Fantasma, l'ultimo disco dei Baustelle, ha esordito al secondo posto in classifica.
Questa settimana partono per il tour con l’orchestra dell'ensemble simphony di Massa Carrara con quattro date esaurite a Bari, Roma, Firenze (dove ci sarà anche lo staff di dezgeist) e Milano.
Tralasciato il solito giochino hipster / mainstream, è giunto il momento di chiedersi cosa vogliano dirci i Baustelle: Bianconi crede davvero in quello che scrive, o tutto in lui è costruito per darci l'idea che non lo sia? Ma soprattutto, cosa vuole davvero dirci? E' un semplice nichilismo post comunista ma assolutamente non post modernista, da liceale sdrucito che approfitta della maudit per limonare le figlie dei divorziati e ruba la cassa della festa di fine anno per comprarsi le canne, o vi è reale analisi e critica sociale?
Abbiamo provato a chiederlo a tre intellettuali, che per par condicio rappresentano aree differenti del panorama culturale italiano.
Non vi è in Bianconi l'intenzione di passare per spontaneo. La cattiva fede è la sua cifra stilistica, esibita e compiaciuta, quindi penso che sì, ci creda davvero. Non vedo né analisi né critica sociale, ultimamente vedo più che altro la filigrana del marketing come quando imponevano a Vasco gli occhiali con le lenti gialle, sono diventati un feticcio per categorie-target definite che istintivamente catalogherei così: professori di liceo che vogliono farsi le ragazzine, donne che frequentano speed-date, omosessuali singles, hipster con poca vita sociale, guia soncini. Comunque, pur facendo questi pensieri non me ne faccio minimamente condizionare, nella rete delle relazioni tutto perde senso, e loro continuano colpevolmente a piacermi, nonostante mi sia consumato le palle nello scacciare la sfiga. Ma non credo che bianconi porti sfiga davvero, mi sembra più che si travesta da becchino come il prestigiatore alle feste per bambini, insomma, il figurante di un parco a tema.
Riccardo C. Mauri, scrittore.
Essere Bianconi. I fenomenologi affermano che è impossibile capire davvero gli altri. I movimenti interiori di ognuno sono inaccessibili, comprensibili solo per metafore grossolane e inefficaci. Quando tu mi dici “mi sento triste”, non posso fare altro che immaginare la tua tristezza, paragonandola alla mia. Ma sono veramente la stessa cosa? Io mi chiedo come sia essere Bianconi e so che non lo saprò mai. Se fossi Bianconi, crederei ai miei testi? Ai miei riferimenti midcult (Fassbinder e il poliziottesco, Cattelan e l'eroina)? Al fatto di essere frontman, scrittore, intellettuale, timido ma affascinante, maledettino ma nemmeno troppo? E al fatto di esserlo in un tempo e in un luogo in cui pochi sono meglio di me, ma non per merito mio. Bisognerebbe provare a fare una fenomenologia di Bianconi. Non dei Baustelle, che sono un'emanazione di Bianconi (Bianconi au second degré AKA metaBianconi), non diversa dalla sua cacca del mattino. Ma proprio di Bianconi. Com'è essere lui? E anche, come sarà essere lui tra trent'anni, non più frontman, non più maledettino, che i poliziotteschi non se li inculeranno più nemmeno i nerd?
Riccardo Fassone, professore.
L’amore, l’universo, l’entropia e tutto quanto. Avete presente, no? La solita metafisica d’accatto alla portata di tutti. Facile, sicura, disponibile. Come quelli che pensano che nominare "malinconia" in un testo renda quella canzone malinconica. Suggestioni pompose e impalpabili buttate là come un rumore di fondo e che fanno calma piatta. Prodotti medi di media qualità per un pubblico con l'ansia di suggestionarsi l’Amazzonia in un Arbre Magique. Musica da chiacchiere in enoteca.
Ma puoi decidere di rischiare la pelle e raschiare il fondo. Fregartene della metafisica e percorrere il filo del ridicolo. Raccontare il dolore senza nominarlo. Dire solo di cose che puoi vedere e toccare, perché è di quelle che è lastricata la via per l’inferno. Cose inutili e vili. E se riesci nell’ardua impresa di rimanere in equilibrio su quel filo senza cadere, improvvisamente sarà tutto il resto ad apparire ridicolo. Ad essere inutile e vile. L’amore, l’universo, l’entropia e tutto quanto.
