mercoledì 19 novembre 2008
giovedì 13 novembre 2008
lunedì 27 ottobre 2008
sabato 4 ottobre 2008
martedì 30 settembre 2008
sabato 27 settembre 2008
giovedì 25 settembre 2008
lunedì 22 settembre 2008
giovedì 18 settembre 2008
mercoledì 17 settembre 2008
venerdì 12 settembre 2008
il nuovo cocchi
fa pena. è arredato come una pro loco, i mobili li hanno presi al festival delle sagre e il pavimento un casotto di campagna. il gestore è un babbo di fama internazionale. le brioches si smosciano in mano, il cappuccino tiepido.
martedì 9 settembre 2008
lunedì 8 settembre 2008
per un'epistemologia di fabio volo
fabio volo è l'amico che tutti vorremmo avere in compagnia
pero' credo che ognuno dovrebbe sapere stare nel suo spazio
se x esempio umberto eco mi chiedesse di venire a giocare a calcetto, mi metterebbe in imbarazzo
Nel disorientamento dell’era del post, la letteratura, che dovrebbe descrivere le idee, ha finito per corrompersi descrivendo non le idee ma le storie, quindi il tutto per il particolare, la stranezza, dal Giovane Holden a Palahniuk & epigoni, passando per il cinema d’exploitation diventato mainstream al cinema italiano 2 stanze & cucina, fino alla musica, dai Radiohead a Battiato. Così la letteratura, che dovrebbe diffondere la verità e affermare il principio del dubbio come strumento per arrivare alla verità, attualmente propaga ciò che è falso per poterlo fare senza dubbi.
Del resto comporta minor sforzo affermare con certezza il falso che la verità con il beneficio del dubbio, ma ciò che state leggendo invece, come la fisica spiega la verità del funzionamento del mondo, si propone di spiegare funzione / funzionamento dell’umanità: un racconto di fisica sociale che comprenda sia l’aspetto emozionale che quello scientifico, uno sguardo dall’universo nella sua vastità in caduta verticale fino al microcosmo della singola persona, un sistema completo che, in quanto tale, contiene al suo interno i meccanismi per analizzarne il suo stesso funzionamento fino a comprendere la sua infondatezza.
La necessità di un sistema di osservazione contemporanea, che unisca sociologia e letteratura, ma che anche sappia autoverificare la correttezza del suo funzionamento, si evidenzia analizzando la biografia di Auguste Comte, l’inventore stesso del termine fisica sociale e padre della sociologia. L’opera di Comte fu influenzata dal fatto che era basso e brutto, per cui cercò di vincere il suo sentimento di inferiorità edificando un sistema filosofico che avrebbe dovuto farlo accettare dalla società (leggi: dietro a qualsiasi cosa uno dica, c'è dietro qualcos'altro). In realtà fu accettato solo dall’unica donna che si innamorò di lui, Clotilde da Vaux, e bastò quell’unico breve amore per sconvolgerlo a tal punto da modificare il suo sistema tramutandolo in una sorta di religione protetta da una donna angelo, Clotilde appunto. La fisica sociale di Comte perde tutta la sua rilevanza per le deviazioni indotte dal fatto che uno sfigato perde la testa quando finalmente riesce a conquistare una donna, e ciò implicitamente conferma la necessità di una fisica sociale, considerando che alcuni tra gli eventi più importanti occorsi sulla Terra, dalla religione cattolica alla seconda guerra mondiale, sono stati causati dal desiderio di riscatto di sfigati.Ma è la condizione di tutti gli esseri umani lo sforzo continuo teso al riscatto dalla propria condizione, attraverso il raggiungimento di irrangiungibili desideri, la strategia della tensione che tende gli universi in espansione, il desiderio di trascendenza che muove tutto, dai piccoli uomini nella piccola terra ai big bang nelle vie lattee.
Ogni volta che ho visto una donna che mi piaceva, ho sempre cercato di conoscerla, ma soprattutto di farci l'amore.
Amo le donne. Senza di loro me ne sarei già andato. Senza di loro non sarei mai più tornato.
Spesso si vive come se fosse per sempre e ci si dimentica degli attimi.
Il problema non è quanto aspetti, ma chi aspetti.
È stata quella volta che scherzando mi ha detto che ero un erotomane romantico. Non so esattamente cosa volesse dire. Ho immaginato di essere uno che compra una rosa, ma poi cerca di infilarla nel sedere.
La cosa importante è ciò che mi ha insegnato. Lei non era e non è il mio tesoro ma gli strumenti per trovarlo. Lei è il cartello che indica la strada.
Tutto ciò che ho di lei è nella mia testa e nella mia anima. Per sempre. Lei è un respiro, un pensiero, un'emozione, è confusione e chiarezza.
... lei per me è sempre stata una casa con il tetto di vetro: posso osservare il cielo sentendomi al sicuro.
Il biglietto aveva una parola cancellata. Ho continuato a guardare il foglio controluce per cercare di capire cosa avesse cancellato. Le cancellature per me diventano più interessanti di ciò che si legge. Perché non penso che siano stati errori di ortografia, ma un ripensamento su una confidenza troppo intima.
"Che begli occhiali da sole che hai, Carlo". "Oh grazie". Non ho mai capito perché alcune persone ti ringraziano per un complimento fatto a qualcosa che possiedono. Mi verrebbe da dirgli:"Mica li hai disegnati tu, gli occhiali! Svegliaaaaaa!".
Forse uno dei miei problemi è che non chiedo niente a nessuno, ma ho bisogno di tutti.
A volte, mentre passeggio, mi viene voglia di andare in una libreria. Entrare e trascorrere del tempo, prendendo ogni tanto un libro in mano, mi rilassa. Mi fa stare bene. Mi fa sentire sempre un po' più intelligente e interessante di come sono realmente.
La vita non è ciò che ci accade, ma ciò che facciamo con ciò che ci accade...
Io a volte scopro come la penso su di un argomento quando ne parlo. È parlandone che scopro la mia opinione, insieme a quelli che mi ascoltano.
Ti ricorderò come il fidanzato che mi ha fatto ascoltare la musica migliore.
E tu vuoi essere ricordata coma la migliore? "Quella con cui ti sei visto più bello. O come quella più sexy di tutte."
In silenzio ho riflettuto su cosa mi piacesse di lei. A parte tutto le cose che già sapevo, fin dall'inizio ho intuito che lei mi avrebbe fatto sentire diverso. Sarei stato quello che volevo essere in quel momento della mia vita.
Non c'è sempre una risposta a tutto. Magari sì, magari no. Magari tu non sei fatto per quel tipo di rapporto. Punto.
Ci sono persone che non riescono a costruirsi un'armatura e altre che non riescono più a liberarsene. Io volevo riuscire a vivere questa nuova fase, fatta di fragilità, emozioni, dolore e gioia.
Sentivo che mi leggeva dentro, e io avrei voluto essere più uomo con lei. Avrei voluto essere quell'abbraccio in cui desiderava perdersi. Protetta e libera di lasciarsi andare, perché tanto c'ero io a prendermi cura di lei, a difenderla dal freddo e dal male.
Amo le labbra: le amo perche sono costrette a non toccarsi se vogliono dire "Ti odio" e obbligate a unirsi se vogliono dire "Ti amo".
A volte i minuti non sono minuti, sono reincarnazioni di vite. Nell'attesa, sono già rinato mille volte. Ho percorso tutta la catena alimentare. Sono stato zanzara, armadillo, elefante…
Chi non si ama può darsi a chiunque.
Ci sono bellissime storie d'amore nel fondo delle borse, tra i pacchetti di sigarette e le chiavi; per questo a volte si fa fatica a trovarle, semplicemente perché tentano di nascondersi per poter rimanere lì.
Comunque la felicità non è che sia fare sempre quello che si vuole, semmai è volere sempre quello che si fa…
Dava l'idea di essere una donna che dona tutto, ma non regala niente.
Era come se andando via in realtà avessi preso la rincorsa per tornare più vicino.
Erano state le lacrime ad aprirmi la porta della sua vera intimità.
"Fai conto di essere una maratoneta. Stai correndo con i tuoi amici e le tue amiche. A un certo punto capisci di avere una buona gamba, un bel passo, di poter andare più veloce, e allora decidi di seguire questa tua forza. Di convertirti al tuo talento. Dopo un po' che corri, ti accorgi di aver staccato il gruppo. Ti giri e ti scopri sola. Loro sono indietro, tutti insieme che ridono, e tu sei sola con te stessa. Siccome non riesci a reggere questa solitudine, rallenti finché il gruppo ti raggiunge e, negando il tuo talento, fingi di essere come loro. Rimani nel gruppo. Ma tu non sei così, non sei come loro. Infatti anche lì in mezzo ti senti comunque sola."
Fai vedere al tuo sogno che veramente ci tieni a incontrarlo, senza pretendere che lui faccia tutta la strada da solo per arrivare fino a te, poi le cose accadono. I sogni hanno bisogno di sapere che siamo coraggiosi.
Gli infelici valutano constantemente gli altri, criticano continuamente il loro comportamento e spesso su di loro sfogano il proprio personale malessere o fallimento.
Ho letto da qualche parte che il vero motivo per cui si sono estinti i dinosauri è perché nessuno li accarezzava. Bisogna sperare che l'uomo non faccia lo stesso stupido errore con le donne.
Il cammino si fa da soli: in 2 è una scampagnata.
In qualsiasi momento della vita si può prendere in mano le redini e cambiare il proprio destino.
L'amore per sé è il ponte necessario per arrivare all'altro.
La cosa più fastidiosa quando mandi un messaggio a una persona a cui tieni è che dal momento dell'invio parte il conto dei minuti. Rispondi, rispondi, rispondi. Non ha risposto. Magari ha il telefono spento. Che faccio chiamo, faccio uno squillo per vedere se è acceso? E se poi è acceso? Messaggio più chiamata: divento pesante. Chiamo con anonimo. Solo che se faccio uno squillo e poi metto giù capisce che sono io che controllo. Lo capisce? Sì, lo capisce. A volte i minuti non sono solo minuti, sono reincarnazioni di vite.
La prima cosa che due persone si offrono stando insieme dovrebbe essere un sentimento d'amore verso se stessi. Se non ti ami tu, perché dovrei amarti io?
La prima volta che ci siamo frequentati non eravamo in grado di amarci. Eravamo come due persone che hanno tra le mani lo strumento che amano, ma non lo sanno suonare. Poi abbiamo imparato.
Le cose non si vedono per ciò che sono ma per ciò che sei!
L'odio appartiene ad attimi di impotenza.
Mentre la sfioravo, sentivo sulla punta delle dita una forza misteriosa che mi attraeva verso di lei.
Non avevo nulla, nemmeno i mobili, ma mi sentivo pieno. Arredato dentro!
Non ci si può far niente, le persone che amano si finisce sempre per amarle. È una legge della natura.
Ognuno di noi è fatto da tanti se stesso e non solamente da uno. Diciamo che siamo come un'assemblea condominiale composta da tante persone diverse. C'è quello più tollerante, c'è quello più permaloso, quello che si incazza subito, quello che parla poco e quello che non sta mai zitto.
Pensare a se stessi non è egoismo. Egoismo semmai è occuparsi solo di se stessi.
Voglio lasciarmi andare, voglio di più per me voglio buttarmi per cadere verso l'alto.
Avevo capito che rinunciare a se stessi, non amarsi è come sbagliare a chiudere il primo bottone della camicia. Tutti gli altri poi sono sbagliati di conseguenza. Amarsi è l'unica certezza per riuscire ad amare davvero gli altri.
Pare che i notai guadagnino molto perché hanno dovuto studiare parecchio. Sembra che quel parecchio sia a spese nostre. Forse pensano che, quando loro stavano studiando, noi eravamo in giro a non fare un cazzo.
Che ne so?! Io non so nemmeno se esiste la felicità. Intendo dire come condizione perpetua. Credo che la felicità siano picchi che durano attimi, secondi.
Flavia era come quei tulipani che compro per casa mia. Ho imparato a prenderli chiusi, così mi durano di più. Sono belli ugualmente, ma mi piacciono anche perché so come saranno quando si apriranno. Compro quella bellezza che ancora non si vede, ma che comunque si percepisce. Si conosce.
Il mio lavoro mi rendeva uguale a tutti gli altri. Non mi permetteva di esprimermi. Ero sostituibile come un bullone di una macchina, e questo condizionava tutti i miei rapporti. Perché poi la sera, quando tornavo a casa, avevo voglia di stare con una persona che mi avesse scelto. Volevo essere SCEL-TO! Volevo una persona che voleva me. Una persona per la quale io non potevo essere sostituito da un giorno con l'altro. Una persona che mi facesse sentire speciale. Diverso da tutti. Un individuo. Una persona. Un principe azzurro.
Mi sono seduto nella sala d'attesa. C'era una ragazza che sfogliava senza interesse una rivista. Mi piace stare in una stanza con una donna. Anche quando prendo il treno, se entro in uno scompartimento e ci trovo una donna sono più contento. E se non c'è continuo a cercare finché la trovo. Non è che poi le rivolgo la parola, o ci parlo, o ci provo per forza, anzi, ma mi piace che sia lì. Mi piace la loro compagnia anche se silenzio-sa e sconosciuta. Le donne sono belle da respirare.
Nell'arco della vita puoi incontrare un sacco di persone e di qualcuna diventare veramente amico. Ma chi ha passato con te il periodo dell'adolescenza conserva un posto speciale. Forse più ancora dei compagni dell'infanzia.
Prima di uscire ho apparecchiato la sua colazione. Sul sacchetto dei biscotti ho attaccato un post-it con la mia dichiarazione d'amore. Tu sei tutto ciò che prima non sono mai riuscito a dire, mai riuscito a vedere, fare, capire. Finalmente sei qui... ho aspettato tanto. Ci vediamo stasera.
Ti ricordi quando mi hai chiesto se avevo le pastiglie per la felicità? La pastiglia è la vita. Vivi, buttati, apriti, ascoltati. Le tue paure, le tue ansie sono dovute al fatto che tu esisti ma non vivi. Sei castrato nei sentimenti. Sei bloccato. Ti ricordi quella frase di Oscar Wilde? Diceva che vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, e nulla più.
Ero talmente felice che per esserlo di più avrei dovuto essere due persone.
A Milano camminano più veloci che a Roma, ma non è ancora niente in confronto a Londra o New York. Diventeremo come loro?
C'è chi cerca l'altra metà della mela, io sto cercando ancora la mia mezza. Sono uno spicchio di me stesso.
Si parla sempre delle donne che fingono l'orgasmo. Anch'io a volte lo faccio. Io sono un uomo che finge l'orgasmo: cioè non è che fingo di venire, fingo il contrario.
Molti credono che la fantasia serva solo per sfuggire alla realtà, mentre quasi sempre serve per capirla e interpretarla meglio.
Rispetto alla fantasia la realtà cosa può fare? È un po' come quando vai a vedere il film del tuo libro preferito: una delusione.
Paura d'amare: credo sia paura restare soli per paura di rimanere soli.
