdan
vivo all'Isola
vivo sui Navigli
vivo in Buenos Aires
voglio un loft
compro i Taschen
faccio lo Ied
faccio filosofia in statale
faccio lettere
faccio la Naba
facevo Brera
farò i soldi
me ne andrò da Milano
facevo la cameriera
faccio la barista anzi no la barman
faccio la dj
organizzo feste
mi metto gli occhiali grossi
mi tolgo gli occhiali grossi
faccio la grafica
faccio la copy
faccio tante foto in digitale
ho il macintosh
vado alle feste di MTV
che bravo Kounellis
che bravo Alessandro Riva
che bella la mostra sulla street art
gli adesivi
io aderisco
guardami guardami sto appoggiata al muro
bevo solo la birra e il cuba libre
sono una tipa complicata
uuuuuuh se sono complicata
almeno due concerti al mese
quanto mi diverto
vado al Rocket
vado al Plastic
vado al Gasoline
le mie amiche sono troppo delle pazze
sono una indie rocker
sono indigente
ho la frangetta
sono estroversa
sono introversa
non mi piace il cazzo
per carità vai via con quel cazzo
chattiamo su messenger
ti faccio vedere le foto del mio gatto
ti mando una canzone troppo bella
questa sera andiamo al leonkavallo
andiamo in ticinella
minchia che flash
facciamoci una canna
la barella no è da stronzi
non mi interessano i ragazzi con la macchina bella
a me piace il maggiolone
a me piace il furgone della Volkswagen
che bello il salone del mobile
quanta creatività
che bello il Mi-art
basta, Alighiero Boetti ha rotto le palle
mi piacciono le foto di Basilico
sono molto intense
ho Fastweb
mi scarico un film di Antonioni
Fellini, Pasolini, Rossellini, Bolognini
andiamo ai Magazzini
Godard, Truffaut
non mi piace il cinema americano
è troppo commerciale
andiamo alla biennale
i miei genitori non mi capiscono
mio papà mi dice solo porco dio
mi spezzo la schiena per farti studiare
studia cretina
che io non ho potuto

www.ildeboscio.com

lunedì 21 maggio 2007

jakatta one fine day

sabato 19 maggio 2007

discoteca Number One Brescia

venerdì 18 maggio 2007

non siete voi che mi cacciate, ma sono io che vi condanno a rimanere
Carmelo Bene

giovedì 17 maggio 2007

Massala na palma da tua mão

mercoledì 16 maggio 2007

Qu'importe les victimes, si le gest est beau

martedì 15 maggio 2007

Gemma Gaetani, New emigrantismo

Lavoro. Allo sportello. È non bello.
Sentire duro. Il piglio un po’. Impudente.
Di chi. Lì in fila. Occhi-cazzo-uccello.
Per masturbarsi posa. Sono. Niente.
La. Non persona. Esposta. È la berlina.
Amaro ingoio. Sperma. Di domande.
La psiche. Sputo in sputi. E non sconfina.
Dal secchio mio. Occultato per la. Grande.

Sfilata. Arredo. Dentro al. Peristilio.
Reificati. Senza. Andare via.
Nei pacchi. Dell’appalto. Che il mobilio.
Sometimes rinnova. Ferie. & malattia.
Per assentarsi. Studi. So. Mi cito.
Fecondi. In vitro. Il seme. Professione.
A ventun anni. Non ho osato. Ardito.
Snobbare. Il posto fisso. In Settentrione.

Col mio diploma sono stato assunto
studiando per non fare l’operaio
un impiegato di concetto punto
a) sta seduto b) si frega un paio
di penne boh dell’hardware or del software
poi entra in Internèt da esterne linee
ehm gioca al solitario può fumare
lanciare puzze tacite e fulminee
(…)
Arrivo qui a Milano vado al Duomo.
Nel pub all’happy hour il commesso.
“Bisogno?”. “Yes!” Gentile. Penso. L’uomo.
Del centro-sud al nord non ha lo stesso.
Bad puzzo o fame (certa immigrazione).
Oblio l’idea di Lega, ho i buoni pasto.
Ormai, la mamma come, old Terrone.
È l’Era e a really trendy shop m’impasto!
(…)
Astante in single file send off paura
se sono assente disinteressata
a te al lavoro: assolta la premura.
Di mungermi the Xanax then sedata
sarò seduta e più non supponente.
Sui tacchi alti e nuda bene in grado
di soddisfarti more than efficiente.
Voi fari accesi addosso me the viado.

