mercoledì 3 ottobre 2012

Grom: tutti i segreti e i difetti del finto gelato artigianale preparato con metodi industriali. Il problema degli additivi


“Grom: il gelato industriale che diventa artigianale”. Era il titolo di un articolo pubblicato due mesi fa su Il fatto alimentare che ha creato un certo rumore. Il quesito era abbastanza semplice: come ha fatto un'industria con centinaia di dipendenti a diventare la rappresentante del gelato artigianale italiano nel mondo? Qual è il segreto? Il marketing? La pubblicità? Forse tutto ciò, affiancato dalla mancanza di una definizione precisa su cosa si intende per gelato artigianale, e dalla scarsa capacità delle associazioni di categoria di contrapporsi ad un'azienda molto abile nella comunicazione.

Ma questi sono discorsi teorici. A dispetto di ogni logica il gelato di Grom è vissuto nell’immaginario dei consumatori come un vero cono artigianale anche se non è vero. Lo sostengono anche i due manager che gestiscono l’azienda piemontese che parlano sempre di “gelato come una volta”, senza altre precisazioni.

A questo punto bisogna spiegare perché il cono di Grom non è un prodotto artigianale e neppure un di eccellenza come molti pensano.

- La caratteristica principale del cono artigianale è di essere preparato fresco ogni giorno nel laboratorio annesso al punto vendita. Il gelato di Grom viene elaborato in un centro unico di produzione a Mappano di Caselle (TO) in Piemonte, ed è pensato per essere consumato dopo diversi giorni di stoccaggio. La miscela viene infatti pastorizzata, poi congelata e trasferita nei punti vendita, per essere mantecata prima di finire nel pozzetto del banco frigorifero. Il processo industriale è perfetto ma i diversi passaggi ne compromettono inevitabilmente la struttura.

Per semplificare possiamo paragonare il cono artigianale ad un piatto di spaghetti preparati al momento al ristorante, mentre quello di Grom a un piatto di spaghetti (confezionato con materie prime eccellenti e venduto ad un prezzo elevato) ottenuto riscaldando un precotto surgelato.

- Grom dichiara di non usare additivi per differenziarsi dalle gelaterie artigianali, ma si tratta di un modo per farsi pubblicità, sfruttando la scarsa conoscenza della gente e l'emotività dei consumatori che quando si parla di additivi entrano in fibrillazione. In realtà il gelato di Grom contiene l’E410, un additivo conosciuto con il nome di farina di semi di carrube. Si tratta di una sostanza necessaria per addensare, utilizzata anche nelle gelaterie artigianali insieme ad altri come carragenine o farina di semi di guar, derivati da piante o arbusti.

In commercio si trova anche gelato senza addensanti, il caso tipico è quello di Haagen-Dazs che per compensare l’assenza e rendere il prodotto morbido, utilizza una quantità esagerata di grassi (circa 25%) per cui alla fine il gelato ha quasi la consistenza di un panetto di burro.

Nei gusti alla crema di Grom non ci sono i mono e digliceridi degli acidi grassi alimentari, ovvero gli emulsionanti, additivi presenti in tutti i prodotti alimentari industriali per amalgamare la materia grassa (contenuta nella panna, nel latte e nel burro...) con l’acqua degli altri ingredienti. È vero che una volta non si usavano questi additivi ma tra gli ingredienti della miscela c'erano sempre le uova, che svolgevano la stessa funzione attraverso le lecitine presenti nel tuorlo.
Secondo alcuni la necessità di uniformare la produzione nei punti vendita sparsi nel mondo, rende inutile la presenza di emulsionanti perché non cambierebbe la struttura del gelato, che si presenta comunque rugoso e dall'aspetto poco invitante. L'abilità dell'azienda è stata quella di presentare in chiave marketing l’assenza di questi additivi come testimonianza di un modo di lavorare artigianale di altri tempi.

Secondo altri l'assenza di emulsionanti è una scelta sbagliata perché nella miscela si formano più facilmente cristalli di ghiaccio e il gelato alla fine risulta duro e poco spatolabile sulla cialda, con un esito deludente. Da qui deriva probabilmente la scelta di non utilizzare nel banco frigorifero le vaschette ma il pozzetto, che evoca il gelato di una volta. In realtà questi contenitori diventano un atto dovuto per nascondere i difetti estetici di un prodotto “ricongelato” privo di morbidezza come invece si percepisce nel cono artigianale di giornata.

