Il grado di istruzione scolastica è sì fonte di cultura e apprendimento ma, da un altro punto di vista, anche di una maggiore consapevolezza delle proprie azioni. Ecco perché una frase a contenuto diffamatorio, se pronunciata da un laureato, risulta essere più grave sotto l’aspetto squisitamente penalistico! Ad affermare tale principio di diritto sono stati i giudici della Corte di Cassazione, che si sono recentemente espressi su un’insolita vicenda processuale, destinata a far discutere per l’inaspettata sentenza. ( così Cass. ,Quinta Sezione Penale, sentenza 11660 del 27 marzo 2012)
Un medico romano si era reso colpevole di avere inviato una e-mail a circa 2500 persone, nella quale comunicava che un proprio collega di studio “non operava più nello studio medico, da lui guidato, in quanto lo stesso era stato allontanato per non dequalificare lo studio e perchè si voleva salvaguardare la qualità delle prestazioni professionali che lo studio poteva offrire”.
Dalla e-mail era scaturita una denuncia per “diffamazione” depositata ai carabinieri, per l’appunto, dal collega, estromesso dallo studio medico, che non aveva condiviso il comportamento consistito nell’invio del massiccio numero di e-mail ai suoi ex pazienti dello studio.
Il medico, autore della mail, era stato condannato in primo e in secondo grado dal Tribunale e, successivamente, dalla Corte d’Appello di Roma , per il reato punito dall’articolo 595 Codice penale secondo cui “commette il reato di diffamazione chi offende l’altrui reputazione in assenza della persona offesa. In questo caso la pena è della reclusione fino ad un anno e della multa fino a euro 1032.91”. Pertanto aveva deciso di rivolgersi alla Suprema Corte per l’annullamento della sentenza di condanna.
Ma, a nulla è valso il ricorso in Cassazione. Il medico “diffamatore” infatti, aveva chiesto l’intervento degli ermellini per dimostrare che la sua e-mail non aveva alcun intento denigratorio, nei confronti del collega, ma era volta semplicemente ad informare i pazienti del fatto che quel medico non era più operativo nello studio medico da lui diretto.
La Quinta Sezione Penale del “Palazzaccio”, nella sentenza 11660, ha,invece, evidenziato come “in presenza di espressioni socialmente denigratorie, specie se formulate da persone di elevato livello culturale, quale certamente è fino a prova contraria un laureato, deve ritenersi che l’agente sia pienamente consapevole della portata offensiva delle stesse e nessuna particolare indagine appare necessaria per accertare, in assenza di concreti elementi di segno contrario, la mancanza di consapevolezza di tale offensività e intenzionalità della condotta”.
In sintesi, per i laureati è più difficile difendersi dall’accusa di diffamazione perché, quando un laureato pronuncia frasi offensive nei confronti di qualcuno, sa bene quello che dice, proprio in virtù del livello culturale personale raggiunto tramite gli studi universitari!
Adesso resta da chiarire –conclude l’avv. Eugenio Gargiulo – se un “non-laureato” possa, invece, addurre a sua discolpa, proprio la minore preparazione culturale come scusante in casi simili!!!
Foggia, 4 aprile 2012 avv. Eugenio Gargiulo
Dalla e-mail era scaturita una denuncia per “diffamazione” depositata ai carabinieri, per l’appunto, dal collega, estromesso dallo studio medico, che non aveva condiviso il comportamento consistito nell’invio del massiccio numero di e-mail ai suoi ex pazienti dello studio.
Il medico, autore della mail, era stato condannato in primo e in secondo grado dal Tribunale e, successivamente, dalla Corte d’Appello di Roma , per il reato punito dall’articolo 595 Codice penale secondo cui “commette il reato di diffamazione chi offende l’altrui reputazione in assenza della persona offesa. In questo caso la pena è della reclusione fino ad un anno e della multa fino a euro 1032.91”. Pertanto aveva deciso di rivolgersi alla Suprema Corte per l’annullamento della sentenza di condanna.
Ma, a nulla è valso il ricorso in Cassazione. Il medico “diffamatore” infatti, aveva chiesto l’intervento degli ermellini per dimostrare che la sua e-mail non aveva alcun intento denigratorio, nei confronti del collega, ma era volta semplicemente ad informare i pazienti del fatto che quel medico non era più operativo nello studio medico da lui diretto.
La Quinta Sezione Penale del “Palazzaccio”, nella sentenza 11660, ha,invece, evidenziato come “in presenza di espressioni socialmente denigratorie, specie se formulate da persone di elevato livello culturale, quale certamente è fino a prova contraria un laureato, deve ritenersi che l’agente sia pienamente consapevole della portata offensiva delle stesse e nessuna particolare indagine appare necessaria per accertare, in assenza di concreti elementi di segno contrario, la mancanza di consapevolezza di tale offensività e intenzionalità della condotta”.
In sintesi, per i laureati è più difficile difendersi dall’accusa di diffamazione perché, quando un laureato pronuncia frasi offensive nei confronti di qualcuno, sa bene quello che dice, proprio in virtù del livello culturale personale raggiunto tramite gli studi universitari!
Adesso resta da chiarire –conclude l’avv. Eugenio Gargiulo – se un “non-laureato” possa, invece, addurre a sua discolpa, proprio la minore preparazione culturale come scusante in casi simili!!!
Foggia, 4 aprile 2012 avv. Eugenio Gargiulo
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