mercoledì 9 maggio 2007

irene grandi, bruci la città

momenti wim wenders a nastro oggi
parcheggio einaudi, piazza della repubblica, ore 19.22
piani completamente deserti, rampa di uscita
come solveig dommartin quando prende l'aston martin in fino alla fine del mondo
radio
sulla sinistra la torre breda, parte musica nuova
bruci la città e crolli il grattacielo
bruci la città o viva nel terrore
nel giro di due ore
svanisca tutto quanto
svanica tutto il resto




ora, il video è fantastico per gli sms
ovviamente questa canzone non può che essere stata scritta
avendo sulla sinistra la torre breda
essendo di montepulciano che vivi a milano
essendo bianconi
che quando il sole taglia l'orizzonte come solo a maggio
che fossimo a lisbona sarebbe una cosa epica
che i madredeus dicono solo
il mare, il mare, il mare
e questo basta
per farti desiderare di essere ogni partenza
e gli occhi che vedono l'alba in ogni dove da macao a goa
che a milano invece diventa una cosa plasticosa
da comprare all'autogrill
che ti viene da dire
muoia sotto a un tram
più o meno tutto il mondo
esplodano le stelle
esploda tutto questo
muoia quello che è altro da noi due

almeno per un poco, almeno per errore
essendo irene grandi
lavorando da pwc, mangiando da giannino
avendo comunque delle belle gambe
ma essendo comunque una qualunque, tra le tante
essendo lì da pwc tra ias
rendendosi conto di tutto quello che fai
è che non ho niente da fare
questo è quello che so fare

l'addestramento all'inutilità che è '00
e la solitudine siderale che alla fine la fa innamorare
di questo tipo figo ma socialmente a fondoscala
un amore che,come questo discorso,
è un volantino già cestinato
con una sua poetica da due soldi da sms da autogrill
perchè ognuno è una supernova splendidissima
che brucia e sprigiona amore
ma si raffredda nella distanze di anni luce
che è una galassia vitor pisani

sabato 5 maggio 2007

sfiga! sfiga sfiga!

sfiga! sfiga sfiga!

venerdì 4 maggio 2007

il mio weekend

bene ragazzi ora che sono tornato vi racconto il mio weekend che è normale ma è stato alquanto piacevole

venerdì sera ero in giro come al solito e non sapevo cosa fare allora siccome dei miei amici sono andati in croazia a scopare mi hanno chiesto se li raggiungevo in macchina ed ero propenso a.

poi in brera vedo due tipe su una smart, una la vedevo sempre in brera perchè è un'abituè, una di quelle che saluti sempre ma non sai come si chiama. si chiama federica ha 22 anni va in bocconi.

vabè praticamente la sua amica, la dudi, stava male e doveva sboccare perchè aveva bevuto tanto. io allora se c'è una cosa che mi piace troppo è mettere le dita in gola alle tipe, allora mi avvicino e lo dico che ci penso io che sono esperto che mi è capitato mille volte che l'unica soluzione è il mio dito nella sua gola. federica apprezza molto il mio aiuto e dice che anche se pensava fossi un menoso di merda mi ha rivalutato e che sono davvero buono perchè intanto i miei amici che la conoscevano dicevano che a loro della tipa fotteva sega e di lasciarla li che volevano andare a ballare.

io le metto un dito in gola ma superprofondo ed era fighissimo e spingevo sempre più, poi ha sboccato

poi le ho scavallato due cd dalla smart come ricordo dell'accaduto, mi son fatto fotografare da un maruga sul tettuccio della sua macchina tanto lei capiva niente e sono andato a ballare

l'indomani decido di andare ad alassio, inaugurazione delle vele, chiamo la fede conosciuta bene il giorno prima e tac si parte io lei e due miei amici si va a fare gli spessi

parcheggio davanti ad una hyundai proprio paraurti-a-paraurti e al mio ritorno trovo un biglietto sulla macchina sicuramente scritto da una tipa perchè la calligrafia e il messaggio erano da tipa:"da milano con furore sei arrivato, solo perchè hai questa macchina non ti è permesso parcheggiare contro la mia" e questo biglietto lo terrò per sempre perchè trovo che ci sia tutto dentro.

poi il weekend prosegue ma sono stanco di raccontare ciao

in spiaggia il giorno dopo faccio amicizia con una sguinza assistente dentista di gallarate e l'amica che invece ha un bar sempre a gallarate

io uso un trucco fighissimo beh lei aveva un cagnolino e faccio l'interessato "eh ma che cucciolo, troppo bello come si chiama"

il cane si chiama snow a me faceva cacare il cazzo ma ci gioco insieme poi dico alla tipa assistente dentista "scusa posso indovinare il tuo nome che io dalla faccia delle persone capisco come si chiamano" lei era molto divertita e poi al terzo tentativo scopro che si chiama rachele

fisico scolpito, figa assurda, purtoppo io devo tornare a milano, le do un biglietto da visita, per ogni evenienza, lei dice di andare a gallarate a trovarla, quando torno.

