martedì 8 maggio 2012

gilda boiardi, internissimi


Bilocale affittato a cinesi irregolari
l'esperta di design finisce nei guai

Gilda Boiardi, direttrice della rivista Interni, ideatrice del Fuorisalone e avvocato, è indagata
In un suo appartamento la polizia locale ha trovato 20 clandestini stipati in 76 metri quadrati

di EMILIO RANDACIO
Esperta internazionale di design (è direttrice della rivista Interni, nonché ideatrice del Fuorisalone), un po' meno attenta nel gestire i propri immobili. A Gilda Boiardi, professione giornalista ma anche avvocato, il pm Maria Letizia Mannella contesta un reato tanto odioso quanto grave: una norma del codice contro l’affitto in nero a cittadini extracomunitari irregolari. Nel suo bilocale milanese in via Bramante, il 20 gennaio dello scorso anno, una pattuglia dei vigili urbani ha scovato 20 cinesi stipati in 76 metri quadri.

L'appartamento affittato ai clandestini

Ma, soprattutto, «condizioni di sicurezza definite critiche dai tecnici dell'Asl» e, in generale, «un pessimo stato di manutenzione e inidoneità dei locali». Un quadro disarmante che ha portato alla segnalazione del caso in Procura. Il magistrato, letti gli atti, ha indagato la Boiardi contestandole la violazione del testo che disciplina l’immigrazione clandestina, e ha quindi disposto il sequestro dell’immobile, come consente la legge. Nel caso di condanna (il reato è punibile fino a tre anni di carcere), l’appartamento in via Bramante diventerà di proprietà dello Stato.

La direttrice di Interni, nel frattempo, è convinta di dimostrare la sua innocenza. I suoi legali hanno presentato appello per ottenere il dissequestro. 
Secondo la loro tesi, il contratto di affitto era regolare e intestato a un cittadino cinese con permesso di soggiorno (la registrazione prevedeva 1.200 euro di canone mensili), e nulla sapeva dell’eventuale subaffitto a connazionali senza documenti. Tesi difensiva, però, che per il momento è naufragata.

Per i giudici del Riesame, con un provvedimento di quattro pagine, l’esperta di design «non poteva non rilevare che il profitto ingiusto fosse realizzato anche a danno di stranieri non regolari, speculando sulla loro condizione di illegalità». L'immobile, infatti, risultava essere in uso a Cheng Jing, che non viveva nello stabile, ma «che aveva affidato la gestione del quotidiano accesso degli ospiti a un suo connazionale che riscuoteva 10 euro a pernottamento per persona». Potenzialmente, il dormitorio in cui erano stati inseriti letti a castello, poteva ospitare 26 persone in tutto. Viste le tariffe praticate, una volta «esaurito» avrebbe potuto fruttare 7200 euro ogni mese.

Secondo i giudici «le condizioni di vita offerte, che contrastano con una situazione abitativa decente e rispettosa della dignità umana», non giustificano la pretesa di un affitto così elevato. Peraltro, prima del blitz dei ghisa, l'amministratore del condominio aveva informato la signora «con almeno due missive del giugno 2010», dell'irregolarità della situazione che si era venuta a creare in via Bramante. C'era dunque per l'accusa, da parte della proprietaria, «la piena consapevolezza» della situazione.
(08 maggio 2012)

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