l'aura non c'è from JamaicaInRoma on Vimeo.
giovedì 31 gennaio 2013
mercoledì 30 gennaio 2013
martedì 29 gennaio 2013
LE PAROLE SONO IMPORTANTI
Le parole d'ordine della sfiga, le locuzioni più sudate del 2012, per iniziare al meglio il 2013:
- Ma anche no
- Sapevatelo
- Buahahaha
- Come se non ci fosse un domani
- Poser
- Fuori come un balcone
- Mai una gioia
- LOL
- Le battute di Maccio Capatonda
- Forever alone
- E poi boh
- STICAZZI usato dai non romani e scambiato per espressione di meraviglia
- Porco due
- XD
- Dire gli indie invece che gli hipster
domenica 27 gennaio 2013
sabato 26 gennaio 2013
venerdì 25 gennaio 2013
La saggezza di Lapo
Cambio spesso taglio di capelli perché amo mettermi in discussione
Lapo Elkann, in Le regole del mio stile
Lapo Elkann, in Le regole del mio stile
giovedì 24 gennaio 2013
mercoledì 23 gennaio 2013
corona preso a lisbona
chissà se quando l'hanno arrestato si è complimentato con le forze dell'ordine come fanno i capoclan scissionisti. antonio tabucchi si rivolta nella tomba. pronto l'instant book: SOSTIENE CORONA.
Sostiene Corona di averlo conosciuto in un giorno d'inverno. Una magnifica giornata d'inverno, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava. Pare che Corona stesse in metropolitana, non sapeva che fare, il direttore del carcere era in ferie, lui si trovava nell'imbarazzo di metter su la pagina culturale, perché il "Lisboa" aveva ormai una pagina culturale, e l'avevano affidata a lui. E lui, Corona, rifletteva sulla morte. Quel bel giorno d'inverno, con la brezza atlantica che accarezzava le cime degli alberi e il sole che splendeva, e con una città che scintillava, letteralmente scintillava sotto la sua finestra, e un azzurro, un azzurro mai visto, sostiene Corona, di un nitore che quasi feriva gli occhi, lui si mise a pensare alla morte. Perché? Questo a Corona è impossibile dirlo.
martedì 22 gennaio 2013
fabrizio corona, nobilissima visione
C'è un'ora, c'è un'ora precisa
che fabrizio corona sta per uscire per strada.
C'è un'ora, vero le sette e mezza del mattino,
che un migliaio di persone sta per uscire per strada.
Siamo nell'anno di grazia del 2013,
a Lisbona, a uscire per strada.
Usciamo? Ma sì, usciamo!
Usciamo: persone tutte uguali, gente-gente, occhi, nasi, bocche,
gente felice, gente infelice,
un banchiere, cassieri disoccupati,
sarti, telefoniste, venditrici,
gli uni con gli altri, gli uni addosso agli altri,
tossendo, sorridendo, aprendo i soprattutto,
passando per i bagni pubblici per prendere l'elettrico,
gente in ritardo in relazione al traghetto per Barreiro
che infine ancora là sta, fischiando stridentemente,
gente in lutto, normalmente silenziosa,
ma obbligata a parlare al vicino di fronte
sulla piattaforma veloce dell'elettrico in marcia,
gente educata al seguito di funerali,
e una madre triste che accetta due dolci per la sua bambina.
In un'ora, tutto questo: Lisbona e molto di più.
Umanità cordiale, insomma,
con tutte le conseguenze
di tutto quello che è
uscire per strada.
E io?
Io, niente.
Io, io, è chiaro...
MARIO CESARINY, Fabrizio Corona, nobilissima visione
che fabrizio corona sta per uscire per strada.
C'è un'ora, vero le sette e mezza del mattino,
che un migliaio di persone sta per uscire per strada.
Siamo nell'anno di grazia del 2013,
a Lisbona, a uscire per strada.
Usciamo? Ma sì, usciamo!
Usciamo: persone tutte uguali, gente-gente, occhi, nasi, bocche,
gente felice, gente infelice,
un banchiere, cassieri disoccupati,
sarti, telefoniste, venditrici,
gli uni con gli altri, gli uni addosso agli altri,
tossendo, sorridendo, aprendo i soprattutto,
passando per i bagni pubblici per prendere l'elettrico,
gente in ritardo in relazione al traghetto per Barreiro
che infine ancora là sta, fischiando stridentemente,
gente in lutto, normalmente silenziosa,
ma obbligata a parlare al vicino di fronte
sulla piattaforma veloce dell'elettrico in marcia,
gente educata al seguito di funerali,
e una madre triste che accetta due dolci per la sua bambina.
In un'ora, tutto questo: Lisbona e molto di più.
Umanità cordiale, insomma,
con tutte le conseguenze
di tutto quello che è
uscire per strada.
E io?
Io, niente.
Io, io, è chiaro...
