DEZERTO: ok, cominciamo. Ad Asti il deboscio è visto un po' come i Dik Dik vedevano la California, a Padova gli Scapigliati si ispirano chiaramente a voi: è arrivato il momento del franchising delle idee? Uffici tipo Tecnocasa in cui dare consulenza sulla vita al popolino?
IL DEBOSCIO: Vorremmo evitarlo, ma siccome non viviamo in uno stato di polizia, ognuno può copiare quello che gli pare.
Scapigliati.com è una copia esatta del nostro sito (emulazione fallita, direbbe qualcuno), a volte tocca le corde del patetico e le spacca, però non fa male a nessuno.
DEZERTO: Aldo Nove vive in via Falck e il figlio di Moratti fa il cameriere al Jamaica. Cioè perchè alcune cose talmente precise accadono? per necessità oppure di proposito?
IL DEBOSCIO: Questa era una domanda che io avevo fatto a te. E tu non hai risposto.
E' una domanda che allora giriamo tutti e due ai lettori perchè, per quanto mi riguarda, era una domanda sincera, in cerca di risposta. Se vuoi posso riformularla meglio:
Abitare in via Falck e fare il cameriere al Jamaica non sono cose divertenti da fare. Nessuno sano di mente può convincermi del contrario. Ora, immagino che tutti e due possono, per mille motivi, evitare cose come queste. Come mai invece le fanno e ne sembrano soddisfatti ? Perchè questo martirio volontario ?
DEZERTO: la risposta per me è nell'intervista di Franz Krauspenhaar a Margaret Mazzantini quando lei dice ...io ci parlo coi barboni. E spesso dentro quel puzzo e quella ruvidezza c’è tutta la pace che i normali non sanno... e allora giustamente Krauspenhaar le chiede se i barboni hanno pace anche d’inverno.
DEZERTO: Quante donne in +/- vi siete fatti grazie al deboscio? Se Lola Ponce (quella del video "I can do it") ti telefona perché ha visto il sito e vuole uscire con te, dove la porteresti?
IL DEBOSCIO: Non ci siamo fatti nessuna solo grazie al sito. Gli argomenti sono e devono essere sempre altri se non le vuoi annoiare. La Porsche è il più valido. Non penso sia nemmeno triste dirlo ormai perchè ho appurato che funziona così. Devo comprarla anche io appena riesco. Quelle che piacciono a me vengono da condizioni sballottate e hanno bisogno di quelle cose lì.
Sai che non conoscevo Lola Ponce ? Sono andato a vedere su Google. E' proprio una tipa da Cumfiesta. Mi chiedo perchè non faccia dei porno. Dici che guadagna di più facendo quello che fa ? Se mi telefonasse e volesse uscire con me la porterei al Ristorante Fuji in via Paolo Sarpi. E poi dove vuole lei. E poi, come dice David, le taglio la testa e al suo posto ci metto il manubrio di una R1.
DEZERTO: consiglia tre posti dove andare a Milano. Che la guida di Aldo Nove alla fine non segnala cose interessanti.
IL DEBOSCIO: Vado a bere al Maraja, quello accanto al Coquetel, in Via Vetere. Poi mi annoio al Rocket e non ci fanno mai entrare al Plastic, a meno che non vada con delle ragazze. Ma tanto fa schifo anche quello. Non c'è niente da fare.
DEZERTO: di chi sono le tette della tipa ritratta con l'adesivo del deboscio?
IL DEBOSCIO: Se vuoi te lo scrivo in una mail separata. E' una mia ex.
DEZERTO: la cattedra di estetica di Zecchi è compatibile con i suoi abbinamenti lacoste gialla / giacca sformata blu / forfora / riporto tre capelli?
IL DEBOSCIO: Sarebbe perfetto allo sportello del PT Business di Via Carducci. E invece ha una cattedra di estetica. In Statale tra i professori, il luogo comune che sento ripetere più spesso è: "Zecchi ? Una macchietta..."
Quello che mi fa più ridere di lui è che inveisce sempre contro il degrado urbano e contro le periferie squallide, pensando di parlare con gente che è cresciuta in Via dei Giardini o in Via Palestro, mentre invece notoriamente gli studenti di filosofia sono per il 98% Bresciani da cemento armato. Lui non ha mai la minima idea di quello che succede.
DEZERTO: tutto è fatto per piacere. Essere fighi, essere ricchi, essere classisti, essere hip. Dire che si odia la gente è in realtà un voler piacere a "certa" gente. VERO / FALSO?
IL DEBOSCIO: Tutto è fatto per piacere. Noi non diciamo che odiamo LA gente.
DEZERTO: Milano è la città del mondo dove ho visto la borghesia vivere nelle condizioni più disagiate, case senza riscaldamento affittate a 1.000€ al mese, rubinetterie anni '60, lavabi monovasca...una rivista stile A.D. dedicata agli interni milanesi più degradati sarebbe interessante?
IL DEBOSCIO: Bisognerebbe capire che cosa è borghese e cosa no. Qualunque stronzo, se glielo chiedi, ti dice di essere borghese. Sarebbe interessante una rivista di quel tipo. Si potrebbe chiamare Travet Design, oppure Scaldabagno (in omaggio a Boiler Magazine)
DEZERTO: Debosci si nasce, ma cosa si legge per diventarlo?
IL DEBOSCIO: Tutte le classifiche propositive secondo me scadono nel liceone. Prova a fare la stessa domanda a quelli di Scapigliati.com e vedi cosa ti rispondono. Così ti deprimi.
DEZERTO: Quale sarà la direzione che prenderà ildeboscio.com nei prossimi mesi?
IL DEBOSCIO: Ci buttiamo a destra?
sabato 31 luglio 2004
domenica 25 luglio 2004
sabato 24 luglio 2004
giovedì 22 luglio 2004
Le sette fatiche di Ettore
[ANSA - ROMA, 21 LUG] L'estate si preannuncia densa di impegni per Ettore, il mastino napoletano diventato famoso come testimonial della Tim.
