Solo l'essere amati, solo l'essere voluti conta: non l'amare, non il volere.
Tiziano Scarpa
venerdì 23 gennaio 2004
giovedì 22 gennaio 2004
I giardini del Salera
Come Recanati, grazie a Leopardi, ha l'ermo colle, e Pantigliate, grazie a Labranca, ha il Trony, ora anche Asti, grazie a Davide Cavagnero, ha il suo luogo letterario: i giardini del Salera.
Si intitola infatti così il racconto del nostro, uscito nel volume Gli Intemperanti edito da Meridiano Zero, e di cui ha parlato ieri la trasmissione di Radio 2 Dispenser.
A margine, per chi non fosse di Asti, andare al Salera vuol dire andare a giocare a calcio. Il racconto peraltro non parla di calcio, né di hotel (i giardini del titolo sono quelli antistanti l'hotel Salera, tempio di gastronomia&hotelleria anni '70, dove la borghesia astigiana festeggiava il matrimonio dei suoi figli con la contemplazione della cascata di prosciutto crudo).
Si intitola infatti così il racconto del nostro, uscito nel volume Gli Intemperanti edito da Meridiano Zero, e di cui ha parlato ieri la trasmissione di Radio 2 Dispenser.
A margine, per chi non fosse di Asti, andare al Salera vuol dire andare a giocare a calcio. Il racconto peraltro non parla di calcio, né di hotel (i giardini del titolo sono quelli antistanti l'hotel Salera, tempio di gastronomia&hotelleria anni '70, dove la borghesia astigiana festeggiava il matrimonio dei suoi figli con la contemplazione della cascata di prosciutto crudo).
lunedì 19 gennaio 2004
Linguaforza
Quando avevo 18 anni mi capitava di incontrare nelle discoteche della mia zona un coetaneo soprannominato J., gi� all'epoca caratterizzato da una fedina penale sporca, che precocemente palesava l'ingegno e la rozzezza propri dell'uomo di malaffare nella pratica che definiva "lingua a forza".
"Lingua a forza" consisteva nell'iniziare una conversazione con una ragazza e, dopo 1-2 minuti non di pi�, provare a metterle la lingua in bocca, sperando che ci stesse.
Come in molti comportamenti primitivi derivati dall'istinto, anche "lingua a forza", a volerla analizzare oggi con mezzi scientifici, sfruttando magari le vette del pensiero occidentale da Pareto in poi, dimostrava una conoscenza della realt� umana non banale: basandosi sul presupposto che se una donna ci deve stare ci sta, ne estremizzava le conseguenze e ottimizzava i tempi dei convenevoli, in una sorta di just-in-time del corteggiamento.
Se una donna ci deve stare ci sta (e se non ci vuole stare non vi sar� assedio che la far� cadere e, se anche cadesse, che umiliazione prendere qualcuno per fame): adattando l'aurea regola paretiana che funziona sempre, ponendo 100 la durata di un corteggiamento medio, l'80% delle donne ci star� nel primo 20% del periodo di corteggiamento.
Se vogliamo pertanto ipotizzare la fine della seconda uscita come il 20% del periodo di corteggiamento, sar� giusto ipotizzare che l'80% delle tipe, se ci vorranno stare, ci saranno state.
Dopo la seconda uscita la tipa potrebbe essere del 20% che ci sta solo dopo, ma anche, pi� probabilmente (forza dei numeri!) dell'80% che con voi non ci star�
"Lingua a forza" consisteva nell'iniziare una conversazione con una ragazza e, dopo 1-2 minuti non di pi�, provare a metterle la lingua in bocca, sperando che ci stesse.
Come in molti comportamenti primitivi derivati dall'istinto, anche "lingua a forza", a volerla analizzare oggi con mezzi scientifici, sfruttando magari le vette del pensiero occidentale da Pareto in poi, dimostrava una conoscenza della realt� umana non banale: basandosi sul presupposto che se una donna ci deve stare ci sta, ne estremizzava le conseguenze e ottimizzava i tempi dei convenevoli, in una sorta di just-in-time del corteggiamento.
Se una donna ci deve stare ci sta (e se non ci vuole stare non vi sar� assedio che la far� cadere e, se anche cadesse, che umiliazione prendere qualcuno per fame): adattando l'aurea regola paretiana che funziona sempre, ponendo 100 la durata di un corteggiamento medio, l'80% delle donne ci star� nel primo 20% del periodo di corteggiamento.
Se vogliamo pertanto ipotizzare la fine della seconda uscita come il 20% del periodo di corteggiamento, sar� giusto ipotizzare che l'80% delle tipe, se ci vorranno stare, ci saranno state.