MARIO CESARINY, Fabrizio Corona, nobilissima visione
Libertà e uguaglianza
Un uomo libero combatterà tutta la sua vita contro l'uguaglianza
Fabrizio Rondolino
sabato 19 gennaio 2013
UNO VALE UNO
Finalmente Grillo, dopo aver chiarito la sua piattaforma programmatica (manganello e olio di colza, scioglimento di partiti e sindacati, leggi grillissime), ha lanciato l'inno ufficiale del Movimento 5 Stelle, che, lo ricordiamo ai più disattenti, farà cartello con CasaPound, Forza Nuova e Forconi nella lista Terza Posizione. Il pezzo si intitola L'urlo della Rete - Uno che vale uno ed è stato composto l'estate scorsa da Raffaello Di Pietro e Leonardo Metalli (ex pdl e amicissimo di Minzolini). L'ideologia alla base dell'inno è il compromesso storico tra liberalismo e fascismo, e insomma c'è tutto: i santi e i navigatori (i poeti no, perché i grillini quando sentono parlare di cultura mettono mano alla pistola), italiani brava gente, il lavoro e il decoro, la tarantella, il nonno poveretto, ridateci i soldi. Ma non vogliamo guastarvi la sorpresa, ascoltatelo e basta che è bellissimo.
venerdì 18 gennaio 2013
ministri con il crowdsourcing
quando grillo sarà primo ministro per trovare il ministro dell'economia metteranno un annuncio simile, e risponderà berlusconi
giovedì 17 gennaio 2013
familismo morale
familismo morale: l'alchimia collettiva dello spirito familiare che assicura a ogni individuo i profitti simbolici corrispondenti al cumulo delle relazioni di tutti i membri del gruppo (pierre bordieu)
mercoledì 16 gennaio 2013
Cita
CITA (1931-2011)
È morta Cita,
ha avuto una gran vita:
soldi, salute, camicia hawaiana,
fama, successo e più di una banana.
Ha mantenuto la promessa americana.
Abitava, ottantenne, in un ospizio trés huppé:
una “Villa Arzilla”, ma per scimpanzè,
dove dipingeva e suonava il pianoforte
aspettando con contegno che arrivasse la morte.
E mentre passeggiava sul viale del tramonto
arrivò per lei il momento di saldare il proprio conto.
Le si accostò una lunga limousine:
“è ora, mia cara, di raggiungere Rin Tin Tin”
Francesca Genti
È morta Cita,
ha avuto una gran vita:
soldi, salute, camicia hawaiana,
fama, successo e più di una banana.
Ha mantenuto la promessa americana.
Abitava, ottantenne, in un ospizio trés huppé:
una “Villa Arzilla”, ma per scimpanzè,
dove dipingeva e suonava il pianoforte
aspettando con contegno che arrivasse la morte.
E mentre passeggiava sul viale del tramonto
arrivò per lei il momento di saldare il proprio conto.
Le si accostò una lunga limousine:
“è ora, mia cara, di raggiungere Rin Tin Tin”
Francesca Genti
martedì 15 gennaio 2013
lunedì 14 gennaio 2013
metafore
io voglio bene un po' a tutti politici (a parte enrico letta forse)
l'unica cosa che mi fa alzare in piedi sul divano con la bava alla bocca sono le frequenti, e trasversali peraltro, metafore calcistiche per figurare dinamiche politiche
pensate che bello invece se i telecronisti di calcio usassero metafore politiche per narrare le gesta dei nostri eroi
l'unica cosa che mi fa alzare in piedi sul divano con la bava alla bocca sono le frequenti, e trasversali peraltro, metafore calcistiche per figurare dinamiche politiche
- è come se l'arbitro indossasse la maglia di una squadra
- l'allenatore della coalizione
- giocare di/da/per la squadra
- hanno approvato la legge in zona cesarini
pensate che bello invece se i telecronisti di calcio usassero metafore politiche per narrare le gesta dei nostri eroi
- prima di un rigore: ecco pirlo che si appresta a firmare il decreto legge
- dopo un gran gol decisivo: stephaaan el sharaaawy. scioglie la camere e manda tutti a votare
- riguardo un giocatore che gioca male: cassano è incisivo come un intervento parlamentare di reguzzoni
- colpo di testa in elevazione: Samuel sale al colle, si ferma per un caffè col presidente poi, visto che rimane tempo, mette in rete
7x8=56 Bonito Oliva
Eh, quella è una storia divertente. Siamo andati alla solita festa romana in casa di gente mai vista prima, come al solito il delirio, e dopo poco stavamo tutti rovinati.
C’eravamo io, Matteo Keffer e Margherita buttati per terra in mezzo alla strada a bere un vino rosso che ci eravamo inculati sopra. Arriva un vecchio signore che non riusciamo a scorgere bene perché in controluce, ci chiede «7 X 8?». Noi «56», e lui «ahah, bravi, io sono Achille Bonito Oliva». Sembra assurdo, ma è così. Insomma varie follie finché Umberto Scrocca ha detto «tutti a casa di Achille». E siamo andati a casa di Achille. Lì praticamente la festa è continuata, abbiamo iniziato a bere amari, liquori, Montalcino da duecento euro l’uno come se fosse tavernello. Poi il Keffer se n’è uscito «Achille famo na pasta?», e Achille «sì!!!». E ci siamo fatti ‘sta gricia. Abbiamo fatto chiamare Nic da Achille e poi il Keffer si è messo a pisciare dal terrazzo su Via Giulia, e io l’ho chiuso fuori. Poi non mi ricordo più nulla.
Il rapporto professionale è nato che lui (Achille) mi diceva «passate giovedì prossimo al Camponeschi» (un bar in piazza Farnese) insomma ci aveva preso in simpatia, dopo poco ci ha detto che noi non avremmo dovuto mai pagare da bere in quel posto.
Pian piano ci ha presentato tutti i loro pinaisti: Cucchi, Baldo Diodato… Poi mi ha proposto di organizzare un aperitivo/vernissage lì al Camponeschi e io ho subito pensato a Flavio Solo e ad Artcock. La serata è stata un successone, una cifra di gente, anche se era tutto un po’ accroccato dentro ‘sto winebar.