Il suo agente ha infatti confermato che Ettore, oltre ad essere impegnato sul set degli spot con Naomi Campbell, sta scrivendo un libro con Melissa P., che sarà lanciato a settembre in concomitanza con l'uscita del calendario dei due su Max.
Ettore comparirà anche come chitarrista nel prossimo video di Vasco Rossi, che dovrebbe chiamarsi "Colpa di Ettore" e si preannuncia un remake della fortunata "Colpa di Alfredo", in cui questa volta è proprio il simpatico mastino a soffiare la ragazza al Blasco.
In caso di elezioni anticipate, pare che Forza Italia abbia già pronto per Ettore un collegio blindatissimo, Napoli 2, e un sottosegretariato nel ministero dell'ambiente.
Ma più che le sirene di Montecitorio, ad affascinare Ettore sono le sirene hollywoodiane: Michael Cimino gli ha infatti offerto una parte con Mickey Rourke nel suo nuovo film "L'anno del Cagnone", ma soprattutto potrebbe essere lui, come cane-poliziotto, a sostituire il detective Michaeal Douglas nel sequel di Basic Instinct, il film che sancirà il ritorno alle scene di Sharon Stone.
Il suo agente ha infatti confermato che Ettore, oltre ad essere impegnato sul set degli spot con Naomi Campbell, sta scrivendo un libro con Melissa P., che sarà lanciato a settembre in concomitanza con l'uscita del calendario dei due su Max.
Ettore comparirà anche come chitarrista nel prossimo video di Vasco Rossi, che dovrebbe chiamarsi "Colpa di Ettore" e si preannuncia un remake della fortunata "Colpa di Alfredo", in cui questa volta è proprio il simpatico mastino a soffiare la ragazza al Blasco.
In caso di elezioni anticipate, pare che Forza Italia abbia già pronto per Ettore un collegio blindatissimo, Napoli 2, e un sottosegretariato nel ministero dell'ambiente.
Ma più che le sirene di Montecitorio, ad affascinare Ettore sono le sirene hollywoodiane: Michael Cimino gli ha infatti offerto una parte con Mickey Rourke nel suo nuovo film "L'anno del Cagnone", ma soprattutto potrebbe essere lui, come cane-poliziotto, a sostituire il detective Michaeal Douglas nel sequel di Basic Instinct, il film che sancirà il ritorno alle scene di Sharon Stone.
mercoledì 21 luglio 2004
Milano non è Milano
Milano non è Milano di Aldo Nove (pagine 144, 9€) inaugura una serie di guide d’autore: diceva Nietzsche che la vitalità non trae giovamento dalla storia, per cui chi vive, se vuole andare avanti, deve dimenticare il suo passato.
E Milano si dimentica, si trasforma, per sopravvivere a se stessa.
Aldo Nove abita stabilmente a Milano da una decina d’anni.
Prima, da studente di filosofia alla Statale, era ospite del patronato cattolico («tra Bisceglie e Inganni») e si manteneva facendo il badante per anziani («oggi non avrei potuto più farlo, i badanti filippini costano molto meno»).
Poi, nel ‘93-94, dopo la laurea, Aldo Nove, nato a Viggiù ma deciso a non tornarci, trova casa al Gallaratese, nel complesso di Carlo Aymonino e Aldo Rossi («io sto nell’ala Aymonino»). Lì trova il suo prima lavoro, dall’editore Nicola Crocetti, che ha l’ufficio nell’ala Rossi dello stesso metafisico complesso, e da allora ha vissuto la città esplorandone i luoghi segreti, le periferie che aspirano a diventare zone residenziali, i 40 McDonald’s, i sexy-club per incontri privati, i centri commerciali («Bonola è fondamentale»), i cimiteri con le loro tombe più o meno monumentali, le metropolitane di cui è un affezionato e appassionato utente.
Lo incontriamo alla pizzeria di Largo La Foppa, luogo magico per lo scrittore: qui, un anno fa, acquistò da una venditrice coreana l’oggetto più prezioso della sua collezione trash, un accendino da tavolo con il fuoco che esce dalla testa di Osama Bin Laden mentre dietro si stagliano le Torri Gemelle con un aereo conficcato dentro.
«Anche Milano ha avuto un suo 11 settembre, ma in versione trash-apocalittica: ovvero, secondo la definizione di Tommaso Labranca, una emulazione fallita di un modello alto» osserva Nove. E ricorda il 18 aprile del 2002 quando l’aereo da turismo guidato da Luigi Fasulo si schiantò sui piani alti del Pirellone. «Il presidente del Senato Pera lanciò subito l’allarme terrorismo, la città si sentì per un po’ come New York. Poi tutto fu ridimensionato. Ecco, in questo episodio tragico, colorato da un’involontaria, assurda comicità, c’è un po’ il senso e la cifra della Milano di oggi, quella in cui mi è stato dato vivere. ».
Vuol dire che la città è un bluff, che nel male e nel bene è tutto un voglio ma non posso?
«Prima di rispondere, vorrei fare alcune premesse. La prima, espressa dal titolo del libro, Milano non è Milano».
Che vuol dire?
«Che intanto è un cantiere perenne, in perenne cambiamento: il Duomo è sempre impacchettato come fosse un'opera di Christo; piazza Cordusio oggi è già un'altra cosa da quella che avevo descritto appena 4 anni fa in Amore mio infinito; è una città caratterizzata dai non luoghi, le metropolitane appunto, i centri commerciali, le periferie.
Da quando sono nato, ho sempre avuto la sensazione di essere arrivato in ritardo. Entrai alle superiori quando già il vento della protesta si era spento; lo stesso all’università. E la Milano in cui arrivai non era già più la Milano da bere, quella dell’edonismo craxiano degli anni 80, dei megaraduni al Palatrussardi, delle feste degli stilisti, del divertimento. Ho fatto a tempo a vedere qualcosa di Mani Pulite, sono andato a guardare Brosio che faceva i collegamenti davanti al Palazzo di giustizia».
Quindi, la Milano di Aldo Nove è stata la Milano berlusconiana.