Dopo la seconda uscita la tipa potrebbe essere del 20% che ci sta solo dopo, ma anche, pi� probabilmente (forza dei numeri!) dell'80% che con voi non ci star�
venerdì 16 gennaio 2004
Gangster Story
Dopo aver visto ieri sera C'era una volta in America, ho deciso di scrivere anch'io una gangster story.
Chicago, 1929.
Il vicolo è squallido, sul retro di un bar: i vetri della finestrata sono luridi, e opachi, volutamente opachi, a rispettare la privacy degli uomini eleganti che in quella stanza stanno parlando...
- ...il poliziotto lo solleva da terra, crivellato di colpi, gli chiede, "chi ti ha sparato?" e quello "...nessuno".
Tutti iniziano a ridere, fragorosamente.
- Beh, ora basta ridere.
Tutti smettono di ridere. Cruddle smette per ultimo, e tutti lo osservano.
- Questo mese è stato un buon mese. Qui c'è quello che vi spetta, più un regalo mio personale.
Dopo aver preso la busta, si salutano con un cenno ed escono dalla stanza.
- Hai notato che Duddle da un po' di tempo esce sempre per primo?
- Come avesse paura di rimanere qui un secondo di più.
- Come ci avesse venduti a Puddle.
- Vuoi che ci pensi io?
- Sì.
Muddle esce dalla stanza, è in strada. Si avvicina a un telefono, alza il ricevitore:
- Mi ha chiesto di far fuori Duddle.
- Lo so. E cosa vuoi fare?
-Tappiamo la bocca a Suddle, prima che Buddle sappia.
Muddle esce dalla cabina, si guarda intorno. Si allontana. Si volta pi� volte. Quando ormai non può più vederlo, appare Tuddle, che entra nella cabina, alza il ricevitore:
- E' Muddle.
- Suddle?
- Si, Suddle.
- Se arriva a Suddle, Nuddle scatenerà l'inferno.
- Vuoi che lo faccia fuori?
- Sì, non abbiamo scelta.
Ruddle posa il ricevitore. Nella stanza ci sono Guddle e Wuddle.
- Era Tuddle. L'ho messo sulla pista di Muddle.
- E cosa vuoi in cambio?
- Che mi liberiate di Huddle, poi io saprò come sdebitarmi.
Guddle e Wuddle escono dalla stanza.
- Lascia perdere Huddle, adesso � Ruddle che ci interessa. Fallo fuori.
Si sentono degli spari. Un uomo scappa, ne si intravede solo l'ombra.
Luddle, solleva il corpo da terra, è Cruddle:
- Chi ti ha sparato?
- ...nessuno.
Chicago, 1929.
Il vicolo è squallido, sul retro di un bar: i vetri della finestrata sono luridi, e opachi, volutamente opachi, a rispettare la privacy degli uomini eleganti che in quella stanza stanno parlando...
- ...il poliziotto lo solleva da terra, crivellato di colpi, gli chiede, "chi ti ha sparato?" e quello "...nessuno".
Tutti iniziano a ridere, fragorosamente.
- Beh, ora basta ridere.
Tutti smettono di ridere. Cruddle smette per ultimo, e tutti lo osservano.
- Questo mese è stato un buon mese. Qui c'è quello che vi spetta, più un regalo mio personale.
Dopo aver preso la busta, si salutano con un cenno ed escono dalla stanza.
- Hai notato che Duddle da un po' di tempo esce sempre per primo?
- Come avesse paura di rimanere qui un secondo di più.
- Come ci avesse venduti a Puddle.
- Vuoi che ci pensi io?
- Sì.
Muddle esce dalla stanza, è in strada. Si avvicina a un telefono, alza il ricevitore:
- Mi ha chiesto di far fuori Duddle.
- Lo so. E cosa vuoi fare?
-Tappiamo la bocca a Suddle, prima che Buddle sappia.
Muddle esce dalla cabina, si guarda intorno. Si allontana. Si volta pi� volte. Quando ormai non può più vederlo, appare Tuddle, che entra nella cabina, alza il ricevitore:
- E' Muddle.
- Suddle?
- Si, Suddle.
- Se arriva a Suddle, Nuddle scatenerà l'inferno.
- Vuoi che lo faccia fuori?
- Sì, non abbiamo scelta.
Ruddle posa il ricevitore. Nella stanza ci sono Guddle e Wuddle.
- Era Tuddle. L'ho messo sulla pista di Muddle.
- E cosa vuoi in cambio?
- Che mi liberiate di Huddle, poi io saprò come sdebitarmi.
Guddle e Wuddle escono dalla stanza.
- Lascia perdere Huddle, adesso � Ruddle che ci interessa. Fallo fuori.
Si sentono degli spari. Un uomo scappa, ne si intravede solo l'ombra.
Luddle, solleva il corpo da terra, è Cruddle:
- Chi ti ha sparato?
- ...nessuno.