La cosa più fica del Camponeschi è che fanno un Vodka Sour della madonna. Cioè Franchino, il barista, fa un Vodka Sour della madonna.
domenica 13 gennaio 2013
Pareto, Trattato di sociologia generale
Nel Trattato di sociologia generale, apparso nel 1916, Pareto mette sotto analisi l'irrazionalità del comportamento umano, trascurandone la razionalità, già trattata a fondo nei testi di economia da lui scritti. Tuttavia, contrariamente a quanto fa Veblen negli Stati Uniti, egli non opera il distacco dalla teoria economica ma ne integra le astrazioni per arrivare, attraverso lo strumento sociologico e psicologico, alla spiegazione di quelle manifestazioni del comportamento umano che l'analisi economica non è riuscita a penetrare. Pareto, insomma, vuole separare in modo concettuale le componenti razionali dell'azione dalle componenti non razionali.
Un politicante è spinto a propugnare la teoria della 'solidarietà' dal desiderio di conseguire quattrini, onori, poteri. (...) É manifesto che se il politicante dicesse 'Credete a questa teoria perché ciò mi torna conto' farebbe ridere e non persuaderebbe alcuno; egli deve dunque prendere le mosse da certi principi che possono essere accolti da chi l'ascolta. (...) Spesso chi vuol persuadere altrui principia col persuadere sé medesimo; e, anche se è mosso principalmente dal proprio tornaconto, finisce col credere di essere mosso dal desiderio del bene altrui.
Nel distinguere i fatti umani, Pareto individua un nucleo costante costituito da manifestazioni di istinti, sentimenti, interessi che egli definisce residuo, e un nucleo variabile, costituito da tentativi di giustificare razionalmente l'irrazionale: la derivazione. Su questa distinzione Pareto costruisce l'edificio della sua sociologia e arriva alla formulazione della teoria dell'equilibrio sociale. A somiglianza di quella dell'equilibrio economico, questa teoria appoggia sui fattori individuali prima accennati e sui fenomeni d'insieme, di gruppo, ai quali i fattori individuali danno vita. Quando Pareto passa al settore politico, conclude che la società ha una struttura elitaria, che le masse sono incapaci di governarsi, che le élites sono destinate ad ascendere e a decadere (teoria della circolazione delle élites).
I popoli, sostiene Pareto sulla Rivista italiana di sociologia del luglio 1900, a eccezione di brevi periodi di tempo, sono sempre guidati da un'aristocrazia, intendendo questo termine come indicativo dei più forti, energici, capaci sia nel positivo sia nel negativo. Ma per legge fisiologica le aristocrazie non reggono e perciò la storia umana é storia di una serie continua di avvicendamenti di questa aristocrazia.
Mentre una gente sale, l'altra cala. Tale è il fenomeno reale, benché spesso a noi appaia sotto altra forma. La nuova aristocrazia, che vuole cacciare l'antica o anche solo esser partecipe del potere e degli onori di questa, non esprime schiettamente tale intendimento, ma si fa capo a tutti gli oppressi, dice di voler procacciare non il bene proprio ma quello dei più: e muove all'assalto non già in nome dei diritti di una ristretta classe, bensì in quello dei diritti di quasi tutti i cittadini. S'intende che, quando ha vinto, ricaccia sotto il giogo gli alleati o al massimo fa loro qualche concessione di forma. Tale è la storia delle contese dell'aristocrazia della plebe, e dei patres a Roma; tale, e fu ben notata dai socialisti moderni, é la storia della vittoria della borghesia sull'aristocrazia di origine feudale.
Un politicante è spinto a propugnare la teoria della 'solidarietà' dal desiderio di conseguire quattrini, onori, poteri. (...) É manifesto che se il politicante dicesse 'Credete a questa teoria perché ciò mi torna conto' farebbe ridere e non persuaderebbe alcuno; egli deve dunque prendere le mosse da certi principi che possono essere accolti da chi l'ascolta. (...) Spesso chi vuol persuadere altrui principia col persuadere sé medesimo; e, anche se è mosso principalmente dal proprio tornaconto, finisce col credere di essere mosso dal desiderio del bene altrui.
Nel distinguere i fatti umani, Pareto individua un nucleo costante costituito da manifestazioni di istinti, sentimenti, interessi che egli definisce residuo, e un nucleo variabile, costituito da tentativi di giustificare razionalmente l'irrazionale: la derivazione. Su questa distinzione Pareto costruisce l'edificio della sua sociologia e arriva alla formulazione della teoria dell'equilibrio sociale. A somiglianza di quella dell'equilibrio economico, questa teoria appoggia sui fattori individuali prima accennati e sui fenomeni d'insieme, di gruppo, ai quali i fattori individuali danno vita. Quando Pareto passa al settore politico, conclude che la società ha una struttura elitaria, che le masse sono incapaci di governarsi, che le élites sono destinate ad ascendere e a decadere (teoria della circolazione delle élites).
I popoli, sostiene Pareto sulla Rivista italiana di sociologia del luglio 1900, a eccezione di brevi periodi di tempo, sono sempre guidati da un'aristocrazia, intendendo questo termine come indicativo dei più forti, energici, capaci sia nel positivo sia nel negativo. Ma per legge fisiologica le aristocrazie non reggono e perciò la storia umana é storia di una serie continua di avvicendamenti di questa aristocrazia.
