mercoledì 30 maggio 2012

prove tecniche di colpo di stato


hedge fund kids


Con la proposta di sospendere per tre anni il gioco del calcio, Mario Monti ha gettato la maschera palesando il vero scopo del suo governo, instaurare in Italia un’oligarchia illuminata di paternalismo ottocentesco.
L’abolizione del calcio, come già per il fascismo lo fu il delitto Matteotti,  è lo spartiacque per passare all’introduzione di leggi montissime, in cui rientra anche la copertura assicurativa obbligatoria del rischio di calamità naturali: l’obiettivo è la fine di quell’italietta pasticciona e sudata sempre pronta ad arrangiarsi, rimboccarsi le maniche e fare più danni di prima.
Tra i prossimi passi non è difficile ipotizzare  la chiusura di lettere e filosofia, l’abolizione del bacio al crocifisso e l’iva al 40% sulle Hogan.
Ovviamente non sono mancate le anime semplici pronte a far notare che non si può rinunciare all’indotto generato dal calcio, che poi sono le stesse che  likano gli esponenti del movimento cinque stelle e le loro interrogazioni sulle connessioni tra terremoto e ricerche di gas naturale, che se c’è il terremoto a L’Aquila Padre Fanzaga su Radio Maria fa notare che lo ha mandato Dio e  che è rimasta in piedi solo la statua della Madonna in un cortiletto, mentre se la statua della Madonna mette sotto il parroco di Rovereto allora?
L’argomento ovviamente è risibile, da una moratoria sul calcio il PIL non potrebbe che trarne vantaggi, si pensi solo all’incremento di produttività degli impiegati liberati dalle interminabili discussioni davanti alla macchinetta del caffè su Ibrahimovic che non incide nelle partite decisive e dagli onerosi calcoli del fantacalcio.
A fronte dell’affermarsi dell’antipolitica grillina,  che ricorda la definizione di Gobetti di una nazione  che rinuncia per pigrizia alla lotta politica facendo così nascere il fascismo, Monti vuole contrapporre una generazione nuova, che invece di caricare i celerini e fare sfide di cinghiamattanza nei parcheggi degli autogrill passa le domeniche in biblioteca a formarsi sull’analisi fondamentale, generazione che nei dossier segretissimi di questo progetto eugenetico ha già un nome in codice:  gli hedge fund kids.

martedì 29 maggio 2012

LA PIRAMIDE DELL'EVASIONE FISCALE

L’evasione fiscale è il tema più chiacchierato in Italia da quando si è insediato il governo Monti: in autobus, al bar, dal parrucchiere non si parla d’altro che del ristoratore di Cortina, del gioielliere di Napoli, del baretto sotto casa che batte due scontrini sì e uno no. Ovviamente noi non potevamo sottrarci al trend del momento, e così per facilitare il lavoro alla guardia di finanza abbiamo elaborato una tassonomia dell’evasione fiscale, stratificando i profili tipici degli evasori italiani dai più ricchi ai più poveri (anche questi ultimi, infatti, non vanno trascurati, perché hanno poco ma sono in tanti).

Vi presentiamo dunque la piramide dell’evasione fiscale, e chissà che non venga presa a modello per i prossimi studi di settore.


la piramide dell'evasione

lunedì 28 maggio 2012

arte moderna

fare iconoclastia su allah sarà x l'arte del XXI secolo quello che è stato farla su gesù cristo nel XX secolo
Se adottiamo un atteggiamento simbolico nei confronti della nostra vita, esplorando il significato di cio’ che ci succede, e quindi attiviamo la nostra capacità di creare una totalità a partire dagli eventi accidentali e diversi che ci capitano, ci accorgeremo che indipendentemente dall’intreccio, dall’ambientazione e dai personaggi, maggiori o minori che siano, nelle storie della nostra vita niente succede per caso.
Nulla Succede per Caso, Robert Hopke

domenica 27 maggio 2012

vi faccio vedere come bakkaglia un italiano

sabato 26 maggio 2012

Anche in arte il povero non può prendere niente al ricco; mentre il ricco può prendere tutto al povero
Karl Kraus

venerdì 25 maggio 2012

le cinque ragioni della conferenza stampa di berlusconi

berlusconi hipster E' chiaro a tutti che con la conferenza stampa convocata oggi Silvio Berlusconi avrebbe dovuto procedere a una dichiarazione epocale, che poi non ha potuto effettuare, portandolo a fingere che voleva annunciare la proposta del pdl per un semipresidenzialismo alla francese, ah ah ah.
Ecco le cinque più probabili ragioni per cui la conferenza stampa era stata convocata:
 1) Ho l'aids.
2) Nicole Minetti è incinta e aspetta un figlio da me.
3) La moglie di Baresi è incinta e aspetta un figlio da me.
4) Ho raggiunto l'intesa con Beppe Grillo, a lui andranno tre ministeri nel prossimo governo e 4 prime serate su Canale 5.
5) Ho pagato Marysthelle Polanco per dire che le facevo fare lo spogliarello travestita da Ilda Boccassini, ma in realtà era la Boccassini stessa a fare gli spogliarelli, adesso mi perseguita perché non l'ho più invitata.

il gesto infinito

il il il

giovedì 24 maggio 2012

Il Sindaco a 5 stelle di Parma


Il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo ha vinto il ballottaggio per la poltrona di sindaco di Parma. Ecco quali saranno i primi 10 provvedimenti stabiliti dal neo sindaco grillino:

1. ECONOMIA
Parma uscirà immediatamente dall’euro. Si passerà al baratto ma usando solo prodotti a kilometro zero (es. 1 Culatello = 0,27 Parmigiano Reggiano) scambiati via internet.