Innamorarsi è una droga, amare è una medicina.
io credo che si debba comprendere tutto.
non si puo' dire fabio volo = merda, si deve dire fabio volo = questo + questo + questo per cui = merda.
ora, fabio volo e jovanotti affondano le loro radici in quella che si chiama rivoluzione sessuale. l'emancipazione della donna nella cattolicissima italia ha portato a sbarellare dall'altro lato, come capita sempre quando qualche minoranza è tenuta sotto il tappo troppo a lungo ingiustamente.
fabio volo & jovanotti nascono entrambi come bei ragazzi, questa è la loro genesi. a seguire, gli sono stati dati dei contenuti, come vestiti: si pensi a cos'erano fabio volo jena e jovanotti gimme five agli inizi, mentre x esempio sgarbi o lucio dalla sono esattamente oggi quello che erano quando si sono affermati.
quindi l'obiettivo di volo e jovanotti è titillare l'ego femminile, trasformare il rapporto di naturale scambio tra uomo e donna in un rapporto unilaterale in cui la donna solo prende & pretende, da un uomo che è sempre gentile ed è pure un gran figo e le caga sebbene loro siano culonacce. (sentire le telefonate di fv in trasmissione è illuminante: a lui piacciono tutte, come nelle canzoni di jovanotti, in cui lei è una donna che non esiste, cui lui dà il suo amore a prescindere, non dice mai "ti amo perchè...", per essere amate nelle canzoni di jovanotti è sufficiente esistere, cosa che non è affatto vera nella realtà).
l'operazione letteraria di fabio volo è pertanto una declinazione di questi poveri concetti, un paulo coelho povero (se è possibile, e purtroppo lo è).
certo, per una serata in pizzeria è un ottimo armamentario di attrezzi del mestiere, ma appunto da un libro ci si aspetterebbe di +.
VA BENE, volo scrive questi libri, se non ti piacciono non li comprare, no?
NO. perchè questa è arte degenere, e corrompe la società. saviano che scrive gomorra può piacere o non piacere, però alza il livello di guardia, può essere che magari nei giovani porti ad atteggiamenti meno omertosi, è già un grande risultato.
Invece fabio volo / jovanotti sobillano nelle donne un atteggiamento per cui a loro è tutto dovuto, quindi ok essere culone, ok avere 40 anni, ok pretendere di comportarsi ancora come delle bambine.
mentre la generazione dei 30enni di cui faccio parte annega tra precariato e scarsa natalità, fidanzati a casa dei genitori ecc., jovanotti e fabio volo invece di condannare la situazione se ne fanno cantori, drogano la realtà e la fanno apparire felice.
qui la seconda parte dell'epistemologia di fabio volo
pero' credo che ognuno dovrebbe sapere stare nel suo spazio
se x esempio umberto eco mi chiedesse di venire a giocare a calcetto, mi metterebbe in imbarazzo
Nel disorientamento dell’era del post, la letteratura, che dovrebbe descrivere le idee, ha finito per corrompersi descrivendo non le idee ma le storie, quindi il tutto per il particolare, la stranezza, dal Giovane Holden a Palahniuk & epigoni, passando per il cinema d’exploitation diventato mainstream al cinema italiano 2 stanze & cucina, fino alla musica, dai Radiohead a Battiato. Così la letteratura, che dovrebbe diffondere la verità e affermare il principio del dubbio come strumento per arrivare alla verità, attualmente propaga ciò che è falso per poterlo fare senza dubbi.
Del resto comporta minor sforzo affermare con certezza il falso che la verità con il beneficio del dubbio, ma ciò che state leggendo invece, come la fisica spiega la verità del funzionamento del mondo, si propone di spiegare funzione / funzionamento dell’umanità: un racconto di fisica sociale che comprenda sia l’aspetto emozionale che quello scientifico, uno sguardo dall’universo nella sua vastità in caduta verticale fino al microcosmo della singola persona, un sistema completo che, in quanto tale, contiene al suo interno i meccanismi per analizzarne il suo stesso funzionamento fino a comprendere la sua infondatezza.
La necessità di un sistema di osservazione contemporanea, che unisca sociologia e letteratura, ma che anche sappia autoverificare la correttezza del suo funzionamento, si evidenzia analizzando la biografia di Auguste Comte, l’inventore stesso del termine fisica sociale e padre della sociologia. L’opera di Comte fu influenzata dal fatto che era basso e brutto, per cui cercò di vincere il suo sentimento di inferiorità edificando un sistema filosofico che avrebbe dovuto farlo accettare dalla società (leggi: dietro a qualsiasi cosa uno dica, c'è dietro qualcos'altro). In realtà fu accettato solo dall’unica donna che si innamorò di lui, Clotilde da Vaux, e bastò quell’unico breve amore per sconvolgerlo a tal punto da modificare il suo sistema tramutandolo in una sorta di religione protetta da una donna angelo, Clotilde appunto. La fisica sociale di Comte perde tutta la sua rilevanza per le deviazioni indotte dal fatto che uno sfigato perde la testa quando finalmente riesce a conquistare una donna, e ciò implicitamente conferma la necessità di una fisica sociale, considerando che alcuni tra gli eventi più importanti occorsi sulla Terra, dalla religione cattolica alla seconda guerra mondiale, sono stati causati dal desiderio di riscatto di sfigati.Ma è la condizione di tutti gli esseri umani lo sforzo continuo teso al riscatto dalla propria condizione, attraverso il raggiungimento di irrangiungibili desideri, la strategia della tensione che tende gli universi in espansione, il desiderio di trascendenza che muove tutto, dai piccoli uomini nella piccola terra ai big bang nelle vie lattee.
Ogni volta che ho visto una donna che mi piaceva, ho sempre cercato di conoscerla, ma soprattutto di farci l'amore.
Amo le donne. Senza di loro me ne sarei già andato. Senza di loro non sarei mai più tornato.
Spesso si vive come se fosse per sempre e ci si dimentica degli attimi.
Il problema non è quanto aspetti, ma chi aspetti.
È stata quella volta che scherzando mi ha detto che ero un erotomane romantico. Non so esattamente cosa volesse dire. Ho immaginato di essere uno che compra una rosa, ma poi cerca di infilarla nel sedere.
La cosa importante è ciò che mi ha insegnato. Lei non era e non è il mio tesoro ma gli strumenti per trovarlo. Lei è il cartello che indica la strada.
Tutto ciò che ho di lei è nella mia testa e nella mia anima. Per sempre. Lei è un respiro, un pensiero, un'emozione, è confusione e chiarezza.
... lei per me è sempre stata una casa con il tetto di vetro: posso osservare il cielo sentendomi al sicuro.
Il biglietto aveva una parola cancellata. Ho continuato a guardare il foglio controluce per cercare di capire cosa avesse cancellato. Le cancellature per me diventano più interessanti di ciò che si legge. Perché non penso che siano stati errori di ortografia, ma un ripensamento su una confidenza troppo intima.
"Che begli occhiali da sole che hai, Carlo". "Oh grazie". Non ho mai capito perché alcune persone ti ringraziano per un complimento fatto a qualcosa che possiedono. Mi verrebbe da dirgli:"Mica li hai disegnati tu, gli occhiali! Svegliaaaaaa!".
Forse uno dei miei problemi è che non chiedo niente a nessuno, ma ho bisogno di tutti.
A volte, mentre passeggio, mi viene voglia di andare in una libreria. Entrare e trascorrere del tempo, prendendo ogni tanto un libro in mano, mi rilassa. Mi fa stare bene. Mi fa sentire sempre un po' più intelligente e interessante di come sono realmente.
La vita non è ciò che ci accade, ma ciò che facciamo con ciò che ci accade...
Io a volte scopro come la penso su di un argomento quando ne parlo. È parlandone che scopro la mia opinione, insieme a quelli che mi ascoltano.
Ti ricorderò come il fidanzato che mi ha fatto ascoltare la musica migliore.
E tu vuoi essere ricordata coma la migliore? "Quella con cui ti sei visto più bello. O come quella più sexy di tutte."
In silenzio ho riflettuto su cosa mi piacesse di lei. A parte tutto le cose che già sapevo, fin dall'inizio ho intuito che lei mi avrebbe fatto sentire diverso. Sarei stato quello che volevo essere in quel momento della mia vita.
Non c'è sempre una risposta a tutto. Magari sì, magari no. Magari tu non sei fatto per quel tipo di rapporto. Punto.
Ci sono persone che non riescono a costruirsi un'armatura e altre che non riescono più a liberarsene. Io volevo riuscire a vivere questa nuova fase, fatta di fragilità, emozioni, dolore e gioia.
Sentivo che mi leggeva dentro, e io avrei voluto essere più uomo con lei. Avrei voluto essere quell'abbraccio in cui desiderava perdersi. Protetta e libera di lasciarsi andare, perché tanto c'ero io a prendermi cura di lei, a difenderla dal freddo e dal male.
Amo le labbra: le amo perche sono costrette a non toccarsi se vogliono dire "Ti odio" e obbligate a unirsi se vogliono dire "Ti amo".
A volte i minuti non sono minuti, sono reincarnazioni di vite. Nell'attesa, sono già rinato mille volte. Ho percorso tutta la catena alimentare. Sono stato zanzara, armadillo, elefante…
Chi non si ama può darsi a chiunque.
Ci sono bellissime storie d'amore nel fondo delle borse, tra i pacchetti di sigarette e le chiavi; per questo a volte si fa fatica a trovarle, semplicemente perché tentano di nascondersi per poter rimanere lì.
Comunque la felicità non è che sia fare sempre quello che si vuole, semmai è volere sempre quello che si fa…
Dava l'idea di essere una donna che dona tutto, ma non regala niente.
Era come se andando via in realtà avessi preso la rincorsa per tornare più vicino.
Erano state le lacrime ad aprirmi la porta della sua vera intimità.
"Fai conto di essere una maratoneta. Stai correndo con i tuoi amici e le tue amiche. A un certo punto capisci di avere una buona gamba, un bel passo, di poter andare più veloce, e allora decidi di seguire questa tua forza. Di convertirti al tuo talento. Dopo un po' che corri, ti accorgi di aver staccato il gruppo. Ti giri e ti scopri sola. Loro sono indietro, tutti insieme che ridono, e tu sei sola con te stessa. Siccome non riesci a reggere questa solitudine, rallenti finché il gruppo ti raggiunge e, negando il tuo talento, fingi di essere come loro. Rimani nel gruppo. Ma tu non sei così, non sei come loro. Infatti anche lì in mezzo ti senti comunque sola."
Fai vedere al tuo sogno che veramente ci tieni a incontrarlo, senza pretendere che lui faccia tutta la strada da solo per arrivare fino a te, poi le cose accadono. I sogni hanno bisogno di sapere che siamo coraggiosi.
Gli infelici valutano constantemente gli altri, criticano continuamente il loro comportamento e spesso su di loro sfogano il proprio personale malessere o fallimento.
Ho letto da qualche parte che il vero motivo per cui si sono estinti i dinosauri è perché nessuno li accarezzava. Bisogna sperare che l'uomo non faccia lo stesso stupido errore con le donne.
Il cammino si fa da soli: in 2 è una scampagnata.
In qualsiasi momento della vita si può prendere in mano le redini e cambiare il proprio destino.
L'amore per sé è il ponte necessario per arrivare all'altro.
La cosa più fastidiosa quando mandi un messaggio a una persona a cui tieni è che dal momento dell'invio parte il conto dei minuti. Rispondi, rispondi, rispondi. Non ha risposto. Magari ha il telefono spento. Che faccio chiamo, faccio uno squillo per vedere se è acceso? E se poi è acceso? Messaggio più chiamata: divento pesante. Chiamo con anonimo. Solo che se faccio uno squillo e poi metto giù capisce che sono io che controllo. Lo capisce? Sì, lo capisce. A volte i minuti non sono solo minuti, sono reincarnazioni di vite.
La prima cosa che due persone si offrono stando insieme dovrebbe essere un sentimento d'amore verso se stessi. Se non ti ami tu, perché dovrei amarti io?
La prima volta che ci siamo frequentati non eravamo in grado di amarci. Eravamo come due persone che hanno tra le mani lo strumento che amano, ma non lo sanno suonare. Poi abbiamo imparato.
Le cose non si vedono per ciò che sono ma per ciò che sei!
L'odio appartiene ad attimi di impotenza.
Mentre la sfioravo, sentivo sulla punta delle dita una forza misteriosa che mi attraeva verso di lei.
Non avevo nulla, nemmeno i mobili, ma mi sentivo pieno. Arredato dentro!
Non ci si può far niente, le persone che amano si finisce sempre per amarle. È una legge della natura.
Ognuno di noi è fatto da tanti se stesso e non solamente da uno. Diciamo che siamo come un'assemblea condominiale composta da tante persone diverse. C'è quello più tollerante, c'è quello più permaloso, quello che si incazza subito, quello che parla poco e quello che non sta mai zitto.
Pensare a se stessi non è egoismo. Egoismo semmai è occuparsi solo di se stessi.
Voglio lasciarmi andare, voglio di più per me voglio buttarmi per cadere verso l'alto.
Avevo capito che rinunciare a se stessi, non amarsi è come sbagliare a chiudere il primo bottone della camicia. Tutti gli altri poi sono sbagliati di conseguenza. Amarsi è l'unica certezza per riuscire ad amare davvero gli altri.
Pare che i notai guadagnino molto perché hanno dovuto studiare parecchio. Sembra che quel parecchio sia a spese nostre. Forse pensano che, quando loro stavano studiando, noi eravamo in giro a non fare un cazzo.
Che ne so?! Io non so nemmeno se esiste la felicità. Intendo dire come condizione perpetua. Credo che la felicità siano picchi che durano attimi, secondi.
Flavia era come quei tulipani che compro per casa mia. Ho imparato a prenderli chiusi, così mi durano di più. Sono belli ugualmente, ma mi piacciono anche perché so come saranno quando si apriranno. Compro quella bellezza che ancora non si vede, ma che comunque si percepisce. Si conosce.
Il mio lavoro mi rendeva uguale a tutti gli altri. Non mi permetteva di esprimermi. Ero sostituibile come un bullone di una macchina, e questo condizionava tutti i miei rapporti. Perché poi la sera, quando tornavo a casa, avevo voglia di stare con una persona che mi avesse scelto. Volevo essere SCEL-TO! Volevo una persona che voleva me. Una persona per la quale io non potevo essere sostituito da un giorno con l'altro. Una persona che mi facesse sentire speciale. Diverso da tutti. Un individuo. Una persona. Un principe azzurro.
Mi sono seduto nella sala d'attesa. C'era una ragazza che sfogliava senza interesse una rivista. Mi piace stare in una stanza con una donna. Anche quando prendo il treno, se entro in uno scompartimento e ci trovo una donna sono più contento. E se non c'è continuo a cercare finché la trovo. Non è che poi le rivolgo la parola, o ci parlo, o ci provo per forza, anzi, ma mi piace che sia lì. Mi piace la loro compagnia anche se silenzio-sa e sconosciuta. Le donne sono belle da respirare.
Nell'arco della vita puoi incontrare un sacco di persone e di qualcuna diventare veramente amico. Ma chi ha passato con te il periodo dell'adolescenza conserva un posto speciale. Forse più ancora dei compagni dell'infanzia.
Prima di uscire ho apparecchiato la sua colazione. Sul sacchetto dei biscotti ho attaccato un post-it con la mia dichiarazione d'amore. Tu sei tutto ciò che prima non sono mai riuscito a dire, mai riuscito a vedere, fare, capire. Finalmente sei qui... ho aspettato tanto. Ci vediamo stasera.
Ti ricordi quando mi hai chiesto se avevo le pastiglie per la felicità? La pastiglia è la vita. Vivi, buttati, apriti, ascoltati. Le tue paure, le tue ansie sono dovute al fatto che tu esisti ma non vivi. Sei castrato nei sentimenti. Sei bloccato. Ti ricordi quella frase di Oscar Wilde? Diceva che vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, e nulla più.
Ero talmente felice che per esserlo di più avrei dovuto essere due persone.