«Sì, e lo slogan non era più divertiamoci, ma arricchiamoci. Però era una ricchezza da non condividere, ciascuno a godere la propria, magari nella villa recintata in Sardegna. Con questo si ribadiva una carenza assoluta di Milano, la mancanza di una dimensione sociale della creatività.
La Milano di allora creò molte aspettative e la gente arrivava in cerca di lavoro, dalle occupazioni più umili ai lavori creativi, intellettuali. Oggi, i lavori più umili li fanno gli extracomunitari e a prezzi di concorrenza. Tira un’aria di hard discount, perfino nella prostituzione: seguo attentamente tutti gli annunci, offrono massaggi completi a 25 euro. Per i lavori intellettuali, il discorso è più complesso: di cose da fare ce ne sono, basta non pensare a ricavarne uno stipendio. Milano oggi è diventata una città di stagisti, di collaboratori. Dove gli affitti sono regolarmente superiori ai compensi. In generale, in questi dieci anni a Milano il lavoro è svanito, è evaporato.»
Ma a lei, Milano cosa ha dato?
«Un ritmo accelerato, l’impressione di stare in mezzo a qualcosa di mobile, di energico, il sentirsi in mezzo a tanta gente e insieme di essere isolato. Non l’ho mai vissuta come la mia città».
E Milano si dimentica, si trasforma, per sopravvivere a se stessa.
Aldo Nove abita stabilmente a Milano da una decina d’anni.
Prima, da studente di filosofia alla Statale, era ospite del patronato cattolico («tra Bisceglie e Inganni») e si manteneva facendo il badante per anziani («oggi non avrei potuto più farlo, i badanti filippini costano molto meno»).
Poi, nel ‘93-94, dopo la laurea, Aldo Nove, nato a Viggiù ma deciso a non tornarci, trova casa al Gallaratese, nel complesso di Carlo Aymonino e Aldo Rossi («io sto nell’ala Aymonino»). Lì trova il suo prima lavoro, dall’editore Nicola Crocetti, che ha l’ufficio nell’ala Rossi dello stesso metafisico complesso, e da allora ha vissuto la città esplorandone i luoghi segreti, le periferie che aspirano a diventare zone residenziali, i 40 McDonald’s, i sexy-club per incontri privati, i centri commerciali («Bonola è fondamentale»), i cimiteri con le loro tombe più o meno monumentali, le metropolitane di cui è un affezionato e appassionato utente.
Lo incontriamo alla pizzeria di Largo La Foppa, luogo magico per lo scrittore: qui, un anno fa, acquistò da una venditrice coreana l’oggetto più prezioso della sua collezione trash, un accendino da tavolo con il fuoco che esce dalla testa di Osama Bin Laden mentre dietro si stagliano le Torri Gemelle con un aereo conficcato dentro.
«Anche Milano ha avuto un suo 11 settembre, ma in versione trash-apocalittica: ovvero, secondo la definizione di Tommaso Labranca, una emulazione fallita di un modello alto» osserva Nove. E ricorda il 18 aprile del 2002 quando l’aereo da turismo guidato da Luigi Fasulo si schiantò sui piani alti del Pirellone. «Il presidente del Senato Pera lanciò subito l’allarme terrorismo, la città si sentì per un po’ come New York. Poi tutto fu ridimensionato. Ecco, in questo episodio tragico, colorato da un’involontaria, assurda comicità, c’è un po’ il senso e la cifra della Milano di oggi, quella in cui mi è stato dato vivere. ».
Vuol dire che la città è un bluff, che nel male e nel bene è tutto un voglio ma non posso?
«Prima di rispondere, vorrei fare alcune premesse. La prima, espressa dal titolo del libro, Milano non è Milano».
Che vuol dire?
«Che intanto è un cantiere perenne, in perenne cambiamento: il Duomo è sempre impacchettato come fosse un'opera di Christo; piazza Cordusio oggi è già un'altra cosa da quella che avevo descritto appena 4 anni fa in Amore mio infinito; è una città caratterizzata dai non luoghi, le metropolitane appunto, i centri commerciali, le periferie.
Da quando sono nato, ho sempre avuto la sensazione di essere arrivato in ritardo. Entrai alle superiori quando già il vento della protesta si era spento; lo stesso all’università. E la Milano in cui arrivai non era già più la Milano da bere, quella dell’edonismo craxiano degli anni 80, dei megaraduni al Palatrussardi, delle feste degli stilisti, del divertimento. Ho fatto a tempo a vedere qualcosa di Mani Pulite, sono andato a guardare Brosio che faceva i collegamenti davanti al Palazzo di giustizia».
Quindi, la Milano di Aldo Nove è stata la Milano berlusconiana.
«Sì, e lo slogan non era più divertiamoci, ma arricchiamoci. Però era una ricchezza da non condividere, ciascuno a godere la propria, magari nella villa recintata in Sardegna. Con questo si ribadiva una carenza assoluta di Milano, la mancanza di una dimensione sociale della creatività.
La Milano di allora creò molte aspettative e la gente arrivava in cerca di lavoro, dalle occupazioni più umili ai lavori creativi, intellettuali. Oggi, i lavori più umili li fanno gli extracomunitari e a prezzi di concorrenza. Tira un’aria di hard discount, perfino nella prostituzione: seguo attentamente tutti gli annunci, offrono massaggi completi a 25 euro. Per i lavori intellettuali, il discorso è più complesso: di cose da fare ce ne sono, basta non pensare a ricavarne uno stipendio. Milano oggi è diventata una città di stagisti, di collaboratori. Dove gli affitti sono regolarmente superiori ai compensi. In generale, in questi dieci anni a Milano il lavoro è svanito, è evaporato.»
Ma a lei, Milano cosa ha dato?
«Un ritmo accelerato, l’impressione di stare in mezzo a qualcosa di mobile, di energico, il sentirsi in mezzo a tanta gente e insieme di essere isolato. Non l’ho mai vissuta come la mia città».
venerdì 16 luglio 2004
La stagione dell'amore
viene e va,
i desideri non invecchiano
quasi mai,
con l'età.
Se penso a come ho speso male
il mio tempo
che non tornerà,
non ritornerà più.
