venerdì 2 settembre 2011

giù dal salumiere c'é un conto da saldare di 15.000 euro.

BARI - "Voi state avendo un tenore di vita troppo elevato per il reddito... e questi hanno sgamato tutto, che il lavoro è finito... che la cosa è così... hanno sgamato tutto". "Dì a Nicla di non andare con la borsa Cartier... di andare una volta in meno al ristorante". E' agitato Valter Lavitola mentre, la sera del 17 giugno 2011, parla al telefono con Gianpaolo Tarantini al quale detta la linea sul tenore di vita da tenere per non destare sospetti negli investigatori. Dall'altra parte del telefono c'é però un Gianpaolo Tarantini depresso, che dice di non avere i soldi per mangiare e che ha paura del futuro ("stò con le pezze al culo", "Stiamo senza soldi, un casino", confessa).

Lui e la moglie, Angela Devenuto (detta Ninni o Nicla), finiti oggi in carcere, sembrano vivere da tempo - annotano gli inquirenti - in "affanno economico". L'appannaggio mensile di 20.000 euro che - secondo l'accusa - Silvio Berlusconi versa ai coniugi (14mila euro al mese, oltre all'affitto della casa romana, le spese legali e quelle straordinarie) non sembra infatti sufficiente a far fronte alle uscite, anche perché - dice Gianpi al telefono - già dal salumiere c'é un conto da saldare di 15.000 euro.

La coppia preme quindi per il versamento dei 500mila euro promessi dal premier e lo fa attraverso il loro amico Valter Lavitola, direttore dell'Avanti, ora latitante anche se lui afferma di essere all'estero per lavoro, che mantiene i rapporti con il premier. Lavitola - secondo le indagini - ha consegnato ai Tarantini solo 100mila dei 500mila euro ottenuti e ha trattenuto la somma restante per sostenere proprie iniziative economiche. Il 9 luglio scorso Gianpi e Lavitola parlano al telefono del danaro che non arriva. Tarantini confessa di vivere con "50 euro contati al giorno", di avere l'auto a noleggio, mentre la moglie "la macchina non ce l'ha neppure". E sbotta: "Devo consentire a Nicla di andare a vendersi le borse? O di andare senza macchina?".

Più esplicita è invece la moglie di Tarantini che il 23 luglio parla con Lavitola (indicato negli atti come suo amante) sulla possibilità che il marito, stanco di aspettare il danaro promessogli, decida di non patteggiare la pena nel processo di Bari sulle escort mandate a Palazzo Grazioli e che scelga di andare a dibattimento. In questo modo - sottolinea - tutte le intercettazioni diventeranno pubbliche con un grave danno all'immagine del premier.

Dice Devenuto: "Noi non abbiamo più niente, quindi non abbiamo più niente da perdere, salvo il fatto di non avere i soldi la mattina per mangiare, lui (Berlusconi, ndr) invece ha da perdere tutto questo e dell'altro, o meglio ha da perdere di più lui di noi...". Ma è Gianpi il più preoccupato di tutti. "Valter - dice Tarantini a Lavitola - sai perché non dormo la notte? Perché io so che se domattina mi arrestano, mia moglie come deve mangiare? Tu muori, facciamo tutta una cosa contemporanea, tu muori, lui (Berlusconi, ndr) muore e a me mi arrestano, come mangiano, mia moglie, perché mia moglie..." Lavitola: "e va bé, facciamo le corna". Tarantini: "... a me mia moglie può anche morire di fame, non me ne frega un c..., ma le bambine come fanno!".

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