Mentre una gente sale, l'altra cala. Tale è il fenomeno reale, benché spesso a noi appaia sotto altra forma. La nuova aristocrazia, che vuole cacciare l'antica o anche solo esser partecipe del potere e degli onori di questa, non esprime schiettamente tale intendimento, ma si fa capo a tutti gli oppressi, dice di voler procacciare non il bene proprio ma quello dei più: e muove all'assalto non già in nome dei diritti di una ristretta classe, bensì in quello dei diritti di quasi tutti i cittadini. S'intende che, quando ha vinto, ricaccia sotto il giogo gli alleati o al massimo fa loro qualche concessione di forma. Tale è la storia delle contese dell'aristocrazia della plebe, e dei patres a Roma; tale, e fu ben notata dai socialisti moderni, é la storia della vittoria della borghesia sull'aristocrazia di origine feudale.
sabato 12 gennaio 2013
l'iper-classe mondiale
È emersa una nuova classe: l’iper-classe mondiale. La classe dei super-ricchi e (all’estero) super-laureati da alte scuole di élite, che «non prova il bisogno di un destino collettivo»: la nazione il socialismo o qualunque altra ideologia coesiva non hanno corso fra costoro. I suoi membri si sentono individui unici, per proprio merito; non frequentano che i loro pari negli stessi spazi. Sono un pericolo pubblico.Così Jean Michel Groven la denuncia nel suo impressionante saggio «2013 l’Apocalypse Economique: l’hyper-classe mondiale à l’assaut de l’économie et de la démocratie». Oltre che economista, Groven è assistente parlamentare al Senato francese: il che apre a tristi comparazioni sul livello intellettuale dei nostri strapagati grand commis, rispetto ai loro. Groven ha una capacità di analisi filosofica da noi ormai desueta: fa risalire la mentalità di questa neo-classe di super-ricchi («les supériorisés», li chiama), il loro edonismo individualista, alla «rivoluzione culturale» del ’68, nel Maggio che in Francia indusse De Gaulle ad abbandonare. Tutti i temi politici di questa classe – «liberazione» sessuale e dei costumi – si trovavano già negli slogan sessantotteschi: «Vietato vietare», «Dopo Marx, Aprile», «Vogliamo tutto» , «Siamo realisti chiediamo l’impossibile» . E quest’altro, fatale: «La rivoluzione cessa a partire dal momento in cui bisogna sacrificarsi per lei». Oggi, quelli che pronunciavano quegli slogan in festose o violente manifestazioni. sono al timone dei poteri globali: la finanza, la politica, lo stato-finanza, Goldman Sachs, le grandi banche. E, dice Groven, la loro mentalità resta quella che può compendiarsi nella frase: «Godere senza ostacoli». Facebook e twitter sono gli strumenti esemplari del loro narcisismo; il giovanilismo, la distruzione del matrimonio della stabilità nei rapporti umani sono il risultato della loro secolarizzazione compiuta: ed hanno come contraltare la flessibilità e instabilità del lavoro (per i non-privilegiati). Gli amministratori e i banchieri che in Usa che si danno bonus colossali, i gestori di hedge funds che si arricchiscono sul debito greco, e in Italia la superclasse dei ricchi di Stato che si assegnano da sé stipendi enormi mentre impongono tasse e tagli al popolo, hanno in comune lo stesso universo mentale: la volontà di appropriarsi con ogni mezzo e subito di ciò che vogliono, senza che una morale sia lì a impedirlo – o a giudicarli.Groven chiama questo tipo umano l’«Homo Spontaneus», mosso dai suoi desideri e impulsi primari, che erige a principii del comportamento individuale. È questo tipo umano che ha ri-legittimato alla grande l’ineguaglianza in base alla ricchezza economica. Ad esso dobbiamo l’immagine negativa della popolazione come «poco produttiva», che «ha vissuto al disopra dei propri mezzi»(in Italia: «bamboccioni», giovani choosy...): immagine negativa che per giunta gran parte della popolazione fa propria. Grovewn fa l’esempio di Jacques Attali, il super-intellettuale-banchiere «secondo cui la Francia non ha altro destino che la diluizione in Europa, e la diluizione dell’Europa nella globalizzazione». Fa anche il paragone col partito socialista francese, che «si danno buona coscienza discutendo dei diritti agli immigrati e del matrimonio unisex, ma trascurano la sorte dell’80% della popolazione, i loro compatrioti»: ritratti che possiamo applicare alla perfezione al tecnico Monti, e alla galassia delle sinistre italiane, ai direttori dei giornali e media progressisti, illuminati.Groven identifica in questa iperclasse tre caratteri:• Preleva una parte sempre più eccessiva del valore aggiunto prodotto dai lavoratori, grazie al libero scambio: è a questo che serve la globalizazione e l’ideologia liberista estrema che coltivano ed impongono come verità oggettiva.• Preferisce i membri delle oligarchie degli altri Paesi mentre è indifferente al proprio popolo e alla sua sorte.• È riuscita a mantenere il suo potere in base ad una morale fatta da lei e per lei: il «politicamente corretto», come obbiettivo dividere la società in vittime e carnefici, in modo che lei, l’élite superiorizzata, si possa erigere in giudice-arbitro. Le «vittime» politicamente corrette sono note anche da noi: i rom, gli immigrati , «le donne», gli «omossesuali» , e naturalmente i poveri ebrei. I carnefici – i colpevoli designati – sono chiunque osasse obiettare a dare le case popolari agli zingari invece che ai poveri italiani (nessuno osa), chi contesta il riscaldamento globale o le paturnie ecologiste; sono carnefici i poliziotti (anche quando sono vittime di assalti, nelle banlieues in Francia, dalle tifoserie in Italia); sono delinquenti coloro che «negano l’olocausto», eccetera. Designati così i colpevoli e le vittime, l’élite interviene con leggi anti-discriminazione: crea reati come la «omofobia», il «femminicidio», le leggi che puniscono penalmente il «negazionismo», o che