Deboscio Pulp
Un racconto pulp del Deboscio: Bambola.
Bel-lis-si-mo.
Altro che i Cannibali che scrivono i libri col pap� psicologo cos� gli fanno pubblicit� allo studio.
Bel-lis-si-mo.
Altro che i Cannibali che scrivono i libri col pap� psicologo cos� gli fanno pubblicit� allo studio.
giovedì 15 gennaio 2004
La Tabaccheria
76 anni fa oggi, Fernando Pessoa scriveva La Tabaccheria.
La Tabaccheria
Non sono niente.
Non sarò mai niente.
Non posso voler essere niente.
A parte questo, ho dentro me tutti i sogni del mondo.
Finestre della mia stanza,
Della stanza di uno dei milioni al mondo che nessuno sa chi è
(E se sapessero chi è, cosa saprebbero?),
Vi affacciate sul mistero di una via costantemente attraversata da gente,
Su di una via inaccessibile a tutti i pensieri,
Reale, impossibilmente reale, certa, sconosciutamente certa,
Con il mistero delle cose sotto alle pietre e agli esseri,
Con la morte che porta umidità nelle pareti e capelli bianchi negli uomini,
Con il Destino che guida il carretto di tutto sulla strada di niente.
Oggi sono vinto, come se sapessi la verità.
Oggi sono lucido, come se stessi per morire,
E non avessi altra fratellanza con le cose
Che un commiato, e questa casa e questo lato della via diventassero
La fila di vagoni di un treno, e una partenza fischiata
Da dentro la mia testa,
E una scossa dei miei nervi e uno scricchiolio di ossa nell'allontanamento.
Oggi sono perplesso, come chi ha pensato e creduto e dimenticato.
Oggi sono diviso tra la lealtà che devo
Alla Tabaccheria dall'altra parte della strada, come cosa reale dal di fuori,
E alla sensazione che tutto è sogno, come cosa reale dal di dentro.
Sono fallito in tutto.
Ma visto che non avevo nessun proposito, forse tutto è stato niente.
Dall'insegnamento che mi hanno impartito,
Sono sceso attraverso la finestra sul retro della casa.
Sono andato in campagna pieno di grandi propositi.
Ma là ho incontrato solo erba e alberi,
E quando c' era, la gente era uguale all'altra.
Mi scosto dalla finestra, siedo su una poltrona. A che devo pensare?
Che so di cosa sarò, io che non so cosa sono?
Essere quel che penso? Ma penso di essere tante cose!
E in tanti pensano di essere la stessa cosa che non possono essercene così tanti!
Genio? In questo momento
Centomila cervelli si concepiscono in sogno geni come me,
E la storia non ne rivelerà, chissà? , nemmeno uno,
Non ci sarà altro che letame di tante conquiste future.
No, non credo in me.
In tutti i manicomi ci sono pazzi deliranti con tante certezze!
lo, che non possiedo nessuna certezza, sono più sano o meno sano?
No, neppure in me...
In quante mansarde e non-mansarde del mondo
Non staranno sognando a quest'ora geni-per-se-stessi?
Quante aspirazioni alte, nobili e lucide -,
S�, veramente alte, nobili e lucide -,
E forse realizzabili,
Non verranno mai alla luce del sole reale nè troveranno ascolto?
Il mondo è di chi nasce per conquistarlo
E non di chi sogna di poterlo conquistare, anche se ha ragione.
Ho sognato di più di quanto Napoleone abbia realizzato.
Ho stretto al petto ipotetico più umanità di Cristo.
Ho creato in segreto filosofie che nessun Kant ha scritto.
Ma sono, e forse sarò sempre, quello della mansarda,
Anche se non ci abito;
Sarò sempre quello che non è nato per questo;
Sarò sempre soltanto quello che possedeva delle qualità;
Sarò sempre quello che ha atteso che gli aprissero la porta davanti a una parete senza porta,
E ha cantato la canzone dell'Infinito in un pollaio,
E sentito la voce di Dio in un pozzo chiuso.
Credere in me? No, nè in niente.
Che la Natura sparga sulla mia testa scottante
Il suo sole, la sua pioggia, il vento che trova i miei capelli,
E il resto venga pure se verrà o dovrà venire, altrimenti non venga.
Schiavi cardiaci delle stelle,
Abbiamo conquistato tutto il mondo prima di levarci da letto;
Ma ci siamo svegliati ed esso è opaco,
Ci siamo alzati ed esso è estraneo,
Siamo usciti di casa ed esso è la terra intera,
Più il sistema solare, la Via Lattea e l'Indefinito.
(Mangia cioccolatini, piccina; Mangia cioccolatini !
Guarda che non c'è al mondo altra metafisica che i cioccolatini.
Guarda che tutte le religioni non insegnano altro che la pasticceria.