La stagione dell'amore
viene e va,
all'improvviso
senza accorgerti,
la vivrai,
ti sorprenderà.
Ne abbiamo avute di occasioni,
perdendole;
non rimpiangerle,
non rimpiangerle mai.
...ancora un'altro entusiasmo ti farà pulsare il cuore,
nuove possibilità per conoscersi...
...e gli orizzonti perduti
non ritornano mai...
La stagione dell'amore
tornerà
con le paure e le scommesse
questa volta
quanto durerà.
Se penso a come ho speso male
il mio tempo
che non tornerà,
non ritornerà più.
Franco Battiato - La stagione dell'amore mp3
viene e va,
i desideri non invecchiano
quasi mai,
con l'età.
Se penso a come ho speso male
il mio tempo
che non tornerà,
non ritornerà più.
La stagione dell'amore
viene e va,
all'improvviso
senza accorgerti,
la vivrai,
ti sorprenderà.
Ne abbiamo avute di occasioni,
perdendole;
non rimpiangerle,
non rimpiangerle mai.
...ancora un'altro entusiasmo ti farà pulsare il cuore,
nuove possibilità per conoscersi...
...e gli orizzonti perduti
non ritornano mai...
La stagione dell'amore
tornerà
con le paure e le scommesse
questa volta
quanto durerà.
Se penso a come ho speso male
il mio tempo
che non tornerà,
non ritornerà più.
Franco Battiato - La stagione dell'amore mp3
giovedì 15 luglio 2004
McKinsey,sempre lei.
Su Dagospia una lettera interessante, sempre su McKinsey...
...visto che qualche giorno fa hai pubblicato un articolo dell'Espresso in cui si parlava di McKinsey. Ecco qualche considerazione ulteriore.
Anche McK applica intelligentemente il networking, alla base delle maggiori business school americane (e che qui in Italia cerca di applicare con qualche successo solo Bocconi). Si tratta di innescare questo circolo virtuoso. Prendiamo come esempio Harvard. Questa ammette ai suoi corsi candidati che abbiano "il potenziale di diventare persone di successo".
In questo modo, un domani sarà citato sui giornali, collegato al nome del tizio X, anche Harvard: vale a dire pubblicità gratuita che tenderà a rafforzare l'idea nei candidati futuri che Harvard è la migliore business school e che il successo di X dipende anche dall'aver frequentato quell'università.
Dall'altro lato, X tenderà a circondarsi e a aiutare persone che sono anch'esse uscite da Harvard, perché la propria rivendibilità sul mercato sarà tanto maggiore quanto maggiore è il successo che globalmente gli allievi di Harvard hanno sul mercato e perché, in ogni caso, vale la vecchia regola che oggi io aiuto te, domani potresti essere tu ad aiutare me.
Per questa ragione Harvard non ammette ai suoi corsi solo persone con curriculum pesanti ma lascia sempre una piccola quota per i "figli di papà". Questi ultimi infatti saranno automaticamente classe dirigente per meriti di discendenza, finiranno certamente sui giornali, e associare anche ad essi il nome di Harvard sarà sicuramente benefico per la fama dell'università (cito a caso in Italia i nomi di Alessandro Benetton-Harvard e di Marco De Benedetti-Wharton)...
Chi è stato quindi in McK tenderà ad acquistare da McK, perché conosce ed è conosciuto e perché anche in questo caso vale la regola del oggi io aiuto te, domani potresti essere tu ad aiutare me: se le cose non vanno come previsto il ritorno fra i ranghi è un opzione da tenere sempre aperta (vedi ad esempio il caso di Gianemilio Osculati e l'esperienza nella ex Banca d'America e d'Italia).
E comunque a tutti conviene cercare di incrementare il buon nome e la notorietà della "firm". Inoltre, McK ha il problema ogni anno di spurgare dai propri ranghi almeno una decina di dipendenti ritenuti non sufficientemente adatti per posizioni di maggiore responsabilità. Gli alumni possono offrire a questi soggetti un posto nelle società di cui sono responsabili, evitando così alla firm la fastidiosa incombenza del licenziamento.
In termini di pura qualità del prodotto non ci sono grosse differenze fra le varie società concorrenti. Come penso, neppure fra la qualità globale del personale. Non a caso, McK può vantare dei casi di successo (i vari Colao, Passera, ecc.) ma anche dei fiaschi clamorosi, che sono stati prontamente dimenticati dalla stampa.
Cito come esempio in Italia, i tre fondatori di Gandalf, linea aerea quotata al nuovo mercato ormai fallita perché basata su un business model che era una vera idiozia e Luigi Orsi Carbone, fondatore della società di telecomunicazioni e-planet, anch'essa quotata al nuovo mercato e salvata in extremis dal fallimento da altri investitori, la cui prima mossa è stata ovviamente la pronta liquidazione del sopra citato fondatore.
McK, come la concorrenza, in genere non fornisce soluzioni originali né particolarmente brillanti, né, a volte, particolarmente azzeccate (vedi il fenomeno della new economy, pompato anche dai consulenti per proprio puro interesse; o gli articoli della McKinsey Quarterly, dove si propongono a volte soluzioni che negano quanto sostenuto in articoli pubblicati solo qualche numero prima).
Non va dimenticato che spesso i consulenti si limitano a ratificare decisioni già prese dal management. Ad esempio, se X pensa sia il caso di ridurre il personale di 1.000 unità, lo fa dire dai consulenti alle sue dipendenze: è più conveniente per il quieto vivere in azienda dire "non ci posso fare niente; è colpa dei consulenti; sono loro che dicono che voi siete in troppi."
O, ancora, se X ha deciso di acquisire l'azienda Y, un rapporto favorevole di un consulente aiuta X ad ottenere l'approvazione della decisione dal consiglio di amministrazione e dagli altri boss dell'azienda.