fanno chiudere le acciaierie con 18 mila dipendenti perché «inquinanti».Così facendo, l’élite sceglie non le forze sociali reali e i suoi veri problemi, ma quelle entità di comodo appositamente create: non le donne vere ma «Le Donne contro il Femminicidio», nemmeno gli omosessuali reali ma quelli che «vogliono il matrimonio» (sic), e naturalmente non i lavoratori flessibilizzati, ma «gli ecologisti», i no-Tav eccetera. L’élite provoca la giudiziarizzazione della società cui assistiamo, che avvelena i rapporti umani e distrae l’attenzione politica dal veri problemi: la necessità di disciplinare la finanza, la devoluzione di sovranità alle élites non elette (che sono loro), l’urgenza di fermare la macchina che concentra la ricchezza all’uno per cento con la pauperizzazione del 99.Scrive Groven: «Ciò che è terrificante in questa doxa nuova, è la sua capacità di trasporre qualunque argomento sotto l’aspetto moralizzatore con, inevitabile, l’eterna triade: vittima-colpevole -giudice». L’effetto finale è che «la nazione e le grandi ideologie collettive sono cancellate dalle micro e macro-tribù», una tribalizzazione che si esprime urbanisticamente nei ghetti: i ghetti dei miserabili (le banlieues in Francia, i centri-città degradati in Usa) e i ghetti di lusso, le città recintate, murate e con guardie armate alle porte per i ricchissimi; o i grattacieli per soli omosex a Manhattan…I caos sociale e l’anarchia non possono essere che i risultati «politici» di questo narcisismo-egotismo, del «Godere senza ostacoli» diventato legge di tutte le moltitudini, le ultra-privilegiate come le marginalizzate. Si apre lo spazio per un regime prossimo venturo che «proclamando di voler ricostituire la concordia nazionale (che avrà lui stesso rotto) imposterà le sue leggi per controllare una democrazia vacillante, fino a esigerne la soppressione». Un regime che in Italia non è prossimo venturo, ma già venuto: il governo «tecnico» nominato dal Quirinale. È singolare la convergenza degli intellettuali in Francia (dove gli intellettuali contano ancora) sull’analisi e la diagnosi della svolta sociale con Greven, che esplicitamente accusa la «morte di Dio» nel cuore degli uomini egolatrici. Per Emmanuel Todd, «Bruxelles, i mercati, le banche, le agenzie di rating americane» non sono che concetti «mistificatori», che «camuffano» la cruda realtà: «La presa del potere politico dei più ricchi su scala mondiale». Questa iper-classe «non è contro lo Stato, si batte per meglio controllarlo». I ricchi «adorano» indebitare Stati e popoli, perché devono impiegare la loro enorme liquidità, il surplus finanziario. «Uno Stato che si indebita è uno Stato che, grazie al monopolio della forza legale, permette ai ricchi di ottenere la massima sicurezza per il loro denaro»; i loro investimenti sono garantiti dalla forza pubblica, che estrae dalla popolazione produttiva gli interessi e poi li devolve ai ricchi. Per questo, da quando si è profilata la crisi e i debiti rischiano di non essere pagati, la finanza super-ricca, l’esemplare Goldman Sachs, si è impadronita direttamente dei governi e delle banche centrali. Salvare la propria rendita strizzando i popoli.Emmanuel Todd nota che questa nuova classe differisce profondamente dall’aristocrazia britannica, anche quella predatrice dell’età vittoriana: «Le classi superiori inglesi accettavano una esazione fiscale elevata sui propri redditi; ed hanno conquistato il mondo. L’oligarchia attuale» al contrario si oppone alla tassazione sui più ricchi in America; in Italia i miliardari di Stato, parassiti, si aggrappano ai posti, e ai loro tesoretti milionari, pronti a qualsiasi tradimento, a consegnare l’Italia ai «tecnici» delegati dai creditori, all’Europa della burocrazia, pur di restare incistati nel potere. È la differenza, dice Todd, fra «oligarchia, potere dei pochi, ed aristocrazia, potere dei migliori. Qui si dovrebbe parlare di plutocrazia, se il termine non rimandasse a slogan antisemiti» (sic). (L’État est au service d’une oligarchie liée aux marchés, assure Todd, le “prophète certifié”)Lo psicanalista Charles Melman parla di «economia libidinale» oggi dominante nelle mentalità, e ne mette a nudo gli esiti anti-umani: «Ci serve del partner come di un oggetto e lo si getta appena lo si valuta insufficiente». Succede nei matrimoni; ma sta per coinvolgere la società intera, e colpirà i vecchi. «La massa dei vecchi costerà cara a una generazione intera. E questa dovrà trovare il modo, sotto oneste apparenze, di risolvere il problema: ossia di gettar via colui che, dopo essere stato utile, è divenuto ‘usato’, fonte di spese senza contropartita».Da qui, Melman prevede chiaramente la deriva: oggi, l’eutanasia viene proposta come «per mettere fine a sofferenze intollerabili che la medicina non è in grado di curare»; a poco a poco, si passerà alla «eutanasia per convenienza personale senza giustificazione medica: «La vita non mi interessa più». Poi si arriverà alla pressione sociale colpevolizzatrice verso coloro che, rifiutando l’eutanasia, si ostinano a stare a carico della società in modo improduttivo, mentre potrebbero contribuire alla prosperità delle generazioni giovani ancora attive, anticipando il momento dell’eredità...». (Mort aux vieux!)