Mangia, bambina sporca, mangia!
Potessi io mangiare cioccolatini con la stessa concretezza con cui li mangi tu!
Ma io penso e, togliendo la carta argentata, che poi è di stagnola,
Butto tutto per terra, come ho buttato la vita.
Ma almeno rimane dell'amarezza di ciò che mai sarà
La calligrafia rapida di questi versi,
Portico crollato sull'Impossibile.
Ma almeno consacro a me stesso un disprezzo privo di lacrime,
Nobile almeno nell'ampio gesto con cui scaravento
I panni sporchi che io sono, senza lista, nel corso delle cose,
E resto in casa senza camicia.
(Tu, che consoli, che non esisti e perciò consoli,
Dea greca, concepita come una statua viva,
O patrizia romana, impossibilmente nobile e nefasta,
O principessa di trovatori, gentilissima e colorita,
O marchesa del Settecento, scollata e distante,
O celebre cocotte dell'epoca dei nostri padri,
O non so che di moderno - non capisco bene cosa -,
Tutto questo, qualsiasi cosa tu sia, se può ispirare che ispiri!
Il mio cuore è un secchio svuotato.
Come quelli che invocano spiriti invocano spiriti invoco
Me stesso ma non trovo niente.
Mi avvicino alla finestra e vedo la strada con assoluta nitidezza.
Vedo le botteghe, vedo i marciapiedi, vedo le vetture passare,
Vedo gli enti vivi vestiti che s'incrociano,
Vedo i cani che anche loro esistono,
E tutto questo mi pesa come una condanna all'esilio,
E tutto questo è straniero, come ogni cosa.
Ho vissuto, studiato, amato, e persino creduto,
E oggi non c'è mendicante che io non invidi solo perchè non è me.
Di ciascuno guardo i cenci e le piaghe e la menzogna,
E penso: magari non ho mai vissuto, nè studiato, nè amato, nè creduto
(Perchè si può creare la realtà di tutto questo senza fare nulla di tutto questo);
Magari sei solo esistito, come una lucertola cui tagliano la coda
E che è irrequietamente coda al di qua della lucertola.
Ho fatto di me ciò che non ho saputo,
E ciò che avrei potuto fare di me non l'ho fatto.
Il domino che ho indossato era sbagliato.
Mi hanno riconosciuto subito per quello che non ero e non ho smentito, e mi sono perso.
Quando ho voluto togliermi la maschera,
Era incollata alla faccia.
Quando l'ho tolta e mi sono guardato allo specchio,
Ero già invecchiato.
Ero ubriaco, non sapevo più indossare il domino che non mi ero tolto.
Ho gettato la maschera e dormito nel guardaroba
Come un cane tollerato dai gestori
Perchè inoffensivo
E scrivo questa storia per dimostrare di essere sublime.
Essenza musicale dei miei versi inutili,
Magari potessi incontrarmi come una cosa fatta da me,
E non stessi sempre di fronte alla Tabaccheria qui di fronte,
Calpestando la coscienza di stare esistendo,
Come un tappeto in cui un ubriaco inciampa
O uno stoino rubato dagli zingari che non valeva niente.
Ma il Padrone della Tabaccheria s'è affacciato all'entrata ed è rimasto sulla porta.
Lo guardo con il fastidio della testa piegata in malo modo
E con il fastidio dell' anima che distingue male.
Lui morirà ed io morirò.
Lui lascerà l'insegna, io lascerò dei versi.
A un certo momento morirà anche l'insegna, e anche i versi.
Dopo un po' morirà la strada dov'era stata l'insegna,
E la lingua in cui erano stati scritti i versi.
Morirà poi il pianeta ruotante in cui è avvenuto tutto questo.
In altri satelliti di altri sistemi qualcosa di simile alla gente
Continuerà a fare cose simili a versi vivendo sotto cose simili a insegne,
Sempre una cosa di fronte all'altra,
Sempre una cosa inutile quanto l'altra,
Sempre l'impossibile, stupido come il reale,
Sempre il mistero del profondo certo come il sonno del mistero della superficie,
Sempre questo o sempre qualche altra cosa o nè l'uno nè l'altra.
Ma un uomo è entrato nella Tabaccheria (per comprare tabacco?),
E la realtà plausibile improvvisamente mi crolla addosso.
Mi rialzo energico, convinto, umano,
Con l'intenzione di scrivere questi versi per dire il contrario.
Accendo una sigaretta mentre penso di scriverli
E assaporo nella sigaretta la liberazione da ogni pensiero.
Seguo il fumo come se avesse una propria rotta,
E mi godo, in un momento sensitivo e competente
La liberazione da tutte le speculazioni
E la consapevolezza che la metafisica è una conseguenza dell'essere indisposti.
