mercoledì 1 marzo 2006

i film da vedere con la fidanza

Hostel
Due giovani statunitensi, Josh e Paxton, attraversano il vecchio continente zaino in spalla assieme ad Oli, islandese festaiolo incontrato in viaggio. Decisamente più interessato alle droghe e al sesso che ai musei, il trio decide di puntare verso la Slovacchia, dipinta dai più come meta perfetta per il turismo sessuale. Raggiunto un paesino nei pressi di Bratislava, il gruppo si fermerà presso un ostello, constatando come le voci fossero fondate. Dividere la stanza con stupende e disinibite sconosciute per i ragazzi è un sogno che si avvera: un sogno che si rivelerà presto vero incubo.
Spinto da amicizie pesanti, Hostel arriva sui nostri schermi in pompa magna, con tanto di sacchetti per vomitare distribuiti all'ingresso delle sale. Se nella prima parte ci si rifà al tipico preludio da horror sbarazzino, con più seni in primo piano che F-Words in Pulp Fiction, nella seconda si procede alla tanto decantata orgia di sangue ed efferatezza: tutto secondo copione, con tanto di pinze, saldatori e cure medievali. Ostentando conoscenza del genere, Roth riesce a banalizzare un soggetto che rubacchia dall'immaginario snuff e da Il Coraggioso, dando vita ad un prodotto piatto, monocorde e pretenzioso.
Un'accozzaglia di strumenti di tortura, membra e rimandi in cui cercare alte metafore.


Batalla en el cielo
Corpi sfatti e degrado etico-sociale sono un tutt’uno nelle numerose scene erotiche volutamente realistiche ma al tempo stesso vagamente oniriche e descritte con distacco fatalista, come nel caso della fellatio di apertura del film, il cui destinatario, panciuto e un po’ laido, rimane impassibile al consumarsi dell’atto da parte di una ragazza giovane e piacente.
La figlia del generale, Ana, giovane e bella, si prostituisce per puro piacere in un bordello di Città del Messico (megalopoli caotica e degradata) e, occasionalmente, si concede anche a Marcos, che le fa da autista.
Quando Marcos le confessa di aver rapito un neonato, poi morto, Ana, invece di sostenerlo o di comprenderlo, freddamente gli dice che l’unica cosa che può fare è quella di costituirsi. Nel travaglio fra il rimorso per la morte del piccolo e la delusione per il comportamento della giovane (da lui segretamente amata) Marcos attraversa il suo intimo disfacimento esistenziale all’interno una società già di per sè profondamente estranea ed ostile. Una società vista come una macchina (rappresentata dall’immensa bolgia della capitale messicana) che muove i propri ingranaggi in un fluire privo di senso se non quello fine a se stesso del suo gigantesco ed imperscrutabile destino. Alla fine Marcos non potrà fare altro che uccidere Ana, in una spirale di inquietudine e di indifferenza.
Più in fondo di così non si va: costituirsi, uccidersi o morire comunque di rimorso? Toccanti le scene quotidiane fra Marcos e sua moglie, descritti come brutti, disgraziati e infelici, destinati ad una vita senza speranza ma proprio per questo capaci di gesti estremi, per questo uniti l’uno all’altra da un legame indivisibile.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Hostel
Due giovani statunitensi, Josh e Paxton, attraversano il vecchio continente zaino in spalla assieme ad Oli, islandese festaiolo incontrato in viaggio. Decisamente più interessato alle droghe e al sesso che ai musei, il trio decide di puntare verso la Slovacchia, dipinta dai più come meta perfetta per il turismo sessuale. Raggiunto un paesino nei pressi di Bratislava, il gruppo si fermerà presso un ostello, constatando come le voci fossero fondate. Dividere la stanza con stupende e disinibite sconosciute per i ragazzi è un sogno che si avvera: un sogno che si rivelerà presto vero incubo.
Spinto da amicizie pesanti, Hostel arriva sui nostri schermi in pompa magna, con tanto di sacchetti per vomitare distribuiti all'ingresso delle sale. Se nella prima parte ci si rifà al tipico preludio da horror sbarazzino, con più seni in primo piano che F-Words in Pulp Fiction, nella seconda si procede alla tanto decantata orgia di sangue ed efferatezza: tutto secondo copione, con tanto di pinze, saldatori e cure medievali. Ostentando conoscenza del genere, Roth riesce a banalizzare un soggetto che rubacchia dall'immaginario snuff e da Il Coraggioso, dando vita ad un prodotto piatto, monocorde e pretenzioso.
Un'accozzaglia di strumenti di tortura, membra e rimandi in cui cercare alte metafore.


Batalla

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