A Milano camminano più veloci che a Roma, ma non è ancora niente in confronto a Londra o New York. Diventeremo come loro?
C'è chi cerca l'altra metà della mela, io sto cercando ancora la mia mezza. Sono uno spicchio di me stesso.
Si parla sempre delle donne che fingono l'orgasmo. Anch'io a volte lo faccio. Io sono un uomo che finge l'orgasmo: cioè non è che fingo di venire, fingo il contrario.
Molti credono che la fantasia serva solo per sfuggire alla realtà, mentre quasi sempre serve per capirla e interpretarla meglio.
Rispetto alla fantasia la realtà cosa può fare? È un po' come quando vai a vedere il film del tuo libro preferito: una delusione.
Paura d'amare: credo sia paura restare soli per paura di rimanere soli.
Innamorarsi è una droga, amare è una medicina.
io credo che si debba comprendere tutto.
non si puo' dire fabio volo = merda, si deve dire fabio volo = questo + questo + questo per cui = merda.
ora, fabio volo e jovanotti affondano le loro radici in quella che si chiama rivoluzione sessuale. l'emancipazione della donna nella cattolicissima italia ha portato a sbarellare dall'altro lato, come capita sempre quando qualche minoranza è tenuta sotto il tappo troppo a lungo ingiustamente.
fabio volo & jovanotti nascono entrambi come bei ragazzi, questa è la loro genesi. a seguire, gli sono stati dati dei contenuti, come vestiti: si pensi a cos'erano fabio volo jena e jovanotti gimme five agli inizi, mentre x esempio sgarbi o lucio dalla sono esattamente oggi quello che erano quando si sono affermati.
quindi l'obiettivo di volo e jovanotti è titillare l'ego femminile, trasformare il rapporto di naturale scambio tra uomo e donna in un rapporto unilaterale in cui la donna solo prende & pretende, da un uomo che è sempre gentile ed è pure un gran figo e le caga sebbene loro siano culonacce. (sentire le telefonate di fv in trasmissione è illuminante: a lui piacciono tutte, come nelle canzoni di jovanotti, in cui lei è una donna che non esiste, cui lui dà il suo amore a prescindere, non dice mai "ti amo perchè...", per essere amate nelle canzoni di jovanotti è sufficiente esistere, cosa che non è affatto vera nella realtà).
l'operazione letteraria di fabio volo è pertanto una declinazione di questi poveri concetti, un paulo coelho povero (se è possibile, e purtroppo lo è).
certo, per una serata in pizzeria è un ottimo armamentario di attrezzi del mestiere, ma appunto da un libro ci si aspetterebbe di +.
VA BENE, volo scrive questi libri, se non ti piacciono non li comprare, no?
NO. perchè questa è arte degenere, e corrompe la società. saviano che scrive gomorra può piacere o non piacere, però alza il livello di guardia, può essere che magari nei giovani porti ad atteggiamenti meno omertosi, è già un grande risultato.
Invece fabio volo / jovanotti sobillano nelle donne un atteggiamento per cui a loro è tutto dovuto, quindi ok essere culone, ok avere 40 anni, ok pretendere di comportarsi ancora come delle bambine.
mentre la generazione dei 30enni di cui faccio parte annega tra precariato e scarsa natalità, fidanzati a casa dei genitori ecc., jovanotti e fabio volo invece di condannare la situazione se ne fanno cantori, drogano la realtà e la fanno apparire felice.
qui la seconda parte dell'epistemologia di fabio volo
lunedì 1 settembre 2008
venezia 00 bv Nocturno
AKILLES TO KAME di Takeshi Kitano
Con Akilles to kame, Takeshi Kitano porta a compimento la trilogia che dovrebbe rappresentare il necessario harakiri prima della propria resurrezione artistica. Il film ha in effetti i contorni di un giocoso epitaffio, in cui dialogano l’autoreferenzialità ossessiva di Takeshis’ e il nichilismo di Glory To The Filmmaker! Succede così che questo Achille e la tartaruga sia l’ennesimo sguardo nell’abisso artistico di Beat Takeshi, infilatosi questa volta nei panni di un pittore senza talento che insegue la notorietà senza mai raggiungerla. Un po’ melodramma, un po’ slapstick, un po’ esplorazione metalinguistica, Akilles to kame racconta moltissimo del proprio autore e tace su quasi tutto il resto. La teoria sulla vacuità dell’arte contemporanea avanzata da Kitano è un autodafé cinico di cui non si sentiva la mancanza, mentre il rotolare inesorabile del film verso il massimalismo comico è ormai pratica assodata che stupisce solo gli ingenui. Suicidio completato, si direbbe; speriamo di trovare il sepolcro vuoto fra tre giorni. (RF)
VOTO: OO
THE BURNING PLAIN di Guiilermo Arriaga
Arriaga è il peggior sceneggiatore vivente. C'ha colto di sorpresa con Amores perros, si è giovato di interpretazioni strepitose in 21 grammi (il cui finale è pateticamente mimato qui) e dell'immenso talento per l'epica di frontiera di Tommy Lee Jones ne Le tre sepolture (ad oggi, la cosa migliore che sia uscita dalla sua penna). Con Babel aveva già ampiamente rotto le palle, e con questo The burning plain mostra alle folle, anche le più distratte, quanto si era già capito: Mr. Arriaga non ha niente di niente da dire. Dialoghi da brutta telenovela, recitazioni straziate ben oltre il ridicolo, psicanalisi da patatine fritte. E questa frammentazione narrativa che niente cela (l'impasto narrativo è già palese dopo cinque minuti) e tutto sovraespone nella propria vacuità. Fermatelo o rimandatelo a boxare: che tanto nelle interviste come un pugile continua a esprimersi. (GV)
VOTO: O
http://www.nocturno.it/op/mostraScheda.php?tabella=news&gruppo=Cinefest&idRecord=20080829174843
Con Akilles to kame, Takeshi Kitano porta a compimento la trilogia che dovrebbe rappresentare il necessario harakiri prima della propria resurrezione artistica. Il film ha in effetti i contorni di un giocoso epitaffio, in cui dialogano l’autoreferenzialità ossessiva di Takeshis’ e il nichilismo di Glory To The Filmmaker! Succede così che questo Achille e la tartaruga sia l’ennesimo sguardo nell’abisso artistico di Beat Takeshi, infilatosi questa volta nei panni di un pittore senza talento che insegue la notorietà senza mai raggiungerla. Un po’ melodramma, un po’ slapstick, un po’ esplorazione metalinguistica, Akilles to kame racconta moltissimo del proprio autore e tace su quasi tutto il resto. La teoria sulla vacuità dell’arte contemporanea avanzata da Kitano è un autodafé cinico di cui non si sentiva la mancanza, mentre il rotolare inesorabile del film verso il massimalismo comico è ormai pratica assodata che stupisce solo gli ingenui. Suicidio completato, si direbbe; speriamo di trovare il sepolcro vuoto fra tre giorni. (RF)
VOTO: OO
THE BURNING PLAIN di Guiilermo Arriaga
Arriaga è il peggior sceneggiatore vivente. C'ha colto di sorpresa con Amores perros, si è giovato di interpretazioni strepitose in 21 grammi (il cui finale è pateticamente mimato qui) e dell'immenso talento per l'epica di frontiera di Tommy Lee Jones ne Le tre sepolture (ad oggi, la cosa migliore che sia uscita dalla sua penna). Con Babel aveva già ampiamente rotto le palle, e con questo The burning plain mostra alle folle, anche le più distratte, quanto si era già capito: Mr. Arriaga non ha niente di niente da dire. Dialoghi da brutta telenovela, recitazioni straziate ben oltre il ridicolo, psicanalisi da patatine fritte. E questa frammentazione narrativa che niente cela (l'impasto narrativo è già palese dopo cinque minuti) e tutto sovraespone nella propria vacuità. Fermatelo o rimandatelo a boxare: che tanto nelle interviste come un pugile continua a esprimersi. (GV)
VOTO: O
http://www.nocturno.it/op/mostraScheda.php?tabella=news&gruppo=Cinefest&idRecord=20080829174843
sabato 16 agosto 2008
lunedì 28 luglio 2008
venerdì 25 luglio 2008
giovedì 24 luglio 2008
martedì 22 luglio 2008
sono un ribelle mamma
Pronto, passami la mamma
lo so che è ancora sveglia nella stanza
sono le quattro del mattino
avrei bisogno di parlarle un attimino
Sto bene, non è un incidente
guarda, mamma, non mi è successo niente
stanotte non torno li a dormire
resto fuori, non c'è niente da spiegare
Giuro, non è per farti male
dormo fuori, non farmela pesare
c'è un posto qui a casa degli amici
parla forte, non capisco cosa dici
Sono un ribelle, mamma
vai a letto, non star sveglia nella stanza
Sono un ribelle, mamma
vai a letto, non star sveglia nella stanza
Ci vediamo, torna pure a letto
domani arrivo, okay te lo prometto
e per favore stira la maglietta
c'è un concerto, mi serve quella rotta
Ricorda di comprarmi dei calzini
fai mettere le borchie ai pantaloni
ho il pullover e la giacca di pelle
non ho freddo e sono un ribelle
E va bene, non ho niente nella testa
può anche darsi, però adesso basta
sono un ribelle, l'ho deciso
e non m'importa di essere capito
3 volte: Sono un ribelle, mamma
vai a letto, non star sveglia nella stanza
Sono un ribelle, mamma
vai a letto, non star sveglia nella stanza
domenica 20 luglio 2008
giovedì 17 luglio 2008
mercoledì 16 luglio 2008
martedì 15 luglio 2008
XKE' DIO PERMETTE ALLE PERSONE BUONE DI LEGGERE SOCCI?
Federica e noi nel paradiso senza Crocefissi
I socialisti di Zapatero hanno annunciato di voler togliere i crocifissi dagli spazi pubblici. Il caso ha voluto che la notizia uscisse in contemporanea con l’assassinio di Federica, proprio in Spagna, a Llorett de Mar, in un divertimentificio che è il nuovo santuario dello sballo giovanile. Dove la discoteca è – come ha spiegato Vittorino Andreoli – la cattedrale pagana di “un grande rito di trasformazione collettiva” che fa dimenticare la vita e la realtà. Gli ingredienti (anche chimici) di questa “nuova religione” sono noti, con il solito comandamento: “vietato vietare”. La felicità si trova davvero lì? E perché Federica ci ha trovato la morte, macellata come un agnello?
Nessuno ci riflette. Nell’euforica Spagna le autorità sembrano preoccupate soprattutto che il delitto non porti pubblicità negativa alla località turistica. E vai con la tequila bum bum, dimentichiamo la povera Federica e via i crocifissi. Anche noi da tempo li abbiamo tolti dai cuori, oltreché dalla vita pubblica. Anzi, l’immagine del crocifisso o quella della Madonna vengono periodicamente dileggiati da sedicenti artisti in nome della libertà d’espressione. Del resto il Papa stesso subisce questa sorte nelle manifestazioni di piazza della sedicente “Italia dei migliori”. E la fede cattolica viene azzannata, senza alcuna obiettività, in programmi televisivi che, se fossero realizzati contro qualsiasi altra religione, scatenerebbero subito l’accusa di intolleranza o razzismo. Contro Gesù Cristo invece sembra che tutto sia permesso.
Poi, quando ci visita il dolore o si consuma la tragedia o assistiamo all’orrore, gridiamo furenti – col dito accusatore – “dov’è Dio?”, “Perché non ha impedito tutto questo?”. Dopo l’ecatombe dell’ 11 settembre a New York si alzò questo stesso grido e una donna, in tutta semplicità, parlando in televisione rispose così: “per anni abbiamo detto a Dio di uscire dalle nostre scuole, di uscire dal nostro Governo, e di uscire dalle nostre vite. E da gentiluomo che è, credo che Lui sia quietamente uscito. Come possiamo aspettarci che Dio ci dia le Sue benedizioni, e la Sua protezione, se prima esigiamo che ci lasci soli?”.
Continuava ricordando quando si lanciò la crociata perché non si voleva “che si pregasse nelle scuole americane, e gli americani hanno detto OK. Poi qualcun altro ha detto che sarebbe meglio non leggere la Bibbia nelle scuole americane. Quella stessa Bibbia che dice: ‘Non uccidere, non rubare, ama il tuo prossimo come te stesso...’, e gli americani hanno detto OK. Poi, in molti paesi del mondo, qualcuno ha detto: ‘Lasciamo che le nostre figlie abortiscano, se lo vogliono, senza neanche avvisare i propri genitori’. Ed il mondo ha detto OK”.
Si girano film e show televisivi che sommergono le anime di fango. E si fa musica che celebra violenza, suicidio, droga o ammicca al satanismo. E tutti trovano questo normale e dicono che è solo un gioco, com’è normale che, secondo le statistiche, un bimbo italiano, prima di aver terminato le elementari, veda in media in tv 8 mila omicidi e 100 mila atti di violenza, ma per carità togliamo la preghiera dalla scuola ché sarebbe un atto di “violenza psicologica”.
”Ora” proseguiva quella donna americana “ci chiediamo perché i nostri figli non hanno coscienza, perché non sanno distinguere il bene dal male, e perché uccidono così facilmente estranei, compagni di scuola, e loro stessi. Probabilmente perché, com’è stato scritto, ‘l'uomo miete ciò che ha seminato’ (Galati 6:7). Uno studente ha ‘sinceramente’ chiesto: ‘Caro Dio, perché non hai salvato quella bambina che è stata uccisa in una scuola americana?’. Risposta: ‘Caro Studente, a Me non è permesso entrare nelle scuole americane. Sinceramente, Dio’ ”. Tutto questo non è solo americano. Dopo Auschwitz una folla di intellettuali accusò Dio: “Dov’eri? Come hai potuto permettere tutto questo?”. Nessuno ricordava quale fu la prima battaglia fatta dal nazismo appena arrivato al potere: la guerra dei crocifissi. Il nuovo regime pretese di spazzar via da tutte le scuole l’immagine di Gesù crocifisso. Fu uno scontro durissimo e la Chiesa fu praticamente lasciata sola a sostenerlo. Dov’erano gli intellettuali? Poi il nazismo, fra il 1939 e il 1940, spazzò via migliaia di “crocifissi viventi”, una eutanasia di massa per 70 mila disabili e malati mentali: ritennero le loro delle vite indegne di essere vissute e dettero loro “la morte pietosa”, ma anche in quel caso la Chiesa fu lasciata quasi sola perché nei cuori il crocifisso era stato spazzato via dalla pagana e feroce croce uncinata. E così alla fine Hitler scatenò la guerra e la Shoah. Dov’era Dio? Era stato cacciato da tempo. E stava agonizzando nei lager con Massimiliano Kolbe, Edith Stein o Dietrich Bonhoeffer, accanto a una moltitudine di croficissi.
Siamo la generazione che ha visto poi consolidarsi nel mondo il più immane tentativo di strappare Dio dai cuori, imponendo l’ateismo di Stato: l’impero comunista che si è risolto nel più colossale genocidio planetario di uomini e popoli. Tutto questo c’insegna qualcosa? No. Noi siamo la generazione che non impara dalle tragedie del suo tempo. E per questo forse sarà destinata a ripeterle. Non abbiamo forse consegnato la costruzione europea a una tecnocrazia laicista e dispotica che ha voluto strappare le radici cristiane dell’albero europeo? Ed eccoci all’inverno demografico, al declino e all’invasione islamica.