Poi mi allungo sulla sedia
E continuo a fumare.
Finche il Destino me lo concederà, continuerò a fumare.
(Se sposassi la figlia della mia lavandaia
Magari sarei felice.)
Considerato questo, mi alzo dalla sedia.
Vado alla finestra.
L'uomo è uscito dalla Tabaccheria (infilando il resto nella tasca dei pantaloni?).
Ah, lo conosco: è Esteves senza metafisica.
(Il Padrone della Tabaccheria s'è affacciato all'entrata.)
Come per un istinto divino Esteves s'è voltato e mi ha visto.
Mi ha salutato con un cenno, gli ho gridato Arrivederci Esteves! , e l'universo
Mi si è ricostruito senza ideale ne speranza, e il Padrone della Tabaccheria ha sorriso.
La Tabaccheria
Non sono niente.
Non sarò mai niente.
Non posso voler essere niente.
A parte questo, ho dentro me tutti i sogni del mondo.
Finestre della mia stanza,
Della stanza di uno dei milioni al mondo che nessuno sa chi è
(E se sapessero chi è, cosa saprebbero?),
Vi affacciate sul mistero di una via costantemente attraversata da gente,
Su di una via inaccessibile a tutti i pensieri,
Reale, impossibilmente reale, certa, sconosciutamente certa,
Con il mistero delle cose sotto alle pietre e agli esseri,
Con la morte che porta umidità nelle pareti e capelli bianchi negli uomini,
Con il Destino che guida il carretto di tutto sulla strada di niente.
Oggi sono vinto, come se sapessi la verità.
Oggi sono lucido, come se stessi per morire,
E non avessi altra fratellanza con le cose
Che un commiato, e questa casa e questo lato della via diventassero
La fila di vagoni di un treno, e una partenza fischiata
Da dentro la mia testa,
E una scossa dei miei nervi e uno scricchiolio di ossa nell'allontanamento.
Oggi sono perplesso, come chi ha pensato e creduto e dimenticato.
Oggi sono diviso tra la lealtà che devo
Alla Tabaccheria dall'altra parte della strada, come cosa reale dal di fuori,
E alla sensazione che tutto è sogno, come cosa reale dal di dentro.
Sono fallito in tutto.
Ma visto che non avevo nessun proposito, forse tutto è stato niente.
Dall'insegnamento che mi hanno impartito,
Sono sceso attraverso la finestra sul retro della casa.
Sono andato in campagna pieno di grandi propositi.
Ma là ho incontrato solo erba e alberi,
E quando c' era, la gente era uguale all'altra.
Mi scosto dalla finestra, siedo su una poltrona. A che devo pensare?
Che so di cosa sarò, io che non so cosa sono?
Essere quel che penso? Ma penso di essere tante cose!
E in tanti pensano di essere la stessa cosa che non possono essercene così tanti!
Genio? In questo momento
Centomila cervelli si concepiscono in sogno geni come me,
E la storia non ne rivelerà, chissà? , nemmeno uno,
Non ci sarà altro che letame di tante conquiste future.
No, non credo in me.
In tutti i manicomi ci sono pazzi deliranti con tante certezze!
lo, che non possiedo nessuna certezza, sono più sano o meno sano?
No, neppure in me...
In quante mansarde e non-mansarde del mondo
Non staranno sognando a quest'ora geni-per-se-stessi?
Quante aspirazioni alte, nobili e lucide -,
S�, veramente alte, nobili e lucide -,
E forse realizzabili,
Non verranno mai alla luce del sole reale nè troveranno ascolto?
Il mondo è di chi nasce per conquistarlo
E non di chi sogna di poterlo conquistare, anche se ha ragione.
Ho sognato di più di quanto Napoleone abbia realizzato.
Ho stretto al petto ipotetico più umanità di Cristo.
Ho creato in segreto filosofie che nessun Kant ha scritto.
Ma sono, e forse sarò sempre, quello della mansarda,
Anche se non ci abito;
Sarò sempre quello che non è nato per questo;
Sarò sempre soltanto quello che possedeva delle qualità;
Sarò sempre quello che ha atteso che gli aprissero la porta davanti a una parete senza porta,
E ha cantato la canzone dell'Infinito in un pollaio,
E sentito la voce di Dio in un pozzo chiuso.
Credere in me? No, nè in niente.
Che la Natura sparga sulla mia testa scottante
Il suo sole, la sua pioggia, il vento che trova i miei capelli,
E il resto venga pure se verrà o dovrà venire, altrimenti non venga.
Schiavi cardiaci delle stelle,
Abbiamo conquistato tutto il mondo prima di levarci da letto;
Ma ci siamo svegliati ed esso è opaco,
Ci siamo alzati ed esso è estraneo,
Siamo usciti di casa ed esso è la terra intera,
Più il sistema solare, la Via Lattea e l'Indefinito.
