Quando sono stato occupante di un centro sociale si è subito creata una profonda cesura tra come immaginavo un centro sociale e come l'ho trovato in realtà. La mia idea era di calore, lo immaginavo come un posto pieno di umanità, accogliente, qualcosa tipo "people under the law of love" e invece c'era sempre moltissima durezza e aggressività. Ogni riunione si trasformava in un dibattito dai toni violenti in cui tutti erano contro tutti: gli anarchici contro i comunisti, i comunisti contro i comunisti, gli anarchici individualisti contro gli anarchici "socialisti". Un inferno. E poi una cosa che non capivo era perché voler essere sciatti a tutti i costi, come se la sciatteria, la sporcizia, fosse sintomo di ribellione anti borghese. La mia idea era invece di creare un posto bello, accogliente, dimostrare amore e cura verso quel luogo che era nostro, mi sembrava importante. Un'altra cosa che mi colpiva negativamente è che c'era sempre molta freddezza nei confronti dei nuovi visitatori, come se si volessero snobbare o peggio considerare degli intrusi, il che per un centro sociale è il massimo del minimo. Comunque, io ci andavo tutti i giorni ma sempre più spesso, tornando a casa, mi chiedevo: perché ci vai? Doveva essere una cosa bella, avrei dovuto respirare un senso di comunità e invece ne uscivo sempre carico di tensione e angoscia.
Un ricordo: stavo cercando di organizzare una piccola biblioteca sociale e avevo pensato di dedicarla a Pasolini, quindi appesi fuori dalla porta un piccolo cartello con il suo nome. Passa uno e fa: "Minchia, togli quel cazzo di cartello, Pasolini era un poliziotto di merda amico dei poliziotti di merda". Trauma.
Altro ricordo: tra gli occupanti c'era una ragazza che si chiamava Serena. Ecco, lei rispondeva esattamente al mio ideale di sinistra. Dolce, disponibile con gli altri, sorridente, piena di amore, di gioia di vivere ma anche ironica, non smielata, non fricchettona in maniera deleteria. Un giorno in una situazione di tensione, lei cercò di intervenire per placare gli animi. Uno, molto anarco-macho (di quelli che mettono una tacca sul bastone per ogni testa di poliziotto spaccata) le fa: "zitta, borghese di merda". Lei scoppia in lacrime, singhiozzando: "borghese perché? Perché ho una famiglia? Dei sentimenti?".
Essere di sinistra può essere una cosa davvero difficile, amici.
Un ricordo: stavo cercando di organizzare una piccola biblioteca sociale e avevo pensato di dedicarla a Pasolini, quindi appesi fuori dalla porta un piccolo cartello con il suo nome. Passa uno e fa: "Minchia, togli quel cazzo di cartello, Pasolini era un poliziotto di merda amico dei poliziotti di merda". Trauma.
Altro ricordo: tra gli occupanti c'era una ragazza che si chiamava Serena. Ecco, lei rispondeva esattamente al mio ideale di sinistra. Dolce, disponibile con gli altri, sorridente, piena di amore, di gioia di vivere ma anche ironica, non smielata, non fricchettona in maniera deleteria. Un giorno in una situazione di tensione, lei cercò di intervenire per placare gli animi. Uno, molto anarco-macho (di quelli che mettono una tacca sul bastone per ogni testa di poliziotto spaccata) le fa: "zitta, borghese di merda". Lei scoppia in lacrime, singhiozzando: "borghese perché? Perché ho una famiglia? Dei sentimenti?".
Essere di sinistra può essere una cosa davvero difficile, amici.
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