Relativamente all'aspetto monetario, il costo di un consulente McK (o di un'altra società di consulenza equivalente) dipende dal tipo di progetto e dall'esperienza acquisita dal consulente; indicativamente è nel range 1.000-2.500 euro al giorno + iva 20% + spese di trasporto e alloggio. Per quanto ne so (manco dall'ambiente da un poco) un consulente McK guadagna circa 40.000 euro all'anno se junior e nell'ordine dei 100.000 euro se manager.
I partner guadagnano in funzione degli utili fatti dalla firm. Possono ottenere cifre elevate, ma anche, come mi risulta sia avvenuto un paio di anni fa, versare soldi di tasca propria per ripianare le perdite. La retribuzione media di un consulente di 450.000 euro all'anno citata nell'articolo mi sembra quindi eccessiva, anche includendo nel conteggio i paesi esteri dove le retribuzioni sono più generose (cioè USA e UK).
Mi sa che è un dato fornito all'esterno a fini diciamo "auto-pubblicitari". In ogni caso, se anche gli stipendi possono essere ritenuti non così male, va tenuto presente che un consulente McK lavora 70-100 ore a settimana e non certo le 40 ore contrattuali. Per capirci, se uno ha moglie, la può vedere spesso solo nel week-end. Qualcuno riesce a tenere il ritmo, qualcun'altro dopo un po' scoppia, qualcun altro ricorre agli aiutini.
...visto che qualche giorno fa hai pubblicato un articolo dell'Espresso in cui si parlava di McKinsey. Ecco qualche considerazione ulteriore.
Anche McK applica intelligentemente il networking, alla base delle maggiori business school americane (e che qui in Italia cerca di applicare con qualche successo solo Bocconi). Si tratta di innescare questo circolo virtuoso. Prendiamo come esempio Harvard. Questa ammette ai suoi corsi candidati che abbiano "il potenziale di diventare persone di successo".
In questo modo, un domani sarà citato sui giornali, collegato al nome del tizio X, anche Harvard: vale a dire pubblicità gratuita che tenderà a rafforzare l'idea nei candidati futuri che Harvard è la migliore business school e che il successo di X dipende anche dall'aver frequentato quell'università.
Dall'altro lato, X tenderà a circondarsi e a aiutare persone che sono anch'esse uscite da Harvard, perché la propria rivendibilità sul mercato sarà tanto maggiore quanto maggiore è il successo che globalmente gli allievi di Harvard hanno sul mercato e perché, in ogni caso, vale la vecchia regola che oggi io aiuto te, domani potresti essere tu ad aiutare me.
Per questa ragione Harvard non ammette ai suoi corsi solo persone con curriculum pesanti ma lascia sempre una piccola quota per i "figli di papà". Questi ultimi infatti saranno automaticamente classe dirigente per meriti di discendenza, finiranno certamente sui giornali, e associare anche ad essi il nome di Harvard sarà sicuramente benefico per la fama dell'università (cito a caso in Italia i nomi di Alessandro Benetton-Harvard e di Marco De Benedetti-Wharton)...
Chi è stato quindi in McK tenderà ad acquistare da McK, perché conosce ed è conosciuto e perché anche in questo caso vale la regola del oggi io aiuto te, domani potresti essere tu ad aiutare me: se le cose non vanno come previsto il ritorno fra i ranghi è un opzione da tenere sempre aperta (vedi ad esempio il caso di Gianemilio Osculati e l'esperienza nella ex Banca d'America e d'Italia).
E comunque a tutti conviene cercare di incrementare il buon nome e la notorietà della "firm". Inoltre, McK ha il problema ogni anno di spurgare dai propri ranghi almeno una decina di dipendenti ritenuti non sufficientemente adatti per posizioni di maggiore responsabilità. Gli alumni possono offrire a questi soggetti un posto nelle società di cui sono responsabili, evitando così alla firm la fastidiosa incombenza del licenziamento.
In termini di pura qualità del prodotto non ci sono grosse differenze fra le varie società concorrenti. Come penso, neppure fra la qualità globale del personale. Non a caso, McK può vantare dei casi di successo (i vari Colao, Passera, ecc.) ma anche dei fiaschi clamorosi, che sono stati prontamente dimenticati dalla stampa.
Cito come esempio in Italia, i tre fondatori di Gandalf, linea aerea quotata al nuovo mercato ormai fallita perché basata su un business model che era una vera idiozia e Luigi Orsi Carbone, fondatore della società di telecomunicazioni e-planet, anch'essa quotata al nuovo mercato e salvata in extremis dal fallimento da altri investitori, la cui prima mossa è stata ovviamente la pronta liquidazione del sopra citato fondatore.
McK, come la concorrenza, in genere non fornisce soluzioni originali né particolarmente brillanti, né, a volte, particolarmente azzeccate (vedi il fenomeno della new economy, pompato anche dai consulenti per proprio puro interesse; o gli articoli della McKinsey Quarterly, dove si propongono a volte soluzioni che negano quanto sostenuto in articoli pubblicati solo qualche numero prima).
Non va dimenticato che spesso i consulenti si limitano a ratificare decisioni già prese dal management. Ad esempio, se X pensa sia il caso di ridurre il personale di 1.000 unità, lo fa dire dai consulenti alle sue dipendenze: è più conveniente per il quieto vivere in azienda dire "non ci posso fare niente; è colpa dei consulenti; sono loro che dicono che voi siete in troppi."
O, ancora, se X ha deciso di acquisire l'azienda Y, un rapporto favorevole di un consulente aiuta X ad ottenere l'approvazione della decisione dal consiglio di amministrazione e dagli altri boss dell'azienda.
Relativamente all'aspetto monetario, il costo di un consulente McK (o di un'altra società di consulenza equivalente) dipende dal tipo di progetto e dall'esperienza acquisita dal consulente; indicativamente è nel range 1.000-2.500 euro al giorno + iva 20% + spese di trasporto e alloggio. Per quanto ne so (manco dall'ambiente da un poco) un consulente McK guadagna circa 40.000 euro all'anno se junior e nell'ordine dei 100.000 euro se manager.