(Mangia cioccolatini, piccina; Mangia cioccolatini !
Guarda che non c'è al mondo altra metafisica che i cioccolatini.
Guarda che tutte le religioni non insegnano altro che la pasticceria.
Mangia, bambina sporca, mangia!
Potessi io mangiare cioccolatini con la stessa concretezza con cui li mangi tu!
Ma io penso e, togliendo la carta argentata, che poi è di stagnola,
Butto tutto per terra, come ho buttato la vita.
Ma almeno rimane dell'amarezza di ciò che mai sarà
La calligrafia rapida di questi versi,
Portico crollato sull'Impossibile.
Ma almeno consacro a me stesso un disprezzo privo di lacrime,
Nobile almeno nell'ampio gesto con cui scaravento
I panni sporchi che io sono, senza lista, nel corso delle cose,
E resto in casa senza camicia.
(Tu, che consoli, che non esisti e perciò consoli,
Dea greca, concepita come una statua viva,
O patrizia romana, impossibilmente nobile e nefasta,
O principessa di trovatori, gentilissima e colorita,
O marchesa del Settecento, scollata e distante,
O celebre cocotte dell'epoca dei nostri padri,
O non so che di moderno - non capisco bene cosa -,
Tutto questo, qualsiasi cosa tu sia, se può ispirare che ispiri!
Il mio cuore è un secchio svuotato.
Come quelli che invocano spiriti invocano spiriti invoco
Me stesso ma non trovo niente.
Mi avvicino alla finestra e vedo la strada con assoluta nitidezza.
Vedo le botteghe, vedo i marciapiedi, vedo le vetture passare,
Vedo gli enti vivi vestiti che s'incrociano,
Vedo i cani che anche loro esistono,
E tutto questo mi pesa come una condanna all'esilio,
E tutto questo è straniero, come ogni cosa.
Ho vissuto, studiato, amato, e persino creduto,
E oggi non c'è mendicante che io non invidi solo perchè non è me.
Di ciascuno guardo i cenci e le piaghe e la menzogna,
E penso: magari non ho mai vissuto, nè studiato, nè amato, nè creduto
(Perchè si può creare la realtà di tutto questo senza fare nulla di tutto questo);
Magari sei solo esistito, come una lucertola cui tagliano la coda
E che è irrequietamente coda al di qua della lucertola.
Ho fatto di me ciò che non ho saputo,
E ciò che avrei potuto fare di me non l'ho fatto.
Il domino che ho indossato era sbagliato.
Mi hanno riconosciuto subito per quello che non ero e non ho smentito, e mi sono perso.
Quando ho voluto togliermi la maschera,
Era incollata alla faccia.
Quando l'ho tolta e mi sono guardato allo specchio,
Ero già invecchiato.
Ero ubriaco, non sapevo più indossare il domino che non mi ero tolto.
Ho gettato la maschera e dormito nel guardaroba
Come un cane tollerato dai gestori
Perchè inoffensivo
E scrivo questa storia per dimostrare di essere sublime.
Essenza musicale dei miei versi inutili,
Magari potessi incontrarmi come una cosa fatta da me,
E non stessi sempre di fronte alla Tabaccheria qui di fronte,
Calpestando la coscienza di stare esistendo,
Come un tappeto in cui un ubriaco inciampa
O uno stoino rubato dagli zingari che non valeva niente.
Ma il Padrone della Tabaccheria s'è affacciato all'entrata ed è rimasto sulla porta.
Lo guardo con il fastidio della testa piegata in malo modo
E con il fastidio dell' anima che distingue male.
Lui morirà ed io morirò.
Lui lascerà l'insegna, io lascerò dei versi.
A un certo momento morirà anche l'insegna, e anche i versi.
Dopo un po' morirà la strada dov'era stata l'insegna,
E la lingua in cui erano stati scritti i versi.
Morirà poi il pianeta ruotante in cui è avvenuto tutto questo.
In altri satelliti di altri sistemi qualcosa di simile alla gente
Continuerà a fare cose simili a versi vivendo sotto cose simili a insegne,
Sempre una cosa di fronte all'altra,
Sempre una cosa inutile quanto l'altra,
Sempre l'impossibile, stupido come il reale,
Sempre il mistero del profondo certo come il sonno del mistero della superficie,
Sempre questo o sempre qualche altra cosa o nè l'uno nè l'altra.
Ma un uomo è entrato nella Tabaccheria (per comprare tabacco?),
E la realtà plausibile improvvisamente mi crolla addosso.
Mi rialzo energico, convinto, umano,
Con l'intenzione di scrivere questi versi per dire il contrario.
Accendo una sigaretta mentre penso di scriverli
E assaporo nella sigaretta la liberazione da ogni pensiero.