giovedì 3 maggio 2007

cats don't care

cats don't care

mercoledì 2 maggio 2007

l'ex ragazza in carriera di via torino

sul deboscio, l'ex ragazza in carriera di via torino

domenica 29 aprile 2007

la sconfitta [Zat-Q 10.000-0]

ti porto al mare in macchina lavata, pulita dentro e fuori, girando tutta la notte prima al freddo coi finestrini aperti per fare andare via l'odore di fumo che non ti piace affatto.
fumi? inizio a fumare le tue stesse sigarette e possiamo accendercele avvicinando la brace di una all'altra.
cicca pure fuori dal finestrino semiaperto in modo che la cenere cada tutta sulla guaina di gomma lasciando un lungo rivolo sulla portiera.
togliti pure le scarpe e metti i tuoi piedi sudati sul cruscotto.
oppure vuoi che te li massaggio? li massaggio.
oppure tieni le scarpe e, dopo che hai preso la droga al parco appoggia le suole piene di fango sulla tela della portiera. appoggiale sul portaoggetti, sulla manopola dei vetri della mia macchina.
bevi la birra mentre guido, rovesciala pure sul mio sedile, rovesciaci le briciole, perdi pure i tuoi pippotti per la cocaina nelle intercapedini dei miei sedili, sporgiti dal finestrino mentre guido.
sempre mettendo la musica che piace a te, l'elektro sparata a mille, rompimi la membrana delle casse, le ricompro, la rirompi.
a culo nudo, lascia pure i tuoi umori sui miei sedili, fammi parcheggiare in divieto di sosta, davanti a una porta, un portone, un senso unico, cerchiamo un civico
non trovandolo, accelerando, andiamo insieme a Nonantola al Vox, ma becchiamo l'autovelox, perché hai fretta.
e non ti piace e allora andiamo a Baggiovara al Jam, ma c'è l'anima mia, portami via, la barista figa, ti spari una riga.
mi vomiti in macchina, mi fermo in mezzo alla strada, apro lo sportello e anch'io vomito e riparto con la portiera ancora mezza aperta e mezza sporca.
i tuoi assorbenti, i tuoi vestiti, ho il tuo portafoglio in macchina. rimanere abbracciati tutta la notte senza fare niente perché stai male.
gli squilli al cellulare.
quel ragazzo del mare.
di figa nemmeno un assaggio, ti arriva un messaggio, di dirmi chi è non ne hai il coraggio, oscuro miraggio, lo aspetta un pestaggio, e pensare a quel viaggio, per portarti alla spiaggia, col caldo di maggio, mi dileggi.
la sambuca a collo sorseggi.
dici che ho solo difetti e non preg-gi.
ti compro i regali.
poi scappi.

mercoledì 25 aprile 2007

os poetas navio de espelhos

martedì 24 aprile 2007

il cuore ha sempre ragione

lunedì 23 aprile 2007

Hampton Court

Poi Hampton Court mi ricordo che c'era un locale, il blue room.
Poi a Londra, non so che discoteca fosse, dopo che un buttafuori ha guardato la mia carta d'identità per capire se fossi maggiorenne, e mi ha fatto passare nonostante non lo fossi, evidentemente perchè non sapeva contare, un negro voleva picchiarmi perchè avevo lanciato un bicchiere di non so cosa sulla folla da una specie di soppalco, e avevo centrato questo qui altissimo e grossissimo con un amico altissimo grossissimo e negrissimo. Poi però sono riuscito a convincerli che non ero stato io.
Poi, quella sera, verso le 5, mi sono addormentato in discoteca, e quando mi sono svegliato siamo usciti e abbiamo mangiato il pollo con le patatine.
Poi per tornare ad Hamptoun Court, che è distante da Londra, un po' come milano malpensa, o poco meno, nessun taxi ufficiale ci voleva portare.
Allora ci ha caricati un pakistano, che ci aveva detto (eravamo in 5, tra l'altro quindi sulla sua macchina scassatissima eravamo scomodissimi) che avremmo pagato 10 sterline a testa.
Arrivati a destinazione, dopo che il pakistano aveva sbagliato strada un sacco di volte, che ci parlava della sua famiglia con 7 figli, che ci voleva vendere del fumo e dopo una mia pisciata dietro una stazione di servizio con accanto un inglese ubriaco che mi diceva sempre che l'Italia gli piaceva molto, il pakistano ci ha chiesto 20 sterline a testa.
Allora ci siamo incazzati, e lui di tutta risposta ha tirato fuori un coltello e minacciava di tirare fuori una pistola. Allora io, che ero il coraggioso del gruppo, ho convinto i miei amici a tirare fuori i soldi e a stare zitti.
Poi, arrivati in college la mattina, abbiamo fatto il bagno nella piscina -piccola- del campus.
Insomma, Hampton Court è divertente solo per un 18enne.
e poi, l'anno che sono andato in famiglia:
-la mia famiglia alcolizzata la peggio del paese ( i don't want to see water on this table gridava il marito)
-un pub chiamato Peveril
-un club chiamato Victoria dove se non avevi i 18 non entravi (ma noi usavamo le tessere di quelli che erano gia partiti)
-i francesi che spacciavano
-i croati e i serbi che se si trovavano in giro erano cazzi
-gli arabi e gli inglesi che si accoltellavano al kebab
-i bambini japponesi che sparivano e non venivano piu' trovati
-lo staff che la notte faceva le retate sul litorale in Sharan per portarci a dormire sempre ubriachi
-la mia classe: un arabo sulla quarantina erano 4 anni che veniva ed era sempre al "beginner"
una jap che mi continua a scrivere, Maja da Lubjana che ci sono stato insieme, una francesina niente male, una prof che la dava, un russo di San Pietroburgo che è diventato il mio migliore amico, un altro arab che diceva di voler pilotare aerei di linea , Ludwig da Bellinzona, romani e napoletame vario

