io lo so, amico cecere luiggino di anni quarantaquattro,
che mentre svolgi il tuo lavoro di secondo macchinista
sull’espresso della valvaraita lanciato in piena corsa
ricordi la tua terra lontana, le preziose vestigia
della civiltà greca inondate dal sole,
gli arancini fritti con capperi e rognone,
le serene giornate trascorse alla pesca del polpo.
lo so che in quei momenti la tua tenuta da lavoro
si impregna di lagrime roventi e amare
e pensi: ma se proprio dovevate metter su una linea
per dar lavoro a me e al mio amico cafiero enzino detto pummarola
(che peraltro sono otto mesi che si dà malato
ma non potete licenziarlo per via della camusso)
non potevate perdio farcela un po’ più vicino a casa
per risparmiarci gli struggenti dolori dell’emigrante?
ci abbiamo provato, amico luiggino, dio sa se lo abbiamo fatto
abbiamo dato incarico a tuo cugino cecere potito detto tricchetracche
ma lui faceva le rotaie tutte storte
per i vagoni usava vecchie corriere prese allo sfascio
e al posto delle carrozze bar ci metteva bische clandestine
gestite dalla cosca pozzolillo-ciricò.
così dopo aver stanziato trentacinque miliardi della cassa del mezzogiorno
con l’aggiunta di fondi strutturali e contributi per la pesca e l’allevamento
non abbiamo potuto far altro che arrenderci
e lasciare senza treni il vostro sud così bello e sfortunato.
è vero, ti abbiamo strappato alla tua terra
ma qui hai potuto costruire il tuo futuro,
comprarti una casetta dignitosa arredata con gusto,
sposare lomonaco giusy detta la chiattona
e goderti ogni sera, quando rientri a casa stanco,
la sua eccellente parmigiana di marenzane.
non so, amico luiggino, se un giorno i tuoi figli
cecere christian di anni diciassette
e cecere britney detta manco li cani
potranno tornare al paesello che ti ha visto crescere
riportando con sé i principi di igiene e di compliance fiscale
appresi in quel nord che vi pareva così grigio e ostile
e portando così il loro piccolo ma prezioso contributo
al tanto auspicato progresso civile del mezzogiorno.
non so se in un mattino baciato dal sole
approderanno nella vostra stazione ferroviaria nuova di zecca
che nel frattempo avremo provveduto a costruire con i fondi straordinari
per la promozione del turismo nelle zone siccitose.
lo spero tanto, ma per adesso non è aria
meglio se si procurano un visto per l’australia
che mentre svolgi il tuo lavoro di secondo macchinista
sull’espresso della valvaraita lanciato in piena corsa
ricordi la tua terra lontana, le preziose vestigia
della civiltà greca inondate dal sole,
gli arancini fritti con capperi e rognone,
le serene giornate trascorse alla pesca del polpo.
lo so che in quei momenti la tua tenuta da lavoro
si impregna di lagrime roventi e amare
e pensi: ma se proprio dovevate metter su una linea
per dar lavoro a me e al mio amico cafiero enzino detto pummarola
(che peraltro sono otto mesi che si dà malato
ma non potete licenziarlo per via della camusso)
non potevate perdio farcela un po’ più vicino a casa
per risparmiarci gli struggenti dolori dell’emigrante?
ci abbiamo provato, amico luiggino, dio sa se lo abbiamo fatto
abbiamo dato incarico a tuo cugino cecere potito detto tricchetracche
ma lui faceva le rotaie tutte storte
per i vagoni usava vecchie corriere prese allo sfascio
e al posto delle carrozze bar ci metteva bische clandestine
gestite dalla cosca pozzolillo-ciricò.
così dopo aver stanziato trentacinque miliardi della cassa del mezzogiorno
con l’aggiunta di fondi strutturali e contributi per la pesca e l’allevamento
non abbiamo potuto far altro che arrenderci
e lasciare senza treni il vostro sud così bello e sfortunato.
è vero, ti abbiamo strappato alla tua terra
ma qui hai potuto costruire il tuo futuro,
comprarti una casetta dignitosa arredata con gusto,
sposare lomonaco giusy detta la chiattona
e goderti ogni sera, quando rientri a casa stanco,
la sua eccellente parmigiana di marenzane.
non so, amico luiggino, se un giorno i tuoi figli
cecere christian di anni diciassette
e cecere britney detta manco li cani
potranno tornare al paesello che ti ha visto crescere
riportando con sé i principi di igiene e di compliance fiscale
appresi in quel nord che vi pareva così grigio e ostile
e portando così il loro piccolo ma prezioso contributo
al tanto auspicato progresso civile del mezzogiorno.
non so se in un mattino baciato dal sole
approderanno nella vostra stazione ferroviaria nuova di zecca
che nel frattempo avremo provveduto a costruire con i fondi straordinari
per la promozione del turismo nelle zone siccitose.
lo spero tanto, ma per adesso non è aria
meglio se si procurano un visto per l’australia
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