Un grande economista come Giulio Tremonti, nel suo celebre libro, ha affermato che il riscatto è possibile solo con una rinascita spirituale. Ma noi siamo “gli uomini impagliati” di Eliot, con la testa piena di vento e il cuore pieno di solitudine. Abbiamo sputato su Gesù Cristo e sulla Chiesa credendo che questo fosse “libertà”, poi ci troviamo soli o disperati e allora puntiamo il dito accusatore sulla presunta “indifferenza” di Dio. Di quel Dio che non cessa un solo giorno di darci il respiro e di farsi incontro a noi.
Siamo la generazione che non sa più dare senso alla vita, né speranza ai propri figli, che vede addensarsi all’orizzonte nubi cupe di crisi planetarie, di guerre, di carestie, ma non afferra la mano della “Regina della Pace”, presente fra noi per salvarci. Perché si ride del Mistero e del soprannaturale, mentre si va da maghi e astrologi, perché si crede ai giornali e a internet e non al Vangelo, perché si irride chi parla di Satana e dell’Inferno, ma si affollano come non mai sette sataniche o esoteriche, perché si venerano le maschere vuote dei palcoscenici e della tv e si disprezzano i santi, perché si crede che libertà sia poter fare qualunque cosa, anziché essere veramente amati.
Questa stagione iniziò nel ’68, quando si cominciò a sparare sulla religione come “oppio dei popoli”, così oggi l’oppio (o la cocaina) è diventata la religione dei popoli, anche di notai, industriali e deputati. Nietsche tuonò contro il crocifisso perché – scrisse – abolì i sacrifici umani che erano il motore della storia pagana. E infatti oggi, cancellato il crocifisso dai cuori, sono tornati i sacrifici umani. Siamo la generazione che ha assistito tranquillamente in 30 anni allo sterminio – con leggi degli Stati – di un miliardo di piccole vite umane nascenti, il più immane sacrificio umano della storia. La generazione che torna a discettare di vite “indegne di essere vissute”, che pretende di trasformare i più piccoli esseri umani in cavie da laboratorio, che esige – specialmente “in nome della scienza” - che tutto sia permesso. In effetti “se Dio non c’è, tutto è permesso”. Ma con quali conseguenze?
L’abbiamo visto nel recente passato. E siccome non ne traiamo le conseguenze lo vediamo nel presente e ancor più lo vedremo nel futuro. Qualcuno ha osservato: “Strano come sia semplice per le persone cacciare Dio per poi meravigliarsi perché il mondo sta andando all'inferno”.
Antonio Socci
Da “Libero”, 11 luglio 2008
I socialisti di Zapatero hanno annunciato di voler togliere i crocifissi dagli spazi pubblici. Il caso ha voluto che la notizia uscisse in contemporanea con l’assassinio di Federica, proprio in Spagna, a Llorett de Mar, in un divertimentificio che è il nuovo santuario dello sballo giovanile. Dove la discoteca è – come ha spiegato Vittorino Andreoli – la cattedrale pagana di “un grande rito di trasformazione collettiva” che fa dimenticare la vita e la realtà. Gli ingredienti (anche chimici) di questa “nuova religione” sono noti, con il solito comandamento: “vietato vietare”. La felicità si trova davvero lì? E perché Federica ci ha trovato la morte, macellata come un agnello?
Nessuno ci riflette. Nell’euforica Spagna le autorità sembrano preoccupate soprattutto che il delitto non porti pubblicità negativa alla località turistica. E vai con la tequila bum bum, dimentichiamo la povera Federica e via i crocifissi. Anche noi da tempo li abbiamo tolti dai cuori, oltreché dalla vita pubblica. Anzi, l’immagine del crocifisso o quella della Madonna vengono periodicamente dileggiati da sedicenti artisti in nome della libertà d’espressione. Del resto il Papa stesso subisce questa sorte nelle manifestazioni di piazza della sedicente “Italia dei migliori”. E la fede cattolica viene azzannata, senza alcuna obiettività, in programmi televisivi che, se fossero realizzati contro qualsiasi altra religione, scatenerebbero subito l’accusa di intolleranza o razzismo. Contro Gesù Cristo invece sembra che tutto sia permesso.
Poi, quando ci visita il dolore o si consuma la tragedia o assistiamo all’orrore, gridiamo furenti – col dito accusatore – “dov’è Dio?”, “Perché non ha impedito tutto questo?”. Dopo l’ecatombe dell’ 11 settembre a New York si alzò questo stesso grido e una donna, in tutta semplicità, parlando in televisione rispose così: “per anni abbiamo detto a Dio di uscire dalle nostre scuole, di uscire dal nostro Governo, e di uscire dalle nostre vite. E da gentiluomo che è, credo che Lui sia quietamente uscito. Come possiamo aspettarci che Dio ci dia le Sue benedizioni, e la Sua protezione, se prima esigiamo che ci lasci soli?”.
Continuava ricordando quando si lanciò la crociata perché non si voleva “che si pregasse nelle scuole americane, e gli americani hanno detto OK. Poi qualcun altro ha detto che sarebbe meglio non leggere la Bibbia nelle scuole americane. Quella stessa Bibbia che dice: ‘Non uccidere, non rubare, ama il tuo prossimo come te stesso...’, e gli americani hanno detto OK. Poi, in molti paesi del mondo, qualcuno ha detto: ‘Lasciamo che le nostre figlie abortiscano, se lo vogliono, senza neanche avvisare i propri genitori’. Ed il mondo ha detto OK”.
Si girano film e show televisivi che sommergono le anime di fango. E si fa musica che celebra violenza, suicidio, droga o ammicca al satanismo. E tutti trovano questo normale e dicono che è solo un gioco, com’è normale che, secondo le statistiche, un bimbo italiano, prima di aver terminato le elementari, veda in media in tv 8 mila omicidi e 100 mila atti di violenza, ma per carità togliamo la preghiera dalla scuola ché sarebbe un atto di “violenza psicologica”.
”Ora” proseguiva quella donna americana “ci chiediamo perché i nostri figli non hanno coscienza, perché non sanno distinguere il bene dal male, e perché uccidono così facilmente estranei, compagni di scuola, e loro stessi. Probabilmente perché, com’è stato scritto, ‘l'uomo miete ciò che ha seminato’ (Galati 6:7). Uno studente ha ‘sinceramente’ chiesto: ‘Caro Dio, perché non hai salvato quella bambina che è stata uccisa in una scuola americana?’. Risposta: ‘Caro Studente, a Me non è permesso entrare nelle scuole americane. Sinceramente, Dio’ ”. Tutto questo non è solo americano. Dopo Auschwitz una folla di intellettuali accusò Dio: “Dov’eri? Come hai potuto permettere tutto questo?”. Nessuno ricordava quale fu la prima battaglia fatta dal nazismo appena arrivato al potere: la guerra dei crocifissi. Il nuovo regime pretese di spazzar via da tutte le scuole l’immagine di Gesù crocifisso. Fu uno scontro durissimo e la Chiesa fu praticamente lasciata sola a sostenerlo. Dov’erano gli intellettuali? Poi il nazismo, fra il 1939 e il 1940, spazzò via migliaia di “crocifissi viventi”, una eutanasia di massa per 70 mila disabili e malati mentali: ritennero le loro delle vite indegne di essere vissute e dettero loro “la morte pietosa”, ma anche in quel caso la Chiesa fu lasciata quasi sola perché nei cuori il crocifisso era stato spazzato via dalla pagana e feroce croce uncinata. E così alla fine Hitler scatenò la guerra e la Shoah. Dov’era Dio? Era stato cacciato da tempo. E stava agonizzando nei lager con Massimiliano Kolbe, Edith Stein o Dietrich Bonhoeffer, accanto a una moltitudine di croficissi.
Siamo la generazione che ha visto poi consolidarsi nel mondo il più immane tentativo di strappare Dio dai cuori, imponendo l’ateismo di Stato: l’impero comunista che si è risolto nel più colossale genocidio planetario di uomini e popoli. Tutto questo c’insegna qualcosa? No. Noi siamo la generazione che non impara dalle tragedie del suo tempo. E per questo forse sarà destinata a ripeterle. Non abbiamo forse consegnato la costruzione europea a una tecnocrazia laicista e dispotica che ha voluto strappare le radici cristiane dell’albero europeo? Ed eccoci all’inverno demografico, al declino e all’invasione islamica.
Un grande economista come Giulio Tremonti, nel suo celebre libro, ha affermato che il riscatto è possibile solo con una rinascita spirituale. Ma noi siamo “gli uomini impagliati” di Eliot, con la testa piena di vento e il cuore pieno di solitudine. Abbiamo sputato su Gesù Cristo e sulla Chiesa credendo che questo fosse “libertà”, poi ci troviamo soli o disperati e allora puntiamo il dito accusatore sulla presunta “indifferenza” di Dio. Di quel Dio che non cessa un solo giorno di darci il respiro e di farsi incontro a noi.
Siamo la generazione che non sa più dare senso alla vita, né speranza ai propri figli, che vede addensarsi all’orizzonte nubi cupe di crisi planetarie, di guerre, di carestie, ma non afferra la mano della “Regina della Pace”, presente fra noi per salvarci. Perché si ride del Mistero e del soprannaturale, mentre si va da maghi e astrologi, perché si crede ai giornali e a internet e non al Vangelo, perché si irride chi parla di Satana e dell’Inferno, ma si affollano come non mai sette sataniche o esoteriche, perché si venerano le maschere vuote dei palcoscenici e della tv e si disprezzano i santi, perché si crede che libertà sia poter fare qualunque cosa, anziché essere veramente amati.
Questa stagione iniziò nel ’68, quando si cominciò a sparare sulla religione come “oppio dei popoli”, così oggi l’oppio (o la cocaina) è diventata la religione dei popoli, anche di notai, industriali e deputati. Nietsche tuonò contro il crocifisso perché – scrisse – abolì i sacrifici umani che erano il motore della storia pagana. E infatti oggi, cancellato il crocifisso dai cuori, sono tornati i sacrifici umani. Siamo la generazione che ha assistito tranquillamente in 30 anni allo sterminio – con leggi degli Stati – di un miliardo di piccole vite umane nascenti, il più immane sacrificio umano della storia. La generazione che torna a discettare di vite “indegne di essere vissute”, che pretende di trasformare i più piccoli esseri umani in cavie da laboratorio, che esige – specialmente “in nome della scienza” - che tutto sia permesso. In effetti “se Dio non c’è, tutto è permesso”. Ma con quali conseguenze?
L’abbiamo visto nel recente passato. E siccome non ne traiamo le conseguenze lo vediamo nel presente e ancor più lo vedremo nel futuro. Qualcuno ha osservato: “Strano come sia semplice per le persone cacciare Dio per poi meravigliarsi perché il mondo sta andando all'inferno”.
Antonio Socci
Da “Libero”, 11 luglio 2008
lunedì 14 luglio 2008
gente che prende cantonate
La vita è qualcosa di assolutamente indisponibile all'azione umana.
Angelo Bagnasco presidente della Conferenza Episcopale Italiana e generale di corpo d'armata
Angelo Bagnasco presidente della Conferenza Episcopale Italiana e generale di corpo d'armata
giovedì 10 luglio 2008
lilli, tutta nuda & tutta alda
che cos'è il dolore x te?
che cos'è la cosa + bella che c'è?
fare i pompini a craxi, fare i pompini ai morti
alda d'eusanio non può che piacere
exploitation à la tarantino
caramba che perquisiscono "anche corporalmente"
caramba pruriginosi terronissimi sudatissimi
con le manacce pelose dentro le mutandine di lilli carati
alda è tutto un fremito, è la perversione della perversione
è un giudice pedofilo che condanna sé stesso alla pena di violentare i bambini
e poi dire
sei un agnellino, sei un uccellino
ça va sans dire
ho la collezione dei tuoi pornazzi
il cinema vuole solo il tuo corpo
una discesa all'inferno
tra sesso ed eroina
l'ennesimo inno alla casalinga
che vive tra alda e di+
ecco, io l'ultima volta che sono disceso all'inferno
ero alla stazione di benzina esso di asti, quella in corso torino
c'era la padrona che strisciava le carte di credito
e diceva che sarebbe andata a casa a preparare i fagiolini
e poi avrebbe fatto anche le patate a cubetti
poi il giorno dopo sarebbe andata a trovare i genitori anziani
ecco io i giorni tutti uguali di lilli adesso io non li capisco
ma poi se fossero così belli perché andare in tv adesso
qui c'è una vincitrice e una sconfitta, e la sconfitta china il capo
per avere un po' della sua "polvere di stelle", direbbe alda
che non merita nessuna vittoria
perché anche craxi, con tante, mi chiedo xké si facesse fare i pompini da lei
lilli sarebbe dovuta restare sempre lilli e basta
adesso lilli con la borsa del lidl
perché
caro agli dei è colui che muore giovane
che cos'è la cosa + bella che c'è?
fare i pompini a craxi, fare i pompini ai morti
alda d'eusanio non può che piacere
exploitation à la tarantino
caramba che perquisiscono "anche corporalmente"
caramba pruriginosi terronissimi sudatissimi
con le manacce pelose dentro le mutandine di lilli carati
alda è tutto un fremito, è la perversione della perversione
è un giudice pedofilo che condanna sé stesso alla pena di violentare i bambini
e poi dire
sei un agnellino, sei un uccellino
ça va sans dire
ho la collezione dei tuoi pornazzi
il cinema vuole solo il tuo corpo
una discesa all'inferno
tra sesso ed eroina
l'ennesimo inno alla casalinga
che vive tra alda e di+
ecco, io l'ultima volta che sono disceso all'inferno
ero alla stazione di benzina esso di asti, quella in corso torino
c'era la padrona che strisciava le carte di credito
e diceva che sarebbe andata a casa a preparare i fagiolini
e poi avrebbe fatto anche le patate a cubetti
poi il giorno dopo sarebbe andata a trovare i genitori anziani
ecco io i giorni tutti uguali di lilli adesso io non li capisco
ma poi se fossero così belli perché andare in tv adesso
qui c'è una vincitrice e una sconfitta, e la sconfitta china il capo
per avere un po' della sua "polvere di stelle", direbbe alda
che non merita nessuna vittoria
perché anche craxi, con tante, mi chiedo xké si facesse fare i pompini da lei
lilli sarebbe dovuta restare sempre lilli e basta
adesso lilli con la borsa del lidl
perché
caro agli dei è colui che muore giovane
sabato 21 giugno 2008
venerdì 20 giugno 2008
nik & io, correndo verso viatosto
Arrivare a 35 anni senza un allibratore personale è una sconfitta
Gesù è come la fica, vuole farsi pregare
Gesù è come la fica, vuole farsi pregare
Risposta: ammaniti
Data: Thu, 13 Jul 2000 19:43:11 +0200
A:
Da quando ho letto che tra poco esce la PS2 non tocco più la
PS1. Mi fa orrore e schifo. Mi sembra vecchia, con una grafica
vecchia e nauseante. Voglio la PS2, perché è bello spendere,
perché se non spendi non sei un uomo, perché se non c'è il DVD
che razza di console è? Ci voglio vedere i film e giocare
contemporaneamente e la voglio portatile, che sia pure telefonino,
che vada in Internet, che funzioni ad infrarossi, con una
telecamera che mi spii dovunque, voglio spendere un milione,
due, spero che non troverò mai copie masterizzate, la voglio usare
per scaldarci i panini, per friggerci i sofficini, per fa’ godere la mia
donna, voglio che... Voglio che... Voglio Morire.