I Baustelle non hanno bisogno di attaccarsi alle supercazzole di metafisica. Così giocano d’azzardo: ipermercati, penne Bic, fumetti neri, Festivalbar, trattamenti sanitari obbligatori e Hatù. La loro "malavita" non si nasconde, ma per dirci del dolore si racconta per nomi propri e blisterati. Canzoni come unghie che graffiano il gesso, senza bisogno di -ismi di sorta.
Quella dei Baustelle è la cronaca di un dopobomba possibile.
Quello che resta sono mozziconi di vita di personaggi borderline, donne killer, corvi, barboni antropofagi, bambini finiti in un pozzo artesiano, ragazze suicide, dandy e groupie. Storie nere che i Baustelle vestono di fiero pop, nell’accezione più nobile del termine e nella miglior tradizione del gruppo.
Melodie irresistibili, a presa rapida ma dal potenziale davvero inesauribile. Ritornelli killer come se non ci fosse domani. Pochi hanno innato un tale istinto creativo e una così grande capacità comunicativa. E’ il tocco di Bacharach e di Noel Gallagher. E, più di loro, ce l’ha Bianconi.
I Baustelle mai presuntosi, sempre ambiziosi. Attraversano generi e aggettivi senza fermarsi, sempre bigger than life. Le loro canzonette sono femmine fatali. Ti avvolgono ma restano impossibili da trattenere e contenere. No, non puoi assumerne il controllo. Qual è l’ingrediente segreto del Rosso Antico? Di cosa sono fatte le nuvole? E rende La Canzone Del Riformatorio una scocca unica e non replicabile? E’ roba da rovinarsi la vita in cerca di un perché.
Ogni loro canzone è un film e un feticcio perfetto. E sembra fissata nello spaziotempo nella sua unica versione possibile, come un dipinto di Edward Hopper.
Alessandro Gori, scrittore.
Tralasciato il solito giochino hipster / mainstream, è giunto il momento di chiedersi cosa vogliano dirci i Baustelle: Bianconi crede davvero in quello che scrive, o tutto in lui è costruito per darci l'idea che non lo sia? Ma soprattutto, cosa vuole davvero dirci? E' un semplice nichilismo post comunista ma assolutamente non post modernista, da liceale sdrucito che approfitta della maudit per limonare le figlie dei divorziati e ruba la cassa della festa di fine anno per comprarsi le canne, o vi è reale analisi e critica sociale?
Abbiamo provato a chiederlo a tre intellettuali, che per par condicio rappresentano aree differenti del panorama culturale italiano.
Non vi è in Bianconi l'intenzione di passare per spontaneo. La cattiva fede è la sua cifra stilistica, esibita e compiaciuta, quindi penso che sì, ci creda davvero. Non vedo né analisi né critica sociale, ultimamente vedo più che altro la filigrana del marketing come quando imponevano a Vasco gli occhiali con le lenti gialle, sono diventati un feticcio per categorie-target definite che istintivamente catalogherei così: professori di liceo che vogliono farsi le ragazzine, donne che frequentano speed-date, omosessuali singles, hipster con poca vita sociale, guia soncini. Comunque, pur facendo questi pensieri non me ne faccio minimamente condizionare, nella rete delle relazioni tutto perde senso, e loro continuano colpevolmente a piacermi, nonostante mi sia consumato le palle nello scacciare la sfiga. Ma non credo che bianconi porti sfiga davvero, mi sembra più che si travesta da becchino come il prestigiatore alle feste per bambini, insomma, il figurante di un parco a tema.
Riccardo C. Mauri, scrittore.
