Il Peso della grazia è un libro straordinario. L’innocenza e la sincerità del suo protagonista che si scontra con la rivelazione che chi ama gli ha fatto del male è commovente quanto la constatazione che per sopravvivere è necessario continuare ad amare e ritornare ad avere fiducia.
Se è vero che la scoperta dell’amore e l’abbandono sono esperienze consuete nella vita, è altrettanto vero che raramente sono state descritte in modo così intenso e con forza di immagini, al punto tale che chi legge non solo ritrova parte della propria esperienza ma riesce ad averne maggiore consapevolezza.
C’è chi ha scritto che il libro è troppo lungo in relazione ad una presunta scarsità della trama, ma il tema del racconto è il più antico, sfuggente e problematico affrontato dalla letteratura di ogni tempo, l’avvento dell’amore che da senso alla vita. Raimo non ha bisogno di narrare eventi eccezionali per esplorare la complessità dell’animo umano che si interroga sull’amore del prossimo e di Dio, perché è la quotidianità non banale di ciascuno il palcoscenico su cui questa ricerca si estrinseca.
Dopo aver tradotto Foster Wallace, immortalato i ragazzi della Tecnocasa, diretto l’inserto di Pubblico Orwell, al suo primo romanzo Raimo è già e sempre più un titano nel nanesco panorama letterario italiano, non resta che sperare in un altro romanzo quanto prima.
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