È interessante che tale critica venga da intellettuali che sono laici, non confessionali. Per contro, Greven interpreta questa deriva come «il rovesciamento millenario dall’autorità di Dio al potere dell’individuo». La democrazia ne è stata solo una tappa, quando «il Popolo si è fatto Dio». Il marxismo appartenne a suo modo a quella fase, in cui il Partito poteva esigere dai militanti di sacrificare il loro oggi per il luminoso Domani. La nazione, dal canto suo, poteva chiedere ai cittadini di morire in guerra, ossia superare radicalmente il loro bene privato al bene pubblico. Ma oggi «la divinità passa dall’Umanità all’individuo», e l’individuo post-sessantottesco del «godere senza ostacoli»: un cittadino che allo Stato chiede sicurezza e benessere, ma a cui si rifiuta di sacrificare qualcosa della sua edonistica felicità del momento. Non gli si può chiedere non solo di morire in armi per la Patria, ma nemmeno di sopportare una discarica vicina, di mungere le vacche (lo facciano i Sikh), di vivere in un’azienda che fa fumi ma dà lavoro... Questo popolo ridotto alla zoologia accetterà l’eutanasia come cosa ragionevole, politicamente corretta, socialmente meritoria. Secondo certi sondaggi vantati dai radicali, persino una maggioranza di cattolici (che si dicono tali) è matura per questa via d’uscita. E il 70 per cento dei leghisti, pare, è pro-eutanasia.Il che esige di riconoscere che l’egolatria, il credere Dio il proprio «io» transitorio e insignificante, l’imperativo «Godere senza ostacoli», infetta non solo l’1% per cento che se lo può permettere, ma anche il 99 per cento sottostante. Anche questo celebra l’instabilità del matrimonio, alla ricerca di una «felicità» sempre cambiante, che invece si traduce in sofferenza e miseria (divorzio è bello solo se si è ricchi); e poi si lagna dell’instabilità del posto di lavoro, senza voler capire che è la stessa cosa. Alla donna che ti abbandona perché «vuole vivere la propria vita» corrisponde il femminicida che l’ammazza: entrambi sono mossi dai loro impulsi primari, cui loro obbediscono come sola «regola di vita». Per molti versi l’assassino della ex fidanzata o compagna somiglia al pescecane di Wall Street: per entrambi gli altri sono solo oggetti, strumenti per il proprio io. Gli uni colgono l’attimo in grandi scommesse speculative, l’altro nell’eliminare quella che «mi fa soffrire», che «sconferma il mio io», senza pensare al dopo.È impossibile proporre un progetto a masse e ad élites soggette all’economia libidinale, nessuno sacrifica il più piccolo «oggi» al domani. L’effetto è che la società si atomizza in antagonismi («donne» contro «femminicidi», gay contro omofobi), e diventa invivibile per tutti. Perché tutti , tesi alla pretesa liberazione individuale, sono schiavi di quello che l’amico Enrico Galoppini chiama «il satana interiore». L’io illusorio che ci distoglie, tentandoci, dalla vera liberazione.Che cosa è infatti l’io che tutti i moderni credono di avere, per così dire, «di diritto»? Una parodia dell’anima immortale. L’io autentico è semplice; l’io illusorio è composto, è sostenuto («fatto») della tua posizione sociale, del lavoro che hai, della compagna, della carta di credito.I superiorizzati possono illudersi di avere un «io» perché appunto posizione e conto in banca sono più grossi; ma la loro sicurezza poggia su basi non meno fragili della moltitudine sottostante, a cui è stato detto che è «libera» e deve sempre più «liberarsi».Sono come – al livello più basso – i graffitari che riempiono ormai tutti i muri delle città italiane; non già disegnatori da strada, né artisti in qualche modo, ma semplici «sigle». La loro natura, se ci si fa l’occhio, è agghiacciante: sentono il bisogno irrefrenabile di imporsi agli altri, indifferenti, siglando le loro iniziali con lo spray in ogni spazio murario esterno: ma cosa dicono? Nulla. Non hanno nulla da dire, ma lo dicono continuamente, miserevole psittacismo sub-umano. Sono larve spettrali, animule incomplete, informi come feti spirituali, che incessantemente pigolano «io, io, io»: esisto, io. esisto.... Invece non esistono, e per quello ce lo ripetono incessantemente.È il pigolio dei piani bassi, sub-personali, dell’inferno cui corrisponde ai vertici la plutocrazia irresponsabile e nichilista. Perché anche l’inferno «ha molte dimore», e già di qua l’obbedienza al «satana interiore» che è l’io configura l’inferno nell’aldiquà.Urgerebbe una pedagogia severa, che stroncasse il narcisismo, e togliesse le illusioni di avere un «io» a chi non ne ha diritto, perché ha scelto l’informe e l’istinto immediato. È come diceva sardonico Gurdjeff: voi occidentali non avete un’anima; l’anima, dovete fabbricarvela.Come diceva il fondatore dell’Opus Dei, le crisi moderne sono crisi di santi. I santi, come nota l’amico Enrico, sono quelli che «per definizione hanno sconfitto il loro satana interiore».Se ci tolgono posizione sociale, bella macchina, bella moglie, conto in banca, tutto questo, cosa rimane del vostro, del mio io? «Uno straniero con il quale siamo sempre vissuti senza volerlo conoscere realmente», risponde il buddhista tibetano Sogyal Rimpoche: «Non è per questo che occupiamo tutto il tempo in mezzo al rumore e in attività continue, allo scopo di non rimanere mai soli in silenzio con quello straniero?».Questo stare in silenzio con lo straniero è la preghiera; vederlo in faccia, alla luce di Dio, riconoscerne la radicale insufficienza il peccato. I santi sono degli specialisti in questo supremo atto di coraggio che è la preghiera. San Francesco non meditava altro, da ultimo: «chi sei Tu...e chi sono io!».Sarebbe necessario che la massa, la quale non ha possibilità di accaparrarsi le ricchezze del mondo, non seguisse il credo folle dei signori plutocrati. I santi sono liberi e liberatori, a seguirli. E da cosa si sono liberati? Dal proprio io. Precisamente quello che curiamo, tesaurizziamo, adoriamo; che vogliamo far «godere senza ostacoli», a cui risparmiamo le prove; e che cerchiamo di far prevalere sugli altri io con tutti i mezzi, facendo della nostra vita e dell’altrui un inferno pericoloso. Si è liberi quando si è gettato questo io. «Non sono più “io” che vivo, ma Dio vive in me», come ha potuto dire con verità san Paolo.Per salvarci al punto in cui siamo, occorreranno molti santi. Probabilmente molti martiri.