2 LAVORI STRADALI
I lavori di manutenzione e riparazione del manto stradale, la costruzione di ponti e piste ciclabili, verranno fatti via internet: evitando di mandare gli operai fisicamente sul posto si otterrà una riduzione sia delle emissioni di CO2 (-83%) che degli incidenti sul lavoro(-99%).

3 SOVRANITA’
Come annunciato da anni, verrà chiesto (via internet) l’asilo politico alla Svizzera. Giorgio Napolitano verrà dichiarato Nemico Del Popolo e gli verrà immediamente tolta l’amicizia da Facebook. Subiranno la stessa sorte: Rita Levi Montalcini, i Fichi d’India, il Papa, Gargamella e Bersani (sia Samuele che l’altro).

4 TRASPORTI
Divieto assoluto di usare auto e mezzi inquinanti. I cittadini, via internet, potranno spostarsi scegliendo tra:
- aliante
- salto con l’asta

5 INTERNET
Internet verrà fornita gratis a tutti via internet. Chi ha già internet potrà avere due internet. Chi non ce l’ha, dovrà farne richiesta via internet: dopo la richiesta fatta via internet, internet verrà consegnata porta a porta via internet a tutti i cittadini.
Chi non ha una porta per la consegna di internet porta a porta, potrà fare richiesta via internet per ottenere una porta, che verrà inviata gratutitamente via internet. Chi non ha internet dovrà farne richiesta via internet.

6. ONESTA’
L’onestà sarà obbligatoria.

7. SPORT
Il Parma Calcio scenderà in campo con la quinta stella sulla maglia.

8. RIFIUTI
Stop alle discariche, tutti i rifiuti dovranno essere smaltiti via internet, spostandoli nel cestino del desktop e poi assicurandosi di svuotare il cestino ogni 3 giorni.

9. SICUREZZA
Entrerà immediatamente in vigore il divieto di commettere reati.

10. SANITA’
Ogni cittadino potrà installare un antivirus scaricandolo gratuitamente dal sito del comune.

http://bollettinodallitalia.gqitalia.it/2012/05/22/il-sindaco-a-5-stelle-di-parma/

you are not a poet

you are not a poet Bevono, chinano la testa di lato, malinconici. E sono, nessuno escluso, artisti incompresi. A quell'età. Il tempo fa il suo giro: a diciannove anni sei incompreso, a trentanove o quanti ne hai, ti hanno capito tutti benissimo.
Gabriele Romagnoli

I Cani - Asperger



Se Carlo fosse veramente stato stuprato nell'infanzia, avrebbe un ottimo motivo per mantenere la distanza dal padre che lo mantiene iscritto a lettere a oltranza.

(e invece purtroppo non si scherza su queste cose)

mercoledì 23 maggio 2012

underwear

Ingrandisci la copertina Underwear
Riccardo C. Mauri e Giuseppe Schiavone
Illustrazioni Angelica Lena
SPECIAL GUEST MAX PEZZALI
Underwear è la biancheria intima dell’anima. Sporca. Sono le cose che non racconteresti a tuo figlio.
É quello che rimane quando sei nudo e un piccione te la fa in testa.
É il sacrificio che nessuno si sente di fare,
come alzare il volume di una tv senza telecomando.. 


Un’antologia che è anche romanzo corale, gioco, e un continuo trovar sorprese. Un libro capace di divertire, scritto con uno stile unico e dissacrante.
Underwear è quello che resta del weekend dopo i gol in tele, è la parola nascosta de l’Eredità dopo che Carlo Conti te l’ha detta. Trita le storie e le soffrigge. Butta il soffritto e tiene l’odore. É saper inspirare e non sapere espirare. E adesso?

Underwear è un’indispensabile guida a come non affrontare l’imbarazzo. Un libro game nel senso che si prende gioco di te.

Riccardo C. Mauri
prima di laurearsi in filosofia della scienza ha scritto per il collettivo milanese il Deboscio. Poi ha studiato sceneggiatura e iniziato a lavorare in una casa di produzione televisiva. Si occupa di comunicazione.

Giuseppe Schiavone
laureato in epistemologia e scienze cognitive. Adesso è dottorando in Foundations and Ethics of the Life Sciences e cura i contenuti del sitocontenitore Yyellow.

Max Pezzali
è Max Pezzali.

Angelica Lena
illustratrice, 20 anni.



LIBRO 200 PAGINE
Euro 12,00
In libreria da maggio 2012



http://www.ibs.it/code/9788889155653/mauri-riccardo/underwear.html



Meridionali: persone che allattano e/o schiaffeggiano i figli in pubblico, fanno citazioni in latino e si incazzano se gli insulti la mamma. Sinonimi: Schettino, Hogan, carabinieri.

martedì 22 maggio 2012

ci facciamo sempre riconoscere

In Francia Le Pen, in Grecia l'Alba Dorata, in Italia Beppe Grillo. Qui da noi nemmeno il fascismo è una cosa seria.

Parliamo bene per una volta di beppe grillo

Parliamo bene per una volta di BEPPE GRILLO, ho letto su lavoce.info che è sostenuto da gente educata e istruita, tra i 35 e i 45, che risiede nelle grandi città italiane.
Poi vado direttamente sulla pagina di Grillo e leggo in home che vuole, tagliando i costi della politica, trasferire quei soldi in un fondo, in maniera da creare un "reddito di cittadinanza" minimo per ogni cittadino Italiano. Poi vuole distribuirlo e sconfiggere la poverà. Una specie di cassa integrazione + pensione infinita che ci fa stare tutti bene.
Ovviamente, se dividiamo un miliardo di euro ( immaginiamo i redditi dei parlamentari, la politica in totale costa 3 ) per sessanta milioni di italiani otteniamo 16 euro a italiano. Se facciamo finta di ridurre la spesa pubblica addirittura di 10 miliardi ne otteniamo 160 a italiano. Se dividiamo 160 euro per i dodici mesi dell' anno ne otteniamo 13 euro al mese.