Seguo il fumo come se avesse una propria rotta,
E mi godo, in un momento sensitivo e competente
La liberazione da tutte le speculazioni
E la consapevolezza che la metafisica è una conseguenza dell'essere indisposti.
Poi mi allungo sulla sedia
E continuo a fumare.
Finche il Destino me lo concederà, continuerò a fumare.
(Se sposassi la figlia della mia lavandaia
Magari sarei felice.)
Considerato questo, mi alzo dalla sedia.
Vado alla finestra.
L'uomo è uscito dalla Tabaccheria (infilando il resto nella tasca dei pantaloni?).
Ah, lo conosco: è Esteves senza metafisica.
(Il Padrone della Tabaccheria s'è affacciato all'entrata.)
Come per un istinto divino Esteves s'è voltato e mi ha visto.
Mi ha salutato con un cenno, gli ho gridato Arrivederci Esteves! , e l'universo
Mi si è ricostruito senza ideale ne speranza, e il Padrone della Tabaccheria ha sorriso.
martedì 13 gennaio 2004
lunedì 12 gennaio 2004
Sulla modernità della forma e del contenuto nell'opera d'arte
La matrice per valutare il valore dei sonetti basata sui criteri forma/contenuto che improvvidamente Robin Williams professore dell'Attimo Fuggente faceva strappare, in realtà può costituire un ottimo strumento per comprendere l'Arte Moderna.
La maggior parte della musica, per esempio, è moderna solo dal punto di vista della forma, per gli strumenti che usa, non certo dal punto di vista del contenuto, visto che si basa ancora sulla melodia. L'unico esempio di musica moderna dal punto di vista del contenuto che mi viene in mente è Michael Nyman (e prima Glass), che con le loro cellule melodiche iterative hanno creato una nuova modalità di musica, riconducibile alla modularità tipica del software, dei mobili o delle case.
Peraltro Nyman ha una musica moderna dal punto di vista del contenuto, mentre la forma (strumentazione orchestrale), non lo è; pertanto l'unico vero esempio di modernità in ambito musicale che mi sovviene è Rodrigo Leao, che per contenuti si avvicina a Nyman, e per gli strumenti è più moderno.
Nel cinema, Matrix è un chiaro esempio di forma moderna e contenuti non moderni: la frammentazione dei videoclip e la multidimensionalità di un film come The Pillow Book sono reali espressioni di ciò che può essere considerato moderno oggi, utilizzando forme innovative in contenuti (le microstorie modulari che caratterizzano già la musica moderna e caratterizzano la nostra epoca di parcellizzazione e specializzazione del lavoro) altrettanto innovativi.
L'unica forma d'arte dove si constata una totale inadeguatezza allla contemporaneità è la letteratura, moderna nè per forma nè per contenuto.
C'è da notare che nella parte legata alla forma vi è una componente legata al progresso tecnico della forma espressiva, che inevitabilmente data l'espressione artistica.
Nella musica l'introduzione del sax o della chitarra elettrica rende moderni i pezzi che se ne servono, e come sono attuali per i contemporanei, sono datati per i posteri.
Lo stesso si può dire per i film muti e per quelli in bianco nero: la componente tecnica condiziona in parte la forma, la contemporaneizza e pertanto la rende inadatta all'eternità che dovrebbe essere propria dell'opera d'arte.
Il fatto che la letteratura non si sia mai modernizzata dal punto di vista tecnico, la rende eterna, e pertanto possiamo comparare Omero a Eco, mentre dal punto di vista dell'esperienza estetica Griffith non è paragonabile a Fellini, e Fellini non è già più paragonabile ai Wachowski, ma i Wachowski non saranno già paragonabili tra poco tempo (si può forse configurare una legge di Moore per le espressioni artistiche legate alle nuove tecnologie?)
La maggior parte della musica, per esempio, è moderna solo dal punto di vista della forma, per gli strumenti che usa, non certo dal punto di vista del contenuto, visto che si basa ancora sulla melodia. L'unico esempio di musica moderna dal punto di vista del contenuto che mi viene in mente è Michael Nyman (e prima Glass), che con le loro cellule melodiche iterative hanno creato una nuova modalità di musica, riconducibile alla modularità tipica del software, dei mobili o delle case.
Peraltro Nyman ha una musica moderna dal punto di vista del contenuto, mentre la forma (strumentazione orchestrale), non lo è; pertanto l'unico vero esempio di modernità in ambito musicale che mi sovviene è Rodrigo Leao, che per contenuti si avvicina a Nyman, e per gli strumenti è più moderno.