venerdì 20 aprile 2007

Sixpence None The Richer Kiss Me

giovedì 19 aprile 2007

sixpence none the richer. Don't dream it's over



artro che antonello venditti

martedì 17 aprile 2007

intervista a cioran

Senta Cioran, il quesito sul senso della vita è proprio assolutamente da evitare?

Questo quesito mi ha sempre tormentato, ma non ho trovato nessuna risposta. Dopo aver letto e riflettuto parecchio, sono giunto alla stessa conclusione del contadino danubiano o degli analfabeti della preistoria: non c’è risposta. Bisogna rassegnarsi e prendere la vita come viene.

La consapevolezza di essere incompresi e di dovere rimanere tali non ha anche qualcosa di incoraggiante, come dimostrano i ripetuti sforzi per spiegarsi, e non si potrebbe dedurne un incrollabile interesse per il senso della vita?

Sono un po’ influenzato dal taoismo, secondo il quale bisogna imitare l’acqua; non fare alcuno sforzo, e considerare la vita con calma. Ma per indole io sono tutto l’opposto di questo. Un po’ isterico, una specie di epilettico mancato, nel senso che non ho avuto la fortuna di essere epilettico. Se avessi avuto una vera e propria malattia, sarebbe stata per me una liberazione. Invece, non avendo trovato uno sfogo fuori di me, sono stato costretto a vivere in una continua lacerazione interiore, e in una grande tensione, contraria alla mia visione della vita. Sebbene io abbia della vita una concezione tetra, ho sempre nutrito un grande amore per l’esistenza, un amore talmente grande da convertirsi in negazione della vita, perché non possedevo i mezzi per soddisfare la mia voglia di vivere. Quindi non sono tanto un uomo deluso quanto piuttosto uno sfibrato interiormente dai troppi sforzi. La passività era un ideale per me inaccessibile. Mi è stato chiesto perché non optassi per il suicidio. Ma per me il suicidio non è qualcosa di negativo. Anzi. L’idea che esista il suicidio mi ha consentito di sopportare la vita e di sentirmi libero. Non sono vissuto da schiavo bensì da uomo libero.
Il bello del suicidio sta nel fatto che è una decisione. In fondo è molto lusinghiero potersi sopprimere. Il suicidio in sé è un atto straordinario. Rilke parla della morte che portiamo dentro di noi, ma dentro di noi portiamo anche il suicidio. Come dicevo prima, il pensiero del suicidio è un pensiero che mi aiuta a vivere. Questa è la mia teoria. Chiedo scusa se mi cito, ma credo di doverlo fare. Ho affermato più volte che senza l’idea del suicidio mi sarei ammazzato subito. Che cosa volevo dire con questo? Che la vita è sopportabile soltanto all’idea di poterla lasciare quando si vuole. La vita è a nostra discrezione. Questo pensiero, anziché essere devitalizzante, deprimente, è un pensiero esaltante. In fondo noi veniamo gettati nell’universo, e non si sa proprio perché; non vi è alcuna ragione di essere qui. Ma l’idea di avere in pugno la nostra vita, di poter abbandonare lo spettacolo quando vogliamo, è un’idea esaltante. Uno dei motivi per cui ho sempre avuto un atteggiamento anticristiano è che il cristianesimo ha osteggiato il suicidio, mentre il suicidio è il sostegno dell’uomo. È una delle sue grandi idee. Ora, per duemila anni si è impedito all’uomo di uccidersi, di avere l’idea di uccidersi. Lei sa che, sotto la monarchia, quando uno si suicidava i suoi beni venivano donati alle dame di Corte. Lo si legge in Saint-Simon, in Dangeau: il Re ha donato alla contessa Taldeitali i beni del Taldeitali perché si è suicidato. Secondo me la vita sarebbe davvero insopportabile senza il suicidio. Non occorre suicidarsi. Occorre sapere che lo si può fare. L’idea è esaltante. Ti permette di sopportare qualsiasi cosa. È uno dei grandi vantaggi che siano mai stati dati all’uomo. Non è complicato. Io non sono per il suicidio, sono soltanto per l’utilità di questa idea. Persino nelle scuole dovrebbero dire agli allievi: “Sentite, non disperatevi, tanto potete uccidervi quando volete”. Ma È proprio vero. Non per questo la gente si ammazzerà, né aumenteranno i suicidi. Io sono per una sorta di riabilitazione di questo pensiero. Sono certo che l’uomo ne abbia bisogno. Quando si riflette veramente sul perché si venga gettati quaggiù, non se ne capisce la ragione. In generale, ciò che facciamo è privo di interesse. Perché? Quando si sa ciò che il futuro riserva agli uomini… L’idea di essere padroni di sé, che basti uccidersi… E tutto è risolto.