Ecco, io Grillo sinceramente non ho mai neanche voluto ascoltarlo una volta, non vedo perchè dovrei stare a sentire uno con una barba simile e poi allo stadio ci sono stato già una volta da ragazzino e il capo ultras mi diceva "canta canta" col megafono che quasi mi danno le botte gli altri ultras con le sciarpone e i cylum perchè non facevo i gesti con le mani e non fischiavo; solo non credevo le sue argomentazioni fossero tanto basse e meschine.

Ma come lo spieghiamo a Vito del movimento 5 stelle?


Vito era monarchico, fascista, berlusconiano-leghista, necessita di essere dominato, del capo tribù. E' un italiano nato per essere schiavo, per ragionare con la pancia, incazzato perché abbandonato da Roma ladrona che lo ha deluso e Grillo è il reazionario che risponde al suo bisogno violento. Avrebbe senso spiegargli la vischiosità ed incoerenza dell'appoggiare il PDL, la scelta strategica di far amministrare dai comitati d'affari celati dietro candidature di sindaci bambini e che le priorità dell'agenda politica non si inventano ma ascoltano e gestiscono? Non so sai. Grillo non occupa uno spazio lasciato vuoto dalla sinistra, anche se ne cavalca tratti, risponde ad un bisogno ancestrale squisitamente di destra.