Essere Bianconi. I fenomenologi affermano che è impossibile capire davvero gli altri. I movimenti interiori di ognuno sono inaccessibili, comprensibili solo per metafore grossolane e inefficaci. Quando tu mi dici “mi sento triste”, non posso fare altro che immaginare la tua tristezza, paragonandola alla mia. Ma sono veramente la stessa cosa? Io mi chiedo come sia essere Bianconi e so che non lo saprò mai. Se fossi Bianconi, crederei ai miei testi? Ai miei riferimenti midcult (Fassbinder e il poliziottesco, Cattelan e l'eroina)? Al fatto di essere frontman, scrittore, intellettuale, timido ma affascinante, maledettino ma nemmeno troppo? E al fatto di esserlo in un tempo e in un luogo in cui pochi sono meglio di me, ma non per merito mio. Bisognerebbe provare a fare una fenomenologia di Bianconi. Non dei Baustelle, che sono un'emanazione di Bianconi (Bianconi au second degré AKA metaBianconi), non diversa dalla sua cacca del mattino. Ma proprio di Bianconi. Com'è essere lui? E anche, come sarà essere lui tra trent'anni, non più frontman, non più maledettino, che i poliziotteschi non se li inculeranno più nemmeno i nerd?
Riccardo Fassone, professore.
L’amore, l’universo, l’entropia e tutto quanto. Avete presente, no? La solita metafisica d’accatto alla portata di tutti. Facile, sicura, disponibile. Come quelli che pensano che nominare "malinconia" in un testo renda quella canzone malinconica. Suggestioni pompose e impalpabili buttate là come un rumore di fondo e che fanno calma piatta. Prodotti medi di media qualità per un pubblico con l'ansia di suggestionarsi l’Amazzonia in un Arbre Magique. Musica da chiacchiere in enoteca.
Ma puoi decidere di rischiare la pelle e raschiare il fondo. Fregartene della metafisica e percorrere il filo del ridicolo. Raccontare il dolore senza nominarlo. Dire solo di cose che puoi vedere e toccare, perché è di quelle che è lastricata la via per l’inferno. Cose inutili e vili. E se riesci nell’ardua impresa di rimanere in equilibrio su quel filo senza cadere, improvvisamente sarà tutto il resto ad apparire ridicolo. Ad essere inutile e vile. L’amore, l’universo, l’entropia e tutto quanto.
I Baustelle non hanno bisogno di attaccarsi alle supercazzole di metafisica. Così giocano d’azzardo: ipermercati, penne Bic, fumetti neri, Festivalbar, trattamenti sanitari obbligatori e Hatù. La loro "malavita" non si nasconde, ma per dirci del dolore si racconta per nomi propri e blisterati. Canzoni come unghie che graffiano il gesso, senza bisogno di -ismi di sorta.
Quella dei Baustelle è la cronaca di un dopobomba possibile.
Quello che resta sono mozziconi di vita di personaggi borderline, donne killer, corvi, barboni antropofagi, bambini finiti in un pozzo artesiano, ragazze suicide, dandy e groupie. Storie nere che i Baustelle vestono di fiero pop, nell’accezione più nobile del termine e nella miglior tradizione del gruppo.
Melodie irresistibili, a presa rapida ma dal potenziale davvero inesauribile. Ritornelli killer come se non ci fosse domani. Pochi hanno innato un tale istinto creativo e una così grande capacità comunicativa. E’ il tocco di Bacharach e di Noel Gallagher. E, più di loro, ce l’ha Bianconi.
I Baustelle mai presuntosi, sempre ambiziosi. Attraversano generi e aggettivi senza fermarsi, sempre bigger than life. Le loro canzonette sono femmine fatali. Ti avvolgono ma restano impossibili da trattenere e contenere. No, non puoi assumerne il controllo. Qual è l’ingrediente segreto del Rosso Antico? Di cosa sono fatte le nuvole? E rende La Canzone Del Riformatorio una scocca unica e non replicabile? E’ roba da rovinarsi la vita in cerca di un perché.
Ogni loro canzone è un film e un feticcio perfetto. E sembra fissata nello spaziotempo nella sua unica versione possibile, come un dipinto di Edward Hopper.
Alessandro Gori, scrittore.
4 commenti:
gori wins!
una precisazione, l'album è stato inciso con il supporto della citata orchestra di Breslavia, ma il tour (solo le prime 4 date) vedono in formazione l'ensemble simphony orchestra di Massa Carrara
grazie per la precisazione!:)
bella la versione di Gori, più autentica almeno.
grazie
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