giovedì 31 agosto 2006
mercoledì 30 agosto 2006
Una domànda veloce, mio càro - carissimo - Sperelli, una domanda dettàta da uno a tua scelta dei cinque sensi illeggìttimi, una domanda che è anche una giustificazione per questo mio saluto, per questo abbraccio: tu ti consideri un dandy?
Insigne amico mio,
il mio stato d´animo di fronte a tali domande, poste pubblicamente, oscilla tra il divertito e l´estenuato - dacché considero a volte il dandismo come una malattia ossessiva, e dunque mi dico che, se lo fossi, preferirei comunque non esserlo; altre volte guardo al dandy con tale trepidante ammirazione che mi parrebbe una presunzione l´accostarmi ad un siffatto spirito artistico.
In questo sito sono raccolte analisi letterarie e biografiche, immagini e testi trascritti con grande pazienza ed apparente devozione; coloro che giudicano il mio lavoro degno di nota, dovrebbero anche sapere che il miglior biografo di Cristo è sempre Giuda (parallelamente, il magnifico dandy Des Esseintes venne creato da un uomo che odiava il dandismo), e che quindi l´autore non è necessariamente un dandy. Viceversa, trovando mancanze o superficialità nei miei scritti, si dovrebbe supporre che l´interesse per il vivere in maniera dandistica da parte dell´autore tralasci l´applicazione allo studio della materia - e da qui le eventuali mancanze.
Insomma, viste le considerazioni di cui sopra, credo stia più a te che non agli altri il definirmi - se è questo che ti sta a cuore!
Da parte mia, ti farò una confidenza: vivo e scrivo con lo stesso animoso e costante disinteresse. Mi interessa più il gioco, che la vincita.
E mi auguro che presto vorrai venirmi a trovare.
A presto
Andrea Sperelli
http://www.noveporte.it/dandy/posta/index.php?mode=show_post&id=1148025717
Insigne amico mio,
il mio stato d´animo di fronte a tali domande, poste pubblicamente, oscilla tra il divertito e l´estenuato - dacché considero a volte il dandismo come una malattia ossessiva, e dunque mi dico che, se lo fossi, preferirei comunque non esserlo; altre volte guardo al dandy con tale trepidante ammirazione che mi parrebbe una presunzione l´accostarmi ad un siffatto spirito artistico.
In questo sito sono raccolte analisi letterarie e biografiche, immagini e testi trascritti con grande pazienza ed apparente devozione; coloro che giudicano il mio lavoro degno di nota, dovrebbero anche sapere che il miglior biografo di Cristo è sempre Giuda (parallelamente, il magnifico dandy Des Esseintes venne creato da un uomo che odiava il dandismo), e che quindi l´autore non è necessariamente un dandy. Viceversa, trovando mancanze o superficialità nei miei scritti, si dovrebbe supporre che l´interesse per il vivere in maniera dandistica da parte dell´autore tralasci l´applicazione allo studio della materia - e da qui le eventuali mancanze.
Insomma, viste le considerazioni di cui sopra, credo stia più a te che non agli altri il definirmi - se è questo che ti sta a cuore!
Da parte mia, ti farò una confidenza: vivo e scrivo con lo stesso animoso e costante disinteresse. Mi interessa più il gioco, che la vincita.
E mi auguro che presto vorrai venirmi a trovare.
A presto
Andrea Sperelli
http://www.noveporte.it/dandy/posta/index.php?mode=show_post&id=1148025717
domenica 27 agosto 2006
domenica 6 agosto 2006
venerdì 4 agosto 2006
La Letteratura
Cose come il fantastico mondo di Amelie sono anche carine, ma sono parziali, sbilenche, asettiche: i cuscini sono sempre a posto, Amelie non va mai al cesso.
Chi va al cesso spesso è Benigni, che però è ancora più falso, con lui la merda profuma.
Del resto risulta essere irrimediabilmente volgare tutto ciò che è umano, perché l'uomo ha vergogna della sua condizione, sa di essere ridicolo, e che ovunque arriva l'umano, là è il ridicolo.
L'emozione particolare dell'umidità femminile, o la forza vitale dell'erezione maschile, a scriverne è un po' sempre come parlare con la bocca piena, o vomitare ubriachi sulle scarpe di uno sconosciuto: se le cose sono come sono non è colpa nostra, però l'interlocutore ne è sempre un po' urtato (e vale anche in questo preciso momento per questo specifico brano).
La letteratura dovrebbe essere verità, ma quando la verità diventa letteratura, ecco che non è più verità, come in Lisbon Story Wim Wenders teorizzava che un'immagine ripresa in quanto scelta, e quindi già vista, diventasse per questo automaticamente disonesta.