lunedì 21 maggio 2012

Come diventare un grande regista “à la page” in 25 mosse


Come diventare un grande regista “à la page” in 25 mosse

Un regista per essere considerato “à la page” deve:
1) Ambientare l’opera nel presente con tanto di riferimenti a guerre, nazismo, attentati, condizione terzomondista, inquinamento, malattie incurabili o meglio ancora in uno spazio vuoto o astratto, oppure in una casetta lignea/ferrosa/vetrosa o stile Bauhaus, meglio ancora in un bunker o ospedale, oppure nel consolidato “teatro nel teatro”, oppure proporre la vicenda all’epoca del compositore con riferimenti alla sua biografia o all’ambiente a lui più congeniale: Rossini in gastronomia, Donizetti in un casino, Prokofev nella Mosca del compagno Berja, etc.., smentendo la componente storica del libretto, per essere più vicina al pubblico, ai giovani e “svecchiare le incrostazioni”.
La scena è consigliabile fissa, al massimo dotata di mobilio stile “Secessione” e piano ruotante.
2) Fare indossare cappotti di varie fogge, ma di colori neutri o spenti o abiti candidi.
3) Mostrare pettorali, seni, pudenda maschili e femminili, deretani.
Questo è un obbligo morale!
4) Inscenare almeno una sequenza di stupro, un’orgia, una di maltrattamento verso animali e verso donne, trattate ovviamente come buchi da riempire o poco più.
Climax obbligatorio la scena in cui ci si droga o ubriaca.
5) Far capire, lentamente, che tutto ciò che avviene in scena è il sogno, oppure una pura follia, oppure la proiezione psico-freudiana-junghiana del protagonista fragile e complessato.
6) Riconoscere che la borghesia e la chiesa sono le vere piaghe sociali: tutti siamo puttane, spacciatori, ipocriti, sessuomani dai gusti estremi, drogati, infidi, omosessuali, transessuali, maniaci sessuali, serial killer, rissaioli, violenti, mostri schizofrenici, ossessionati dal denaro e dagli oggetti, MA in fondo falsi perbenisti baciapile con un cuore d’oro e crocifisso in tasca vittime della ruota del sistema dipinto come un tirannico regime fascistoide “che schiaccia l’individuo sotto la pesante ruota del totalitarismo armato e guerrafondaio”.
Tutto questo va denunciato e sbeffeggiato.
7) Trasformare, ad un certo punto dell’azione il/la protagonista in una puttana o in un alcolista/drogato; meglio se tutti e tre contemporaneamente.
8 ) Ergersi a essere pensante superiore e ben più intelligente del librettista e del compositore; QUINDI occorre sovrapporre una propria versione dell’opera a quello che banalmente già si conosce; il finale va ovviamente stravolto.
9) Utilizzare SOLO gelide luci di taglio, oppure al neon in puro stile “asettica corsia d’ospedale” o meglio “sala settoria di anatomia patologica”, oppure di un accesissimo color pastello o  stile “corto circuito” da integrare ad un abbondante uso di proiezioni che non c’entrano praticamente nulla con ciò che avviene in scena, e il cui unico scopo è scatenare una guduriosa sega mentale nei fans del regista.
Ancora meglio se la scena piomberà in un buio abissale in cui ognuno possa immaginare ciò che vuole.
L’accensione delle luci in sala durante la recita fa parte degli imperscrutabili obblighi morali di cui sopra.
10) Costringere i cantanti per 2/3 dell’opera a cantare sdraiati a terra, o in posizioni ginecologiche, o da contorsionista, per improvvisa depressione o perdita del controllo delle gambe o schiaffo/pugno/calcio o innamoramento.
11) Rappresentare il coro come un unica massa perversa, omogenea e giudicante il cui scopo è sghignazzare e far rumore durante la musica.
12) Prima dell’opera o di un atto integrare 20 minuti circa in cui denunciare un male della società o ridicolizzare il pubblico attraverso azioni insensate con l’utilizzo di ballerini, mimi travestiti da animali (meglio se esotici o scimmieschi), attori che reciteranno testi astrusi.
13) Risolvere il balletto, se previsto, come un sogno nel sogno, un incubo, una scena di tarantolati oppure con uno spargimento di sangue.
14) Sdoppiare o centuplicare uno o più personaggi attraverso un uso insistito di mimi e ballerini per confondere meglio le idee e l’azione: tutto ciò è molto intellettuale.
15) Inserire almeno una scena con uno specchio gigantesco, dritto o inclinato, che raddoppi e deformi le azioni e “permettere al pubblico di entrare nella scena facendone parte, rispecchiandosi nelle azioni narrate”.
16) Inserire OBBLIGATORIAMENTE un letto in scena che dovrà essere onnipresente e fulcro dell’azione, concentrando su di esso tutte le svolte sconvolgenti dell’allestimento; esso andrà ovviamente tolto allorché il libretto ne preveda un espresso utilizzo.
17) Sostituire le parti recitate nell’Opéra Comique con un testo scritto di proprio  pugno il cui linguaggio deve essere crudo, brutale, volgarissimo a abbondare di parole come “Bitch, Putaine, Whore, Motherfucker, Bullshit, Fuck, Cock, Pussy, Asshole, Faggot” e delizie simili, perchè fa gggiovane, iconosclasta e tanto “scandaloso”.
18) Affermare che il testo del libretto sia una zozzeria indecente, che non si comprende il perchè un raffinato compositore sia stato attratto da una robaccia del genere, anacronistica all’epoca e lontana dalla nostra “sensibilità moderna” e giustificare il tutto inventandosi complessi, sindromi e traumi infantili che il poveraccio di turno ha subito da bambino. Il risultato per dare nuova linfa a queste “datate insensatezze”? Il compositore dovrà apparire in scena in maniera goffa, infantile e spaesata e interagire timidamente con i personaggi che ha creato.
19) Sostituire le scene che prevedono ambientazioni naturalistiche vicino a fiumi o foreste con discariche, fogne o strada malfamate e popolate da topi giganti, puttane, trans, gay, pervertiti, spacciatori, boss mafiosi e ladruncoli.
20) Trasformare in feticcio imprescindibile i lampadari, i capelli sporchi, le pistole, i vestiti laceri, le ferite in volto, ma soprattutto gli anfibi per i personaggi “giovani”.
21) Invadere la scena con acqua, che tra uno schizzo e l’altro si trasformerà in una fanghiglia ripugnante, oppure con della sabbia così da impedire ai cantanti ogni più naturale movimento; il che si tramuterà nella mente del critico illuminato come “la materializzazione attraverso elementi naturali della fragilità, delle difficoltà e dell’ inutilità delle umane miserie e delle contraddizioni dell’anima”.
22) Far diventare protagonista assoluto della scena, al pari del letto, un gabinetto (una moltitudine sarebbe ben più auspicabile) il cui significato saranno i critici colti, che vanno in sollucchero per i sanitari, a svelarlo.
23) Permettere ad uno o più personaggi di accedere al palcoscenico entrando dalla platea a opera iniziata; se il cantante lo fa correndo, osghignazzando, o in stato di delirio è meglio.
24) Tagliare o modificare arie o recitativi adattandoli al proprio allestimento o al proprio gusto personale giustificando lo scempio come “una operazione necessaria e culturale volta a rendere più fruibile, immediata e non distante dal gusto odierno del pubblico una vicenda francamente ridicola, poco credibile, invecchiata e fuori moda”.
25) Beccarsi sorridendo fischi e contestazioni: ciò rappresenta il personale trionfo e la conferma che il pubblico è ignorante, stolto, ipocrita, incivile, ha una sessualità repressa e vissuta in maniera malata,  e, peccato mortale, non vive di “seghe mentali”,  mentre Egli è secondo per onnipotenza e onniscienza solo dopo al Creatore!
stronzo: nessuna delle persone che gli gravitano attorno si renda davvero conto di che razza di persona rara e insostituibile lui sia. Un uomo triste, in un ristorante magari anche buono, tutto concentrato su di lui a pensare quanto sia diverso dagli altri. Poi sale sulla macchina e pensa: almeno potessi avere a che fare con persone come me.

domenica 20 maggio 2012

Rodrigo Leao, Tango dos malandros






sabato 19 maggio 2012

Success is 99% failure





Success is 99% failure
Soichiro Honda, founder of Honda Motor Company

venerdì 18 maggio 2012

Hotel Chevalier vs Maria Antonietta


 bonus track: cinematografia hipster
 

Wes Anderson, Hotel Chevalier

ristorante al bacco

ristorante al bacco milano

giovedì 17 maggio 2012

un'educazione trasgressiva porta a un comportamento repressivo

mamma moderna, figlio contemporaneo perché l'evoluzione è esponenziale, ma il costume ha andamento ciclico

hipster a bologna

Hipster a Bologna

Agrodolce, la fiction di Rai3 a fondo perduto (la videoricostruzione)