I partner guadagnano in funzione degli utili fatti dalla firm. Possono ottenere cifre elevate, ma anche, come mi risulta sia avvenuto un paio di anni fa, versare soldi di tasca propria per ripianare le perdite. La retribuzione media di un consulente di 450.000 euro all'anno citata nell'articolo mi sembra quindi eccessiva, anche includendo nel conteggio i paesi esteri dove le retribuzioni sono più generose (cioè USA e UK).
Mi sa che è un dato fornito all'esterno a fini diciamo "auto-pubblicitari". In ogni caso, se anche gli stipendi possono essere ritenuti non così male, va tenuto presente che un consulente McK lavora 70-100 ore a settimana e non certo le 40 ore contrattuali. Per capirci, se uno ha moglie, la può vedere spesso solo nel week-end. Qualcuno riesce a tenere il ritmo, qualcun'altro dopo un po' scoppia, qualcun altro ricorre agli aiutini.
Ci sono due tipi di uomini su questa spiaggia: i morti e quelli che presto moriranno. Quindi togliamoci da qui al più presto!
Colonnello George A. Taylor, 16ª divisione Usa di fanteria, Omaha Beach, Normandia, ore 10 del 6 giugno 1944
Intanto, il fronte russo era una specie di aspirapolvere. Reclamava in continuazione nuovi soldati. La Wehrmacht nel 1943 era arrivata ad avere circa 3.500.000 uomini a oriente, per mantenere una linea di continuità che andava da Leningrado al Mar Nero, per 2000 Km. Nello stesso anno, 2.086.000 soldati (tra morti, feriti, malati e assiderati) erano stati messi fuori combattimento in Unione Sovietica. I giovani reclutati venivano spediti in Russia, mentre i meno debilitati tra coloro che non potevano sostenere più il combattimento nella steppa, ottenevano un’occupazione più tranquilla nelle retrovie, cioè in Francia. Infatti, quelli che avrebbero dovuto affrontare l’invasione, in molti casi facevano fatica anche a condurre una vita normale. Si giunse a situazioni davvero assurde, come ad esempio la creazione di una divisione, la 70a di fanteria che era composta unicamente da uomini sofferenti di dispepsia a cui doveva essere somministrato un rancio speciale per evitare casi mortali di dissenteria.
mercoledì 14 luglio 2004
lunedì 12 luglio 2004
Interviste Personali Vol. II: Dea Verna
Le interviste sono sempre un pretesto per fare qualche altra cosa: per Claudio Sabelli Fioretti sono un pretesto per fare soldi, per Maurizio Costanzo un pretesto per ramazzare un'altra moglie, per me un pretesto per arrivare a fare qualche domanda a Dea Verna (per cui la serie Interviste Personali finisce qui, e comunque se ce ne saranno altre saranno soltanto per legittimare questa).
Dea Verna, 29 anni, vj, giornalista e scrittrice, esperta di costume & società, arte/cultura, è l'icona della Maison Labranca un po' come Nico per la Warhol Factory.
E-DO: Dea Verna, si sente parlare di te sui blog, si leggono i tuoi articoli, eppure di te non si sa niente: è studiata questa gretagarbosità? E che cosa si dovrebbe sapere di te?
D-EA: Meno si sa, meglio è! Sono di una riservatezza patologica, ogni volta che qualcuno dice: "parlami di te" ho un blocco neuronale. Cercate di capirmi: passo la vita a fare domande imbarazzanti a presunti single metropolitani, aperitivisti milanesi & Co., e non sono assolutamente abituata a parlare di me. Sono già in crisi per quelle quattro righe di autobiografia che dovro scrivere per la quarta di copertina del libro. Cosa posso scrivere? Vive tra Milano, Pescara e Pantigliate? Ama i gatti, i libri antichi e le Bigbabol blu?
E-DO: Sentirti conversare è un po' come vedere giocare Ronaldinho: anche la frase più banale che ti rivolgono, tu riesci a trovare una risposta intelligente, a darle un po' d'effetto, e sembra quasi che ti stia divertendo. Ma quali sono gli argomenti che veramente ti annoiano?
D-EA: Naturalmente tutti gli argomenti cari alle Borsette, vale a dire: l'infibulazione delle donne somale, l'immaturità psicologica degli uomini italiani, la difficile emancipazione delle donne afgane, quanto è difficile trovare un uomo oggi a Milano, ma quanto è bravo Michael Moore etc... etc...
E-DO: Un posto dove ti piacerebbe davvero andare in vacanza, e che non consiglierai mai al popolo di bor7 che ti legge sui patinati, per evitare di ritrovartele tutte lì a passare le ferie con te.
D-EA: Lasciate alle borsette la Toscana e Formentera (sì, ora a Formentera ci vanno anche le borsette) e scappate in Abruzzo (in effetti sono sul libro paga dell'Apt abruzzese, ho perfino convinto due olandesi ad andare in vacanza a Loreto Aprutino). Luoghi dannunziani a parte, ho un debole anche per la Grecia. Evitate le isole e scegliete il Peloponneso: sarete gli unici italiani nel raggio di 400 km.
E-DO: Odio Paola Maugeri di Mtv, perché è sempre amica di tutti, è un po' la Mollica dei poveri/giovani: tu che sei stata vj, come evitavi di dire sempre "adoro le vostre canzoni, splendido questo nuovo disco, etc"?
D-EA: Semplice: mi facevo scrivere i testi da Labranca che, notoriamente, odia tutti. Un giorno dovevo intervistarlo nei panni dell'autore di Charltron Hescon. Si scrisse le domande da solo. Ed ebbe anche il coraggio di dirmi, in diretta: ma che domande stupide mi fate...
E-DO: La domanda che tutti vorrebbero farti e nessuno osa quando c'è T-LA in giro: dicci tutto quello che puoi sul tuo progetto letterario con Labranca.
D-EA: Ah, sì il libro, dunque...
Visto da sinistra è una sapida critica della società dell'immagine che ha trovato nel reality show il suo ultimo feticcio. Visto da destra, è un interessante manuale che aiuta i giovani a inserirsi nel mondo dei reality show, l'ultima frontiera della lotta alla disoccupazione. Dal nostro punto di vista, è il modo più facile che ci è venuto in mente per fare soldi....