Data: Thu, 13 Jul 2000 19:43:11 +0200
A:
Da quando ho letto che tra poco esce la PS2 non tocco più la
PS1. Mi fa orrore e schifo. Mi sembra vecchia, con una grafica
vecchia e nauseante. Voglio la PS2, perché è bello spendere,
perché se non spendi non sei un uomo, perché se non c'è il DVD
che razza di console è? Ci voglio vedere i film e giocare
contemporaneamente e la voglio portatile, che sia pure telefonino,
che vada in Internet, che funzioni ad infrarossi, con una
telecamera che mi spii dovunque, voglio spendere un milione,
due, spero che non troverò mai copie masterizzate, la voglio usare
per scaldarci i panini, per friggerci i sofficini, per fa’ godere la mia
donna, voglio che... Voglio che... Voglio Morire.
giovedì 19 giugno 2008
coefficienti istat
Coefficienti Istat per tradurre valori monetari dei periodi sottoindicati,
al 1861, in valori del 2008
Anni Coefficienti
1861 8.513,9146
1862 8.462,3152
1863 8.715,8677
1864 8.962,0154
1865 9.114,1123
1866 9.019,9096
1867 8.803,7957
1868 8.462,3152
1869 8.411,3373
1870 8.291,4608
1871 8.043,0991
1872 7.116,6259
1873 6.712,8942
1874 6.555,3146
1875 7.655,0548
1876 7.234,6218
1877 6.953,5956
1878 7.219,6587
1879 7.310,3770
1880 7.051,9293
1881 7.539,3197
1882 7.722,7987
1883 7.978,7543
1884 8.136,8415
1885 7.960,5587
1886 7.969,6461
1887 7.987,8833
1888 7.888,5989
1889 7.757,1222
1890 7.490,7833
1891 7.514,9731
1892 7.580,2497
1893 7.748,5128
1894 7.783,0658
1895 7.826,6928
1896 7.861,9482
1897 7.879,6953
1898 7.826,6928
1899 7.951,4920
1900 7.915,4308
1901 7.906,4666
1902 7.960,5587
1903 7.731,3511
1904 7.638,3042
1905 7.629,9563
1906 7.490,7833
1907 7.153,0840
1908 7.227,1325
1909 7.434,9414
1910 7.234,6218
1911 7.059,0597
1912 6.995,4008
1913 6.981,4100
1914 6.981,4100
1915 6.524,6822
1916 5.213,8984
1917 3.686,0665
1918 2.643,4722
1919 2.604,0321
1920 1.981,6662
1921 1.675,0024
1922 1.685,1098
1923 1.694,9284
1924 1.637,2913
1925 1.457,4969
1926 1.351,1535
1927 1.477,8599
1928 1.594,6574
1929 1.569,5616
1930 1.620,9450
1931 1.794,2457
1932 1.842,5468
1933 1.958,3198
1934 2.064,8950
1935 2.035,9901
1936 1.893,0070
1937 1.729,3560
1938 1.606,0294
1939 1.538,0943
1940 1.317,9932
1941 1.139,0782
1942 985,5181
1943 587,6608
1944 132,2387
1945 67,1419
1946 56,8908
1947 35,1045
1948 33,1550
1949 32,6761
1950 33,1208
1951 30,1886
1952 28,9583
1953 28,4052
1954 27,6615
1955 26,9062
1956 25,6309
1957 25,1453
1958 23,9956
1959 24,0964
1960 23,4731
1961 22,8064
1962 21,6997
1963 20,1827
1964 19,0530
1965 18,2597
1966 17,9014
1967 17,5504
1968 17,3295
1969 16,8563
1970 16,0407
1971 15,2768
1972 14,4641
1973 13,1051
1974 10,9717
1975 9,3641
1976 8,0364
1977 6,8048
1978 6,0515
1979 5,2286
1980 4,3160
1981 3,6361
1982 3,1253
1983 2,7179
1984 2,4579
1985 2,2632
1986 2,1331
1987 2,0390
1988 1,9427
1989 1,8223
1990 1,7175
1991 1,6140
1992 1,5312
1993 1,4695
1994 1,4139
1995 1,3420
1996 1,2916
1997 1,2696
1998 1,2472
1999 1,2278
2000 1,1971
2001 1,1659
2002 1,1383
2003 1,1109
2004 1,0893
2005 1,0710
2006 1,0501
2007 1,0323
2008 1,0000
al 1861, in valori del 2008
Anni Coefficienti
1861 8.513,9146
1862 8.462,3152
1863 8.715,8677
1864 8.962,0154
1865 9.114,1123
1866 9.019,9096
1867 8.803,7957
1868 8.462,3152
1869 8.411,3373
1870 8.291,4608
1871 8.043,0991
1872 7.116,6259
1873 6.712,8942
1874 6.555,3146
1875 7.655,0548
1876 7.234,6218
1877 6.953,5956
1878 7.219,6587
1879 7.310,3770
1880 7.051,9293
1881 7.539,3197
1882 7.722,7987
1883 7.978,7543
1884 8.136,8415
1885 7.960,5587
1886 7.969,6461
1887 7.987,8833
1888 7.888,5989
1889 7.757,1222
1890 7.490,7833
1891 7.514,9731
1892 7.580,2497
1893 7.748,5128
1894 7.783,0658
1895 7.826,6928
1896 7.861,9482
1897 7.879,6953
1898 7.826,6928
1899 7.951,4920
1900 7.915,4308
1901 7.906,4666
1902 7.960,5587
1903 7.731,3511
1904 7.638,3042
1905 7.629,9563
1906 7.490,7833
1907 7.153,0840
1908 7.227,1325
1909 7.434,9414
1910 7.234,6218
1911 7.059,0597
1912 6.995,4008
1913 6.981,4100
1914 6.981,4100
1915 6.524,6822
1916 5.213,8984
1917 3.686,0665
1918 2.643,4722
1919 2.604,0321
1920 1.981,6662
1921 1.675,0024
1922 1.685,1098
1923 1.694,9284
1924 1.637,2913
1925 1.457,4969
1926 1.351,1535
1927 1.477,8599
1928 1.594,6574
1929 1.569,5616
1930 1.620,9450
1931 1.794,2457
1932 1.842,5468
1933 1.958,3198
1934 2.064,8950
1935 2.035,9901
1936 1.893,0070
1937 1.729,3560
1938 1.606,0294
1939 1.538,0943
1940 1.317,9932
1941 1.139,0782
1942 985,5181
1943 587,6608
1944 132,2387
1945 67,1419
1946 56,8908
1947 35,1045
1948 33,1550
1949 32,6761
1950 33,1208
1951 30,1886
1952 28,9583
1953 28,4052
1954 27,6615
1955 26,9062
1956 25,6309
1957 25,1453
1958 23,9956
1959 24,0964
1960 23,4731
1961 22,8064
1962 21,6997
1963 20,1827
1964 19,0530
1965 18,2597
1966 17,9014
1967 17,5504
1968 17,3295
1969 16,8563
1970 16,0407
1971 15,2768
1972 14,4641
1973 13,1051
1974 10,9717
1975 9,3641
1976 8,0364
1977 6,8048
1978 6,0515
1979 5,2286
1980 4,3160
1981 3,6361
1982 3,1253
1983 2,7179
1984 2,4579
1985 2,2632
1986 2,1331
1987 2,0390
1988 1,9427
1989 1,8223
1990 1,7175
1991 1,6140
1992 1,5312
1993 1,4695
1994 1,4139
1995 1,3420
1996 1,2916
1997 1,2696
1998 1,2472
1999 1,2278
2000 1,1971
2001 1,1659
2002 1,1383
2003 1,1109
2004 1,0893
2005 1,0710
2006 1,0501
2007 1,0323
2008 1,0000
lunedì 16 giugno 2008
quand'è che diventate famosi?
lustando, scende il gruppo prima dei baustelle
un tizio gli fa: - ma quand'è che diventate famosi?
il bassista: - adesso.
un tizio gli fa: - ma quand'è che diventate famosi?
il bassista: - adesso.
sabato 14 giugno 2008
venerdì 13 giugno 2008
giovedì 12 giugno 2008
letture corsare
sabato 19 giugno ore 19, alba caffé akash: reading & dj set ildeboscio, frangetta
domenica 22 giugno ore 17.30, alba cortile municipio: dj set tommaso labranca e fabrizio zuffanti
info click here
domenica 22 giugno ore 17.30, alba cortile municipio: dj set tommaso labranca e fabrizio zuffanti
info click here
una settimana da stronzo a londra
CAPRICE
http://www.le-caprice.co.uk/
il pianista che suona, i tizi con il gessato, camerieri terroni.
45 euro
metro piccadilly circus
WOLSELEY
http://www.thewolseley.com/
bello da vedere, volte & lampadari, profluvi di fica & ferro, all'ingresso niente negri ma un bianco con la tuba.
55 euro
metro piccadilly circus
IVY
http://www.the-ivy.co.uk/
va bene x gli sposati, però costa meno di quanto uno si aspetti.
metro leicester square
YAUATCHA
http://en.wikipedia.org/wiki/Yauatcha
dim sum a nastro.
aquarioso, bianco & colorato, asiatiche con le tette grosse.
metro oxford circus
SKETCH
http://www.sketch.uk.com/
il cristiano ronaldo dei ristoranti londinesi.
tarro, pieno di italiani, il cesso disegnato come un uovo, cucina leggerissima, selezione musicale piacevole.
è comunque il migliore
metro oxford circus
COSA FARE A LONDRA:
Fidanzarsi con Tamara Ecclestone, diventare amico di Kate Moss e Jeremy Clarckson, ondare un fondo hedge e spararsi 100 milioni in tre anni, il tutto usando solo ed esclusivamente la metro.
http://www.le-caprice.co.uk/
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45 euro
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WOLSELEY
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55 euro
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IVY
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YAUATCHA
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dim sum a nastro.
aquarioso, bianco & colorato, asiatiche con le tette grosse.
metro oxford circus
SKETCH
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il cristiano ronaldo dei ristoranti londinesi.
tarro, pieno di italiani, il cesso disegnato come un uovo, cucina leggerissima, selezione musicale piacevole.
è comunque il migliore
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COSA FARE A LONDRA:
Fidanzarsi con Tamara Ecclestone, diventare amico di Kate Moss e Jeremy Clarckson, ondare un fondo hedge e spararsi 100 milioni in tre anni, il tutto usando solo ed esclusivamente la metro.
mercoledì 11 giugno 2008
martedì 10 giugno 2008
mettendo i piedi sul tavolo e ordinando un crodino e scuotendo la testa e dandoti ragione
ricontattalo, torna da lui, fai gesti di amore definitivo. portalo a bere e dopo che ti ha trombato e vuole lasciarti come un cane al bordo della strada tu urlagli: DI NUOVO!! E IO STUPIDA CHE HO ANCHE FATTO L'AMORE CON TE
e piangi a dirotto
ricontattalo, torna da lui, fai gesti di amore definitivo. portalo a bere e dopo che ti ha trombato e vuole lasciarti come un cane al bordo della strada tu urlagli: DI NUOVO!! E IO STUPIDA CHE HO ANCHE FATTO L'AMORE CON TE
e piangi a dirotto
domenica 8 giugno 2008
being dino risi
berlusconi l' ho conosciuto qualche anno fa, a cena in un palazzo di via Giulia. Alla fine del pranzo, Confalonieri si mise al piano e lui iniziò il suo repertorio di canzoni francesi, la migliore fu La vie en rose, mi pare che cantasse mica male, ricordava un certo Tino Rossi, uno coi capelli leccati che aveva un certo seguito negli anni Quaranta e Cinquanta. Alla fine, per scherzo, andai e gli diedi 10 mila lire, "per l' orchestra". Lui non fece una piega, ringraziò, spezzò in due la banconota e ne diede un pezzo all' amico Fedele».
Da trent' anni vivo come in albergo, senza pesare su nessuno. Ho perfino imparato a dialogare con l'acqua e con i suoi rumori: sono felice delle mie giornate, non mi sono mai sentito solo. Qui, è vietato affittare a chi ha bambini o cani, una meraviglia. Al di là degli acciacchi, finalmente parlo per ore con i miei figli Claudio e Marco: pensando che stessi per morire, hanno inaugurato l'abitudine di passarmi a trovare ogni mattina, passeggiamo insieme e forse non sanno che questa è ormai la mia vera e unica ragione di vita.
Mi laureai in medicina, volevo specializzarmi in psichiatria. Dopo sei mesi al manicomio di Voghera, lasciai perdere. Avevo voglia di non far niente, di essere ricco e di girare il mondo. Ci sono riuscito. Ma ero contento quando un film non si faceva. L’idea di alzarmi presto la mattina per andare a girare era una tortura.
I vecchi sono cattivi, sono come i bambini, hanno le invidie. E come i bambini vedono i difetti, vedono tutto. Sono invecchiato all’improvviso, mentre passeggiavo in viale Buozzi. Scende una ragazza da una Harley Davidson, si toglie il casco, scuote i capelli, mi guarda e sorride. Ero paralizzato, innamorato perso. Lì ho realizzato che avevo 86 anni.
Mi sto sciogliendo, piano piano. Se fosse stato per me, sarei morto volentieri nel Duemila, una bella data da incidere sulla lapide. Quando sarò al lumicino, voglio essere portato a finire in quel di Waterloo, in Belgio. Sono stato a vedere la tristissima pianura dove l'Imperatore fu sconfitto, non è un granché. Ma la prego di immaginare che bella figura farei, io ateo non pentito: Dino Risi, nato a Milano, morto a Waterloo.
Da trent' anni vivo come in albergo, senza pesare su nessuno. Ho perfino imparato a dialogare con l'acqua e con i suoi rumori: sono felice delle mie giornate, non mi sono mai sentito solo. Qui, è vietato affittare a chi ha bambini o cani, una meraviglia. Al di là degli acciacchi, finalmente parlo per ore con i miei figli Claudio e Marco: pensando che stessi per morire, hanno inaugurato l'abitudine di passarmi a trovare ogni mattina, passeggiamo insieme e forse non sanno che questa è ormai la mia vera e unica ragione di vita.
Mi laureai in medicina, volevo specializzarmi in psichiatria. Dopo sei mesi al manicomio di Voghera, lasciai perdere. Avevo voglia di non far niente, di essere ricco e di girare il mondo. Ci sono riuscito. Ma ero contento quando un film non si faceva. L’idea di alzarmi presto la mattina per andare a girare era una tortura.
I vecchi sono cattivi, sono come i bambini, hanno le invidie. E come i bambini vedono i difetti, vedono tutto. Sono invecchiato all’improvviso, mentre passeggiavo in viale Buozzi. Scende una ragazza da una Harley Davidson, si toglie il casco, scuote i capelli, mi guarda e sorride. Ero paralizzato, innamorato perso. Lì ho realizzato che avevo 86 anni.
Mi sto sciogliendo, piano piano. Se fosse stato per me, sarei morto volentieri nel Duemila, una bella data da incidere sulla lapide. Quando sarò al lumicino, voglio essere portato a finire in quel di Waterloo, in Belgio. Sono stato a vedere la tristissima pianura dove l'Imperatore fu sconfitto, non è un granché. Ma la prego di immaginare che bella figura farei, io ateo non pentito: Dino Risi, nato a Milano, morto a Waterloo.
martedì 20 maggio 2008
mgmt time to pretend
let's make some music, make some money, find some models for wives.