La scelta di non usare emulsionanti comporta un super lavoro da parte degli addetti al banco. Prima di spatolare il gelato sulla cialda, bisogna ammorbidire la miscela eccessivamente compatta, facendo una seconda mantecatura manuale. Il giochino porta via tempo e nell'orario di punta si forma sempre la coda fuori dai negozi. Certo si tratta di un elemento negativo che però viene interpretato dai clienti come un fattore necessario per poter mangiare il mitico cono firmato Grom.

Oggi molte gelaterie artigianali per accontentare i clienti desiderosi di consumare prodotti senza additivi hanno ridotto la quantità di addensanti o li hanno sostituiti con altri ingredienti che li contengono come fa Stefino a Bologna utilizzando l'amido di kuzu. Per quanto riguarda gli emulsionanti la sostituzione è più difficile, c'è chi usa latte in polvere arricchito con proteine; il sistema funziona ma per mantecare la miscela occorre un micronizzatore che permette di ottenere un gelato mantenendo la morbidezza e l’aspetto vellutato.

La conclusione è forse scontata ma non banale. Grom è un ottimo esempio di imprenditoria italiana nel mondo, ma la qualità del cono non è un modello di eccellenza e non regge il confronto con le tante gelaterie artigianali ormai presenti in molte località. Qualche mese fa in un'intervista a Radio 24 sostenevo che se fossimo a scuola Grom meriterebbe un voto di poco superiore al 7, altre gelaterie sarebbero sotto, ma come in tutte le classi c’è pure un gruppo di allievi che arriverebbero tranquillamente a 9. Io frequento queste gelaterie.

Roberto La Pira

La risposta di Grom

Egregio dott. La Pira,
Ho letto con molta attenzione il suo articolo in merito alla nostra attività di produttori di gelato. Non scendo nel merito delle sue opinioni personali circa la qualità del gelato – opinioni che rispetto -, ma desidero fare alcune precisazioni a beneficio dei vostri lettori.
A differenza di quanto lei afferma, il processo che prevede la produzione della miscela nel nostro laboratorio centralizzato di Mappano e la successiva mantecazione in gelateria, non compromette assolutamente la struttura del gelato. Non è questa la sede per specificare tutti i fattori che in realtà vanno a definire tale struttura, ma desidero invitarla fin da ora a visitare una nostra gelateria, in modo che lei stesso possa correggere quanto ha scritto.
Trovo del tutto fuori luogo il paragone con il piatto di spaghetti 

precotti e la prego di considerare che la sequenza di produzione della miscela liquida, relativa conservazione a temperatura controllata e successiva mantecazione è comune ad ogni gelateria italiana.

A differenza di quanto lei scrive, inoltre, Grom non dichiara di non usare additivi in generale, ma afferma chiaramente di non utilizzare additivi chimici: la farina di semi di carrube è infatti ottenuta grazie alla macinazione dei semi – appunto - contenuti nelle stesse carrube: un processo meccanico che si differenzia nettamente dai processi ben più aggressivi con i quali normalmente si producono gli additivi comunemente utilizzati nel gelato, come le carragenine o la gomma di guar, che lei stesso cita.
Il desiderio di non utilizzare 

emulsionanti è, inoltre, legato alla volontà di produrre un gelato che sia il più naturale possibile. E l’assenza di emulsionanti non ha alcuna relazione con la formazione di cristalli di ghiaccio, ma incide solo sulla quantità di aria incorporata nel gelato durante il processo di mantecazione.

La scelta dell’utilizzo del banco con il pozzetto è, desidero specificarlo, di natura tecnica: in questo modo il freddo viene trasmesso al gelato grazie al liquido contenuto nello stesso bancone e non grazie alla ventilazione di aria, come avviene nel caso dei gelati contenuti in vetrina. Il primo è un modo più “delicato e gentile” di ottenere la temperatura di -12° alla quale normalmente il gelato viene servito.

Sarà un piacere per me, in occasione della sua eventuale visita in gelateria, fare insieme a lei una degustazione “cieca”,confrontando il gelato di Grom con quello delle sue gelaterie preferite. Sarà certamente un’occasione per imparare e per migliorare ulteriormente la qualità del nostro prodotto. In attesa di incontrarla in uno dei nostri negozi, la ringrazio per avermi concesso questo spazio e ringrazio i lettori per l’attenzione.

Guido Martinetti


1 commento:

Anonimo ha detto...

stefino a bologna fa delle granite di cristo.

sempre se "di cristo" si possa considerare un aggettivo positivo superlativo. forse no, insomma ci siam capiti.

Posta un commento