Pussy Riot

MGMT, Kids

mercoledì 16 maggio 2012

dezzyboy su radionk

il libro dei ricordi in concorso su radionk da 1:16:00 http://www.radionk.com/wordpress/2012/05/15/siamo-intenti-ad-esternare-2012-1a-serata/

andrea agnelli con le tre stelle

andrea agnelli con le tre stelle

un posto a milano: nicola cavallaro è tornato



Metti una sera a cena in un posto che nella tua immaginazione era proprio fatto così. Metti pure che all’uscita dalla cena sei stato bene, l’ambiente è informale, il prato di fianco, i mattoncini rossi al vivo sono le pareti, nei vasi non fiori ma fragole e rosmarino. Metti che ti sembra di essere in una cascina umbra e quindi nel mio caso, proprio come a casa. Metti che subito dopo che sei uscito hai già organizzato una cena per la settimana successiva.
Siamo a Milano, in una cascina agricola che nel ‘700 lavorava già la terra. Tanti anni fa si poteva definire periferia, oggi è quasi al centro della città. Porta Romana a Milano, Cascina Cuccagna, chef Nicola Cavallaro, Esterni, Cooperative e Cittadini insieme. Spostate la terra con le mani, mettete dentro questi cinque semini e avrete Un posto a Milano (Via Cuccagna 2 – angolo Via Muratori).
Il menù apre così: “Le ricette sono pensate sulla base dei migliori prodotti stagionali che siamo riusciti a trovare (consultate l’albo dei nostri fornitori). L’acqua è quella dell’acquedotto naturalizzata, volendo gassata e comunque gratuita. Pane e focacce sono fatti artigianalmente con lievito madre, la pasta è fatta in cascina ogni mattina, le verdure e la frutta provengono da agricolture biologiche, molti piatti sono vegetariani, alcuni vegani e altri senza glutine. Chiedete consigli al personale di sala o, nei momenti di più calma, direttamente allo chef e alla sua brigata.” Mi piace, ci sono tutte le parole fondamentali che vorrei leggere in un menù.
Il ristorante si dichiara ancora in regime di allenamento. È vero, qualcosa da aggiustare c’è, forse nei tempi e nell’organizzazione, ma in quale posto è tutto perfetto?
Io ho assaggiato l’Antipasto Misto con un ottimo tonno di coniglio, una giardiniera che non sentivo così buona dai lontani tempi della nonna, una misticanza di verdure di stagione (rucola, asparagi, cipolline, peperoni, piselli, etc) che sembravano davvero raccolte un attimo prima (provengono dalla cooperativa sociale Aretè di Torre Bordone, Bergamo) e che mi ha fatto venire le lacrime agli occhi, il salame rosa e la mortadella (Salumificio Artigianale Pasquini e Brusiani di Bologna) e una focaccia fatta a dovere.
Ho proseguito con “Formaggio di capra caldo con nocciole del Piemonte e verdure primaverili”, cioè dadini di zucchine e asparagi, piselli freschi amalgamati con pesto, sormontati dal caprino caldo (Azienda agricola Mapelli Claudio a Cassano D’Adda, Milano) e nocciole del Piemonte tritate grossolanamente. Un piatto equilibrato che mette insieme la prelibatezza delle verdure primaverili crude e il caprino che scaldato diventa piccante e denso.
Ho rubacchiato da altri piatti un assaggio di “Uovo, asparagi e parmigiano”, un grande classico ben eseguito con cottura perfetta dell’uovo a bassa temperatura. Per continuare con le “Sarde in saor con foglie verdi”, da deliscare una ad una purtroppo, ma deliziose. A chiudere, il menù offre Crostatina alla fragola, Tiramsù, Torta di mele, spuma di yougurt con salsa i frutti rossi e udite udite “Mela grattugiata, solo per i bambini”. Ho scelto la crostatina: pasta frolla, crema pasticcera, composta di fragola e fragole a pezzetti buonissime. Carta dei vini e delle birre artigianali, adeguate al posto. Buone e democratiche. Così come tutti i prezzi.
Dalla cucina vista sala, ogni tanto spunta lo Chef Cavallaro imbronciato, non faccio in tempo a dirgli che lo amo, che infila subito la cucina. Fuori resti di aperitivisti, ma anche mamme e bambini, che si sono dilungati. Dentro, altre 3 sale e un lungo bancone che propone vini, birre e buon cibo anti happy hour milanese con uova sode, quiche, farro, formaggi, salumi, torte salate e dolci. Come a casa, qui in Cascina si può stare e mangiare dalle 10 all’1.
Per me un vero miracolo a Milano, un posto dove andrei ogni giorno, dove so che quello che mangio è buono, scelto, curato, al giusto prezzo, dove non ci sono turni e orari. Dove vi consiglio di prenotare, perché la voce si è sparsa eccome.
[Crediti | Immagini: At Casa, Cristina Scateni]

intanto, su facebook...




Melissa Panarello ha condiviso un link.
oggi ho un imponente desiderio: innamorarmi di uno zingaro. Ma non voglio andare a cercarlo, quindi vi prego di non darmi coordinate circa i luoghi dove potrei incontrarlo (tipo campi e altre cose così) perché voglio che mi trovi lui e non voglio che il vostro cinismo rovini il mio romanticismo alle 10 del mattino.
 ·  · 

  • 9 persone piace questo elemento.

    • Luca Bizzarri Basta fermarsi ad un rosso.
      6 minuti fa ·  ·  2
      Melissa Panarello vi dico anche come lo voglio: uno sopravvissuto a un accoltellamento, con la faccia stropicciata e gli occhi pazzeschi, marroni che sembrano verdi. Deve muoversi a cavallo, e il cavallo deve somigliargli (non fate battute oscene). Si guadagna da vivere suonando il violino per strada, fino a che un pazzesco direttore d'orchestra lo nota e lo fa suonare a un importantissimo concerto e lo veste con uno smoking che lui indosserà con estrema grazia perché il mio zingaro, nudo o vestito di stracci, è un luminosissimo principe. Parla poco, ma dice cose esatte. E' molto saggio e non prepotente. E' fiero e ha coraggio, affronta con sicurezza le proprie paure e non si tira indietro di fronte all'amore e alla morte. E' credente, non so perché ma lo voglio credente. Uomo di fede. Ma equilibrato. Ecco.

