Nessuno sa bene cosa succederà alla musica, è tutto in trasformazione. A me questo mestiere piace da pazzi. E io ho voglia di crescere, di imparare cose nuove, questa volta mi sono detto, proviamo a passarci un intero inverno, la mia famiglia rimarrà a New York e io andrò in giro a suonare dovunque posso, voglio fare il mio mestiere, espandermi, anche umanamente, voglio infilare le mani in quella che è l'origine del mio lavoro. In Italia non mi sarebbe concesso arrivare come un anonimo in un locale e fare un deejay set. Qui lo posso fare, e devo misurarmi senza rete, senza contare sul successo. Anche cantare un pezzo che magari in Italia è un successo pazzesco e in America non lo conosce nessuno, è strano, ma elettrizzante, significa rimettere in gioco tutto. Ripartire da zero. La musica è diventata soprattutto un 'riconoscersi', ma prima era un 'conoscersi'. Sono appassionato di questo trabiccolo che hanno spedito su Marte. Si chiama 'curiosity', potrebbe essere il mio nome d'arte. Diciamo che l'America è il mio Marte. Esploro un territorio che conosco molto bene perché musicalmente vengo da qui, ma è bello entrare come un signor nessuno. Qui la storia della musica non l'hanno fatta negli stadi, ma nei locali. Vai a suonare in un piccolo club e ti dicono, ecco qui ci hanno suonato i Nirvana, i Led Zeppelin, Bob Dylan. Anche il Fillmore, che è una leggenda, se lo vedi, è poco più di un baretto, mica tanto di più".
lorenzo cherubini, 13/08/2012
lorenzo cherubini, 13/08/2012
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