Cioran, lei ha parlato spesso della noia. Che ruolo ha avuto la noia, il disgusto, nella sua vita?

Posso dire che la mia vita è stata dominata dall’esperienza della noia. Un sentimento che conosco sin dall’infanzia. Non è la noia che si può combattere con le distrazioni, le conversazioni o i piaceri, è una noia che si potrebbe definire fondamentale; e che consiste in questo: più o meno bruscamente, a casa propria o in casa d’altri, o davanti ad un bellissimo paesaggio, tutto si svuota di contenuto o di senso. Il vuoto è in noi e fuori di noi. L’interno universo è annullato. E niente più ci interessa, niente merita la nostra attenzione. Tutti conoscono la noia, ma conoscerla non significa niente. Mentre aver conosciuto uno stato di noia costante per un certo periodo della vita è una delle esperienze più terrificanti che si possano fare. La vera noia è quella continua, quella che dura mesi. Non ha nulla a che fare con la noia di mezz’ora, o di due ore, o di un pomeriggio. La noia è una vertigine, ma una vertigine tranquilla, monotona; è la rivelazione della futilità universale, è la certezza, spinta fino allo stupore o fino alla chiaroveggenza suprema, che non si può, non si deve fare niente né in questo mondo né in quell’altro, non esiste al mondo niente che possa servirci o soddisfarci. A causa di questa esperienza – non costante ma ricorrente, dato che la noia viene per accessi, ma dura molto più a lungo di una febbre – non ho mai potuto fare niente di serio nella vita. Per la verità, ho vissuto intensamente, ma senza mai potermi integrare all’esistenza. La mia marginalità non è fortuita, ma essenziale. Se Dio si annoiasse, rimarrebbe pur sempre Dio, un Dio, però, marginale. Ma lasciamo stare Dio. Da sempre il mio sogno è stato quello di essere inutile, e inutilizzabile. Ebbene, grazie alla noia ho realizzato quel sogno. Ma devo fare una precisazione: l’esperienza che ho descritto non è necessariamente deprimente, perché a volte è seguita da una esaltazione che trasforma il vuoto in un incendio, in un inferno desiderabile…

E il vuoto?

Il vuoto esteriormente assomiglia alla noia. Ma il vuoto in questo senso non è affatto un’esperienza europea. In fondo, il vuoto è orientale. È il vuoto come qualcosa di positivo. È come guarire di tutto. Si toglie qualsiasi proprietà all’essere. E anziché una sensazione di mancanza, e quindi il vuoto, si ha un senso di pienezza attraverso l’assenza. Quindi il vuoto come strumento di salvezza, per così dire. Come via, come cammino della salvezza. Viene chiamato śūnyatā, ed è quindi la vacuità. Anziché essere causa di vertigine, come per noi la noia, la vacuità è essa stessa una forma di vertigine. Una esperienza per nulla negativa. È una sorta di avvio alla liberazione. Distruggere tutto con la forza dialettica, e attraverso questa distruzione, liberare l’individuo. Niente di negativo, quindi. Significa non avere più alcun vincolo, dopo avere liquidato tutto: si è veramente distaccati, si è superiori a tutto. Si è trionfato sul mondo: non esiste più niente. Quanto a noi che siamo vissuti, che viviamo nella cultura occidentale, questa forma di pensiero estremista la chiamiamo, o l’abbiamo chiamata, nichilismo. Ma non è nichilismo, dato che lo scopo, o comunque l’esito è una sorta di estasi vuota, senza contenuto, e quindi la felicità perfetta. Per quale motivo? Per il motivo che non c’è più niente. Ecco perché ciò che per noi è negativo per gli orientali è un trionfo. È questo il lato veramente positivo delle posizioni estreme del pensiero orientale. Ciò che per noi è rovina, per loro è coronamento. (…). E qual è il suo scopo? Liberare la mente e il cuore. Quindi non è affatto una dialettica nichilista, è sbagliato chiamarla nichilista. Distrugge tutto, Nargarjuna, tutto, tutto, tutto, prende tutti i concetti della filosofia e li annienta uno dopo l’altro. E poi, irrompe una sorta di luce.