Gomorrah clip - Behind the scenes with a Camorra "actor"

martedì 15 maggio 2012

Amor Fou - Alì

Quello che rode davvero ai dipendenti pubblici non è che le partite iva evadono, ma che loro non possono fare lo stesso

sgombero macao @ torre galfa

'sti creativi...

solo i governi di ultrasinistra possono permettersi scelte di ultradestra

Teresa Salgueiro il 16 giugno in concerto a San Damiano d'Asti



Teresa Salgueiro sarà in concerto a San Damiano d'Asti il 16 giugno 2012 in piazza della Libertà alle 22.30 nell'ambito del festival Fuoriluogo



Inoltre alle 18 Teresa incontrerà i suoi fan in piazzetta Giroldi.
Qui il programma della manifestazione

lunedì 14 maggio 2012

Quello che (non) ho

Su #la7 #fazio e #saviano fanno il saggio di fine corso del liceo classico

C'è anche #elisa che suona il pezzo che ha imparato quest'anno e #saviano vestito da compagno povero

la comicità della #littizzetto fa sembrare moderno plauto: scherzare difetti fisici, doppi sensi sessuali, citare pubblicità di 2 anni prima


Appartamento67 ‏ @Appartamento67 No no no no, la Littizzetto parla della Donna e sa dire solo patata e tette? Ma dai, basta! Basta parlare di tette! #quellochenonho

Davide Licordari ‏ @davidelico La Littizzetto è così scontata che è in corsa per essere la futura direttrice della Lidl Italia.


comunque essendo il saggio di fine corso, la trasmissione di #fazio è copiata da questa canzone di #pacifico,http://t.co/NlF0ei9A




RITO DA MAESTRO MANZI NEL CLIMA DI REDENZIONE
Aldo Grasso per il Corriere della Sera


Il destino delle parole è che invecchiano e si usurano con gli uomini che le usano. Un po' martire, un po' rockstar Roberto Saviano vive di parole, ha costruito il suo successo con le parole e, nonostante la giovane età, viene già osannato come un venerato maestro.


Così, con l'aiuto di Fabio Fazio e di illustri «parolieri» come Francesco Piccolo e Michele Serra (seduti in prima fila), ha trovato ospitalità su La7 per ripensare le parole che usiamo (idea non nuovissima). Se un tempo le Officine Grandi riparazioni di Torino servivano a riparare i treni, adesso, come location, riparano parole.


Una sfilata di ospiti illustri o meno prende una parola e la spolvera. Annotava nei suoi diari Lev Tolstoj: «Se tutta la complessa vita di molti passa inconsciamente, allora è come se non ci fosse mai stata». Questo è il destino delle parole: a furia di ripeterle, di sentirle nella quotidianità diventano gusci vuoti. Solo i veri scrittori sanno restituire loro il senso della vita, sanno restituircele come «visione» non come «riconoscimento». Fazio e Saviano vogliono educarci, redimerci, farci sentire migliori. Senza gioia, con pedanteria.


Le loro trasmissioni sono le sole eredi del maestro Manzi, le sole dove la noia viene scambiata per insegnamento, la demagogia per redenzione, la retorica per vaticinio. E, ovviamente, hanno successo perché la tv del dolore conosce tante forme, anche quella di predicare sui suicidi o sui bambini di Beslan. Il clima è sempre quello del rito, della celebrazione: una sorta di consacrazione laica della parola, una necessaria penitenza perché lo sproloquio si offra a noi come eloquio. Sotto le parole, niente. Solo un po' di omelia televisiva, dove quello che non ho si confonde volentieri con quello che non so.


La debolezza di questo reading è che tutti ti fanno venire il senso di colpa, persino Pupi Avati con i suoi ricordi felliniani al borotalco, persino il duo Travaglio-Lerner: se non sei impegnato, sei non vuoi cambiare il mondo con noi, se non usi le parole come arma di difesa civile, insomma sei poco propenso alla bacchettoneria, che tu sia dannato in eterno.
Fra i tanti luoghi comuni, ci sono anche le parole che il ceto medio riflessivo non dovrebbe mai pronunciare perché fanno cafone: sbaglio o la parola marketta non c'era?


LAST NIGHT I DREAMT OF LOSITO
di Guia Soncini
Ieri sera, mentre la Littizzetto riciclava stancamente repertorio, Favino metteva su l’aria da «sono un attore vibrante e molto impegnato», Fazio augurava alla prossima erede Favino un mondo senza pilates e televoto, senza personal shopper e senza girocollo, così non nata e già così piena di anatemi e di camicie alla coreana. Ieri sera, mentre i fratelli grandi di quelli che occupano i grattacieli si mettevano il vestito della festa e occupavano la prima serata, e mentre gli zii buoni sgomberavano i nipoti ribelli ma sempre tutto con un buffetto e tanta comprensione. Ieri sera, mentre vedevo il futuro, e il futuro non era mica la gauche-caviar, era la gauche-CondéNast. Ieri sera, mentre chiedevo su Twitter che differenza ci fosse tra la tv del dolore di Maria De Filippi e quella di Fabio Fazio che intervista la mamma di Beslan, e ricevevo tonnellate di risposte iniquamente divise tra «vergognati anche solo di averlo detto» e «ora ti spiego che Beslan è roba di guerra e non di televoto», ma quasi nessuna formulata rendendosi conto che, se va in televisione, è televisione. Ieri sera, mentre andava in onda la replica di Vieni via con me e io esattamente come l’anno scorso pensavo «Hanno evidentemente ragione loro, e ora scusate, questo rumore che avete sentito sono le mie palle che crollano a terra.» Ieri sera, mentre la gente che vuole la tv di qualità si sentiva rasserenata quasi quanto lo è quando legge un buon libro, sorseggiando una tisana, mentre i bambini giocano con giocattoli di legno. Ieri sera, mentre la società civile a casa annuiva vigorosa e quella in studio applaudiva convinta a ogni lode al Presidente della Repubblica, a ogni nostalgia delle librerie di quartiere, a ogni signoramiismo sulle ricevute nei ristoranti, a ogni grillismo in ritardo sul bere l’acqua di sorgenti lontane, a ogni non sequitur di senso se non di sintassi. Ieri sera, mentre il ceto medio riflessivo si allargava come accade in caso di evento, quel tanto che basta a includere, oltre alle professoresse democratiche, le sciampiste con velleità culturali che ritengono più presentabile farsi scaldare da Saviano che da un calciatore, le zelanti tardive contenutiste con uno scaffale Ikea per i totem culturali da spendersi in società, le quali correvano a controllare dove fosse l’Ossezia per poi – con l’impeto di chi se ne occupa da sempre e aspettava da anni al varco del telecomando ma nessuna D’Urso mai, per tacer di quanto trascuri quell’area Giletti – per poi dirti che chi critica un programma che parla di Beslan deve vergognarsi, sìssìssì