I'll move to Paris, shoot some heroin, and fuck with the stars.
you man the island and the cocaine and the elegant cars.
this is our decision, to live fast and die young.
we've got the vision, now let's have some fun.
yeah, it's overwhelming, but what else can we do.
get jobs in offices, and wake up for the morning commute.
forget about our mothers and our friends
we're fated to pretend
there's really nothing, nothing we can do
the models will have children, we'll get a divorce
we'll find some more models, everyting must run it's course.
we'll choke on our vomit and that will be the end
we were fated to pretend
giovedì 15 maggio 2008
venerdì 9 maggio 2008
un giorno con sgarbi
Siamo a Milano, nell’ingresso di un super albergo. Siamo in due: uno per fare foto e uno per scrivere. Detta così pare una barzelletta sui carabinieri. E che sia uno scherzo lo sospettiamo anche noi: siamo qui da un’ora, senza certezze, incaricati con preavviso e istruzioni minimali di seguire una giornata-tipo della maggiore rockstar italiana: Vittorio Sgarbi, una performance itinerante di 16 ore senza pause con assolo in Accademia, jam session in Asses-sorato, freestyling in tv, interludio a Piacenza, ritorno a Milano con andante maestoso, seguito da intermezzo romantico e gran finale con brio in un turbine di donne, soldi, privilegi. Non abbiamo un vero appuntamento. Anzi, dopo 75 minuti di attesa qualche dubbio ci viene... La receptionist ci dice: «Io un po’ lo conosco. Secondo me non avete molte possibilità». Stiamo per andarcene. Ma di colpo, appare. I famosi occhiali ci squadrano. «Voi due sareste quelli del giornale?». Facciamo per presentarci. Che idea scema: «Andiamo!», comanda imperioso. E parte. Lo seguiamo senza sapere cosa ci aspetta: un tour de force non da poco anche per due soggetti fisicamente in forma (rispetto alla media giornalistica) e ben più giovani del 55enne Assessore alla Cultura di Milano. Di fatto, lo strapotere fisico del pallido Casanova (che, c’è da scommettere, non ha mai fatto sport in vita sua) ha del sovrumano. Il suo passo è quello di una marcia trionfale fino a notte fonda, senza mai fermarsi, sbracciando, vociando, corteggiando, telefonando, comiziando, sclerando. Senza mangiare e bere o quasi. Stimolanti? La sua unica droga sia la sua grandeur. Il primo impegno in agenda è un sopralluogo alla Scala.
Alle 11.15 entriamo. Durante questa giornata tipo, Sgarbi mi aprirà le porte di altri posti dove normalmente non sarei ammesso e senza mai parlarmi o quasi: per tutto il tempo, per tacito accordo, gli faremo da ombra, con discrezione dovuta anche al timore di dargli sui nervi ed essere cacciati. Ridurremo l’interazione al minimo, nessuna domanda, nessuna osservazione; solo muta, sbigottita testimonianza. Che poi, parlargli non è facile. Mentre discute con l’ingegnere della Scala di pareri della Procura, della Commissione provinciale di vigilanza, dell’Asl e dei tecnici, ha il Prefetto in linea su un telefono e una delle segretarie nell’altro. Non parla quasi mai con una persona sola. Mentre il sopralluogo-lampo alla Scala (un problema di agibilità di certi sedili) ha termine, proclama nel telefonino: «Queste cose non le puoi dire a me, perché io sono il vento, sono in continuo movimento». Detto da un altro, è ridicolo. Detto da lui, pure. Se non che, è vero. Alle 11.45 entriamo all’Accademia di Brera, dove è ospite il fotografo Joel Peter Witkin. Sala piena di gente. Tante sventolone. Eh, l’arte. Sgarbi saluta Witkin, si alza e inizia a parlare sotto la diapositiva di una tipa col sedere di fuori. «Di Witkin dicono: artista discusso. Discusso è il termine più eccitante che esista, chi non è discusso è uno stronzo». Scaldata la platea, si addentra in una digressione sull’arte e la morte, perché se non lo sapete, Witkin ritrae cadaveri. «Per qualcuno è profanazione e abuso. Ma intanto il cadavere passa da uno stato di vita a un altro, da natura viva a natura morta. Uomini che furono senza identità da vivi e vengono abbandonati per strada, sono opere d’arte da morti: diventano vivi». Anche gli studenti che storcevano il naso alla sua entrata ascoltano con interesse. Qualche fanciulla lo fotografa. A fine discorso, è attorniato da una quantità di persone adoranti o questuanti. «Io mi occupo di...», «Volevo sottoporle...», «Potrei parlarle di...?».
È quello che succederà per tutta la giornata: inaspettatamente lui ascolta tutti, e non distrattamente come fanno i politici. Altra ipotesi: la sua droga sono le persone, l’essere cercato. Se poi si tratta di femmine, be’. «E perché mi hai sempre nascosto questa tua amica?». «No, ti sei sposata? Con un cornuto. Cioè, no, il cornuto sono io, tu mi tradisci con tuo marito». «Tu qui? Non sei in Irlanda? Che schifo, ditemi se una può andare a uomini in Irlanda». Mentre le interpellate arrossiscono, lui prende a braccetto, sposta, proclama, gigioneggia. Le battute semiaggressive a voce sempre alta e tonante sono lo stile del maschio dominante che segnala a maschi e femmine del branco la propria preminenza. L’unico vero modo di scontrarsi con Sgarbi è mettere in discussione questo aspetto: una volta stabilito che lui è il re leone, potete dirgli di tutto; è molto più paziente e affabile di quanto sembri. Certo, non andatelo a dire a chi lo vota. All’una e mezza, eccoci nel suo ufficio di Assessore alla Cultura del Comune di Milano. Un casino fantastico. Statue, dipinti, foto, calendari di spasimanti, regali, fiori, riviste e libri, libri, libri. Lui dopo la colazione salta anche il pranzo e inizia a vedere rappresentanti di enti vari: gente per cui Sgarbi è, si intuisce, una potenziale minaccia. Molti sembrano prendere oboli secolari per l’antico prestigio di cui si sono investiti, e temono che Sgarbi non abbia «la sensibilità per capire la loro importanza». Quando invece appare David Zard, storico promoter di concerti rock e altro, si illumina. «Oh, tu sì che mi piaci, Zard. Tutti ’sti creativi mi hanno rotto i coglioni. Tutto questo mondo di idioti che “creano dei contenuti”. C’è troppa creatività al mondo».
Via via l’ufficio si popola di gente di ogni tipo: collaboratori, mogli di ambasciatori, mercanti d’arte, una troupe di RaiDue per un intervento alla trasmissione Confronti. «Qual è l’argomento? Lapo? E che devo dire di Lapo?». Sfoglia il giornale un minuto, poi parte: «Nel mondo si è perso il contegno. Io ne sono un esempio. Io mi sono guadagnato confini del contegno molto remoti, a me sono perdonate molte cose “perché sono Sgarbi”. In parte succede ad altri, come Berlusconi, pensate alle sue foto con cinque ragazze. Sì, era a casa, ma era una situazione in cui Prodi non si sarebbe trovato. A Berlusconi è concesso qualcosa in più, “perché si sa che si comporta come un ragazzo”, però dovrebbe sempre tener conto che potrebbe esserci un fotografo e… Perché apri la porta? Chi è il coglione che apre la porta? La testa di cazzo che è uscito dalla stanza...». Bang, si alza e corre fuori dall’ufficio elencando tutte le parolacce del mondo. Eccolo, lo Sgarbi furioso: grida perché tutto il palazzo senta il ruggito del leone. Poi rientra e riprende come niente fosse. «Lapo Elkann non ha fatto nulla di male, ma se vuoi evitare poi che qualcuno mostri ad altri quello che fai, non farlo. Perché il problema sei tu: se respingi quei valori, se sei un rivoluzionario, non dovresti preoccuparti di essere fotografato. La differenza con me è che qualunque cosa io faccia, è ciò che voglio fare. Non devo nasconderlo». Fine della registrazione. Si alza e dice: «Sono le 17, ora che si fa? Ah, già. Andiamo a Piacenza, forza».
Saliamo in macchina in cinque. La star, il duo di RS, il prezioso autista Graziano, dipendente comunale diventato per forza di cose consigliere e segretario part-time, e una quinta persona: Caterina. Una fan. È giornalista anche lei, ma la realtà è che ama Sgarbi. Platonicamente. «Davvero, non ci sei mai stata?». «No, perché finirebbe». A dire la verità lui più che altro pare tollerarla seraficamente. Ogni tanto la insulta, ma fa parte del suo voler bene. «Le donne stanno attorno a lui perché da lui si impara», mi spiega Caterina. Dopo di che manda un sms a Lapo. A Piacenza bisogna sostenere un candidato sindaco. Accolta da una folla festante, la star entra in un salone e inizia a inveire contro il sindaco in carica. Onestamente il discorso non è granché: forse è stanco (in tutte queste ore ha mangiato solo un gelato), forse ha altro per la mente, forse non è un politico vero e proprio: attacca a testa bassa ma ha la razionalità di una squadra di calcio scozzese. Però, proprio come un club scozzese, il suo impeto strappa l’ovazione dei tifosi. Finito il comizio afferra una bella femmina locale e la trascina quasi di peso a vedere la mostra di Enrico Robusti (niente male, ma io non ne capisco nulla, sia chiaro), aperta a pochi passi. Uscito dalla mostra, allunga il passo e semina il duo di RS. Lo ripeschiamo poco dopo, dietro una colonna, a chiacchierare con la piacente piacentina. Pochi minuti dopo, eccolo ripartire sparato verso l’auto. Della dama, non v’è più traccia. In viaggio, legge giornali e telefona, telefona, telefona. «Ma che cretinate dici? Sono calmo. È che tu sei una rompicoglioni superiore alle mie capacità di sopportazione». Mette il vivavoce e ci fa ascoltare una donna dall’accento sardo che gli mormora che «sta facendo l’antipatico». Lui va avanti 10 minuti a spiegarle che lo sta annoiando. Alle 21 siamo nelle gallerie di Palazzo Reale: davanti a visitatori attoniti, irrompe seguito da un codazzo che ricorda Alberto Sordi nei panni del primario Guido Tersilli. C’è da incontrare lo sponsor della mostra Camera con vista, ovvero venti persone eleganti che Sgarbi prende al volo e trascina da una sala all’altra in una cavalcata selvaggia. «Qui c’è un Balla, quelli sono i calzini di D’Annunzio, qui c’è un Sironi. In questa sala purtroppo ci sono cacate della transavanguardia. Lì c’è una che piscia. Questo è Cattelan: una enorme forma di formaggio. E ora, venite nella sala delle Cariatidi». Con gesto punk, sposta un pannello, scavalca un cordolo e improvvisamente siamo in un’enorme vetustissima sala in pieno centro di Milano, ovviamente mai vista da chi vi scrive. Tanta bella gente mangia a lume di candela. «Ma che posto è?», chiedo a Caterina. «Oh, qui si fanno eventi». Ah. Mentre contemplo la sala lo perdo di vista di nuovo. Dove cercare? Ma è evidente: dove ci sono due gnocche. «Adesso vado a un’inaugurazione, poi c’è la mostra di un fotografo sadico, domani sera sono a Cremona, venerdì presento il libro di Ratzinger in Duomo, può essere divertente. Ecco il numero dell’autista. Quando avete finito qui andiamo e ci facciamo aprire la mostra». Si volta verso di noi e tuona: «Presto, che ci aspettano al Padiglione d’Arte Contemporanea». Ci aspettano? Mica tanto: l’appuntamento era alle 19, arriviamo alle 22.22. «Non c’è più nessuno? Sono dei cornuti». Si sente solo. Che fare? Chiama la fidanzata. L’attrice Sabrina Colle: ha appena finito le prove di uno spettacolo, arriva stanca. Ma paziente. Lui le mostra le pirotecniche opere di Serafini. «Guarda, Cibina: una donna-carota!». E ora che si fa? Si va a vedere la mostra di Witkin, il “fotografo sadico”. Recuperiamo il gallerista e ci muoviamo a piedi (a passo di carica ovviamente) verso la mostra. Il codazzo si è modificato nel corso della giornata: ora ne fanno parte giovani cool e chic, genere “faccio cose e vedo gente”. Metà li tirerei sotto con un trattore, ma è tutta invidia. Invece il proprietario (scusate: l’owner) della galleria è un giovane molto simpatico, che porge le opere a Sgarbi («Uhiii guarda che bella foto Cibina, questo si infila un chiodo nel naso») e gli dà del tu per tutta la serata. Di colpo lui lo fissa. «Ma tu chi sei, non ho capito». Intanto si è fatta l’una di notte. Ora di cena, finalmente.
Al ristorante arriva un consigliere politico di Sgarbi. «Vittorio, quella mostra sull’arte omosessuale, alla gente normale non piacerà». È preoccupato. «Ah, io non so cosa sia la normalità. Culi liberi!», esulta Sgarbi. «Va a finire come la mostra sul Male, devi togliere le foto eccessive». Più il politico si preoccupa, più Sgarbi gongola. «Va bene, sarà una mostra educativa: metteremo un prete all’entrata». Qualcuno (be’, io) fa notare che sarebbe un boomerang, il Vaticano ha già dei problemi. «Allora sotto le opere scriveremo: “Che schifo!”. E daremo una scossa a chiunque ci si ferma troppo. La chiameremo Vade retro. Oppure Ecce omo». Qualcuno (be’, sempre io) propone: «O Culattoni raccomandati». «Mhm, non male». Il politico cerca di ridurlo a più miti consigli. Mai ridurre Sgarbi a più miti consigli: «Ci sono! La chiameremo FROCI! col punto esclamativo». «Ma sono foto volgari, cioè fanno schifo». «Vedi, io posso fare quella mostra perché io sono Sgarbi. Sono insospettabile di connivenza coi gay, con tutte le liti con Cecchi Paone sul matrimonio dei culi. Mi è consentito, la gente conosce il mio contegno». Di ottimo umore si butta sugli spaghetti e su una procace bruna. Cibina scuote la testa. «Non ti irrita quando fa così?». Mi sorride dolcemente. «Sai com’è lui, no? Se non tolleri certe cose non ti ci metti». Sgarbi paga per tutti (grazie): 12 persone, due biglietti da 500. All’uscita un ragazzo lo riconosce: «Io sono ignorante, ho la terza media, ma amo Caravaggio e le donne». Sgarbi si illumina: «Anch’io!». Sono le 2.30. Che si fa? Si va a dormire? Ma no, bisogna far vedere a Cibi un orecchio scolpito su un muro. «Graziano gira a destra, in via Serbelloni. È la cosa più bella di Milano. Cibina, scendi a vedere!». Cibi, distrutta, cede. «Ma tu lo sai quanto ti voglio bene, Cibi?».
Le tre di notte, rieccoci in albergo. Siamo in sei: Caterina la fan è sempre tra noi. C’è anche Graziano gli ricorda gli impegni di domani. Nota bene, lui domani è di riposo, ma una volta nell’orbita di Sgarbi fai parte dello show. Sgarbi apre la finestra dell’hotel. L’intero balcone accompagna l’interno della galleria Vittorio Emanuele. Lui prende il telefono e la percorre tutta vociando, sclerando, sbracciandosi nel silenzio surreale del salotto buono di Milano che non vedrò mai più né così vuoto, né da questa posizione. Rientra. «Ora tutti fuori, ho un articolo da scrivere per domani, devo mettermi a lavorare». Giusto. Dopo uno show così lungo, bisogna pur rilassarsi un po’. Mi stringe la mano, sorride e poi dice: «...Ma voi chi siete, che non ho mica ben capito?».