Maurizio Blondet
Maurizio Blondet
venerdì 11 gennaio 2013
e se morissimo berlusconiani?
Utilizzando tutti i mezzi della commedia all'italiana, epigono di Totò in chiave meneghina, dalla ripetizione iterativa di luoghi comici ("le scuole serali") alle gag fisiche (lo spolverio della sedia su cui si era seduto Travaglio), Berlusconi ha stravinto anche lui 4-0, con la differenza che di fronte al rischio di affossare un'altra volta e forse per sempre l'Italia, gli italiani questa volta si sono divertiti come non gli capitava da tempo.
Berlusconi è ormai completamente trasformato nel nonno piazzista che "ne combina di ogni" (Nicole Minetti dixit), lascerà figli e nipoti sul lastrico carichi di debiti, ma in fondo tutto gli sarà sempre perdonato.
In fondo chi non vorrebbe il reality con lui 24h al giorno, Berlusconi che va in Senato, poi passa in Mediaset, fa il motivatore ai commerciali in Publitalia, la sera cena con la pasta tricolore, la danza delle sgallettate, lui che ne sceglie una, e mentre l'accompagna nello scannatoio chiude la porta alla telecamera "eh però qui ci lasciate un po' di intimità" e fa l'occhiolino.
Anche questa volta c'è un clamoroso errore a sinistra, nella persona di Santoro che è stato battuto proprio in casa; tornano in mente i diktat di Grillo, da buon fascista molto più pragmatico (a proposito, auguri per il matrimonio con Casa Pound!), che saggiamente invita a non confrontarsi con avversari televisivamente più forti.
No, non moriremo berlusconiani, il buon senso alla fine prevarrà: ma un pezzettino di noi, come dice Michele Serra, conserverà con simpatia il ricordo di quel miliardario senza scrupoli ganassa e fottitore sempre pronto a farci ridere, ridere ancora.
martedì 8 gennaio 2013
Il Decalogo (tutto quello che penso su tutto)
Bella regash, era da un po' che non scrivevo più qui perché stavo male e non avevo niente da dire; adesso sto male uguale però ho delle cose da dire, quindi le dico tutte subito così ci togliamo il pensiero e posso stare zitto di nuovo. Stavolta niente ironia, solo tanta amarezza: questi non sono calembour, sono schiaffi in faccia alla vita mediocre e puttana! Sono serissimo e soprattutto lucidissimo. Ecco il Decalogo, cioè tutto quello che penso su tutto:
1) Le ragazze belle fuori sono anche belle dentro; almeno a me non è mai capitato di conoscere una ragazza molto bella che fosse anche molto stupida. E ovviamente quelle brutte fuori sono brutte anche dentro, perché il rifiuto sociale le incattivisce.
2) Oggi come oggi senza una laurea in filosofia non vai da nessuna parte.
3) Per inquadrare qualcuno è molto più utile scorrere dieci minuti il suo profilo su facebook che parlare con lui un'intera giornata. La comunicazione dal vivo è inquinata da tutta una serie di fattori (la gestualità, gli sguardi, l'ansia da prestazione) mentre una nuda sequenza di foto, frasi e preferenze è esatta e non equivocabile.
4) La mediocrità di una persona è direttamente proporzionale alla grandezza delle sue ambizioni.
5) Chi si veste bene parla bene, pensa bene e vive bene. Il modo in cui ti presenti esteriormente mi dice moltissimo su chi sei, cosa pensi, come vivi. La forma è sostanza, e i vestiti che indossi sono importanti almeno quanto le parole che usi.
6) Anche copiare è un atto creativo, perché nella scelta di un modello piuttosto che di un altro si intravede comunque una visione del mondo.
7) Ogni successo si basa su un fraintendimento. Se piaci a moltissime persone è inevitabile che la maggior parte di loro abbia visto in te, o nella tua immagine, o nel tuo prodotto, qualcosa di diverso da quello che tu intendevi (sempre che tu intendessi qualcosa). Molto più probabilmente ci avrà visto qualcosa di sé.
8) Quelli che fanno la festa di laurea e/o di nozze sono pazzi, come gli americani che fanno i buffet ai funerali.
9) La maggioranza ha quasi sempre torto, e le poche volte che ha ragione è per il motivo sbagliato.
10) La coerenza tra il dire e il fare non mi interessa. Quello che conta davvero non è ciò che uno fa ma ciò che uno dice, o meglio ciò che uno pensa. Poi puo' anche capitare di non essere all'altezza delle proprie idee.
se qualcosa esiste (la morte non esiste più)
Se qualcosa esiste, ciò che l’ha portato ad esistere è il desiderio di esistere.