E-DO: In che cosa ha cambiato la tua vita l'incontro con T-LA?
D-EA: Perché, avevo una vita prima di T-LA?
E-DO: Nella filmografia di Jodi Foster, uno dei primi film risulta essere Casotto di Sergio Citti, un film trucidissimo in cui lei è una 14enne corteggiata da Michele Placido e Gigi Proietti che si esibiscono in una serie di sudicie gag: quando sarai ricca e famosa, guarderai a questa intervista con lo stessa ripugnanza con cui ora Jodie ricorda quel suo lontano film italiano?
D-EA: Te lo dirò tra una decina di interviste....
sabato 10 luglio 2004
[LABRANCA LIVE!] T-LA DJ SET in Turin, 07/10/04
Si fa sera, e fra i capelli un po d'argento li colora, in un posto imprecisato della desolata cintura torinese, fra le desolate cinture dei consulenti pingui per le ore passate dietro una distinta base, quando arriva sms di Labranca:
Odio gli zaini. Odio i panini. Odio le birre. Odio le magliette di Vasco. Odio i tatuaggi con il Che. Odio la gente. Odio i treni. Odio la gente sui treni.
Labranca sta arrivando a Porta Nuova. quittare e salutare è tutto un attimo, parto per il nuovo bar della Mole, per il Dj Set T-LA.
Quando arrivo però è già quasi tutto finito.
Tra il rumore distinguo a malapena qualche ultimo suono...
Intanto sullo sfondo Max Casacci, il chitarrista dei Subsonica, dopo aver sentito la performance di T-LA, si rende conto che non ha senso più alcun tipo di musica al di fuori di quella, e decide di mandare un sms a Boosta e Samuel per dirgli che il gruppo si deve sciogliere.
Ma l'Arte, è sempre prima e dopo e comunque altrove da dove ci dovrebbe essere arte, e infatti la cosa più bella di tutta la serata è stato la descrizione di Labranca del suo ritorno a Milano in treno:
...sono stato costretto a prendere un interregionale carico di prostitute nigeriane vestite come le Bratz che nei vagoni di seconda cantavano come mondine (in fondo stavamo attraversando il vercellese). Ma non cantavano Amore-mio-non-piangere; cantavano "Left Outside Alone". Una versione di cinquanta minuti della canzone di Anastasia inframmezzata da grida in oscuri dialetti afro. E come nella Sinfonia degli Addii di Haydn, il coro si assottigliava man mano che le ragazze scendevano a piccoli gruppi in piccole stazioni. Entrando nella Stazione Centrale di Milano non ne restavano che cinque, silenziose, con i sacchetti delle patatine finiti e accartocciati e già assonnate nonostante le aspettasse una notte di lavoro.
Odio gli zaini. Odio i panini. Odio le birre. Odio le magliette di Vasco. Odio i tatuaggi con il Che. Odio la gente. Odio i treni. Odio la gente sui treni.
Labranca sta arrivando a Porta Nuova. quittare e salutare è tutto un attimo, parto per il nuovo bar della Mole, per il Dj Set T-LA.
Quando arrivo però è già quasi tutto finito.
Tra il rumore distinguo a malapena qualche ultimo suono...
Intanto sullo sfondo Max Casacci, il chitarrista dei Subsonica, dopo aver sentito la performance di T-LA, si rende conto che non ha senso più alcun tipo di musica al di fuori di quella, e decide di mandare un sms a Boosta e Samuel per dirgli che il gruppo si deve sciogliere.
Ma l'Arte, è sempre prima e dopo e comunque altrove da dove ci dovrebbe essere arte, e infatti la cosa più bella di tutta la serata è stato la descrizione di Labranca del suo ritorno a Milano in treno:
...sono stato costretto a prendere un interregionale carico di prostitute nigeriane vestite come le Bratz che nei vagoni di seconda cantavano come mondine (in fondo stavamo attraversando il vercellese). Ma non cantavano Amore-mio-non-piangere; cantavano "Left Outside Alone". Una versione di cinquanta minuti della canzone di Anastasia inframmezzata da grida in oscuri dialetti afro. E come nella Sinfonia degli Addii di Haydn, il coro si assottigliava man mano che le ragazze scendevano a piccoli gruppi in piccole stazioni. Entrando nella Stazione Centrale di Milano non ne restavano che cinque, silenziose, con i sacchetti delle patatine finiti e accartocciati e già assonnate nonostante le aspettasse una notte di lavoro.
venerdì 9 luglio 2004
Nei Settanta non ha scuse
chi non legge un po' Marcuse
Negli Ottanta con il fard
leggon tutti Baudrillard
Nei Novanta non sei niende
se non leggi, ahimè, l'Allende
Oggi vesti Prada e Klein
e poi leggi Chomsky e Klein.
Venerdì dalle 19 alle 21 alla Mole Antonelliana per il Dj Set di Labranca.
chi non legge un po' Marcuse
Negli Ottanta con il fard
leggon tutti Baudrillard
Nei Novanta non sei niende
se non leggi, ahimè, l'Allende
Oggi vesti Prada e Klein
e poi leggi Chomsky e Klein.
Venerdì dalle 19 alle 21 alla Mole Antonelliana per il Dj Set di Labranca.
...questa situazione che viviamo in questi anni: il sesso come obbligo e bruttezza. Oltre che la metafora del rapporto sessuale (obbligatorio e brutto) che la tolleranza del potere consumistico ci fa vivere in questi anni...la rappresentazione di quella che Marx chiama la mercificazione dell'uomo: la riduzione del corpo a cosa (attraverso lo sfruttamento).
Pier Paolo Pasolini, parlando di Salò o le 120 giornate di Sodoma
Pier Paolo Pasolini, parlando di Salò o le 120 giornate di Sodoma
giovedì 8 luglio 2004
martedì 6 luglio 2004
It's raining again, this morning
the end of the seaside
Nobody can change
with a strength
the way of the river of life
Non è John Milton, non è Walt Whitman.
E' l'eterno ritorno degli anni '80.