Credo che si dovrebbe accettare quello che si presenta come estraneo a noi, come l’altro, l’opposto, senza aspettarsene la minima gratificazione. Forse è in questo che consiste la saggezza; gli orientali in fondo lo sanno – e in modo particolare lo zen – quando parlano di conciliazione degli opposti. Credo che accettare le contraddizioni implichi un inizio di conoscenza.

Sa una cosa? Mi sono occupato molto di buddismo, per un certo periodo. Mi credevo buddista, ma in fondo mi sbagliavo. Alla fine ho capito che non avevo niente del buddista, e che ero prigioniero delle mie contraddizioni, dovute alla mia indole. Allora ho rinunciato a quell’orgogliosa illusione, e ho detto a me stesso che dovevo accettarmi com’ero, che non valeva la pena parlare in continuazione di distacco, visto che sono piuttosto un frenetico. Dopo aver accettato le contraddizioni ho scoperto che, anche se non si trattava di una forma di equilibrio, almeno stavo molto meglio di quando vivevo nella menzogna. La cosa terribile, quando uno pratica la filosofia orientale, è che questa gli dà una versione lusinghiera e compiaciuta di se stesso. Crediamo di essere al di là di tutto e di tutti, ma alla fine superiamo questo stadio, giungendo alla conclusione che siamo dei poveracci. Sono cambiamenti necessari, perché non è possibile crearsi un’immagine ideale di se stessi, un’immagine omogenea.

D’accordo. Ma allora, come vivere? Oggi l’esistenza è incalzata dalla precipitazione. Per noi che apparteniamo all’era della tecnica, la sfida, nel mondo delle comunicazioni, della televisione, dei mutamenti, è questa: come vivere con cose simili, quali rapporti stabilire con loro? Perché non possiamo certo evitare di ascoltare la radio, o di stare attenti a non essere investiti da una macchina; siamo dominati dalla tecnica, e ci si pone il problema del come evitare di pensare e di vivere agli ordini della logica scientifica.

Sono perfettamente d’accordo con lei.

Allora, la domanda inevitabile che si pone con urgenza è come riuscire a non trasformarci in profeti dell’Apocalisse. Voglio dire che non è il caso di cadere nel pensiero millenarista, che considera la realtà un castigo dei tempi per non si sa quali peccati commessi. Non si può rompere completamente con la tecnica. Resta l’interrogativo: come convivere con essa?

A me, per esempio, piace passeggiare, ma a Parigi non è facile. Devo prendere il treno per andare in campagna. E così divento complice della tecnica.

Sì ma il rischio va ben oltre questa complicità primaria che noi tutti condividiamo. Lo sviluppo della tecnica lascia credere che tutto sia possibile, e che di volta in volta saranno possibili sempre nuove cose qualitativamente superiori. Proprio qui sta uno dei pericoli: il fabbricare illusioni, utopie di superiorità. L’utopismo degli specialisti, il quale non è altro che il moderno sogno di dominare il mondo per mezzo di elementi tecnici.

Certo, però si tratta di un dominio assolutamente contronaturale.

Davanti a questo panorama, qual è la sua diagnosi, o in altre parole, dove cova la catastrofe?

Non si può vaticinare niente in forma compiuta. Nessuno è in grado di vedere in modo preciso, ma quello che si può dire è che l’avventura umana non può durare all’infinito. Per l’uomo la catastrofe deriva dal fatto che non può rimanere solo. Non c’è persona che possa rimanere sola con se stessa. Oggi tutti quelli che dovrebbero vivere con se stessi si affrettano ad accendere il televisore o la radio. Io credo che se un governo sopprimesse la televisione, gli uomini si ammazzerebbero gli uni con gli altri per la strada, perché il silenzio li terrorizzerebbe. In un lontano passato, le persone rimanevano molto più in contatto con se stesse, per giorni, per mesi, ma oggi non è più possibile. Perciò si può dire che la catastrofe si sia già verificata, il che significa che noi viviamo in modo catastrofico.