Nel cinema, Matrix è un chiaro esempio di forma moderna e contenuti non moderni: la frammentazione dei videoclip e la multidimensionalità di un film come The Pillow Book sono reali espressioni di ciò che può essere considerato moderno oggi, utilizzando forme innovative in contenuti (le microstorie modulari che caratterizzano già la musica moderna e caratterizzano la nostra epoca di parcellizzazione e specializzazione del lavoro) altrettanto innovativi.
L'unica forma d'arte dove si constata una totale inadeguatezza allla contemporaneità è la letteratura, moderna nè per forma nè per contenuto.
C'è da notare che nella parte legata alla forma vi è una componente legata al progresso tecnico della forma espressiva, che inevitabilmente data l'espressione artistica.
Nella musica l'introduzione del sax o della chitarra elettrica rende moderni i pezzi che se ne servono, e come sono attuali per i contemporanei, sono datati per i posteri.
Lo stesso si può dire per i film muti e per quelli in bianco nero: la componente tecnica condiziona in parte la forma, la contemporaneizza e pertanto la rende inadatta all'eternità che dovrebbe essere propria dell'opera d'arte.
Il fatto che la letteratura non si sia mai modernizzata dal punto di vista tecnico, la rende eterna, e pertanto possiamo comparare Omero a Eco, mentre dal punto di vista dell'esperienza estetica Griffith non è paragonabile a Fellini, e Fellini non è già più paragonabile ai Wachowski, ma i Wachowski non saranno già paragonabili tra poco tempo (si può forse configurare una legge di Moore per le espressioni artistiche legate alle nuove tecnologie?)
lunedì 5 gennaio 2004
Vedendo Anni Nov9nta questa sera su Rete4, ho constatato che:
- il processo di festerizzazione di Max Pezzali pu� dirsi concluso;
- la natura piatta dei televisori al plasma costituisce un insormontabile vincolo allo spiegamento dei pensieri in tutta la loro profondit�; cose di Labranca che avevo gi� letto, ridotte per la lettura dello speaker televisivo risultano appunto ridotte.
- il processo di festerizzazione di Max Pezzali pu� dirsi concluso;
- la natura piatta dei televisori al plasma costituisce un insormontabile vincolo allo spiegamento dei pensieri in tutta la loro profondit�; cose di Labranca che avevo gi� letto, ridotte per la lettura dello speaker televisivo risultano appunto ridotte.
sabato 3 gennaio 2004
Credo nell'esistenza di mondi superiori al nostro e di abitanti di questi mondi, in esistenze di diversi gradi di spiritualit�, che diventano sottili fino a giungere a un Ente Supremo, che presumibilmente ha creato questo mondo. Pu� darsi che vi siano altri Enti, ugualmente supremi, creatori di altri universi, e che questi universi coesistano con il nostro, interpenetrandosi o meno (...) Date queste scale di esseri, non credo nella comunicazione diretta con Dio, ma, secondo la nostra perfezione spirituale, possiamo comunicare con esseri sempre pi� elevati
Fernando Pessoa
Fernando Pessoa
Pessoa bibliotecario a Cascais
Pessoa, prematuramente invecchiato, a poco pi� di quarant'anni, per l'abuso di alcol, sempre pi� preoccupato per il suo incerto futuro economico e per la necessit� di mettere ordine tra le sue carte e preparare l'edizione di un'opera vastissima, ancora in fase di progetto o di bozzetto, sente l'impellente necessit� di trovare un lavoro che sia retribuito decentemente e permetta una vita meno strapazzata della sua...
O S�culo del 1 settembre 1932 pubblica l'annuncio di un concorso per il posto di conservatore-bibliotecario del Museo-Biblioteca Conte de Castro Guimar�es, situato in un bel palazzo di Cascais.
Il giorno 16 Pessoa consegna alla segretaria di quell'istituzione una domanda corredata da vari documenti che ne accreditano i titoli presentati per il concorso, tra cui i suoi quattro quaderni �in verso inglese�, di cui fa dono alla biblioteca.
La sua domanda viene respinta.
O S�culo del 1 settembre 1932 pubblica l'annuncio di un concorso per il posto di conservatore-bibliotecario del Museo-Biblioteca Conte de Castro Guimar�es, situato in un bel palazzo di Cascais.
Il giorno 16 Pessoa consegna alla segretaria di quell'istituzione una domanda corredata da vari documenti che ne accreditano i titoli presentati per il concorso, tra cui i suoi quattro quaderni �in verso inglese�, di cui fa dono alla biblioteca.
La sua domanda viene respinta.
Portogallo remix 2004
Bom dia boa tarde Vento Deficit 3% Euro 2004 Sporting-Benfica scandalo pedofilia Rochemback Porto omelette Samba Rio de Janeiro pioggia obliqua Tisiano Ferro tuorli d'uova con lo zucchero Benfica-Sporting Praia scandalo pedofilia Eros Ramazoti uova in camicia scandalo pedofilia bom ano novo adeus
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