Alle 11.15 entriamo. Durante questa giornata tipo, Sgarbi mi aprirà le porte di altri posti dove normalmente non sarei ammesso e senza mai parlarmi o quasi: per tutto il tempo, per tacito accordo, gli faremo da ombra, con discrezione dovuta anche al timore di dargli sui nervi ed essere cacciati. Ridurremo l’interazione al minimo, nessuna domanda, nessuna osservazione; solo muta, sbigottita testimonianza. Che poi, parlargli non è facile. Mentre discute con l’ingegnere della Scala di pareri della Procura, della Commissione provinciale di vigilanza, dell’Asl e dei tecnici, ha il Prefetto in linea su un telefono e una delle segretarie nell’altro. Non parla quasi mai con una persona sola. Mentre il sopralluogo-lampo alla Scala (un problema di agibilità di certi sedili) ha termine, proclama nel telefonino: «Queste cose non le puoi dire a me, perché io sono il vento, sono in continuo movimento». Detto da un altro, è ridicolo. Detto da lui, pure. Se non che, è vero. Alle 11.45 entriamo all’Accademia di Brera, dove è ospite il fotografo Joel Peter Witkin. Sala piena di gente. Tante sventolone. Eh, l’arte. Sgarbi saluta Witkin, si alza e inizia a parlare sotto la diapositiva di una tipa col sedere di fuori. «Di Witkin dicono: artista discusso. Discusso è il termine più eccitante che esista, chi non è discusso è uno stronzo». Scaldata la platea, si addentra in una digressione sull’arte e la morte, perché se non lo sapete, Witkin ritrae cadaveri. «Per qualcuno è profanazione e abuso. Ma intanto il cadavere passa da uno stato di vita a un altro, da natura viva a natura morta. Uomini che furono senza identità da vivi e vengono abbandonati per strada, sono opere d’arte da morti: diventano vivi». Anche gli studenti che storcevano il naso alla sua entrata ascoltano con interesse. Qualche fanciulla lo fotografa. A fine discorso, è attorniato da una quantità di persone adoranti o questuanti. «Io mi occupo di...», «Volevo sottoporle...», «Potrei parlarle di...?».
È quello che succederà per tutta la giornata: inaspettatamente lui ascolta tutti, e non distrattamente come fanno i politici. Altra ipotesi: la sua droga sono le persone, l’essere cercato. Se poi si tratta di femmine, be’. «E perché mi hai sempre nascosto questa tua amica?». «No, ti sei sposata? Con un cornuto. Cioè, no, il cornuto sono io, tu mi tradisci con tuo marito». «Tu qui? Non sei in Irlanda? Che schifo, ditemi se una può andare a uomini in Irlanda». Mentre le interpellate arrossiscono, lui prende a braccetto, sposta, proclama, gigioneggia. Le battute semiaggressive a voce sempre alta e tonante sono lo stile del maschio dominante che segnala a maschi e femmine del branco la propria preminenza. L’unico vero modo di scontrarsi con Sgarbi è mettere in discussione questo aspetto: una volta stabilito che lui è il re leone, potete dirgli di tutto; è molto più paziente e affabile di quanto sembri. Certo, non andatelo a dire a chi lo vota. All’una e mezza, eccoci nel suo ufficio di Assessore alla Cultura del Comune di Milano. Un casino fantastico. Statue, dipinti, foto, calendari di spasimanti, regali, fiori, riviste e libri, libri, libri. Lui dopo la colazione salta anche il pranzo e inizia a vedere rappresentanti di enti vari: gente per cui Sgarbi è, si intuisce, una potenziale minaccia. Molti sembrano prendere oboli secolari per l’antico prestigio di cui si sono investiti, e temono che Sgarbi non abbia «la sensibilità per capire la loro importanza». Quando invece appare David Zard, storico promoter di concerti rock e altro, si illumina. «Oh, tu sì che mi piaci, Zard. Tutti ’sti creativi mi hanno rotto i coglioni. Tutto questo mondo di idioti che “creano dei contenuti”. C’è troppa creatività al mondo».
Via via l’ufficio si popola di gente di ogni tipo: collaboratori, mogli di ambasciatori, mercanti d’arte, una troupe di RaiDue per un intervento alla trasmissione Confronti. «Qual è l’argomento? Lapo? E che devo dire di Lapo?». Sfoglia il giornale un minuto, poi parte: «Nel mondo si è perso il contegno. Io ne sono un esempio. Io mi sono guadagnato confini del contegno molto remoti, a me sono perdonate molte cose “perché sono Sgarbi”. In parte succede ad altri, come Berlusconi, pensate alle sue foto con cinque ragazze. Sì, era a casa, ma era una situazione in cui Prodi non si sarebbe trovato. A Berlusconi è concesso qualcosa in più, “perché si sa che si comporta come un ragazzo”, però dovrebbe sempre tener conto che potrebbe esserci un fotografo e… Perché apri la porta? Chi è il coglione che apre la porta? La testa di cazzo che è uscito dalla stanza...». Bang, si alza e corre fuori dall’ufficio elencando tutte le parolacce del mondo. Eccolo, lo Sgarbi furioso: grida perché tutto il palazzo senta il ruggito del leone. Poi rientra e riprende come niente fosse. «Lapo Elkann non ha fatto nulla di male, ma se vuoi evitare poi che qualcuno mostri ad altri quello che fai, non farlo. Perché il problema sei tu: se respingi quei valori, se sei un rivoluzionario, non dovresti preoccuparti di essere fotografato. La differenza con me è che qualunque cosa io faccia, è ciò che voglio fare. Non devo nasconderlo». Fine della registrazione. Si alza e dice: «Sono le 17, ora che si fa? Ah, già. Andiamo a Piacenza, forza».
Saliamo in macchina in cinque. La star, il duo di RS, il prezioso autista Graziano, dipendente comunale diventato per forza di cose consigliere e segretario part-time, e una quinta persona: Caterina. Una fan. È giornalista anche lei, ma la realtà è che ama Sgarbi. Platonicamente. «Davvero, non ci sei mai stata?». «No, perché finirebbe». A dire la verità lui più che altro pare tollerarla seraficamente. Ogni tanto la insulta, ma fa parte del suo voler bene. «Le donne stanno attorno a lui perché da lui si impara», mi spiega Caterina. Dopo di che manda un sms a Lapo. A Piacenza bisogna sostenere un candidato sindaco. Accolta da una folla festante, la star entra in un salone e inizia a inveire contro il sindaco in carica. Onestamente il discorso non è granché: forse è stanco (in tutte queste ore ha mangiato solo un gelato), forse ha altro per la mente, forse non è un politico vero e proprio: attacca a testa bassa ma ha la razionalità di una squadra di calcio scozzese. Però, proprio come un club scozzese, il suo impeto strappa l’ovazione dei tifosi. Finito il comizio afferra una bella femmina locale e la trascina quasi di peso a vedere la mostra di Enrico Robusti (niente male, ma io non ne capisco nulla, sia chiaro), aperta a pochi passi. Uscito dalla mostra, allunga il passo e semina il duo di RS. Lo ripeschiamo poco dopo, dietro una colonna, a chiacchierare con la piacente piacentina. Pochi minuti dopo, eccolo ripartire sparato verso l’auto. Della dama, non v’è più traccia. In viaggio, legge giornali e telefona, telefona, telefona. «Ma che cretinate dici? Sono calmo. È che tu sei una rompicoglioni superiore alle mie capacità di sopportazione». Mette il vivavoce e ci fa ascoltare una donna dall’accento sardo che gli mormora che «sta facendo l’antipatico». Lui va avanti 10 minuti a spiegarle che lo sta annoiando. Alle 21 siamo nelle gallerie di Palazzo Reale: davanti a visitatori attoniti, irrompe seguito da un codazzo che ricorda Alberto Sordi nei panni del primario Guido Tersilli. C’è da incontrare lo sponsor della mostra Camera con vista, ovvero venti persone eleganti che Sgarbi prende al volo e trascina da una sala all’altra in una cavalcata selvaggia. «Qui c’è un Balla, quelli sono i calzini di D’Annunzio, qui c’è un Sironi. In questa sala purtroppo ci sono cacate della transavanguardia. Lì c’è una che piscia. Questo è Cattelan: una enorme forma di formaggio. E ora, venite nella sala delle Cariatidi». Con gesto punk, sposta un pannello, scavalca un cordolo e improvvisamente siamo in un’enorme vetustissima sala in pieno centro di Milano, ovviamente mai vista da chi vi scrive. Tanta bella gente mangia a lume di candela. «Ma che posto è?», chiedo a Caterina. «Oh, qui si fanno eventi». Ah. Mentre contemplo la sala lo perdo di vista di nuovo. Dove cercare? Ma è evidente: dove ci sono due gnocche. «Adesso vado a un’inaugurazione, poi c’è la mostra di un fotografo sadico, domani sera sono a Cremona, venerdì presento il libro di Ratzinger in Duomo, può essere divertente. Ecco il numero dell’autista. Quando avete finito qui andiamo e ci facciamo aprire la mostra». Si volta verso di noi e tuona: «Presto, che ci aspettano al Padiglione d’Arte Contemporanea». Ci aspettano? Mica tanto: l’appuntamento era alle 19, arriviamo alle 22.22. «Non c’è più nessuno? Sono dei cornuti». Si sente solo. Che fare? Chiama la fidanzata. L’attrice Sabrina Colle: ha appena finito le prove di uno spettacolo, arriva stanca. Ma paziente. Lui le mostra le pirotecniche opere di Serafini. «Guarda, Cibina: una donna-carota!». E ora che si fa? Si va a vedere la mostra di Witkin, il “fotografo sadico”. Recuperiamo il gallerista e ci muoviamo a piedi (a passo di carica ovviamente) verso la mostra. Il codazzo si è modificato nel corso della giornata: ora ne fanno parte giovani cool e chic, genere “faccio cose e vedo gente”. Metà li tirerei sotto con un trattore, ma è tutta invidia. Invece il proprietario (scusate: l’owner) della galleria è un giovane molto simpatico, che porge le opere a Sgarbi («Uhiii guarda che bella foto Cibina, questo si infila un chiodo nel naso») e gli dà del tu per tutta la serata. Di colpo lui lo fissa. «Ma tu chi sei, non ho capito». Intanto si è fatta l’una di notte. Ora di cena, finalmente.
Al ristorante arriva un consigliere politico di Sgarbi. «Vittorio, quella mostra sull’arte omosessuale, alla gente normale non piacerà». È preoccupato. «Ah, io non so cosa sia la normalità. Culi liberi!», esulta Sgarbi. «Va a finire come la mostra sul Male, devi togliere le foto eccessive». Più il politico si preoccupa, più Sgarbi gongola. «Va bene, sarà una mostra educativa: metteremo un prete all’entrata». Qualcuno (be’, io) fa notare che sarebbe un boomerang, il Vaticano ha già dei problemi. «Allora sotto le opere scriveremo: “Che schifo!”. E daremo una scossa a chiunque ci si ferma troppo. La chiameremo Vade retro. Oppure Ecce omo». Qualcuno (be’, sempre io) propone: «O Culattoni raccomandati». «Mhm, non male». Il politico cerca di ridurlo a più miti consigli. Mai ridurre Sgarbi a più miti consigli: «Ci sono! La chiameremo FROCI! col punto esclamativo». «Ma sono foto volgari, cioè fanno schifo». «Vedi, io posso fare quella mostra perché io sono Sgarbi. Sono insospettabile di connivenza coi gay, con tutte le liti con Cecchi Paone sul matrimonio dei culi. Mi è consentito, la gente conosce il mio contegno». Di ottimo umore si butta sugli spaghetti e su una procace bruna. Cibina scuote la testa. «Non ti irrita quando fa così?». Mi sorride dolcemente. «Sai com’è lui, no? Se non tolleri certe cose non ti ci metti». Sgarbi paga per tutti (grazie): 12 persone, due biglietti da 500. All’uscita un ragazzo lo riconosce: «Io sono ignorante, ho la terza media, ma amo Caravaggio e le donne». Sgarbi si illumina: «Anch’io!». Sono le 2.30. Che si fa? Si va a dormire? Ma no, bisogna far vedere a Cibi un orecchio scolpito su un muro. «Graziano gira a destra, in via Serbelloni. È la cosa più bella di Milano. Cibina, scendi a vedere!». Cibi, distrutta, cede. «Ma tu lo sai quanto ti voglio bene, Cibi?».
Le tre di notte, rieccoci in albergo. Siamo in sei: Caterina la fan è sempre tra noi. C’è anche Graziano gli ricorda gli impegni di domani. Nota bene, lui domani è di riposo, ma una volta nell’orbita di Sgarbi fai parte dello show. Sgarbi apre la finestra dell’hotel. L’intero balcone accompagna l’interno della galleria Vittorio Emanuele. Lui prende il telefono e la percorre tutta vociando, sclerando, sbracciandosi nel silenzio surreale del salotto buono di Milano che non vedrò mai più né così vuoto, né da questa posizione. Rientra. «Ora tutti fuori, ho un articolo da scrivere per domani, devo mettermi a lavorare». Giusto. Dopo uno show così lungo, bisogna pur rilassarsi un po’. Mi stringe la mano, sorride e poi dice: «...Ma voi chi siete, che non ho mica ben capito?».
venerdì 11 aprile 2008
Se qualcosa esiste, ciò che l’ha portato ad esistere è il desiderio di esistere.
L’origine è il desiderio del desiderio, il desiderio è l’origine del desiderio.
Il nulla desidera la sua esistenza.
Il desiderio spinge al progresso.
Il progresso porta alla verità.
La verità porta al desiderio di non desiderare.
Di svanire.
Il nulla.
Il nulla desidera la sua esistenza.
Al termine del tempo, al culmine del progresso, scoperto il cuore pulsante del desiderio, c’è la verità: l’uomo arriva all’immortalità non attraverso mondi ultraterreni, ma attraverso sé e, liberato dalla paura/speranza della morte, vede il (non) volto di Dio.
Il senso della vita non è nell’esistenza / inesistenza di Dio, ma nel suo non esserne a conoscenza: l’uomo non può vivere senza una fede, ma la necessità della fede non significa la sua verità.
Oggi la nostra vita è ancora condizionata dai bisogni contingenti; la nostra vita è miserevole, animalesca, e come le vite di chi c’era prima ci appaiono selvagge e sporche, così appariranno le nostre vite a chi verrà dopo.
La vita è ingiusta perché la dimensione della vita non è l’uomo, che è solo un battito all’interno del respiro dell’universo nel pulsare del cuore del desiderio.
L’origine è il desiderio del desiderio, il desiderio è l’origine del desiderio.
Il nulla desidera la sua esistenza.
Il desiderio spinge al progresso.
Il progresso porta alla verità.
La verità porta al desiderio di non desiderare.
Di svanire.
Il nulla.
Il nulla desidera la sua esistenza.
Al termine del tempo, al culmine del progresso, scoperto il cuore pulsante del desiderio, c’è la verità: l’uomo arriva all’immortalità non attraverso mondi ultraterreni, ma attraverso sé e, liberato dalla paura/speranza della morte, vede il (non) volto di Dio.
Il senso della vita non è nell’esistenza / inesistenza di Dio, ma nel suo non esserne a conoscenza: l’uomo non può vivere senza una fede, ma la necessità della fede non significa la sua verità.
Oggi la nostra vita è ancora condizionata dai bisogni contingenti; la nostra vita è miserevole, animalesca, e come le vite di chi c’era prima ci appaiono selvagge e sporche, così appariranno le nostre vite a chi verrà dopo.