“Abominevole Clio” ha scritto nel suo ultimo libro in modo laconico, quasi lapidario.
Per molti anni ho disprezzato tutto ciò che si riferiva alla storia. E so per esperienza che è meglio non prestarle troppa attenzione, non soffermarvisi, perché rappresenta la massima prova di cinismo che si possa immaginare. Tutti i sogni, le filosofie, i sistemi o le ideologie si infrangono contro il grottesco dello sviluppo storico: le cose si svolgono senza pietà, in modo irreparabile; il falso, l’arbitrario, il fatale trionfano. È impossibile meditare sulla storia senza provare nei suoi confronti una sorta di orrore. Il mio orrore si è convertito in teologia, al punto tale da indurmi a credere che non si possa concepire la storia umana senza il peccato originale.

Come mai ricorre spesso alle allegorie cristiane per spiegare la storia?

Non sono credente, ma sono costretto ad ammettere l’esistenza del peccato originale come idea, perché chi l’ha avuta ha colpito nel segno. La storia dell’uomo è iniziata con una caduta. Non posso però ammettere che prima esistesse un paradiso; credo piuttosto che qualcosa si sia messo a scricchiolare quando l’uomo ha cominciato a manifestarsi, che qualcosa si sia spezzato in lui, forse quando è diventato l’uomo propriamente detto. Per molto tempo mi sono interessato alla caduta dell’Impero romano, la cui fine disperata, totale, vergognosa è un modello per tutte le civiltà. E se oggi mi interesso tanto all’Occidente, all’Occidente contemporaneo, è perché ricorda il crepuscolo delle grandi civiltà del passato.

E il progresso?

Il progresso essenzialmente non esiste. Ogni tipo di guadagno è al tempo stesso una perdita. E quindi il progresso di annulla da sé. Ogni volta che l’uomo compie un passo avanti perde qualcosa.

Potrebbe farmi un esempio?

Prenda la scienza, i farmaci, le tecniche mediche, gli strumenti per prolungare la vita. Un tempo gli uomini morivano della propria morte, era il loro destino, morivano senza cure. Oggi, grazie ai farmaci, l’uomo conduce una falsa vita, una vita prolungata artificialmente. Non vive più il suo destino.

Tornando al progresso…


…io riconosco soltanto il progresso tecnologico, e quello che apprezzo è del tutto indipendente da lui. Per quanto riguarda il destino umano, non ci si guadagna niente ad arrivare tardi. Se eliminiamo dalla storia l’idea di progresso, giungiamo alla conclusione che quello che avverrà in futuro non ha la minima importanza. Non c’è motivo di lamentarsi per essere nati troppo presto. Dobbiamo invece compiangere quelli che verranno dopo di noi. Per moltissimo tempo gli Antichi sono stati invidiati, e più tardi, soprattutto dall’Ottocento in poi, si è fatto il contrario. Ma mi sembra che in questi ultimi anni ci sia stato un cambiamento della coscienza dell’Europa.
Nessuno invidia più i giovani, perché si sa che il futuro, con o senza guerre, sarà spaventoso. Intendiamoci, la negazione del progresso ha anche un lato meschino. Mi pare inconcepibile ammettere che uno nato dopo di me avrà dei vantaggi che io non ho potuto conoscere: l’orgoglio non può tollerarlo. In definitiva, non c’è nessuna differenza tra vivere fra cinquanta o cento anni e l’essere vissuti cento anni fa.

Si direbbe che per lei la storia sia retta da meccanismi simili a quelli di qualsiasi esistenza.

Sì, la storia può essere paragonata a una vita che compare e degenera. È una questione di ritmo. Io credo che l’uomo non avrebbe dovuto compromettersi con la storia, avrebbe dovuto condurre un’esistenza straordinaria, vicina all’animalità, senza orgoglio né ambizione. Non avrebbe dovuto cedere alla tentazione prometeica perché fu Prometeo il grande incitatore. Come tutti i benefattori, mancava di pervicacia, era un ingenuo. In realtà la storia universale non è che un ripetersi di catastrofi, in attesa della catastrofe definitiva, e da questo punto di vista la visione cristiana della storia si rivela molto interessante, perché Satana svolge il ruolo di padrone del mondo, e Cristo quello di uno che non avrà alcuna influenza prima del Giudizio Universale. Cristo sarà onnipotente, ma soltanto alla fine. Questa è un’idea profonda, una visione della storia che oggi è piuttosto accettabile.