Un esempio è questo brano di Andrea Pazienza:
Intanto di non essere un genio. Perchè sì, lo confesso, da ragazzo ci speravo. Invece no, sono un fesso qualsiasi. [...] Ora che vivo in campagna come un cretino non sono più depresso e quindi saluto volentieri gli amici che mi sono rimasti qua e là nelle città. Le amiche soprattutto. Di me, volendo, si può dire tutto il male che si vuole, però tante di quelle cose non sono vere. Capisco viceversa la delusione di qualcuno quando si è accorto che il fumettaro per cui tifava altri non era che il fesso di cui sopra. Ora, naturalmente, che sono fesso me lo posso dire io da solo, perchè sono sempre in grado di stracciare il novanta per cento dei vostri.
Sì, sembra essere una cosa onesta, e sincera, e bella, ma in realtà è solo un topos letterario basato (e stra-abusato) sull'estremo abbassamento-innalzamento dell'umana condizione, il "sono un genio ma nessuno lo sa" di Bukowski, il re del mondo che sopravvive nella mansarda o nel retro della tabaccheria di Pessoa, ecc. ecc. perché tutti ci sentiamo comunque degni di vivere e di sentirci amati.
La letteratura invece non dovrebbe essere niente di tutto questo, ma permettere di volare sopra le nuvole, e guardare il sole esattamente com'è.
Chi va al cesso spesso è Benigni, che però è ancora più falso, con lui la merda profuma.
Del resto risulta essere irrimediabilmente volgare tutto ciò che è umano, perché l'uomo ha vergogna della sua condizione, sa di essere ridicolo, e che ovunque arriva l'umano, là è il ridicolo.
L'emozione particolare dell'umidità femminile, o la forza vitale dell'erezione maschile, a scriverne è un po' sempre come parlare con la bocca piena, o vomitare ubriachi sulle scarpe di uno sconosciuto: se le cose sono come sono non è colpa nostra, però l'interlocutore ne è sempre un po' urtato (e vale anche in questo preciso momento per questo specifico brano).
La letteratura dovrebbe essere verità, ma quando la verità diventa letteratura, ecco che non è più verità, come in Lisbon Story Wim Wenders teorizzava che un'immagine ripresa in quanto scelta, e quindi già vista, diventasse per questo automaticamente disonesta.
Un esempio è questo brano di Andrea Pazienza:
Intanto di non essere un genio. Perchè sì, lo confesso, da ragazzo ci speravo. Invece no, sono un fesso qualsiasi. [...] Ora che vivo in campagna come un cretino non sono più depresso e quindi saluto volentieri gli amici che mi sono rimasti qua e là nelle città. Le amiche soprattutto. Di me, volendo, si può dire tutto il male che si vuole, però tante di quelle cose non sono vere. Capisco viceversa la delusione di qualcuno quando si è accorto che il fumettaro per cui tifava altri non era che il fesso di cui sopra. Ora, naturalmente, che sono fesso me lo posso dire io da solo, perchè sono sempre in grado di stracciare il novanta per cento dei vostri.
Sì, sembra essere una cosa onesta, e sincera, e bella, ma in realtà è solo un topos letterario basato (e stra-abusato) sull'estremo abbassamento-innalzamento dell'umana condizione, il "sono un genio ma nessuno lo sa" di Bukowski, il re del mondo che sopravvive nella mansarda o nel retro della tabaccheria di Pessoa, ecc. ecc. perché tutti ci sentiamo comunque degni di vivere e di sentirci amati.
La letteratura invece non dovrebbe essere niente di tutto questo, ma permettere di volare sopra le nuvole, e guardare il sole esattamente com'è.
I 90 anni sono una gioia o un peso?
Una noia. Mi vergogno d’averli. La vita non mi diverte più. Mi sarei ammazzato nel 2000. Avevo anche deciso la località: Waterloo. Ma te lo vedi il titolo «Dino Risi suicida a 90 anni»? Ridicolo. Mi dà noia persino il cuore a batteria. A letto appoggio l’orecchio sul cuscino e non sento più tic toc, solo sciuf sciuf, il soffio del pacemaker.
Meglio il residence dell’ospedale.
Mi costa 3.500 euro al mese ma pigio un bottone e arriva l’idraulico. Spero di non fare la fine di Tognazzi. Era in clinica per problemi cardiaci. Non si rassegnava al ruolo di malato, voleva tornare a casa. Il primario, un vecchio medico col bastone, entrò in stanza e gli rivolse un discorso spaventoso: «Lei starà qui fino a quando non glielo dico io. Si ricordi che non è più il Tognazzi che faceva ridere la gente e si scopava le più belle donne del mondo. Lei ora è diventato un poveraccio come tutti». Dopo due ore Ugo morì.
