domenica 9 aprile 2006

Il paese dei balocchi, il salone del mobile

Il figlio homersexuale dei vicini di casa passava le giornate sul balcone a vedere chi passava, attaccava musica è di eros ramazzotti a palla e a nastro, ed armonia errava per la via Comentina.
Arrivati i 19, preso il diploma, prese la strada per Milano a vivere in pace la sua homersexuality, e da allora non s’è visto più: fuggire la provincia, sfuggire il controllo, creare discontinuità.
L’universo effettivamente è fatto ad cazzum canis, cioè o si è fatto da solo o chi l’ha fatto era la prima volta che ne faceva uno: se no non si spiegherebbero un milione di errori di progettazione, come adorare in amore quello che serve per pisciare, che sarebbe come andare al salone del mobile a presentare una tazza del cesso che funge anche da barbecue per cucinare; Filippo mi viene sempre in mente quando c’è il salone del mobile, che gli homersexuali uno non se li immagina che fanno i contabili, ora me lo immagino alle prese con i pacs e con le adozioni, sempre in rincorsa di quello che x altri è naturale, del resto anke il dalai lama dice che essere homersexuale non è normale.
Componente della gioia è la velocità, della felicità la durata: rimandare il primo bacio o il primo figlio perchè, ed essere amati un po’ non è come esserlo sempre, per cui decisamente varrebbe livefastlovehardieyoung, e poi tutto quello che viene dopo i 30 dovrebbe essere garbage time, però il sistema ha creato questo sistema della discontinuità, per cui le cose vanno male e sempre peggio, ma attraverso cambi di stagione, passaggi di età, di livello, di gestione, traslochi di case, incontri di nuovi amori via via più sbiaditi, ecco spremere gli ultimi fuochi per tirare inopinatamente avanti, come diceva toto cotugno figli della povera gente con la speranza di un futuro migliore, come fabio volo che perde i capelli ma continua a fare il bakkaglione, che poi quando sarà ridotto come Lorenzo scoles o Giuseppe cederna in televisione non ce lo faranno manco più entrare.
E in questo posto al sole che tarda ad arrivare ed è anzi sempre più irrangiungibile tipo poster da impiegato sul muro dello stanzino ci sono tutte le guerre, tutti tutti i litigi per l’eredità, tutti i conti in banca, tutti i pozzi di petrolio e le invasioni del Kuwait, tutte le religioni , la maxima discontinuità di addirittura un’altra vita, tutte le elezioni e tutti gli spostamenti di percentuale sul cuneo fiscale, tutti gli hobby, per poter dire “io non sono solo questo, io non sono solo l’impiegato, il deejay che alla radio ti legge le notizie bufe, io scrivo poesie, io amo e cresco figli per il riscatto, io costruisco bombe e morirò santo e nel mondo eterno sarò beato come Enrico Comentina, e come lui avrò una via su cui si affacceranno i sognatori”, ma, come dice Ligabue che è uno che ne sa, sia nella canzone sulle donne sia in radiofreccia, ecc. ecc.
La provincia fa paura perché lì tutto è chiaro, le grandi domande tipo “chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo” in provincia hanno una risposta, la provincia ti toglie il respiro perché puoi dire call, puoi dire fold, ma le carte sono scoperte, zunino ti tira su milano santa giulia ma rimane sempre e solo il figlio di zunino, invece viaggiando potrai trascinare te stesso verso fallimenti sempre diversi, di cui nessuno ti chiederà conto, eccetto tu, quando finirà la discontinuità dei traslochi, dei passaggi di livello, dei cambi di azienda, degli scatti di anzianità, che poi basta guardarti, basta vedere come tieni la giacca, come stringi una maniglia apri una porta o ordini un caffè, quanto sei capace di parlare o di non parlare, ed è chiaro in ogni istante quanto sfigato sei, ovunque, e allora fuggire la provincia è appunto solo fuggire da te, che credi che altrove non si accorgano di quanto sfigato sei, e allora è proprio come dice Ligabue, che sia con radiofreccia o con la canzone sulle donne sia senza, sia in emilia sia altrove, è uno che avrebbe bombato comunque parecchio, perché non è teorizzare chi è figo è figo ovunque, chi è sfigato è sfigato ovunque che ti rende figo o sfigato, perché ovviamente ognuno ha un concetto di sfigato da cui automaticamente tende a ritenersi escluso, e invece no, le cose sono sempre come sono subito, se ci arrivi dopo hai perso tempo, tipo sigmund freud che diceva che il 90% del comportamento umano è volto a, e quindi anche lui lo diceva per, ma ormai era un vecio, quindi no gioia no felicità, mentre il Ferro a 16 anni nello spogliatoio prima di Liceo Classico Vittorio Alfieri – Istituto Giobert per geometri e ragionieri te lo sapeva già spiegare che non c’è da fidarsi di chi non scopa mai, e infatti, non c’è bisogno di andare a Vienna, non c’è bisogno di essere Immanuel Kant, per sapere che.

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