La vita è ingiusta perché la dimensione della vita non è l’uomo, che è solo un battito all’interno del respiro dell’universo nel pulsare del cuore del desiderio.
giovedì 10 aprile 2008
mercoledì 9 aprile 2008
LINDIA
L’India, oltretutto, è uno dei Paesi più violenti al mondo. E Calcutta è un luogo terrificante al di là di ogni immaginazione. La prima notte che passi lì – ovviamente in un albergo di un lusso sfacciato – senti un continuo urlio provenire dalla strada. Sono gli storpi, i lebbrosi, i poveri. Il senso di quello che gridano sotto le tue finestre è: “Non vedi che sto morendo, porca puttana?”. Non cercano di farti pena, sono aggressivi. Ovviamente non bisogna avere nessuna pietà».
Paolo VI llaggio
Paolo VI llaggio
sabato 29 marzo 2008
sabato 8 marzo 2008
il momento + bello del concerto dei baustelle
il momento + bello del concerto dei baustelle è stato circa 2 ore prima
ero in via sacchi a torino, zona stazione, come in tutte le stazioni brutte che ci sono i negri i poveri le solite cose
dall'uscita laterale di porta nuova è emerso questo uomo puramente bianconiano, avrà avuto 40 anni, i capelli sporchi la barba non fatta la giacca a vento con gli aloni bianchi tipo sputi sporco le borse di plastica un cane nero orrendo ringhiante con un po' di bava
l'idea che dava era quello di arizona junior quando goodman emerge dal fango, ma lui non era un brutto uomo
attraversa la strada, passa verso un pilone, ne emerge prima il cane, un bambino che sta attraversando a sua volta con la mamma vede il cane e si spaventa
l'uomo degli inferi gli dice: - non aver paura, non morde
e cammina, finendomi poco avanti, io sto andando nella sua medesima direzione
dieci metri e l'uomo continua a dire tra sé:
- chissà come morde quella cagna di tua madre, quella puttana bocchinara
avanza dieci metri, manifesti elettorali:
- berlusconi di merda, lega di merda
arriviamo al semaforo, incrocio corso vittorio via sacchi
ad attendere che diventi verde ci sono anche 2 ragazzine, 17 anni
il nostro eroe, che ne avrà 40, le approccia:
- ciao ragazze, buona festa per domani, siete così carine, mi raccomando divertitevi (ammicco)
- ehm grazie... (le ragazze scattano come razzi appena arriva il verde)
io sono commosso, è la catarsi del mondo, il fine della vita
come senso, come termine, come fondo scala, come fine corsa
vorrei fermarlo, chiedergli come mai
ma lo facessi tirerebbe fuori il serramanico e mi rapinerebbe
il biglietto dei baustellen lo rivenderebbe
e così lascio che sparisca, nella notte nera nerd & triste di torino
ero in via sacchi a torino, zona stazione, come in tutte le stazioni brutte che ci sono i negri i poveri le solite cose
dall'uscita laterale di porta nuova è emerso questo uomo puramente bianconiano, avrà avuto 40 anni, i capelli sporchi la barba non fatta la giacca a vento con gli aloni bianchi tipo sputi sporco le borse di plastica un cane nero orrendo ringhiante con un po' di bava
l'idea che dava era quello di arizona junior quando goodman emerge dal fango, ma lui non era un brutto uomo
attraversa la strada, passa verso un pilone, ne emerge prima il cane, un bambino che sta attraversando a sua volta con la mamma vede il cane e si spaventa
l'uomo degli inferi gli dice: - non aver paura, non morde
e cammina, finendomi poco avanti, io sto andando nella sua medesima direzione
dieci metri e l'uomo continua a dire tra sé:
- chissà come morde quella cagna di tua madre, quella puttana bocchinara
avanza dieci metri, manifesti elettorali:
- berlusconi di merda, lega di merda
arriviamo al semaforo, incrocio corso vittorio via sacchi
ad attendere che diventi verde ci sono anche 2 ragazzine, 17 anni
il nostro eroe, che ne avrà 40, le approccia:
- ciao ragazze, buona festa per domani, siete così carine, mi raccomando divertitevi (ammicco)
- ehm grazie... (le ragazze scattano come razzi appena arriva il verde)
io sono commosso, è la catarsi del mondo, il fine della vita
come senso, come termine, come fondo scala, come fine corsa
vorrei fermarlo, chiedergli come mai
ma lo facessi tirerebbe fuori il serramanico e mi rapinerebbe
il biglietto dei baustellen lo rivenderebbe
e così lascio che sparisca, nella notte nera nerd & triste di torino
giovedì 28 febbraio 2008
, baustelle, torino, venerdì prox
1. Intro
2. Antropophagus
3. Colombo
4. Charlie
5. L'aereoplano
6. I provinciali
7. Il liberismo ha i giorni contati
8. Il corvo Joe
9. Alfredo
10. Panico!
11. Dark room
12. La vita va
13. La canzone di Alain Delon
14. Sergio
15. La guerra è finita
16. Baudelaire
Poi i bis:
17. Bruci la città
18. Medley: Gomma / La canzone del riformatorio
19. La canzone del parco
20. Andarsene così
2. Antropophagus
3. Colombo
4. Charlie
5. L'aereoplano
6. I provinciali
7. Il liberismo ha i giorni contati
8. Il corvo Joe
9. Alfredo
10. Panico!
11. Dark room
12. La vita va
13. La canzone di Alain Delon
14. Sergio
15. La guerra è finita
16. Baudelaire
Poi i bis:
17. Bruci la città
18. Medley: Gomma / La canzone del riformatorio
19. La canzone del parco
20. Andarsene così
lunedì 18 febbraio 2008
domenica 3 febbraio 2008
domenica 27 gennaio 2008
giovedì 24 gennaio 2008
mercoledì 23 gennaio 2008
e posso dire la mia su fiorella mannoia
la cifra stilistica di un uomo italiano è l'essere terrone.
la cifra stilistica di una donna italiana è l'essere allo stesso troia e vergine.
il traduttore di questo impasto di sangue, pizza e furberia è ligabue: dall'elettrorock a sex and the city, il turbinio della serendipity compresso nel cervello di un telefonino, con un riff di chitarra, proprio quello che si ascolta sotto, sempre quello, come a dire, ecco è ligabue.
io posso dire la mia sugli uomini
Qualche giorno è molto meglio
qualche giorno non mi sbaglio
vedo chiaramente quel che c’è
le colline, le vetrine
la mia stanza da imbiancare
la + bella canzone di fiorella mannoia l'ha scritta enrico ruggeri, si chiamava quello che le donne non dicono.
enrico ruggeri adesso non c'è +, non ha + i capelli, non ha + gli occhiali, non è + senza pancia, paga l'affitto.
non è morto quando doveva, come avrebbe dovuto morire tardelli subito dopo il gol dell'82, o chiambretti subito dopo il divano in piazza.
la vita si trascina, e ligabue è qui a dircelo: prende la + bella canzone di ruggeri, cantata dalla + bella cantante italiana, e gliela riscrive uguale, ma peggio, e il meta fortissimo è:
edoardo, i giorni sono passati, e quelli che sono rimasti sono proiezioni di rivivere di ricordi di un passato inventato.
ma posso dire la mia sugli uomini
davanti a una tazza di latte
con una coperta di troppo
tutti dobbiamo pagare l'affitto, ruggeri in tv, ligabue lo fa scrivendo senza ritegno: la tazza di latte, una coperta di troppo, le amiche che ridono, serena dandini, le foto delle vacanze, un marocchino tenebroso, una notte a puerto escondido.
là dove c'è l'uomo, là è l'imbarazzo: questo è ciò che resterà della nostra presenza nell'universo.
Qualche giorno è proprio meglio
ogni minimo dettaglio
sento chiaramente quel che c’è
le risate, le sirene,
le sorprese di un aprile
questo cuore che va bene già com’è
e profumi e odori
le notti di maggio che diventano le sorprese d'aprile, il cielo d'irlanda che diventano le colline e profumi e odori, il caffè nero bollente che diventa una tazza di latte e una coperta di troppo: tutto il tempo sbiadisce e nella copia di ligabue svanisce.
solo una cosa, monolitica, enorme, colossale: la fica di fiorella mannoia, che passando il tempo diventa milf monumentale, come kylie minogue, + di lei, + di qualunque cosa.
la pornografia sentimentale di questa canzone che risveglia il terronico maschio ancestrale, che torna a casa sporco di carbone e possiede violentemente fiorella nella cucina anche lei sporca di carbone, questa cucina che va a carbone e fiorella che spadella cantando questa canzone e il maschio terronico italiano che la stantuffa e dice che minchia dici, che minchia di canzone canti, e gode vedendo la donna finalmente ridotta a oggetto e la donna che gode dell'essere oggetto, al tempo stesso troia e vergine nel suo essere donna d'aprile indecisa e risoluta, nuda in un maglione troppo grande di lui, il superterrone.
Le mie amiche sanno stare
dalla parte dell’amore
tanto ognuna sa comunque
quel che sa.
Io posso dire la mia sugli uomini
qualcuno l’ho conosciuto
qualcuno mi è solo sembrato
qualcuno l’ho proprio sbagliato
e qualcuno lo sbaglierò
ma posso dire la mia sugli uomini
la tazza di latte che scotta
e quella coperta di troppo
appena finisce la notte
qualcosa mi inventerò.
ecco, stiamo bene come stiamo, io con i milioni e voi coglioni, dice luciano.
chisse se la vita è venuta, è passata, e tu dai vetri, e tu che non hai capito un cazzo, ti abbiamo impiegato da unieuro e quindi hai vissuto, stasera in un pub siamo tutti scarlett o'hara, nel prendersi e nel lasciarsi la legittimità di essere parte degli esseri umani.
non è così, davvero, ma le canzoni sono accomodanti, al contrario della vita, finiscono prima.
E posso dire la mia sugli uomini
qualcuno l’ho conosciuto
qualcuno mi è solo sembrato
qualcuno l’ho proprio sbagliato
e qualcuno lo sbaglierò
ma posso dire la mia sugli uomini
davanti a una tazza di latte
con una coperta di troppo
appena finisce la notte
qualcosa mi inventerò.
sabato 19 gennaio 2008
lamento del tabaccaio
Stammi a sentire, da bambino ero un paggio.
Tu non mi credi? Ero buono e cortese.
Schiudi le orecchie, da bambino ero saggio,
credevo in Dio, amavo il mio Paese.
Guardami in faccia: ero serio e gentile.
Rispettavo le piante, i gatti. Ero vile.
Da vecchio, sarò l'onta del quartiere.
Da vecchio, tutte le voglio vedere.
Da vecchio, solo le puttane e il bere.
Perché mi guardi? Da bambino ero bravo.
Mi devi credere, ero savio e ubbidiente.
Da bambino, perdio, mi ti mangiavo
nello studio. Da bambino ero prudente.
Tu ridi, stronzo? Ero ben pettinato,
rispettavo le aiuole, i cani. Ero ordinato.
Da vecchio, sarò l'onta del quartiere.
Da vecchio, solo le puttane e il bere.
Da vecchio, darò via pure il sedere.
ennio flaiano
Tu non mi credi? Ero buono e cortese.
Schiudi le orecchie, da bambino ero saggio,
credevo in Dio, amavo il mio Paese.
Guardami in faccia: ero serio e gentile.
Rispettavo le piante, i gatti. Ero vile.
Da vecchio, sarò l'onta del quartiere.
Da vecchio, tutte le voglio vedere.
Da vecchio, solo le puttane e il bere.
Perché mi guardi? Da bambino ero bravo.
Mi devi credere, ero savio e ubbidiente.
Da bambino, perdio, mi ti mangiavo
nello studio. Da bambino ero prudente.
Tu ridi, stronzo? Ero ben pettinato,
rispettavo le aiuole, i cani. Ero ordinato.
Da vecchio, sarò l'onta del quartiere.
Da vecchio, solo le puttane e il bere.
Da vecchio, darò via pure il sedere.
ennio flaiano
mercoledì 16 gennaio 2008
mercoledì 9 gennaio 2008
C'è una sola moda, la gioventù
Le uniche cose che vale la pena vivere sono la gioventù & l’amore.
Ovviamente, se è in grado di farlo nella loro pienezza, come le onde piacciono a chi sa nuotare.
A chi non può permetterselo, l'età del triste livellamento nella vecchiaia e nella calma, può essere un sollievo.
Ovviamente, se è in grado di farlo nella loro pienezza, come le onde piacciono a chi sa nuotare.
A chi non può permetterselo, l'età del triste livellamento nella vecchiaia e nella calma, può essere un sollievo.
sabato 5 gennaio 2008
giovedì 3 gennaio 2008
La Vanguardia
Se viene da chiedersi se è arte o è un errore, allora è avanguardia.
Infatti nei musei di arte moderna le sale in allestimento sono sempre segnalate.
Infatti nei musei di arte moderna le sale in allestimento sono sempre segnalate.
mercoledì 2 gennaio 2008
Capire le donne
Tendendo verso Il livello zero di ogni conversazione, si possono riscontrare con frequenza gli stessi argomenti:
- calcio;
- commenti sui programmi televisivi;
- umorismo prefabbricato sul capire le donne.
Tralasciati per ovvie ragioni i primi due argomenti, del capire le donne già discettavano i Greci, che associavano la loro mutevolezza al prolasso dell'utero, da cui il termine isteria.
Ora, tutta questa complessità e mutevolezza delle donne, possiamo ricondurla ad un'unica frase:
- vorrei che tu esaudissi i miei desideri senza aver bisogno di dirteli.
In questa frase, si riassume il desiderio di tutti:
- meritare quello che non si vale;
- meritare più di quello che si vale.
L'incomunicabilità femminile dei propri desideri è dovuta all'impossibilità di motivarli, perché non adeguati alla propria condizione, e di spiegarli, perché spesso non li si conosce.
Sussiste infatti un trompe l'oeil della prospettiva per cui si tende ad autoconsiderarsi (e quindi valere) più di quello che si è, e al tempo stesso è nella natura umana (e dell'universo) il desiderio di espandersi oltre anche a quello che nemmeno si riesce a concepire.
Quindi la difficoltà di capire le donne altro non è che la traduzione della tensione dicotomica alla base del loro volere, un volere-oltre & un volere-aldilà, e ogni commento ulteriore è superfluo, a dimostrazione che alla base di una buona conversazione vi è l'ignoranza, e che giungere alla verità può essere complesso, ma una volta raggiunta la verità altro non è che un SI o un NO.
- calcio;
- commenti sui programmi televisivi;
- umorismo prefabbricato sul capire le donne.
Tralasciati per ovvie ragioni i primi due argomenti, del capire le donne già discettavano i Greci, che associavano la loro mutevolezza al prolasso dell'utero, da cui il termine isteria.
Ora, tutta questa complessità e mutevolezza delle donne, possiamo ricondurla ad un'unica frase:
- vorrei che tu esaudissi i miei desideri senza aver bisogno di dirteli.
In questa frase, si riassume il desiderio di tutti:
- meritare quello che non si vale;
- meritare più di quello che si vale.
L'incomunicabilità femminile dei propri desideri è dovuta all'impossibilità di motivarli, perché non adeguati alla propria condizione, e di spiegarli, perché spesso non li si conosce.
Sussiste infatti un trompe l'oeil della prospettiva per cui si tende ad autoconsiderarsi (e quindi valere) più di quello che si è, e al tempo stesso è nella natura umana (e dell'universo) il desiderio di espandersi oltre anche a quello che nemmeno si riesce a concepire.
Quindi la difficoltà di capire le donne altro non è che la traduzione della tensione dicotomica alla base del loro volere, un volere-oltre & un volere-aldilà, e ogni commento ulteriore è superfluo, a dimostrazione che alla base di una buona conversazione vi è l'ignoranza, e che giungere alla verità può essere complesso, ma una volta raggiunta la verità altro non è che un SI o un NO.
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