Perché dal 1990 non gira più un film?
Non so come ho fatto a girarne 50. Stare 14 ore sul set è una tortura. Devi continuamente dare risposte: non lo sopporto. Sono invecchiato all’improvviso, mentre passeggiavo in viale Buozzi. Scende una ragazza da una Harley Davidson, si toglie il casco, scuote i capelli, mi guarda e sorride. Ero paralizzato, innamorato perso. Lì ho realizzato che avevo 86 anni. Non bisognerebbe invecchiare. È un errore. Vittorio Gassman diceva: «La morte è un’indecenza».
Una noia. Mi vergogno d’averli. La vita non mi diverte più. Mi sarei ammazzato nel 2000. Avevo anche deciso la località: Waterloo. Ma te lo vedi il titolo «Dino Risi suicida a 90 anni»? Ridicolo. Mi dà noia persino il cuore a batteria. A letto appoggio l’orecchio sul cuscino e non sento più tic toc, solo sciuf sciuf, il soffio del pacemaker.
Meglio il residence dell’ospedale.
Mi costa 3.500 euro al mese ma pigio un bottone e arriva l’idraulico. Spero di non fare la fine di Tognazzi. Era in clinica per problemi cardiaci. Non si rassegnava al ruolo di malato, voleva tornare a casa. Il primario, un vecchio medico col bastone, entrò in stanza e gli rivolse un discorso spaventoso: «Lei starà qui fino a quando non glielo dico io. Si ricordi che non è più il Tognazzi che faceva ridere la gente e si scopava le più belle donne del mondo. Lei ora è diventato un poveraccio come tutti». Dopo due ore Ugo morì.
Perché dal 1990 non gira più un film?
Non so come ho fatto a girarne 50. Stare 14 ore sul set è una tortura. Devi continuamente dare risposte: non lo sopporto. Sono invecchiato all’improvviso, mentre passeggiavo in viale Buozzi. Scende una ragazza da una Harley Davidson, si toglie il casco, scuote i capelli, mi guarda e sorride. Ero paralizzato, innamorato perso. Lì ho realizzato che avevo 86 anni. Non bisognerebbe invecchiare. È un errore. Vittorio Gassman diceva: «La morte è un’indecenza».
giovedì 3 agosto 2006
linguaggi
la persona è tipo un tetris, e tutto dipende dal suo grado di inseribilità / appartenenza alla società.
diciamo che ci sono questa serie di linguaggi, che sono il linguaggio del corpo (bellezza, salute, ecc.), i vari linguaggi dell'intelligenza (declinabile nelle varie attività, tipo contabilità, informatica, letteratura), che + li conosci + sei dentro la società, se ne conosci qualcuno sei dentro solo il gruppo che conosce quel linguaggio, per cui si è felici con gli amici del tuning e ci si sente a disagio quando si esce con i medici, che a loro volta si amano e si accoppiano tra loro e credono che il mondo non vada troppo oltre il loro orizzonte.
dire che si è al di fuori / al di sopra di tutto, ovviamente è anch'esso un linguaggio,perchè anche la negazione nichilista punta a riconoscersi in quel gruppo nichilista che disconosce (con i consueti rimandi alla teoria delle elites e alle negazione come via alla sovrapposizione / sostituzione).
perchè alla fine la riconoscibilità comanda, quindi quando briatore dice che se entra in un ristorante con il codazzo di fiche ed amici e vede uno che cena da solo e dice "quello è uno sfigato", ovviamente ha ragione lui.
diciamo che ci sono questa serie di linguaggi, che sono il linguaggio del corpo (bellezza, salute, ecc.), i vari linguaggi dell'intelligenza (declinabile nelle varie attività, tipo contabilità, informatica, letteratura), che + li conosci + sei dentro la società, se ne conosci qualcuno sei dentro solo il gruppo che conosce quel linguaggio, per cui si è felici con gli amici del tuning e ci si sente a disagio quando si esce con i medici, che a loro volta si amano e si accoppiano tra loro e credono che il mondo non vada troppo oltre il loro orizzonte.
dire che si è al di fuori / al di sopra di tutto, ovviamente è anch'esso un linguaggio,perchè anche la negazione nichilista punta a riconoscersi in quel gruppo nichilista che disconosce (con i consueti rimandi alla teoria delle elites e alle negazione come via alla sovrapposizione / sostituzione).
perchè alla fine la riconoscibilità comanda, quindi quando briatore dice che se entra in un ristorante con il codazzo di fiche ed amici e vede uno che cena da solo e dice "quello è uno sfigato", ovviamente ha ragione lui.
Iscriviti a:
Post (Atom)