Nonostante tutto questo, l’uomo la affascina, vero? Benché lei si opponga alla sua condizione umana. O è il contrario?

Evidentemente quello che mi interessa è l’aspetto ambiguo dell’uomo,. Gli uomini mi fanno orrore, ma non sono un misantropo. Se fossi onnipotente – Dio o Diavolo -, eliminerei l’uomo. Di lui è stato detto tutto nel Genesi. Attratto da ciò che lo nega, ha optato per il rischio, ossia per la storia. Fin dall’inizio ha scelto il male, e senza quell’esilio la storia non ci sarebbe stata. Ha scelto la sua condizione tragica… No, non ammetto il Genesi come rivelazione, ma come punto di vista sul concetto di uomo. Chi ha scritto quei libri non ha fatto altro che riflettere – ne aveva il tempo -, e ha visto, nello svolgimento della storia, che cos’era l’uomo, il suo destino, e la sua condizione: l’uomo ha scelto la conoscenza, e quindi il dramma. L’avventura umana è cominciata con un difetto di modestia. Dio chiedeva all’uomo di essere umile, di starsene tranquillo nel suo angolino, di non immischiarsi di nulla. Ma l’uomo è un ficcanaso indiscreto, è questo il suo principio demoniaco, e se non si accetta tale principio non si capisce la storia. Ripeto, non credo al peccato originale in senso cristiano, ma senza quello non si può capire la storia universale. La natura umana era corrotta fin dalla nascita. No, non sto parlando da credente, ma senza questa idea mi riesce impossibile spiegare ciò che è avvenuto. Il mio atteggiamento è quello di un telolgo non credente, di un teologo ateo.

Un medico francese ha appena pubblicato un libro sull’influenza della climatologia nell’uomo. In epigrafe è citato un suo passo su questo tema.

Una delle ragioni per le quali si può negare che esista la libertà è la nostra dipendenza dal fattore meteorologico. La libertà è un’illusione, perché dipende da cose che invece non dovrebbero condizionarmi. Le mie idee mi sono sempre state dettate dai miei organi, i quali, a loro volta, soggiacciono alla dittatura del clima. Il corpo ha avuto un ruolo importantissimo nella mia vita. E con l’età la cosa si accentua. Nietzsche ha colto perfettamente il condizionamento del clima. Il mio stesso malessere, di ordine climatologico, è legato al malessere di tipo metafisico. Non dico che la meteorologia condizioni la metafisica, ma constato una certa simultaneità fra l’interrogativo metafisico e il malessere fisico.

In Squartamento lei si definisce segretario delle sue sensazioni, il che assume un’importanza particolare detto da uno scrittore. Inoltre questa constatazione postula l’unità indissolubile di corpo e spirito.

Infatti sono strettamente legati. Certo, nelle biografie di scrittori e di filosofi non se ne parla molto, perché è un argomento imbarazzante. Riconoscere questo fenomeno, per uno scrittore, significa sminuire ciò che fa, perché sarebbe come ammettere che i nostri stati d’animo e i nostri sentimenti più intimi sono alla mercè della metrologia. Schiavitù umiliante sulla quale non è il caso di insistere.

Lei ha scritto molto poco sul sesso.

Céline ha detto che l’amore è l’infinito messo alla portata di un barboncino. È la migliore definizione che io conosca. SE non avesse questo duplice aspetto, questa incompatibilità perturbatrice, bisognerebbe lasciare l’argomento ai ginecologi e agli psicoanalisti. In pieno delirio sessuale chiunque ha il diritto di paragonarsi a Dio. La cosa curiosa è che l’inevitabile delusione successiva non incida sul resto della vita è sia solo momentanea. Mi è capitato di dirmi che si può avere una visione postsessuale del mondo, visione che sarebbe disperata al massimo: la sensazione di avere investito tutto in qualcosa che non valeva la pena, lo straordinario è che si tratta di un infinito reversibile. La sessualità è una colossale impostura, una gigantesca menzogna che invariabilmente si rinnova. Senza dubbio il momento presessuale trionfa su quello postsessuale: è l’infinito inesauribile di cui parla Céline. E il desiderio è quell’assoluto momentaneo impossibile da sradicare.

Va a vedere le mostre?

Poco. Non perché non mi piaccia, ma perché si vive una volta sola, perché per tutta la vita essere aggiornati? Ma vi fu un tempo in cui lo ero. Come per i libri. Leggo molto ma non voglio essere aggiornato. Rileggo molto. Ci sono libri che ho riletto almeno cinque volte, e e rileggo gli autori che amo.

Cosa ne pensa della cultura francese, oggi?

Non posso dirle niente perché non mi tengo aggiornato.