La stilettata quotidiana
Maura Viperetta

si polemizza sul mezzo bene e si tace sul molto male, tipico dell'intelletuale inutile e snob

Richie Hawtin - The tunnel

Lana Del Rey - Goodbye Kiss in the Radio 1 Live Lounge

Kasabian - Man Of Simple Pleasures

Bifo che livello

è difficile condividere un'avanguardia che non ci comprende

è difficile condividere un'avanguardia che non ci comprende - deboscio @ macao

domenica 13 maggio 2012

macao @ torre galfa


BOH ERA APERTO SOLO IL PRIMO PIANO

è TUTTO SCASSATO, AI MURI CI SONO APPESI I FOGLI CON LE FRASI ISPIRAZIONALI SCRITTE CON L'UNI POSCA

MI HAN DETTO CHE ALLE 14 C'ERA LA LETTURA DI BRANI DA LA VITA AGRA DI BIANCIARDI

E POI DEI CORSI INUTILI DI NON RICORDO COSA

PEGGIO DELL'ORATORIO E DELL'OCCUPAZIONE AL LICEO

una vita

la vita è la maggiore umiliazione che si possa subire

una vita in panchina
una vita in corsia di sorpasso
una vita dai vetri

sabato 12 maggio 2012

the social network


The Social Network si apre con una scena destinata a diventare cult. Il diciannovenne studente di Harvard Mark Zuckerberg, sandali e calzini bianchi, felpa antracite Gap, viene piantato dalla sua ragazza, Erica, al termine di una conversazione nella quale il futuro fondatore di Facebook si produce in una mitragliata di osservazioni vetrioliche che rivelano la sua condizione di patologica alienazione. In questo contesto, Gap non è solo un brand , ma un’espressione del profondo “divario” - anzi, abisso - tra Zeta e gli esseri umani in generale. Il fatto che un individuo egocentrico, megalomane, incapace di provare la minima empatia per i propri simili abbia creato un sito che, almeno sullo schermo, ha la funzione di mettere in contatto le persone è solo uno degli innumerevoli paradossi della storia (micro) e della Storia (macro). A un primo livello, The Social Network racconta la vicenda del più giovane multimilionario di tutti i tempi e del suo impero virtuale fondato su tradimenti, manipolazioni e inganni reali, perlomeno nella versione narrata da David Fincher/Aaron Sorkin e, prima ancora, da Ben Mezrich, autore dell’incandescente The Accidental Billionaires. The Founding of Facebook: A Tale of Sex, Money, Genius, and Betrayal (2009), che ha ispirato il progetto. Si dice che dietro a ogni grande uomo vi sia una grande donna. È una delle innumerevoli stronzate che informano il (non)senso comune. The Social Network suggerisce piuttosto come a spingere gli uomini a realizzare imprese titaniche sia l’impossibilità stessa di stabilire relazioni sociali significative, specie con l’altro sesso (che è poi la premessa di Fight Club). Rigettato da Erica, ostracizzato ad Harvard dopo una bravata online (Facemash) che rivela ancora una volta la sua profonda misoginia, il “Punk/Milionario/Genio” - per citare i poster che tappezzano le metropolitane americane - si appropria di un’idea concepita da una trifecta di WASP maschi e sviluppa in poche settimane un sito che promuove tre valori fondamentali: popolarità a ogni costo, vanità di vanità e culto della personalità. Così facendo il paria diventa idolo, temuto e venerato in eguali dosi da cortigiani e groupies, Messia di una generazione ossessionata dal protagonismo senza limite e da forme terminali di attention deficit disorder. Poco più tardi incontriamo Sean Parker, ideale controparte e alter ego dello “$tronzo”, per usare l’elegante definizione di Enea. I due sono similmente egocentrici e paranoici, mitomani e calcolatori, ma laddove il fondatore di Napster è una rockstar, un pick-up artist che usa come battuta d’apertura «sono il CEO... Puttana!», il creep e weirdo Zeta sfiora autismo e Asperger, ossessione compulsiva e nerdume. Del resto, il messaggio del film era stato rivelato - anzi, spolierato - dalla soundtrack del trailer, una versione a cappella di Creep dei Radiohead (1992):
“I don’t care if it hurts,
I wanna have control
I want a perfect body
I want a perfect soul
I want you to notice
when I’m not around
You’re so fuckin’ special
I wish I was special”
Che poi esprime l’essenza di Facebook. Come Fight Club, The Social Network si interroga sul significato della mascolinità nella società contemporanea. Il primo descriveva una rete sociale definita dai combattimenti fisici; qui la violenza è sublimata attraverso la popolarità virtuale, ma le dinamiche sono identiche, O quasi: la prima regola di questo club è informare il numero più alto possibile di “amici”, perché il valore di una rete dipende dalle dimensioni della stessa. I social networks sono virus letali. Il capitale sociale, per dirla con Bourdieu, è la chiave per conquistare quello economico. E il capitale culturale? È del tutto inutile. I certificati sono carta igienica. Zeta, come Gates prima di lui, droppa il college, consapevole che prima o poi qualcuno gli regalerà una laurea sui generis, pardon, honoris causa.