L’origine è il desiderio del desiderio, il desiderio è l’origine del desiderio.
Il nulla desidera la sua esistenza.
Il desiderio spinge al progresso.
Il progresso porta alla verità.
La verità porta al desiderio di non desiderare.
Di svanire.
Il nulla.
Il nulla desidera la sua esistenza.
Al termine del tempo, al culmine del progresso, scoperto il cuore pulsante del desiderio, c’è la verità: l’uomo arriva all’immortalità non attraverso mondi ultraterreni, ma attraverso sé e, liberato dalla paura/speranza della morte, vede il (non) volto di Dio.
Il senso della vita non è nell’esistenza / inesistenza di Dio, ma nel suo non esserne a conoscenza: l’uomo non può vivere senza una fede, ma la necessità della fede non significa la sua verità.
Oggi la nostra vita è ancora condizionata dai bisogni contingenti; la nostra vita è miserevole, animalesca, e come le vite di chi c’era prima ci appaiono selvagge e sporche, così appariranno le nostre vite a chi verrà dopo.
La vita è ingiusta perché la dimensione della vita non è l’uomo, che è solo un battito all’interno del respiro dell’universo nel pulsare del cuore del desiderio.
lunedì 7 gennaio 2013
domenica 6 gennaio 2013
hogangnam style
Come di consueto passavo da montenapoleone per recarmi in studio e ho fatto la rituale fotografia della fila. Tutto ok per la foto davanti a hogan ho deciso quindi di proseguire il tragitto fino all'angolo con matteotti per fotografare anche la coda di abercrombie (e un vezzo che mi concedo solo quando sono di buon umore e con condizioni meteo favorevoli). Senonche si sono levate vigorose urla di protesta degli unni in coda "alloraaaa, cazzo fotografiiii, cazzo faiii oooh". Ho continuato a fotografare, sicuro che nessuno avrebbe perso il posto in fila per venirmi a menare. Poi via con passo veloce
l'orizzonte
Galeano che chiese a Fernando Birri, padre del cinema argentino, “ma perché l’orizzonte è lontano 10 Km e ogni volta che mi avvicino si allontana altri 20 e poi altri 30 Km?” Fernando gli rispose “Perché l’orizzonte serve proprio a questo, a camminare”.
sabato 5 gennaio 2013
articoli 2012 meritevoli di
Germs Are Us
http://www.newyorker.com/
... The ‘Busy’ Trap
http://
If You Were The Next Steve Jobs
http://blogs.hbr.org/haque/
Norway Did the Right Thing by Giving Breivik 21-Year Sentence
http://www.thedailybeast.com/
Do We Have the Courage to Stop This?
http://www.nytimes.com/2012/
I’m Still Someplace
http://
Is Adaptive Learning The Future Of Education?
http://betakit.com/2012/05/19/
Nudge nudge, think think
http://www.economist.com/node/
Obama's Secret Weapon In The South: Small, Dead, But Still Kickin'
http://www.npr.org/blogs/
How to Live Without Irony
http://
Dustin Hoffman: facing down my demons
http://www.guardian.co.uk/
Starting from scratch
http://www.economist.com/node/
Apropos Appropriation
http://www.nytimes.com/2012/
Let's Say You're The First Human Ever To Make Alien Contact
http://i.imgur.com/SaV26.png
Occupy Wall Street: what is to be done next?
http://www.guardian.co.uk/
The Chameleon
http://www.newyorker.com/
The Cocktail Creationist
http://nymag.com/nymetro/news/
Before Air-Conditioning
http://www.newyorker.com/
A STEP-BY-STEP GUIDE TO BUILDING A TINY FUCKING SHIP INSIDE A TINY FUCKING BOTTLE.
http://www.mcsweeneys.net/
Researchers propose putting a price on whales
http://
venerdì 4 gennaio 2013
Si viaggia per restare provinciali
Si viaggia per restare provinciali, per giustificarla.
Quando si tende all'elevazione culturale senza disporre di mezzi strutturali si cerca di farsi un'idea su tutto, ovviamente sbagliando. da ciò il paradosso dei danni di venire a contatto con l'alt(r)o: per la maggior parte sarebbe meglio restare poveri, puri e ignari di tutto.
giovedì 3 gennaio 2013
mercoledì 2 gennaio 2013
i professori
tra gli altri poi ci sono la prof di musica che mangiava fazzoletti agli incontri con i genitori, la prof culona di ed fisica pedofila, il prof di disegno geometrico che ci faceva progettare la nostra tomba, e quello vetraio tiratore pluripremiato al poligono di tiro che ama la lega nord (e le studentesse minorenni), una professoressa di latino e italiano del primo anno di liceo che cercava di farci pregare in cerchio e che sosteneva il creazionismo ed era iscritta a cl, - un professore di musica delle medie che una volta compagni di classe giurano trovarono a tirarsi coca sul banco durante la ricreazione, un professore di matematica supplente di metà primo anno liceo scientifico che spese buona parte delle sue lezioni a parlarci di basket (la sua passione giovanile), l'insegnante di inglese 27enne in seconda superiore che soffriva di depressione e si bombava di psicofarmaci e in gita scolastica svarionò di brutto, dopo tutta una serie di stranezze come parlare da sola o con i piccioni, cercò in tutti i modi di convincere me e le altre ragazze a mollare tutti e andarcene in giro (di notte) a cercare la droga e quando noi ci rifiutammo mostrando una maturità che poi negli anni perdemmo miseramente, buttò giù una confezione intera di pillole e svenne nella piazzola dell'albergo.
martedì 1 gennaio 2013
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