Paps'N'Skar - Stasera la luna .mp3
the end of the seaside
Nobody can change
with a strength
the way of the river of life
Non è John Milton, non è Walt Whitman.
E' l'eterno ritorno degli anni '80.
Paps'N'Skar - Stasera la luna .mp3
domenica 4 luglio 2004
[LABRANCA LIVE!]Diamonds Are For Eva (by Carlotta & E-DEZ)
Per noi giovani salmoni del trash, la Statale 415 Paullese rappresenta un po' quello che era la route 66 per la beat generation: percorrendola si giunge alla Maison Labranca, dove sabato si è svolta la festa di fine stagione 03-04, Diamonds Are For Eva.
T-LA ci accoglie nella sua cucina, al tempo stesso fucina di idee e di cibo, come Labranca, al contrario dei poeti che un tempo andavano a corte a declamare le loro composizioni, è al tempo stesso demiurgo e mecenate.
Ora che la sua corte è arrivata, D.A.F.E. può cominciare.
Ci si era lasciati pochi giorni fa al matrimonio di Giada Tronchetti Provera, ed eccoci di nuovo tutti qui, il parterre de roi del jet-set meneghino.
Si riconoscono vecchi sodali della Labranca factory quali Dea, Sara e Lorenzo, e gli chef di Dolcepapero. Non a caso in ombra (e tagliato nella foto) il fidanzato di Sara, che si è presentato in bermuda (assolutamente vietati dai rigorosi standard dell'arbiter elegantiae T-LA).
Al centro di tutte le attenzioni, lei, Eva Kant, musa ispiratrice della serata: accanto il nipote Luca, compositore minimalista che esordirà mercoledì al Tunò e si appresta a comporre con Tommaso il cd Cortina '56, e Cristiana, pungente penna milanese che ha mosso con T-La i primi passi nell'editoria.
A una festa tanto prestigiosa non potevano mancare anche le stelle più prestigiose del nuovo cinema italiano: in splendida forma D-LE, il promettente attore che impersonerà il giovane Alberto Arbasino in una fiction di cinque puntate per Raiuno sull'infanzia di Arbasino e Valentino a Voghera, che si intitolerà Gemelli Diversi.
Al suo fianco E-DE, recente protagonista della fiction sulla vita di Paolo Bonolis intitolato Pacchi suoi, sempre in onda su Raiuno a novembre.
L'incontro di tanti personaggi della cultura & dello spettacolo non poteva non far nascere momenti di alta speculazione filosofica, su tematiche quali l'Arte come emulazione della Vita, e l'Emulazione che diventa forma d'Arte: sotto il quadro del Maestro Nick Tambone, che ritrae una ragazza con una videocamera, E-DO tiene una bottiglia di Martini, mentre il Maestro T-LA esibisce una bottiglia di Perla, emulazione fallita del Martini.
La serata, che chiudeva appunto la stagione 03-04, ricca di successi quali le cene minimal-lunari e le contaminazioni letterarie di Arachnid, fino alle serate di Arte & Cultura targate Maison Weekly, è stata l'occasione per presentare il prossimo appuntamento cultural-labranchiano, una serie di proiezioni/visioni per cui si è già scatenata la caccia all'invito, riguardanti l'opera omnia degli 883, dei Wham e del Cantaitalia.
Ma soprattutto T-LA e D-EA hanno annunciato che dovrebbe uscire a novembre il loro ultimo progetto editoriale, una spietata analisi del fenomeno che ha sconvolto la società italiana dell'ultimo decennio, tra l'altro per i tipi della casa editrice dei più importanti scrittori del momento.
Carlotta & E-DO, i cronisti della serata, qui ritratti nella posa dei timidi. (Pantigliate, 3 luglio 2004)
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sabato 3 luglio 2004
Leaving Bruzzano/Milano, coming back home
Svuotata/abbandonata 4ever la casa di Milano, da oggi sono tornato a vivere 100% ad Asti.
E forse riuscirò a restare qui 1 anno!!!:)
venerdì 2 luglio 2004
L'ansia del consumo è un'ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno in Italia sente l'ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell'essere felice, nell'essere libero: perché questo è l'ordine che egli inconsciamente ha ricevuto, e a cui deve obbedire, a patto di sentirsi 'diverso'. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza. L'uguaglianza non è stata infatti conquistata, ma è una falsa uguaglianza ricevuta in regalo.
Pier Paolo Pasolini, 10 giugno 1974. Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia
Pier Paolo Pasolini, 10 giugno 1974. Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia
giovedì 1 luglio 2004
Un vecchio consulente
Splendore inconsumato
di tutto l'universo Fiat,
punto fermo del sud Piemonte,
terra desolata.
Qualcuno ci lancia sul progetto,
training on the job:
anche quello di un povero consulente
che nel tempo stesso
apre gli occhi rabbrividendo
al pc,
che gli ghigna attorno.
Erp, e-business suite,
un vecchio consulente,
anche la sua coscienza
getta sull'applicativo
dolori e sofferenza.
Gli occhi che gli dolgono,
la moglie pazza,
e quanto gliene viene
dal fatto che è un dirigente
e fattura per la società.
Un giorno amò
ora si fa il back-up,
sognando il re che sarebbe stato.
Mentre il pensiero di te,
si unisce a quel che penso.
E i cicli del mondo si susseguono.
Non fate crescere niente
su questa terra.
di tutto l'universo Fiat,
punto fermo del sud Piemonte,
terra desolata.
Qualcuno ci lancia sul progetto,
training on the job:
anche quello di un povero consulente
che nel tempo stesso
apre gli occhi rabbrividendo
al pc,
che gli ghigna attorno.
Erp, e-business suite,
un vecchio consulente,
anche la sua coscienza
getta sull'applicativo
dolori e sofferenza.
Gli occhi che gli dolgono,
la moglie pazza,
e quanto gliene viene
dal fatto che è un dirigente
e fattura per la società.
Un giorno amò
ora si fa il back-up,
sognando il re che sarebbe stato.
Mentre il pensiero di te,
si unisce a quel che penso.
E i cicli del mondo si susseguono.
Non fate crescere niente
su questa terra.
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