L’unica funzione delle università è facilitare l’acquisizione del riconoscimento sociale (vedi la funzione delle cosiddette “confraternite”, che rappresentano il tessuto stesso della società americana e preparano gli individui alla vita adulta). Se nell’incipit Zeta andava in bianco, Fincher introduce Sean dopo una scopata con una studentessa di Stanford, come apprendiamo dalle mutandine color cremisi della bionda. Tanto Zeta quanto Esse anelano (e ottengono) una legittimazione sociale ed economica mediante la manipolazione delle informazioni e delle proprietà intellettuali altrui, impresa facilitata dal fatto che milioni di persone non aspettano altro che raccontare tutto di sé al primo guidatore che passa per l’«autostrada dell’informazione» (Al Gore) per godere di quindici megabit di popolarità. L’apparenza è tutto, come insegnano i “creativi”, e la felicità non è che un manifesto ai bordi della strada che strilla “va tutto bene, non preoccuparti, andrà tutto bene” (Don Draper, Mad Men). Su Facebook esistono solo leader e seguaci. La complessità del mondo è ridotta alle due macrocategorie di mipiace/nonmipiace. L’etica, come Erica, è stata rimpiazzata dagli algoritmi. L’intimità è un database e gli affetti si cancellano in tempo reale con un refresh. Zeta e i suoi adepti parlano un solo linguaggio, binario e dicotomico, che ha finito per dominare ogni tipo di performance su quel palcoscenico immateriale che ha avuto il grande merito di “democratizzare l’accesso alla Rete” e “mettermi in contatto con i compagni delle medie con cui avevo perso ogni contatto”. Per capire Facebook occorre rivedere il geniale documentario di Ondi Timoner, We Live in Public (2009), incentrato sulle imprese del geek e imprenditore Josh Harris, un Zuckerberg ante litteram ma senza la sua freddezza e autodeterminazione. Harris ha colto prima di altri (all’inizio degli anni Novanta) che l’ossessione per il controllo totale, la trasparenza orwelliana, la quantificazione/commercializzazione dei rapporti umani sarebbero diventate le caratteristiche fondamentali del XXI secolo. Zeta è riuscito a monetizzare il sogno, o meglio, l’incubo di Harris, costruendo un’infrastruttura solo apparentemente orizzontale, che invece esprime la medesima logica di potere delle corti feudali. The Social Network racconta quel mondo - il nostro - in modo obliquo e indiretto, preferendo concentrarsi sulla sua mitopoiesi (2003-2005). E lo fa in modo sublime. L’opera di Fincher possiede lo spessore narrativo e il pathos di Quarto potere. E come in Rashomon molteplici narrazioni presentate sotto forma di flashback articolano la complessità di una vicenda che sembrerebbe semplice, mettendo in dubbio la possibilità stessa di ricostruire episodi tanto banali quanto cruciali. Quelli di Sorkin non sono dialoghi, ma sessioni di chat: i monosillabi di Zeta, proferiti alla velocità della luce, alimentati da Red Bull annacquate di Stoli, protetti da un paio di cuffie. Se è vero che una società si comprende grazie a quello specchio riflettente e deformante che è il cinema, è facile prevedere che The Social Network diventerà la narrazione par excellence della prima decade del XXI secolo, l’era in cui “amico” è diventato un verbo e un aggettivo. Un’epoca pervasa dall’imperativo della connessione persistente, che maschera fenomeni diffusi come apatia e afasia dietro a meme, spam e promozioni virali. Un’epoca definita - ancora una volta - da maschi eterosessuali della classe medio- alta, alla faccia della retorica dominante che presenta il Web come uno strumento di liberazione ed emancipazione. Se la pubblicità ha prodotto anoressia e bulimia, Facebook celebra la fine della privacy e glorifica la sorveglianza del panopticon interattivo. Tale logica diventa normativa anche fuori dallo schermo: abbondano le scene in cui la macchina da presa mostra le ragazze da dietro, ad altezza culo, un esercito di adolescenti indistinguibili, (s)vestite come pornostar a feste e club (vedi iww.lastnightsparty.com). Fincher descrive una società vacua e neurotica, vanitosa e darwiniana, distratta e superficiale, in cui l’autopromozione e l’autoaffermazione in Rete costituiscono l’unica modalità di interazione possibile con i propri simili. In questo mondo, il trionfo di Facebook è una conseguenza al tempo stesso necessaria e sufficiente.
Coda
A pochi giorni dall’uscita in sala del film, Zuckerberg ha aperto il borsellino e ha gettato 10 milioni di dollari per promuovere iniziative pedagogiche negli Stati Unìti e riformare la scuola. Come scrive Zizek nel suo ultimo, apocalittico saggio, la filantropia rappresenta l’ultima evoluzione dell’ideologia capitalista.

Matteo Bittanti
(Recensione tratta dalla rivista "Duellanti", Novembre 2010)